Il Formaggio di Fossa è un prodotto tradizionale italiano dell’area del Montefeltro, compresa tra le regioni Emilia-Romagna e Marche. L’attuale area di produzione si estende da Imola ad Ascoli Piceno.
Caratterizzato da una particolare fase di maturazione, “l’infossamento”, che lo lega indissolubilmente alle terre Malatestiane da cui origina. Qui, infatti, sono ubicate le tipiche fosse scavate nella roccia arenaria: si tratta di cavità di forma tronco-conica o a fiasco della profondità di circa 3 m, utilizzate storicamente per conservarvi le derrate in cui, sin dal XIV secolo, gli abitanti solevano porre i cibi per conservarli durante il rigido inverno e proteggerli dalle razzie degli invasori. Non è nota l’origine di tale pratica (forse per nasconderlo durante le incursioni nemiche, forse per conservarlo in occasione di assedio), anche se documenti risalenti al XV secolo testimoniano in modo tangibile che esisteva anche a quei tempi in cui Sogliano si trovava sotto il dominio dei Malatesta (dal 1278 al 1640). A questo luogo sono legate anche le vicende di Ramberto V Malatesta (1445-1532), figlio prediletto ma illegittimo di Carlo I Malatesta che lo destinò a succedergli nella signorìa che comprendeva anche il castello di Sogliano. Ramberto, valoroso uomo d’armi, un giorno perse completamente il senno per una giovane fanciulla e, per rincorrere questo folle amore, si macchiò di un terribile delitto: l’uccisione della moglie, dopo averla rinchiusa e allontanata dalla corte per non udirne i pianti. Il popolo non perdonò il proprio Signore e lo rinchiuse in una non lontana prigione dove poteva “annusare ma non toccare” il suo tanto prelibato formaggio infossato.
Il formaggio di fossa, conservato nel sottosuolo, in pozzi artificiali di tre metri di profondità, non può essere soggetto ai criteri rigidi della conservazione in frigorifero a temperatura costante, può benissimo essere conservato in frigo ma perde le caratteristiche e la specificità di una conservazione che, pur non scientificamente controllabile, consente l’efficace formazione delle muffe e si risolve nella determinazione di un gusto particolare. La conservazione in frigo non consente di vivere il piacere del gusto in profondità, limitando di fatto la qualità. Le particolari condizioni di temperatura dell’ambiente di stagionatura influenzano anche la composizione del prodotto. Infatti, il più basso contenuto lipidico osservato nel formaggio infossato è dovuto soprattutto alla trasudazione dei grassi durante la maturazione. Tale fenomeno appare particolarmente evidente durante lo sfossamento, quando si apprezza sul fondo della fossa un’abbondante raccolta di grasso liquido. Strettamente influenzata dalle percentuali di umidità e contenuto lipidico è la concentrazione di proteine totali, che risulta così molto elevata nel Formaggio di Fossa. Si può concludere come la maturazione in fossa costituisca effettivamente un valore aggiunto per il prodotto, nonché un aspetto caratterizzante, senza influenzarne, se non eventualmente in funzione migliorativa, le caratteristiche igienico-sanitarie. Nel corso degli anni, sono state emanate normative che tutelassero tali prodotti apparentemente poco coerenti con le misure di sicurezza e di igiene adottate, concedendo deroghe per la loro produzione che ne consentissero la sopravvivenza e ne legittimassero la presenza sul mercato. Questo sino all’avvento del nuovo pacchetto igiene (Reg. 852/2004, 853/2004, 854/2004, 882/2004) entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 2006 (e successive modifiche), che di fatto permette alle produzioni tradizionali di essere coerenti con la normativa vigente, sottolineando l’importanza di queste produzioni che tanto sono legate al territorio da cui ciascuna origina. Ad esempio, il Reg. 852/2004 riconosce la necessità di mantenere metodi tradizionali di produzione che sono la testimonianza della diversità culturale dell’Europa e prevede, pertanto, la flessibilità necessaria per le imprese alimentari. Grazie a ciò, molti prodotti sono stati tutelati non soltanto in ambito italiano, ma anche europeo ed il Formaggio di Fossa, per il quale è stata riconosciuta la DOP, ne è un testimone d’eccezione. Bisogna considerare che la preparazione di una particolare pietanza, che trova compimento in procedimenti antichi e ritualizzati della cucina del luogo, non incrocia molto spesso i criteri di lavorazione e conservazione imposti dalla normativa. Il Regolamento (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, richiede che i prodotti agroalimentari che beneficiano di una DOP o di una IGP siano ottenuti in conformità al relativo disciplinare (art. 7) e che la verifica del rispetto dei requisiti disciplinati sia effettuata da autorità competenti e/o da organismi di controllo, conformi agli articoli di cui al Capo I del Regolamento, autorizzati dagli Stati Membri.
Il disciplinare per il controllodella conformità della DOP contiene tutti gli elementi che caratterizzano il prodotto e descrive l’insieme dei controlli ai quali la filiera produttiva ed il prodotto devono essere sottoposti affinché il formaggio possa essere identificato con la denominazione “Formaggio di Fossa di Sogliano” DOP, ed in particolare:
– la delimitazione della zona geografica di produzione della materia prima, di trasformazione, di stagionatura, di infossatura, di porzionamento e di confezionamento nel cui territorio devono essere ubicati tutti i soggetti della filiera disciplinata;
– la descrizione del prodotto con identificazione della materia prima, degli ingredienti e delle caratteristiche finali;
– la descrizione del metodo di ottenimento;
– i sistemi di identificazione e rintracciabilità del prodotto e dei suoi componenti;
– le modalità di presentazione al momento dell’immissione del prodotto al consumo/commercio;
– le procedure di controllo applicabili.
L’insieme complessivo dei controlli è costituito sia dalle attività direttamente a carico dei soggetti interessati lungo la filiera di produzione disciplinata (attività di autocontrollo), sia dai controlli di conformità svolti dall’Ente Certificatore, al fine di accertare la completa conformità dei processi e dei prodotti.
Secondo quanto previsto dal presente disciplinare, dalle attività di autocontrollo poste a carico dei soggetti della filiera disciplinata, si originano le relative registrazioni ad evidenza del rispetto della disciplina produttiva. Queste registrazioni sono esaminate e valutate nel corso delle verifiche ispettive. Pertanto, i soggetti della filiera riconosciuti devono produrre e conservare adeguatamente tutta la documentazione derivante dall’autocontrollo e renderla disponibile per i controlli di conformità svolti dall’Ente Certificatore.
La zona di produzione del “Formaggio di Fossa di Sogliano” DOP comprende l’intero territorio delle province di Forlì-Cesena, Rimini, Ravenna, Pesaro-Urbino; Ancona; Macerata; Ascoli Piceno e parte del territorio della Provincia di Bologna.
Il “Formaggio di Fossa di Sogliano” è ottenuto da latte intero proveniente da ovini e da bovini. Le razze bovine per la produzione del latte sono la Frisona Italiana, la Bruna Alpina, la Pezzata Rossa e relative meticce, mentre le razze ovine sono la Sarda, la Comisana, la Massese, la Vissana, la Cornella Bianca, la Fabrianese delle Langhe e la Pinzirita, con relative meticce. Gli animali possono essere allevati sia in stabulazione sia al pascolo. Non è ammesso l’uso di insilati.
Il latte impiegato per la produzione del “Formaggio di Fossa di Sogliano” proviene da due mungiture giornaliere. Il formaggio deve essere prodotto con l’impiego esclusivo o la miscela delle seguenti tipologie di latte:
- latte ovino intero: Pecorino
- latte vaccino intero: Vaccino
- miscela di intero vaccino (max 80 %) e di latte intero ovino (mim. 20 %): Misto
Il latte deve essere riposto in recipienti idonei all’uso. Per la produzione viene utilizzato latte crudo o latte pastorizzato. La lavorazione del latte crudo deve avvenire entro 48 ore dalla prima munta, mentre la lavorazione di latte pastorizzato deve avvenire dopo la pastorizzazione a 71,7 °C per 15 secondi, o a qualsiasi altra combinazione equivalente. Il latte va coagulato con caglio naturale ed è vietato l’uso di additivi. Il latte viene messo nelle polivalenti per la fermentazione e il coagulo, che avviene ad una temperatura compresa tra 30/38 °C, con tempi di presa che possono variare da 7 a 20 minuti. Quindi avviene la rottura della cagliata, dopo la quale la pasta viene messa in forme idonee per lo spurgo del siero e sottoposta a pressatura manuale e/o a stufatura, la salatura viene effettuata a secco o in salamoia.
La forma della caciotta fresca deve avere un’altezza variabile dai 6 ai 10 cm e un diametro variabile dai 12 ai 20 cm. Il peso sarà compreso tra 600 e 2000 grammi all’infossatura.
La maturazione del formaggio dovrà avvenire per un periodo minimo di 60 giorni ed un massimo di 240, in ambienti provvisti di autorizzazione sanitaria. È consentita la maturazione in cella ad una temperatura compresa tra i 6 °C e i 14 °C, ad una umidità relativa del 75-92 %. Alla fine della maturazione il formaggio deve presentare una bucciatura asciutta, grassa, ma priva di siero.
I formaggi maturi per la stagionatura in fossa devono essere puliti e privi di muffa, racchiusi in sacchi di tela non colorata, legata con spago naturale ed eventualmente bloccati con fascette o cinghie idonee all’uso. I sacchi devono essere contraddistinti con il numero di riconoscimento dello stabilimento di infossatura (Codice Infossatore) e con il numero di identificazione del lotto per riconoscere le varie partite di prodotto e la loro origine. Queste diciture possono essere apposte direttamente sul sacco con coloranti ad uso alimentare e/o riportate su targhette fissate al sacco. L’infossatura varia da un minimo di 80 giorni ad un massimo di 100 giorni.
La sfossatura deve avvenire secondo le seguenti modalità: con lo scalpello e la mazzetta, la bocca della fossa viene liberata dalla copertura e viene aperto il coperchio di legno. Prima di dare inizio alle operazioni di svuotamento della fossa, è necessario aerare la stessa da un minimo di 30 minuti ad un massimo di 6 ore al fine di favorire la discesa dello sfossatore. A tale scopo si utilizzano anche appositi ventilatori per permettere ai gas stagnanti all’interno della fossa di fuoriuscire e rendere l’ambiente più sicuro per l’operatore. Solo un addetto entra all’interno della fossa, vestito con un camice o tuta di colore bianco, scarpe igienicamente predisposte, guanti di lattice e copricapo bianco. I sacchi di formaggio vengono passati ad un altro operatore, sempre opportunamente abbigliato e posizionato ai bordi della fossa, e vengono predisposti su appositi teli, bancali, o contenitori, per evitare il contatto con qualsiasi tipo di pavimentazione. Entro 12 ore dalla fine della sfossatura, le forme verranno consegnate ai proprietari del formaggio, o depositate nei locali provvisti di autorizzazione sanitaria, per le successive operazioni previste dalla legge al fine dell’immissione al consumo del prodotto.
Per ottemperare ai requisiti della tradizione e per assicurare le inimitabili qualità organolettiche che fanno di questo prodotto un formaggio unico e immediatamente riconoscibile, sono previsti due distinti periodi di infossatura da effettuarsi nel corso dello stesso anno solare: infossatura primaverile e infossatura estiva.
a) L’infossatura primaverile (PRM) avrà decorrenza dal 1° marzo e potrà essere effettuata fino al limite massimo del 20 giugno di ciascun anno.
b) L’infossatura estiva (EST) avrà decorrenza dal 21 giugno e potrà essere effettuata fino al limite massimo del 21 settembre di ciascun anno.
Tra un’infossatura e l’altra viene rispettato un periodo di ripristino della fossa per un minimo di 10 giorni, in modo da permettere le operazioni di pulitura ed asciugatura della fossa stessa. Alla fine dell’infossatura e conseguente stagionatura estiva, le fosse dovranno osservare un periodo di riposo invernale che avrà una durata minima di tre mesi.
Ogni fossa non potrà effettuare più di due infossature nel corso dello stesso anno solare. L’apertura tradizionale delle fosse si svolge il 25 novembre, giorno di S. Caterina d’Alessandria, martirizzata all’inizio del IV secolo.