Questa settimana il formaggio protagonista che tratteremo è la Vastedda della valle del Belìce DOP, formaggio tipico delle province di Agrigento, Trapani e Palermo che si distingue per essere uno dei pochi formaggi ovini a pasta filata.
Il Territorio
Il territorio della valle del Belìce è caratterizzato da suoli bruni calcarei con un’elevata presenza di rocce e da pascoli ricchi di ecotipi locali che contribuiscono a dare al prodotto finito il suo particolare sapore. Il sistema di alimentazione degli ovini di fatto è costituito dal pascolo naturale e/o coltivato, foraggi freschi, fieni e paglia, dalle ristoppie di grano e dai sottoprodotti vegetativi.
Aspetto, sapore e proprietà nutrizionali
La Vastedda della valle del Belìce DOP è un formaggio dalla struttura tenera, dall’elasticità media e dall’umidità bassa e abbastanza solubile. La DOP si presenta di colore bianco avorio, senza crosta ma liscio e compatto. La forma tipica che ricorda quella di una focaccia la rende assolutamente inconfondibile. La sua pasta è di un bianco omogeneo, liscia, non granulosa e con eventuali accenni di striature dovute alla filatura artigianale, l’occhiatura deve inoltre essere assente o molto scarsa. L’aroma è quello caratteristico del latte fresco di pecora mentre il sapore mantiene un buon equilibrio tra salato ed acido.
La Vastedda della valle del Belìce presenta interessanti qualità organolettiche: il processo di filatura genera un dilavamento del grasso che, a parità di peso, fornisce un incremento delle proteine presenti. La bassa concentrazione di grasso, inoltre, lo rende un alimento dalla notevole digeribilità e leggerezza.
Valori nutrizionali (per 100g di prodotto):
- Valore energetico 239 Kcal (999 KJ)
- Umidità 53,15 %
- Proteine 26 g
- Grassi 25 g
- NaCL 0,77 g
- Na 0,67 g
- Ca 870 mg
- CLA 68 mg
Produzione
Il latte delle pecore della razza Valle del Belice impiegato per la lavorazione deve provenire da una o due mungiture. E’ un latte fresco, crudo e ad acidità naturale di fermentazione che, come da disciplinare, deve essere lavorato entro le 48 ore. Viene quindi filtrato con appositi setacci e/o filtri in tela e, come da tradizione, è riscaldato fino alla temperatura massima di 40° C con fuoco diretto di legna o gas. Successivamente viene aggiunto il caglio di agnello. Una volta formatasi, la cagliata deve esser rotta finemente con l’ausilio di un mestolo, detto “rotula“.
La massa viene trasferita poi nelle “fuscelle“, dove è lasciata riposare per un periodo di 24-48 ore, durante il quale il formaggio acidifica. Il prossimo passaggio prevede che la massa venga estratta e tagliata a listarelle per poi essere posta nel piddiaturi, una sorta di recipiente in legno.
La filatura del formaggio avviene con l’aggiunta di acqua calda e la lavorazione tramite una pala in legno detta “vaciliatuma“.
Una volta filata, la pasta viene modellata sul “tavuleri”, ottenendo dei cordoni che vengono ripiegati in due ed amalgamati formando delle trecce che vengono poi adagiate in piatti fondi in modo che la pasta abbia modo di rassodare. Rivoltata alcune volte, la Vastedda assume la caratteristica forma a focaccia.
A 12 ore dalla filatura avviene la salatura in salamoia e l’asciugatura.
Attrezzatura
Gli attrezzi utilizzati per la preparazione della Vastedda della valle del Belìce DOP sono strumenti tradizionali in legno che arricchiscono il latte di una flora microbica pro-casearia conferendo al formaggio, in modo naturale, particolarità e specificità.
Curiosità
Si narra che questo formaggio sia nato per mano di un antico casaro siciliano che, lavorando il latte delle sue pecore, lasciò inacidire per errore la pasta nelle fuscelle. L’antico casaro tentò di porvi rimedio immergendola in acqua calda, come per la ricotta.
Grazie a quella particolare tecnica la pasta iniziò a filare e posta poi in un piatto prese la caratteristica forma a focaccia.