Animali da latte nostrani ed esotici
Molto ampio è il numero degli animali addomesticati dall’uomo fin dalla preistoria per ottenere pellicce, lana, pelli e piume, carne, latte e uova, oltre ad un ausilio nella caccia, nella difesa, nel lavoro e per compagnia. Numerosi sono gli animali dai quali l’uomo ha ottenuto, e continua ad ottenere, latte che trasforma in latti acidi, formaggi e burro. Nell’area della Fertile Mezzaluna e del Mediterraneo l’uomo ha sviluppato l’allevamento di animali da latte quali le capre, le pecore e i bovini (mucche e bufale) e solo marginalmente l’asina, creando le tecnologie di produzione dei relativi formaggi, mentre in altre aree del pianeta si sono sviluppati allevamenti di altri animali il cui latte è stato trasformato in formaggi per noi strani o stravaganti, che possiamo definire esotici e che meritano un breve cenno.
Formaggi di animali vari
Alce – L’alce (Alces alces, Linnaeus 1758) è il più grande cervide esistente e animale tradizionale in Russia. Dopo il parto, durante il periodo di allattamento che dura da tre a cinque mesi, l’alce torna alla fattoria più volte al giorno per essere munta. La resa al giorno di questo latte è compresa tra uno e sei litri, con una media di due litri e mezzo. Oltre che in Russia (Yakutia, regione di Baikal e regioni Nord-Occidentali), nei Paesi Scandinavi e Baltici si è sempre tentato di addomesticare l’alce per la produzione di latte. Da questo latte si produce anche un formaggio che ha un sapore sia simile al Feta e raggiunge la cifra considerevole di 750 euro al chilogrammo.
Asina – Nonostante la difficoltà di caseificare il latte di asina per la sua particolare composizione che rende inefficiente la tradizionale coagulazione enzimatica, oggi in Serbia si producono piccole quantità di un formaggio denominato Pula. Per una forma servono venticinque litri di latte a un costo di mille euro al chilogrammo (il latte costa circa 40 euro al litro). In Italia vi è il formaggio Asinino Reggiano prodotto nell’azienda Montebaducco di Quattro Castella (RE) al prezzo di circa 1.500 euro al chilogrammo.
Cammella – Principali produttori di latte di cammella sono i pastori nomadi dell’Africa e dell’Asia, dalla Mongolia al Sahara. Questo latte saporito è un nutrimento per i pastori che compiono lunghe migrazioni. Dal latte di cammella si ricavano il formaggio fresco chuku, il Tiviski (primavera, in mauritano) e i formaggi Caravane. Negli Emirati Arabi, la Cameliciuos propone tre tipologie di formaggio, per il momento destinate al mercato interno. In Kazakistan troviamo il Kourt, un formaggio durissimo da grattugiare. Di recente è stato preparato un nuovo agente coagulante chiamato Chy-Max M contenente chimosina di cammello.
Cavalla – Il latte di cavalla è citato già tremila anni fa dai cinesi e presso le popolazioni nomadi e altre comunità dedite all’allevamento di questi animali. In queste comunità da sempre il latte di cavalla è impiegato nell’alimentazione e nella medicina tradizionale, ed è trasformato in un latte acido detto kumys (latte di cavalla fermentato), ma senza la produzione di formaggi che sono invece tipici di popolazioni stanziali o al più seminomadi.
Renna – La renna (Rangifer tarandus Linnaeus,1758) è un cervide delle regioni artiche e subartiche, con popolazioni sia stanziali che migratrici. La caccia e l’allevamento di renne semi-domestiche usate per la produzione di carne, pellame, palchi e latte e per i trasporti, costituiscono importanti attività per le popolazioni artiche e subartiche che in Siberia e Lapponia trasformano il latte anche in formaggi. Nella Repubblica di Tuva (Siberia Centromeridionale), al confine con la Mongolia, l’etnia tuvana dedita all’allevamento nomade delle renne produce tradizionalmente piccole quantità di formaggio, perché da un animale si ottengono due decilitri di latte per ogni mungitura e occorrono due giorni per raccogliere la giusta quantità per produrre formaggio. In Lapponia si produce l’Aarul, un formaggio stagionato dal sapore molto forte e solitamente mangiato a colazione.
Yak – Dal latte aromatico e grasso dello Yak o bue tibetano, più precisamente dalla femmina detta dri, nel Nepal, Bhutan, India, Mongolia e Pakistan si produce un formaggio fresco o stagionato, simile a un pecorino o a una caciotta. In Tibet, per promuovere i prodotti di un caseificio sull’altopiano del Qinghai, Slow Food ha dato vita ad un presidio, un formaggio a lunga stagionatura che sopporta i lunghi tempi di trasporto.
Stranezze dei formaggi
Diverse leggende medievali raccontano di assedi nei quali con il latte di donna sono stati prodotti formaggini lanciati su gli assedianti per dimostrare la ricchezza di cibi degli assediati e indurre i nemici a togliere l’assedio. Su internet vi è la notizia che il formaggio ricavato da latte umano sarebbe un’antica usanza delle Ardenne, regione nel nord della Francia, e che il caseificio Cosma, rifacendosi alla ricetta tradizionale del piccolo villaggio di Singly, producesse il Petit Singly, un formaggio a base di latte materno, con alto valore nutritivo, ma la notizia è stata smentita. Sempre su internet vi è l’informazione che lo chef di New York Daniel Angerer avrebbe ottenuto formaggio utilizzando il latte della moglie misto a latte di mucca e che le autorità sanitarie gli hanno vietato di servirlo ai clienti.
In Olanda, Erick Stegink, allevatore di maiali nella sua azienda Piggy’s Palace, con una mungitura di quaranta ore avrebbe ottenuto latte di scrofa con il quale avrebbe prodotto un formaggio del costo stimato di tremila euro al chilogrammo.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.