Beth Clark1, Gavin B. Stewart1, Luca A. Panzone1, I. Kyriazakis1, Lynn J. Frewer1
1School of Agriculture Food and Rural Development, Agriculture Building, Newcastle upon Tyne NE1 7RU, UK.
Accettato: 11 Aprile 2016; pubblicato online: 27 Aprile 2016
© The Author(s) 2016. Questo articolo è pubblicato con accesso libero su Springerlink.com
Inviare la corrispondenza a Lynn J. Frewer ; e-mail: lynn.frewer@newcastle.ac.uk

Abstract

L’aumento della produttività nei moderni sistemi di allevamento animale può avere un impatto negativo sul benessere degli animali d’allevamento (FAW). L’aumento dell’efficienza produttiva è dovuto principalmente all’intensificazione della produzione stessa e questo è stato associato ad un aumento dell’incidenza delle malattie legate alle produzioni  intensive che, a loro volta, possono avere un impatto negativo sul FAW. Mentre esistono numerose ricerche  sui comportamenti dei consumatori verso il FAW, fino a che punto questo sia correlato in maniera specifica ad una diminuzione delle malattie legate alla produttività nei sistemi intensivi e se l’aumento dell’incidenza di queste rappresenti una barriera alla loro fruibilità, da parte del consumatore, richiede ulteriori indagini. Pertanto, è stata condotta una review sistematica sull’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti del FAW, con particolare attenzione alle malattie produttive associate ai sistemi d’allevamento intensivo. Sono stati visionati quattro database per identificare gli studi attinenti. Con un  processo di screening, utilizzando un insieme di criteri di inclusione predefiniti, sono stati identificati 80 studi, valutando per ciascuno la potenza e l’incertezza delle prove. Un’analisi tematica ha portato all’identificazione di 6 temi dominanti costituiti da 15 sotto temi. I risultati dimostrano che il pubblico si preoccupa per il FAW nei sistemi di produzione moderni. La preoccupazione varia in relazione all’età, al sesso, all’educazione e alla familiarità con l’allevamento. Vita naturale e trattamento umano sono considerate tematiche centrali per un buon benessere animale. È stata messa in  evidenza una mancanza di prove sugli atteggiamenti nei confronti di malattie produttive specifiche (non ci sono studi su questo punto). Tuttavia, l’uso a scopo profilattico degli antibiotici è stato identificato motivo di preoccupazione. Sono state adottate dai consumatori numerose strategie di dissonanza per consentire un consumo di carne privo di sensi di colpa.

Parole chiave: benessere degli animali d’allevamento; comportamenti del pubblico; Consumo di alimenti; Malattie legate ai sistemi di produzione

Introduzione

Possono emergere dei conflitti tra l’aumento della produttività nei sistemi di allevamento e il benessere degli animali coinvolti (FAW, Austin et al., 2005). È necessaria più efficienza all’interno dei sistemi produttivi per soddisfare la crescente domanda di prodotti di origine animale (Godfray e Garnett 2014). Allo stesso tempo, i sistemi di produzione stanno diventando il punto focale di un maggiore controllo da parte del pubblico, a causa delle crescenti preoccupazioni etiche che riguardano i metodi allevatoriali (European Commission 2007). Nonostante le sue preoccupazioni, il pubblico può avere poca o non avere alcuna conoscenza delle pratiche allevatoriali moderne e del loro impatto sulla produttività e sul benessere animale (Harper e Henson 2001). L’incidenza delle malattie legate ai metodi di produzione può aumentare nei sistemi intensivi e può influenzare negativamente il FAW (Bengtsson e Greko 2014). La società rappresenta un importante utente della catena alimentare e può incrementare la domanda di specifici prodotti alimentari (Jensen 2006). Le loro opinioni, preoccupazioni e preferenze devono essere prese in considerazione per quanto riguarda l’attuazione e il monitoraggio dei sistemi di produzione animale, in modo che possano essere progettate e poi applicate normative efficaci ed accettabili (Bennett et al., 2002). Tenuto conto della soggettività della definizione di FAW, un’ insieme  di opzioni legislative basate sul mercato sembrerebbe offrire la soluzione più efficace per soddisfare le aspettative del pubblicofornendo, a coloro che hanno le preoccupazioni più alte, un mezzo per poter esprimere le loro preferenze sull’attuazione di standard legislativi minimi. Ci sono anche prove che suggeriscono una crescente ambivalenza nei confronti dell’allevamento moderno (Boogaard et al., 2006) e una maggiore dissociazione tra la produzione e il consumo in termini di comportamento da parte dei consumatori (Harper e Henson 2001). Molti consumatori sembrano apprezzare la qualità e la sicurezza garantite da questi sistemi moderni di produzione, ma esprimono preoccupazioni riguardo le pratiche di gestione e i relativi standard utilizzati (Boogaard et al., 2011). Sembra inoltre che le preoccupazioni riguardanti il rapporto tra il FAW e la produzione non si riflettono nelle pratiche di acquisto e di consumo, essendo le vendite dei prodotti detti “welfare friendly” (WFP) molto inferiori rispetto ai livelli di preoccupazione riportati (Commissione Europea 2007). Ciò indica una potenziale discrepanza tra il ruolo dell’individuo come cittadino e come consumatore (Boogaard et al., 2011; Grunert 2006), con cittadini e consumatori che hanno, nei diversi contesti, diverse preoccupazioni. Di conseguenza, il FAW potrebbe non essere tenuto in considerazione da tutti i consumatori durante lo shopping. Questa dualità cittadino-consumatore potrebbe spiegare in parte il debole nesso spesso osservato tra mentalità e comportamento (Te Velde et al., 2002).Inoltre questo spiega perché i non consumatori abbiano comunque voce in capitolo, con i loro pareri, sul FAW e si interessino di legislazione, di governo e delle altre parti interessate coinvolte per migliorare gli standard (Kjærnes et al., 2007). Ricerche precedenti hanno dimostrato che alcuni consumatori sono disposti a pagare bene (WTP) per una certa gamma di prodotti che superino i requisiti minimi del benessere animale (Lagerkvist e Hess 2011), indicando un mercato di nicchia per prodotti WFP (Wathes et al., 2013) e potenziali soluzioni basate sul ruolo del mercato per il mantenimento degli standard di welfare. L’eterogeneità tra la letteratura sui WTP è stata esplorata nelle precedenti review in relazione alle caratteristiche dei consumatori, ai diversi aspetti del benessere e delle tipologie di animali (Lagerkvist e Hess 2011). Tuttavia, sono state trascurate altre variabili sottostanti che potrebbero spiegare ulteriormente le differenze di comportamento e precedentemente non è stata effettuata un’analisi completa di queste variabili relative agli atteggiamenti. Essendo il FAW essenzialmente soggettivo (Bennett e Blaney 2003), è importante comprendere le ipotesi etiche alla sua base (Lassen et al. 2006), incluse le ragioni morali, culturali o sociologiche che costituiscono la base della preoccupazione pubblica. Questo facilita la comprensione del comportamento dei cittadini e dei consumatori. Questa review cerca di stabilire: (1) gli atteggiamenti del pubblico verso il FAW e (2) quelli nei confronti degli interventi utili a ridurre le malattie legate alla produzione. L’eterogeneità tra i dati sarà esplorata in relazione ad una serie di obiettivi secondari, in particolare per determinare se: (3) i fattori socio-demografici influenzano gli atteggiamenti e le credenze in relazione al FAW; (4) i fattori socio-economici influenzano gli atteggiamenti e le credenze in relazione al FAW; (5) i diversi aspetti del benessere influenzano gli atteggiamenti e le credenze in relazione al FAW e, per finire, se (6) i cittadini sono più interessati al FAW rispetto ai consumatori.

Metodi

Ricerca della letteratura

Prima dell’inizio della review è stato pubblicato online un protocollo per garantire trasparenza e per consentire dei feedback da altri ricercatori (Clark et al., 2014). Sono state esaminate quattro banche dati differenti; Scopus, ISI Web of Knowledge, AgEcon Search e Google Scholar, con gli ultimi 2 che consentivano di identificare anche la letteratura grigia più rilevante. Le banche dati sono state scandagliate utilizzando una combinazione di diversi termini di ricerca, con combinazioni specifiche per ciascun database. Sono stati inclusi solo studi effettuati negli ultimi 20 anni (dal 1995 in poi). Le stringhe di ricerca sono state processate e scremate con un processo multi-step, controllando l’alto grado di validità attribuita alla ricerca mediante i risultati sugli autori chiave identificati in precedenza. I termini di ricerca specifici per gli animali non sono stati utilizzati poiché spesso rimandavano a studi sulle scienze naturali piuttosto che sulle scienze sociali. Una copia del processo e dei termini di ricerca finale può essere ottenuta contattando l’autore corrispondente. Gli autori chiave del settore sono stati contattati anche per ottenere ulteriori fonti di letteratura grigia o per qualsiasi opera inedita. Gli studi derivati sono stati esportati in una libreria Endnote e quelli duplicati sono stati rimossi. Sono quindi stati esclusi mediante un processo di scrematura a due stadi, sulla base di una serie di criteri di inclusione predefiniti come descritto di seguito. Gli elenchi di riferimento delle ricerche idonei sono stati sottoposti a screening per identificare ulteriori studi pertinenti. Sono state incluse indagini qualitative e quantitative che misuravano i comportamenti dei consumatori, le preferenze, le percezioni, le credenze e  gli obblighi etici percepiti nei confronti dei prodotti realizzati secondo uno standard di FAW specifico. Tutti gli studi comprendevano membri campionati dal grande pubblico. Tutte le tipologie di animali d’allevamento, i prodotti di origine animale e gli aspetti del benessere sono stati considerati idonei per l’inclusione, essendo le misure di benessere descritte dai partecipanti come in grado di alterare la vita degli animali sia in maniera specifica (ad es. amputazione della coda) che in maniera più generale (ad es. sistemi di produzione all’aperto). Gli aspetti del benessere animale relativi alle malattie produttive miravano alla riduzione o al controllo delle stesse. L’uso degli antibiotici è stato considerato più come una manovra di intervento per ridurre le malattie produttive (Hughes e Heritage 2002), piuttosto che come promotore della crescita (a meno che non fosse chiaramente specificato). Sono stati inclusi solo gli studi scritti in inglese. Se due o più studi riportavano popolazioni duplicate, si manteneva quello che presentava la maggior parte delle informazioni utili per l’analisi. Gli studi duplicati, invece, non sono stati codificati, ma sono stati controllati per garantire che nessuna covariata o dettaglio extra andasse perso e che le loro conclusioni fossero concordi con i risultati della review. I riferimenti a studi inclusi nella review e a quelli esclusi nella fase di completamento del testo, possono essere ottenuti contattando l’autore corrispondente.

Estrazione ed analisi dei dati

Poiché nell’analisi sono stati inclusi dati quantitativi e qualitativi e sono state utilizzate, per misurare i comportamenti dei consumatori, una grande varietà di misure e scale, non è stato possibile fare una meta analisi. Pertanto, è stata condotta un’analisi narrativa seguendo le linee guida sulla sintesi narrativa dell’Economic and Social Research Council (ESRC) (Popay et al., 2006). I documenti inclusi sono stati prima letti e poi è stata creata una tabella riassuntiva per fornire una panoramica dei diversi studi. Questo ha generato un meccanismo mediante il quale il ricercatore ha familiarizzato con i dati ancor prima della codifica e che ha fornito un’idea iniziale dei codici e dei temi successivi. Questo costituiva le basi dell’approccio tematico di codificazione intrapreso (Thomas e Harden 2008; Braun e Clarke 2006). I dati sono stati poi analizzati utilizzando QSR Nvivo 10. A causa del gran numero di studi inclusi nell’analisi è stato usato un approccio codificato basato sul computer. Il ricercatore ha mantenuto un ruolo attivo nel prendere decisioni concettuali e interpretative in relazione all’analisi dei dati (Weitzman 2000). La codifica dei documenti si discostava da quella descritta nel protocollo (Clark et al., 2014), essendo i dati qualitativi e quantitativi analizzati singolarmente, piuttosto che a flussi separati. La teoria del comportamento pianificato (TPB) non è stata utilizzata nell’analisi, a causa dei dati di ritorno non confacenti allo schema, anche perché la codifica libera ha mantenuto molte più informazioni ottenute dai dati. La codifica libera ha consentito anche un approccio guidato dai dati e una maggiore riflessività da parte del  ricercatore. Anche se alcuni studi individuali hanno dimostrato elementi del TPB, questi incorporavano specificamente il TPB nelle loro metodologie. È importante sottolineare che il TPB ha recentemente ricevuto critiche (Sniehotta et al., 2014) e quindi potrebbe non essere il quadro più appropriato da utilizzare nel contesto del FAW, in quanto sembra mancare di alcune sfumature associate a questo argomento. La deviazione dal protocollo potrebbe indurre errori nella revisione. Tuttavia, questo è improbabile a causa dell’esaustività dei termini di ricerca utilizzati, della natura e del livello di trasparenza nell’analisi, con conseguente massima inclusione dei dati. In seguito  all’iniziale familiarizzazione dei ricercatori stessi con gli studi nel database, in primis è stata utilizzata la codificazione aperta per estrarre i dati provenienti dagli studi con codici che venivano generati anche in relazione a tutti gli obiettivi menzionati nella sezione “introduzione”. Il quadro di codifica iniziale è stato quindi perfezionato dopo che metà degli studi è stata codificata, per fornire un quadro più rappresentativo. Ciò ha comportato la riorganizzazione di codici diversi o la loro suddivisione in più codici distinti per creare più dettagli. I codici sono stati rinominati per renderli più esplicativi del contenuto che includevano. Gli altri studi sono stati codificati in base al nuovo quadro. Questi codici finali sono stati poi raggruppati in temi (tabella 1), basati sull’intuizione concettuale dei primi ricercatori e sono stati poi discussi e perfezionati con il resto del team di ricerca.

Valutazione critica

Gli studi sono stati valutati in modo critico per stimare la loro validità e gli errori. È stato sviluppato un documento di valutazione critico per consentire l’esame della diversità degli studi inclusi nella revisione. Uno strumento separato è stato sviluppato per gli studi qualitativi e quantitativi a causa delle differenze inerenti alla natura dei metodi (Bryman 2012). Questo strumento è stato sviluppato consultando una serie di linee guida e raccomandazioni preesistenti e ha fornito un documento importante per un contesto non sanitario. Lo strumento considerava la validità del costrutto, la validità interna ed esterna e l’affidabilità degli studi inclusi nell’analisi (Yin 2009), sotto forma di 7 diversi criteri comunemente utilizzati per valutare la qualità dello studio: scopo dello studio, progettazione dello studio, reclutamento dei partecipanti, raccolta di dati, analisi dei dati, considerazioni etiche sullo studio e discussione dei risultati, con il ruolo del ricercatore in relazione alla raccolta e all’analisi dei dati in studi qualitativi che rappresentava l’ottava categoria. A ciascuna categoria è stato assegnato un punteggio di rischio d’errore basato su una scala di 5 punti, che va da molto alto a molto basso a seconda dei criteri stabiliti in ogni sezione. La qualità complessiva dello studio è stata quindi valutata basandosi sulla qualità di ciascuno dei singoli criteri. Per studi con metodi misti, è stata condotta una valutazione critica su ciascun metodo separatamente.

Tabella 1. Riassunto delle tematiche provenienti dagli studi inclusi (n=80)

Nessuno studio è stato escluso sulla base della valutazione critica, mentre i risultati sono stati presi in considerazione durante l’analisi della valutazione della forza complessiva delle prove come parte dell’analisi GRADE (Grading of Recommendations, Assessement, Development and Evaluation) (Meader et al., 2014). Il quadro GRADE è stato utilizzato anche per fornire una panoramica della forza delle prove ed è stato nuovamente adattato per consentire l’inclusione della ricerca qualitativa (Stewart et al., 2015). Poi è stata fatta una valutazione complessiva basata sui risultati di ciascuno dei 5 temi.

  • Il rischio di errore è stato affrontato mediante la valutazione critica di ciascun studio utilizzando lo strumento rischio di bias ed è stato classificato come alto, moderato o basso.
  • L’incongruenza/non riproducibilità dei dati tradizionalmente è ottenuta mediante forest plot e valori I2. Questa è stata valutata dal riepilogo della tabella delle prove sulla variazione generale e dall’analisi dei dati per stabilire la variazione in ciascun tema. È stata valutata come alta, moderata o bassa, con un maggiore rischio di errore associato ad una maggiore variazione.
  • La trasferibilità/applicabilità delle prove (indirectness) è stata stabilita esaminando se gli studi erano focalizzati sull’affrontare gli elementi PICO della domanda di ricerca, come se la popolazione appartenesse al pubblico e se il FAW fosse l’unico focus della ricerca. Questa è stata valutata come alta, moderata o bassa.
  • Imprecisione a causa della natura qualitativa dell’analisi gli intervalli di confidenza al 95% non erano disponibili. Per questo è stata determinata mediante una serie di fattori. Per gli studi qualitativi, questo ha incluso l’esame di quanto gli autori fossero fiduciosi dei loro risultati valutando anche la generalizzabilità dello studio. Per gli studi quantitativi, sono stati valutati attraverso l’esame della generalizzabilità dei risultati e se si menzionano esplicitamente eventuali fattori confondenti e la dimensione del campione. La precisione è stata valutata come alta, moderata o bassa.
  • Gli errori di pubblicazione (bias di pubblicazione) sono tradizionalmente valutati attraverso funnel plots, ma a causa dell’analisi tematica utilizzata questo non è stato possibile. Sono state quindi esaminate le differenze tra gli esiti degli studi pubblicati e di quelli inediti e il rischio di bias valutato come fortemente sospetto o non rilevato a seconda che fossero presenti o meno delle differenze.

Una sintesi di questi risultati insieme a tutti i documenti di supporto, inclusi gli strumenti critici di valutazione e i risultati, può essere ottenuta contattando l’autore corrispondente.

Risultati

Osservazioni

80 studi sono stati inclusi nell’analisi e la maggior parte di questi erano quantitativi (n = 62). Di questi, 43 erano sondaggi, 17 erano studi sul WTP, 1 si basava sulla modellazione di dati esistenti e un altro era una matrice di visualizzazione delle informazioni. Dei nove studi qualitativi  4 erano focus group, 4 interviste e 1 un panel di cittadini. I restanti nove studi applicavano metodi misti, con 5 contenenti metodi qualitativi e quantitativi, 3 contenenti metodi qualitativi multipli e 1 contenente metodi quantitativi multipli. La maggior parte degli studi è stata condotta in Europa (n = 59), con i paesi del Nord Europa  e dell’Europa occidentale tra i più comunemente rappresentati. Dei rimanenti studi, 14 sono stati condotti in Nord America, 2 in Sud America, 2 in Australia, 2 in Asia, 1 in Africa e 1 in più regioni. Quasi la metà degli studi (n = 33) non si è concentrata su specifiche tipologie di animali. Tra quelli che lo facevano, i maiali sono stati la tipologia più frequentemente inclusa (n = 17), seguiti da diversi altri tipi di animali denominati (n = 8), polli da carne (n = 8), galline ovaiole (n = 6) e con pesce, agnello, vacche da latte e da carne che erano le altre uniche tipologie studiate. La maggioranza degli studi erano articoli di giornale sottoposti a revisione paritetica (n = 65). I restanti 15 erano giornali di conferenze, relazioni di progetti, tesi e riviste del settore. Una valutazione critica ha rivelato che gli studi erano di qualità mista e quindi presentavano anche un rischio di bias misto. Generalmente, gli studi quantitativi presentavano un rischio di bias minore rispetto agli studi qualitativi ( solo uno studio qualitativo aveva un basso rischio di bias). Tutti gli studi qualitativi hanno avuto un appropriato progetto di ricerca e hanno presentato e discusso i risultati in modo adeguato. La maggior parte degli studi aveva anche una chiara esposizione degli obiettivi. Le informazioni riguardanti il reclutamento dei partecipanti, la raccolta e l’analisi dei dati non sono state sempre così chiare o addirittura non sono state proprio riportate. La spiegazione della dimensione del campione, se la raccolta dei dati fosse conforme ai fini della ricerca, se l’analisi dei dati fosse sufficientemente rigorosa e la constatazione dei limiti venivano generalmente meno, se non male, riportate. Nessuno studio qualitativo discusso ha ottenuto l’approvazione etica o ha sottolineato il ruolo del ricercatore nella raccolta e nell’analisi dei dati. La maggior parte degli studi quantitativi ha fornito dei chiari obiettivi dello studio. Quando questo non risultava possibile spesso era dovuto ad elementi poco chiari appartenenti alla popolazione, al tipo d’intervento, al controllo, agli esiti (PICO). La maggior parte degli studi quantitativi ha avuto un appropriato progetto di ricerca, anche se pochi hanno fornito una spiegazione sui tipi di metodi utilizzati. I dettagli riguardanti il coinvolgimento dei partecipanti non erano chiari, in particolare riguardo la spiegazione della dimensione del campione e sulla percentuale di risposte raccolte. La maggioranza degli studi ha fornito informazioni sufficienti riguardanti la raccolta dei dati, l’analisi e la segnalazione dei risultati. Tuttavia, le informazioni relative all’affidabilità e alla validità dello strumento, all’impedimento dell’uso selettivo dei dati e alle limitazioni dello studio sono state segnalate con meno frequenza. I risultati non sono stati sempre discussi in modo adeguato o discussi in relazione agli scopi e agli obiettivi originari della ricerca. Ancora una volta le considerazioni etiche associate al progetto di studio sono state prese in considerazione raramente e citate solo in 9 dei 62 studi. Il rischio di bias e gli standard di rendicontazione per gli studi con metodi misti, sono risultati molto simili a quelli degli studi qualitativi e quantitativi. All’analisi dei dati e alla discussione dei risultati è stato assegnato un maggiore rischio di bias, specialmente per gli studi qualitativi. Nelle riviste ciò potrebbe essere dovuto a limitazioni legate allo spazio che impedisce di fornire dettagli sufficienti sui metodi multipli. La valutazione GRADE ha indicato una moderata forza delle prove scientifiche, suggerendo che i risultati della review dovrebbero essere interpretati con cautela. La bias di pubblicazione non è stata rilevata, visto che non sembrava differire nei risultati ottenuti da studi con o senza revisione paritaria. L’applicabilità delle prove era bassa, con la maggioranza degli studi che coinvolgevano il pubblico e che erano progettati appositamente per esaminare le percezioni e gli atteggiamenti verso il FAW. L’imprecisione era elevata, con pochi studi che comprendevano quei fattori di confondimento che potrebbero influenzare in particolar modo i risultati. Infine, come risultato dell’inconsistenza di alcuni temi, è stato rilevato un rischio moderato di bias però abbiamo notato anche riscontri coerentemente più alti con altri. La tabella 1 fornisce una panoramica dei temi inclusi nella review e dei sottotemi derivati da essi.

Concetto di welfare

Definizione di welfare

Anche se ciò che è stato pensato per definire un buon FAW può variare, il trattamento umano e la conformità alla vita in natura erano temi centrali per l’accettazione. C’era anche una crescente consapevolezza del FAW al di là di quella sulla salute e sul tipo di stabulazione, che teneva conto di altri aspetti dell’allevamento come il trasporto e la macellazione, e degli aspetti psicologici del benessere, compreso il comportamento e gli istinti naturali degli animali, con questi ultimi più soggetti ad una considerazione morale e per questo tanto più contestati dal pubblico. Ciò suggerisce che sia i consumatori che i cittadini hanno una visione olistica del benessere e della salute, anche se a queste non può essere dato sempre lo stesso peso. I soggetti partecipanti allo studio hanno riconosciuto che ciò che risulta negativo per gli animali lo è, in ultima analisi, anche per i consumatori, in particolare per quanto concerne il controllo delle malattie e l’avversione dei consumatori stessi verso l’uso di antibiotici nei sistemi di produzione intensivi, entrambi legati alle preoccupazioni per la salute umana. Per quanto riguarda la salute e il trattamento, esistono prove che sia i consumatori che i cittadini riconoscono che l’uso di antibiotici non può essere totalmente evitato, con preoccupazioni soprattutto relative ad un loro uso eccessivo.

Stile di vita conforme a quello in natura

Una tipologia di vita sempre più vicina a quella in natura è stata centrale nei pensieri e nelle preoccupazioni in relazione sia ai comportamenti degli animali che alle condizioni di vita. È ritenuta importante, sia per il benessere fisico che per quello psichico dell’animale e si è visto che l’impedimento del comportamento naturale, ha un impatto negativo sulla salute complessiva dell’animale. La naturalezza della vita è stata definita come il sufficiente spazio fornito e l’associata libertà per consentire agli animali di comportarsi secondo i loro istinti naturali e comprendeva anche l’accesso a zone aperte e l’alimentazione non adulterata. I sistemi di produzione moderni e intensivi sono stati pertanto considerati come innaturali in quanto violavano uno o più di questi criteri. Al contrario, i sistemi più tradizionali, estensivi e all’aperto, sono stati considerati più naturali e in grado di fornire prodotti di qualità superiore. Nonostante le preferenze prevalenti per la vita sempre più vicina a quella svolta in natura, sono stati apprezzati anche alcuni benefici associati ai moderni sistemi produttivi come il miglioramento delle condizioni igieniche.

Trattamento umano

Le impressioni e gli atteggiamenti dei partecipanti allo studio hanno evidenziato che per essi la salute degli animali e le esigenze fisiologiche di base sono legate a vari fattori, tra cui la disponibilità di luce naturale, la pulizia e la presenza di spazio sufficiente (evitando il sovraffollamenti). Non ci sorprende, considerando quanto lo stile di vita naturale degli animali sia centrale nella determinazione del benessere, che non siano stati sostenuti gli sforzi fatti per proteggere la salute a scapito della vita naturale stessa. Collegato a questo era il controllo e l’assenza delle malattie. Nessun studio si è concentrato specificamente sulle malattie dovute a sistemi intensivi di produzione, anche se i risultati di 21 studi includevano riferimenti all’uso di antibiotici. Le preoccupazioni riguardanti le malattie erano legate a condizioni di sovraffollamento in spazi angusti, che possono portare ad una maggior prevalenza delle malattie e di conseguenza ad un uso eccessivo, anche a scopo preventivo, di antibiotici. Il trattamento delle malattie e delle ferite era ritenuto importante e, in questo contesto, l’uso di antibiotici era considerato accettabile. L’aggiunta di antibiotici, insieme ad altri additivi come gli ormoni della crescita all’alimentazione animale, è stata considerata innaturale e inopportuna. Il mangime in generale è stato valutato come un elemento importante  per l’alimentazione e la salute animale. In azienda, insieme all’alimentazione animale, anche le condizioni di stabulazione sono state uno degli aspetti più frequentemente studiati e discussi in relazione al benessere. Questi aspetti sono stati più comunemente discussi in relazione alla quantità di spazio disponibile per capo, alla pulizia del tipo di alloggio e alla naturalezza dell’ambiente ( ad esempio, se gli animali avessero  la possibilità di accedere all’esterno). Anche una sufficiente disponibilità di cibo e acqua è stata considerata importante. I sistemi intensivi, come i capannoni, sono ritenuti troppo angusti. Si è preferita la possibilità di un accesso all’esterno e una densità di capi inferiore. I partecipanti allo studio hanno espresso un’opinione secondo la quale sono necessarie delle alternative alle pratiche attuali, in particolare per quanto riguarda l’uso di gabbie in batteria nel pollame, l’uso di gabbie parto per le scrofe e la pratica della castrazione senza anestetico nei suini, tutte cose considerate inumane. Sempre per quanto riguarda le pratiche di buona gestione dell’allevamento, sono state sollevate anche alcune preoccupazioni riguardanti la negligenza e il maltrattamento. Si è pensato che una buona gestione dovrebbe includere un contatto regolare con gli animali e un attento maneggiamento, ed è stato visto come questo risulti difficile nel contesto industriale che occupa oggi l’allevamento moderno. Sono state sollevate (e spesso associate) anche preoccupazioni riguardanti il trasporto animale e le condizioni di macellazione. Le condizioni di macellazione sono considerate un aspetto cruciale, soprattutto bisognerebbe assicurare una morte rapida, senza dolore per ridurre al minimo la sofferenza. Anche le condizioni durante il trasporto, tra cui la disponibilità di cibo e di acqua e la lunghezza del viaggio, sono ritenute importanti, infatti i partecipanti allo studio hanno indicato che la sua durata dovrebbe essere il più breve possibile. Entrambi questi fattori variano in importanza. Le preoccupazioni non sono state sempre sollevate spontaneamente negli studi qualitativi. La considerazione del benessere psicologico degli animali è ritenuta una parte importante del trattamento umano, anche se ci sono state opinioni diverse su questo. La maggioranza dei partecipanti crede che gli animali abbiano la capacità di soffrire psicologicamente e emotivamente. La coscienza animale e la possibilità di esprimere comportamenti naturali sono state percepite come parte essenziale nel raggiungimento del benessere psicologico (considerato di primaria importanza per gli animali in grado di vivere una vita naturale). Ciò è stato anche associato alle condizioni di stabulazione, in particolar modo alla capacità degli animali di interagire con i propri simili, alle restrizioni dello spazio e alla libertà di muoversi in aree esterne ai ricoveri.

Atteggiamenti nei confronti del welfare

Complessivo

Sebbene siano stati individuati atteggiamenti positivi e negativi nei confronti dei moderni sistemi d’allevamento, nel complesso i partecipanti allo studio erano preoccupati per gli attuali standard di FAW. I soggetti coinvolti vedevano i moderni sistemi di produzione come “cattivi, crudeli e innaturali” e ciò ha generato un alto livello di preoccupazione. L’efficienza industriale era vista negativamente ed erano sempre più favorevoli a fattorie più tradizionali, più piccole e meno intensive. Negli studi quantitativi la maggior parte dei partecipanti ha riferito di essere preoccupata per il FAW, con una percentuale compresa tra il 46 e l’86% (McKendree et al., 2014; Bennett e Blaney 2003). Coloro che consideravano in maniera più positiva le pratiche allevatoriali contemporanee apprezzavano la produzione moderna, citando benefici come le migliori condizioni sanitarie, la maggior efficienza e un migliore benessere animale. Comunque, anche questi comportamenti venivano normalmente associati a preoccupazioni relative alle pratiche contemporanee, visto che si crede che la maggiore efficienza e produttività si verifichino a scapito del benessere. Anche se, complessivamente, si sono manifestati atteggiamenti negativi verso la produzione moderna, spesso il livello di negatività variava tra le diverse tipologie animali. Le galline ovaiole e i polli broiler si considerano le categorie allevate nelle peggiori condizioni dal punto di vista del FAW, mentre le condizioni d’allevamento delle vacche da latte sono state generalmente considerate più positivamente. Le condizioni di allevamento dei suini variano nei diversi studi e generalmente si considerano necessari meno miglioramenti rispetto a quelli auspicati per i polli.

Caratteristiche socio-demografiche

Gli atteggiamenti e la preoccupazione per il FAW sembravano variare in relazione a una serie di caratteristiche socio-demografiche, come l’età, il sesso, l’istruzione, il reddito e in base al fatto che gli individui vivessero in una zona rurale. L’importanza del benessere tendeva a diminuire con l’età dei soggetti coinvolti, poiché i partecipanti più giovani hanno una maggiore consapevolezza delle tematiche sul benessere, sono meno sicuri del FAW e hanno più animali, così come sono contrari a degli atteggiamenti incentrati sull’uomo. I soggetti più anziani hanno una visione più negativa riguardo l’accettabilità delle pratiche di FAW oppure, in alcuni studi, accettavano maggiormente alcuni degli standard attualmente in uso. Le donne erano generalmente più preoccupate e avevano più punti di vista negativi sul sistema di allevamento moderno. L’analisi di segmentazione tra gli studi indica spesso una maggiore percentuale di donne nei gruppi “più preoccupati” o “coscienti riguardo al benessere animale”. Coloro che avevano un’istruzione superiore erano più consapevoli del FAW e tendevano ad essere più preoccupati per le condizioni moderne di allevamento, oltre ad avere una maggiore familiarità con le pratiche allevatoriali e ad aver effettuato un maggior numero di visite in azienda, anche se questo è stato preso in esame solo da alcuni studi . Maggiore preoccupazione è stata riferita sia dai soggetti con un reddito basso che da quelli con reddito più alto. Quelli con posizioni lavorative professionali hanno mostrato una maggiore preoccupazione, anche se questo è probabilmente correlato a livelli più elevati di conoscenza e di istruzione dei partecipanti. I problemi riguardanti il welfare sono risultati più importanti per coloro che vivono in  aree urbane, sebbene anche gli intervistati provenienti da zone rurali hanno manifestato alcune preoccupazioni. La conoscenza del FAW è maggiore in coloro che vivono in aree rurali e che hanno legami con l’allevamento. Il fatto di vivere in una zona rurale è stato associato ad una minor preoccupazione per il FAW e ad un aumento dell’accettazione dei sistemi di allevamento moderni. Altri aspetti sono state indagati meno frequentemente negli studi. Il fatto di essere proprietari di un animale domestico spingeva i soggetti ad avere dei punti di vista più negativi sull’allevamento moderno, con maggiori preoccupazioni concernenti il FAW e ciò era motivato da preoccupazioni più di tipo etico (piuttosto che legate alla salute umana). Anche le credenze religiose e politiche sono state associate a vari gradi di preoccupazione per il FAW con l’evangelismo, l’assidua frequentazione della chiesa e una forte religiosità associati a una diminuzione delle preoccupazioni legate al FAW. I partecipanti compresi a sinistra e al centro dello spettro politico avrebbero probabilmente maggiori preoccupazioni rispetto a quelli situati a destra. La tendenza delle famiglie con bambini era confusa, con evidenze che comprendevano una preoccupazione per il FAW sia minore che maggiore. Infine i vegetariani sono stati molto più critici sulle pratiche di benessere, hanno espresso una maggior preoccupazione per il FAW rispetto ai mangiatori di carne ed sono stati più omogenei nelle loro risposte.

Ruolo e orientamento

Ruolo dei consumatori vs. ruolo dei cittadini

Consumatori e cittadini hanno espresso preoccupazioni sul FAW. Il ruolo di un individuo come consumatore è stato associato alla colpa, con un partecipante che, in seguito ad una visita in azienda, ha affermato: “È questo il prezzo da pagare per avere una carne la più economica possibile” (Boogaard et al., 2011). È stata anche espressa la necessità di avere una coscienza pulita e, a parte l’acquisto di prodotti WFP, sono state individuate diverse strategie alternative per consentire un consumo senza colpa. Una strategia era quella di scollegare il prodotto dall’animale da cui proveniva, il che significa che i consumatori non dovevano pensare ai processi produttivi coinvolti. Un’altra strategia di dissociazione era quella di autoconvincersi che il controllo del benessere animale non è alla nostra portata, eliminando così le nostre responsabilità. Alcuni consumatori hanno anche detto che preferirebbero non pensare a certi aspetti della produzione, inclusi quelli rappresentati dai media, mentre altri semplicemente non vorrebbero sapere da dove provengono le carni che consumano.

Visione antropocentrica vs. visione zoocentrica

Gli atteggiamenti negativi e le relative preoccupazioni sul FAW sono stati motivati da preoccupazioni sia zoocentriche (animali) che antropocentriche (umane). Esiste un gruppo di individui, compresi i consumatori, che tendono a prendere in considerazione le questioni sul benessere da una prospettiva animale, credendo che gli animali abbiano emozioni e possano sentire il dolore nei sistemi di produzione intensivi, evocando così un senso di colpa. Percepiscono gli animali come soggetti che vanno oltre il loro valore utilitario intrinseco percepito dagli umani e credono che la qualità della loro vita sia importante. Al contrario, alcune preoccupazioni di certi individui sul FAW si basavano sul proprio benessere. Sembravano essere privi di affinità con gli animali, li consideravano inferiori agli esseri umani e avevano una minor coscienza. Sebbene riconoscano che i sistemi di produzione moderni sono inumani e che probabilmente mangiando carne stanno commettendo un atto di crudeltà, hanno messo in dubbio l’uso dell’antropomorfismo quando si parla di benessere. Nel discutere di sistemi intensivi d’allevamento hanno espresso pensieri come “non ci vedo niente di insolito” (Schroder e McEachern 2004) o “è un diritto (dell’essere umano) di mangiare gli animali” (Harper e Henson 2001) il che, oltre ad offrire una visione incentrata sull’uomo, può offrire anche un’altra forma di dissonanza, che porta a vedere gli animali come oggetti piuttosto che come esseri senzienti. Questo approccio basato su una visione antropocentrica è osservabile anche negli ulteriori benefici (che traggono i consumatori) associati ad elevati sistemi di welfare (vedi facilitatori di consumo). Nel discutere di aspetti specifici del FAW questi soggetti spesso avevano motivazioni dal punto di vista umano, come la riduzione del rischio di trasmissione delle malattie e dei residui veterinari.

Comportamento

Il 14-51% dei partecipanti allo studio ha riferito di avere l’intenzione di diminuire (o di averlo già fatto) il consumo di prodotti animali (McKendree et al., 2014; Ellis et al., 2009). La diminuzione del consumo di alcune tipologie di carne era più frequente rispetto ad altre, con il consumo di carne di maiale e di bovino che probabilmente diminuirà e con il consumo di pollame che probabilmente aumenterà, anche se questo potrebbe essere dovuto a preoccupazioni riguardanti la salute e la sicurezza, non solo a considerazioni sul benessere animale. I comportamenti a favore del benessere e il livello di preoccupazione legato alla produzione animale, sono stati associati anche alle pratiche di consumo, con i soggetti più preoccupati che comprano meno prodotti di origine animale,  che acquistano più frequentemente prodotti WFP e che utilizzano maggiormente marchi più rispettosi del benessere animale. Ciò dimostra che un alto livello di coinvolgimento è associato ad un aumento dei comportamenti pro-benessere. Il benessere, come motivatore dell’acquisto, è risultato più forte nelle donne, cosa che non è certo sorprendente considerando la maggiore preoccupazione che esse hanno per la produzione animale che le circonda. Per quanto riguarda le tipologie di WFP consumati, le uova d’allevamento a terra sono state il prodotto acquistato più frequentemente e da coloro con livelli diversi di preoccupazione. L’associazione tra la modifica delle abitudini di consumo e le caratteristiche sociodemografiche era meno evidente, anche se c’era maggior probabilità che i consumatori ABC1 acquistassero prodotti WFP, con il reddito più elevato associato ad un aumento del consumo di WFP, ad una diminuzione della sensibilità verso i prezzi o a nessuna differenza di consumo. Sembrerebbe anche che i soggetti più giovani mangerebbero con meno probabilità la carne più per problemi etici che di salute.

Barriere e Facilitatori di Consumo

Barriere al consumo

La maggior parte dei partecipanti ha convenuto che il FAW era importante, con coloro che supportano maggiormente questo aspetto e che sottolineano la necessità di ulteriori cambiamenti. Tuttavia, il tasso d’importanza del FAW non sempre si traduce in modificazioni delle abitudini d’acquisto. In alcune discussioni del gruppo di focus, il FAW non è stato neanche menzionato quando sono state inizialmente discusse le caratteristiche degli alimenti, essendoci un certo numero di altre caratteristiche alle quali è stata attribuita una maggior importanza (rispetto al FAW) quando si parla di acquistare prodotti animali e con la maggior parte delle decisioni d’acquisto che normalmente coinvolgono la valutazione di molteplici caratteristiche. Le caratteristiche prioritarie includono: qualità, freschezza, origine, caratteristiche sensoriali come il gusto, il rapporto qualità-prezzo, la sicurezza alimentare e la salute umana. Molti consumatori credevano che la disponibilità di WFP fosse limitata e che ci volesse troppo tempo per reperirli sul mercato. La mancanza di disponibilità impedisce, a coloro che sono interessati, di acquistare i propri prodotti preferenziali, portandoli all’acquisto di prodotti alternativi con un grado di welfare minore e la frustrazione causata da questo è evidente. Le preoccupazioni sono state sollevate anche all’interno di contesti nei quali i singoli individui hanno poco controllo, come nei ristoranti. Anche il costo è stato considerato una barriera, essendo i prodotti WFP percepiti come troppo costosi al momento dell’acquisto, soprattutto per grandi quantità, avendo prezzi maggiorati che servono ad eliminare la responsabilità dei consumatori sul FAW. Il benessere è stato anche definito come fuori dalla capacità di controllo del consumatore. Nonostante l’individuo desideri rassicurazioni e garanzie sul WFP citando la disponibilità e la facilità di identificazione al supermercato  come ostacoli all’acquisto, le etichette che indicano i prodotti WFP non sono supportate a livello universale. Quelli che criticano le etichette sostengono che presentano un eccesso di informazioni. Sono stati anche sollevati dubbi circa la loro credibilità e affidabilità, con solo il 34% dei partecipanti a uno studio che ha riferito di credere in parte alle informazioni da esse presentate (Makdisi e Marggraf 2011). Le etichette sono state ritenute confuse, soprattutto in termini di identificazione dei sistemi d’allevamento. La mancanza di informazioni disponibili sulle etichette è un problema maggiore per coloro che cercano attivamente risposte sul benessere animale. Tuttavia, i consumatori hanno indicato che le etichette potrebbero svolgere un ruolo positivo per quanto riguarda la comunicazione e rappresentano un’opportunità da migliorare. In molti studi, l’etichettatura è stata identificata come il metodo preferito per l’identificazione di WFP, poiché fornisce ai consumatori ulteriori rassicurazioni circa gli standard di FAW. Per quanto riguarda i sistemi di etichettatura esistenti, le donne, quelle con istruzione superiore e quelle dei paesi scandinavi sembrano capire meglio le etichette esistenti, e ciò corrisponde al fatto che in questi gruppi c’è una maggiore preoccupazione e una conoscenza più approfondita del FAW.

Facilitatori del consumo

I WFP sono stati ripetutamente associati e utilizzati anche come indicatori di altre caratteristiche intrinseche al prodotto, in particolare della qualità e di ulteriori vantaggi per i consumatori (come la sicurezza), di conseguenza i prodotti hanno un valore che va oltre a quello di un miglior FAW. I consumatori che associavano maggior benessere a queste caratteristiche  aggiuntive erano anche disposti a pagare (WTP) di più per il FAW. La salute umana e la sicurezza sono i benefici più comunemente menzionati di un elevato welfare, essendo i due probabilmente collegati. Il 50-78% degli intervistati ha ritenuto che i prodotti WFP fossero più sani (Bennett et al., 2012; Moran e McVittie 2008). Per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, si pensa che un miglioramento delle condizioni di vita degli animali e la diminuzione dell’uso di antibiotici contribuirebbero a migliorarla. Sia le qualità complessive che quelle sensoriali, come il gusto, sono state associate ad un miglior FAW, con i consumatori coinvolti ancor più convinti di questa correlazione. Sono stati sollevati quesiti sulla qualità della carne proveniente da sistemi di produzione intensivi e i WFP sono stati considerati il mezzo con cui garantire prodotti di qualità superiore. I WFP sono stati anche associati alla produzione biologica, che ha presentato minori problemi di benessere rispetto ai sistemi più intensivi. Si pensa che i sistemi più orientati al controllo del FAW abbiano, per diversi motivi, un minor impatto ambientale; tra questi ricordiamo il ridotto utilizzo di sostanze chimiche, la maggiore sostenibilità a livello ambientale e la salvaguardia di suolo, acqua e aria.

Mediatori

Fiducia e responsabilità

La fiducia era un fattore importante, sollevato in relazione all’etichettatura e verso coloro che si assumono la responsabilità di garantire norme di benessere accettabili. L’attuazione di un sistema ispettivo credibile è stato un elemento importante nello stabilire e nel mantenere una review sistematica degli atteggiamenti pubblici, delle percezioni e degli standard considerati accettabili per il benessere. Ciò implica la necessità di garantire che alcuni organismi indipendenti vengano utilizzati per l’accreditamento e questo fornirebbe anche la base per i modelli di etichettatura al fine di evitare l’attuale scetticismo che circonda quelli esistenti. La quantità di fiducia espressa dai vari soggetti interessati variava lungo la catena alimentare, con protagonisti come i rivenditori, ai quali in genere, si dava meno fiducia che agli allevatori, anche se la fiducia riposta su allevatori e sul governo differiva tra i diversi paesi (i consumatori dei paesi del Nord Europa si fidavano maggiormente di queste categorie coinvolte rispetto ai consumatori dell’Europa meridionale). Se le organizzazioni erano percepite come più esperte e meno coinvolte nella produzione animale, erano considerate anche più attendibili. La responsabilità di garantire standard accettabili di FAW non è stata affidata ad un singolo partecipante tra quelli coinvolti. Infatti le parti interessate a cui veniva data più fiducia e quelle percepite come responsabili non erano sempre le stesse. Alcuni consumatori ritenevano che la responsabilità fosse stata rimossa da essi dal governo o da un aumento sconsiderato dei prezzi che rendevano i prodotti WFP inacquistabili e spesso classificavano loro stessi tra i meno responsabili. Alcuni invece hanno riconosciuto la loro responsabilità, credendo che la società sia l’inizio di una catena in grado di condizionare le preoccupazioni. Tuttavia, essi si sentivano impotenti su questo perché non avevano alcun coinvolgimento diretto con la realizzazione del FAW. Il benessere animale è stato considerato come un problema legato al Governo, in quanto questo può mettere in atto regolamenti e promulgare leggi in grado di migliorare e monitorare i livelli di benessere. Questa cosa è stata espressa meglio dai soggetti più istruiti. Il governo è stato percepito come una fonte neutrale rispetto ad altre parti interessate, come le organizzazioni che si occupano di benessere animale. Gli intervistati della maggior parte dei paesi coinvolti hanno riconosciuto la necessità di una legislazione migliore. In Cina, dove il FAW era un concetto sconosciuto, c’è stato il riconoscimento della necessità di una maggior regolamentazione. La responsabilità è stata assegnata anche ad altri soggetti interessati, come ad esempio alle organizzazioni per i diritti degli animali, ai veterinari, agli allevatori e ai rivenditori, con i quali si è ritenuto necessario assicurare che i prodotti animali venissero fabbricati in maniera responsabile. Le opinioni dei consumatori verso gli allevatori variavano; alcuni provavano simpatia verso di loro e affermavano la loro necessità di fare questo lavoro per vivere e qualche studio citava anche la necessità di ricompensare maggiormente coloro che adottano norme e livelli di benessere superiori. Altri li consideravano solo dediti a fare profitto, con le considerazioni economiche che andavano inevitabilmente a scavalcare l’opinione pubblica e concentrati sull’efficienza produttiva invece che sul benessere. Sono stati spesso considerati come i più responsabili e quando è stata mostrata maggiore fiducia in essi, le preoccupazioni sul FAW si sono ridotte.

Conoscenza e fonti d’informazione

La preoccupazione pubblica e gli atteggiamenti negativi generali verso la produzione moderna sono stati sostenuti anche dalla mancanza di conoscenze di base. Era evidente la mancanza generale di familiarità con le condizioni e le pratiche moderne di allevamento, in particolare delle questioni “fuori dalla fattoria”. Quando è stato chiesto, alla maggior parte dei partecipanti, di valutare le proprie conoscenze attuali sulle pratiche allevatoriali, essi hanno riferito che erano basse, variando dal 50% per i soggetti non  informati sull’argomento (Ellis et al 2009) fino all’80% per quelli che possedevano scarse conoscenze relative al FAW (Lu 2013). Queste cifre sono probabilmente più alte, come quando si è misurata la conoscenza oggettiva, infatti le risposte corrette erano molto inferiori ai valori corrispondenti di conoscenza auto-segnalati. Le prove dell’esistenza di idee sbagliate erano molto comuni, soprattutto in relazione a ciò che erano le normali pratiche d’allevamento. Coloro che provengono dai paesi scandinavi e coloro che hanno visitato una fattoria in precedenza sembrano avere più informazioni sul FAW. C’era comunque il desiderio di essere meglio informati e si pensa che attualmente non sono disponibili abbastanza informazioni  relative al FAW. Le prove suggeriscono che coloro che hanno una certa conoscenza, hanno anche maggiori probabilità di volerne sapere di più, anche se questa constatazione non era coerente in tutti gli studi. Sono state menzionate numerose possibilità come fonti di informazioni sul FAW, tra cui l’esperienza in prima persona, il governo, le organizzazioni specifiche che si occupano di benessere e i media (quest’ultima la fonte di informazioni più importante). Pur essendo la fonte più diffusa di informazione, c’erano pensieri contrastanti riguardo a quanto fosse credibile. La televisione è il canale multimediale utilizzato più frequentemente, seguito da internet che, secondo studi più recenti, sta diventando il preferito. Era comune anche il non avere alcuna fonte di informazione, così alcuni soggetti non erano in grado di ricordarsi nessuna nozione relativa al FAW recepita nelle notizie più recenti. Uno studio ha riferito che coloro che erano preoccupati maggiormente per il benessere, avevano visto più programmi televisivi relativi ad esso. Nel complesso, una maggiore conoscenza è stata associata ad una maggiore preoccupazione e ad una maggior disponibilità a pagare di più (WTP) i prodotti animal-friendly.

DISCUSSIONI

Comportamenti del pubblico nei confronti del benessere degli animali d’allevamento

Questa recensione identifica e esamina gli atteggiamenti pubblici verso il FAW. Sono stati identificati 80 studi attraverso un processo di ricerca in 2 fasi e un’analisi tematica ha portato all’identificazione di 6 temi, costruiti a partire da 15 sotto temi. I risultati indicano che il pubblico è preoccupato per il FAW e la maggioranza ha un atteggiamento negativo verso i sistemi di allevamento moderno. Queste preoccupazioni sono legate a due concetti principali: il trattamento umano e la possibilità di vivere una vita il più simile possibile a quella naturale (vita naturale) e la loro violazione era associata ad atteggiamenti più negativi. La valutazione critica ci ha indicato che gli studi avevano un rischio di bias misto, con gli studi quantitativi che presentavano un rischio inferiore rispetto a quelli qualitativi. La valutazione  GRADE ha indicato nel complesso una moderata forza delle prove, il che significa che i risultati della review dovrebbero essere interpretati con una certa cautela. Poiché gli aspetti metodologici degli studi, come ad esempio il reclutamento dei partecipanti, la progettazione dello studio e l’analisi dei dati, sono stati spesso classificati ad elevato rischio di bias, gli studi futuri potrebbero migliorare l’insieme delle prove esistenti includendo più informazioni metodologiche possibili. Solo nove studi individuali e otto con metodo misto hanno coinvolto una ricerca qualitativa. Sebbene questi avessero generalmente un rischio più elevato di bias, erano alcuni degli studi più approfonditi e fornivano una serie di spunti riguardo il ragionamento sottostante ad un certo tipo di comportamento e alle preoccupazioni. Sarebbe quindi opportuno condurre ulteriori studi per comprendere particolari gruppi di popolazione e alcuni aspetti d’ interesse, come la vita naturale e il trattamento umano. Gli atteggiamenti si differenziano in base alle caratteristiche socio-demografiche e al grado di preoccupazione. Le donne, i partecipanti più giovani e i soggetti con un’educazione scolastica maggiore, manifestavano livelli di preoccupazione più alti e mostravano un atteggiamento più negativo nei confronti dei moderni sistemi di allevamento. Erano anche coloro che avevano più probabilità di WTP per il WFP, sostenendo così i risultati di una precedente review che indagava sul WTP (Clark et al., 2015). Le donne avevano atteggiamenti più negativi, esprimevano forti preoccupazioni nei confronti dell’allevamento moderno e avevano il più alto WTP. Le donne sono generalmente ritenute più premurose e riflessive nei ruoli sociali che tendono ad adempiere (Kendall et al. 2006) e ciò le rende più motivate verso i problemi sul benessere animale, visto che considerano la questione in maniera  più emotiva rispetto agli uomini che, all’apparenza, tendono ad antropomorfizzare di più gli animali. I consumatori più giovani erano più consapevoli delle moderne pratiche allevatoriali, forse grazie ad un maggiore accesso alle informazioni dovuto ad Internet e ai social media, mentre i consumatori più anziani, avevano più familiarità con sistemi e canali multimediali più tradizionali, i quali potrebbero suscitare minori preoccupazioni non prestando molta attenzione ai problemi di FAW. In relazione al WTP, i consumatori anziani hanno anche maggior probabilità di essere in pensione e quindi non posseggono risorse finanziarie adeguate per pagare i prodotti WFP più costosi. La differenza di età non è stata esplorata in modo approfondito in uno degli studi qualitativi e sarebbe utile esaminare ulteriormente questo aspetto per ottenere maggiori informazioni sulle differenze di comportamento, soprattutto in vista dell’invecchiamento progressivo della popolazione in alcuni paesi sviluppati e in via di sviluppo. Il livello d’istruzione è stata collegato ad una maggiore preoccupazione per il benessere, con coloro che hanno studiato più a lungo che manifestano maggior consapevolezza e preoccupazione per il FAW. Anche se  quelli con una maggior istruzione hanno manifestato maggiori preoccupazioni, se avevano anche una maggiore familiarità con la situazione, tipo soggetti che avevano precedentemente lavorato o visitato una fattoria, che vivevano in una zona rurale o che avevano contatti regolari con gli allevatori, erano meno preoccupati dai sistemi di produzione moderna. Ciò confermerebbe l’ipotesi che i valori di conoscenza auto-segnalati la sovrastimino e che esista un gran numero di idee sbagliate sulle produzioni animali circostanti, che possa poi influire sui comportamenti. Per la maggior parte dei soggetti, i comportamenti si basano su pratiche d’allevamento soltanto percepite, piuttosto che su fatti ed esperienze reali, suggerendo così una differenza tra la percezione del pubblico e la realtà dell’allevamento. Inoltre questo mette in evidenza i vantaggi delle visite in azienda (per sensibilizzare sulle pratiche attuali e per mitigare alcune idee sbagliate che esistono) e la necessità che le ricerche future includano misure più oggettive di conoscenza per poter poi fornire approfondimenti realistici utili alla comprensione da parte del pubblico. Gli studi precedenti hanno collegato l’aumento del reddito ad un aumento di WTP, ma l’aumento degli stipendi non è necessariamente legato a una maggiore preoccupazione per il FAW. Sembrerebbe che i soggetti con i redditi più elevati abbiano i mezzi per esprimere i loro atteggiamenti mediante i loro comportamenti di acquisto, piuttosto che avere maggiori preoccupazioni o atteggiamenti più negativi e questo sembra essere il caso dei consumatori ABC1 che sono più inclini al consumo di WFP. Uno studio riferisce che coloro i quali hanno uno status sociale più elevato, valutano maggiormente la qualità dei prodotti (Vermeulen e Bienabe 2010), quindi potrebbe essere che questi ottengano più valore dal WFP e forse dall’associazione con altre caratteristiche del prodotto. Le caratteristiche socio-demografiche e il loro rapporto con gli atteggiamenti e il comportamento dei vari individui sono stati discussi principalmente negli studi quantitativi, con pochi studi qualitativi che analizzano le differenze tra le caratteristiche dei partecipanti e gli atteggiamenti. Va notato che un certo numero di studi non riporta differenze significative attribuibili ai fattori socio-economici. Sebbene sia stato discusso il ruolo delle tradizionali caratteristiche di segmentazione de mercato nelle decisioni di acquisto etico (Diamantopoulos et al. 2003), nella review sono state osservate differenze chiare e preferenze eterogenee, dimostrando che esistono mercati di nicchia, costituiti da donne, individui più giovani e da soggetti con un’istruzione maggiore, che acquistano secondo orientamenti più affettivi (Serpell 2004). Questo ha implicazioni per gli allevatori in termini di messa a punto di potenziali miglioramenti al benessere e per le  iniziative sul welfare private, garantendo di conseguenza la differenziazione dei prodotti e, inoltre, sostiene anche l’utilizzo di soluzioni basate sul mercato per migliorare il benessere. Sono state evidenziate variazioni nazionali e culturali degli atteggiamenti verso il FAW ed esistono differenze tra i diversi paesi in relazione a molteplici fattori; tra questi, i Paesi Scandinavi hanno generalmente manifestato un livello di fiducia più alto verso gli enti governativi, una maggior conoscenza e consapevolezza delle pratiche allevatoriali e generalmente si sono dimostrati meno preoccupati. Kjærnes et al. (2007) hanno evidenziato che i diversi contesti istituzionali svolgono un ruolo nella definizione degli atteggiamenti dei consumatori e che i risultati delle review sembrerebbero supportare questo aspetto dato che i Paesi Scandinavi hanno norme sul benessere più severe (Bock e van Huik 2007). L’Europa e l’America del Nord sono state le due zone geografiche più studiate, mentre l’Asia e l’America del Sud erano rappresentate solo su tre studi e ci sembra pertinente indagare comunque i comportamenti in questi paesi. Non solo perché sono vasti ed importanti mercati, nei quali è previsto un aumento drammatico  del consumo di prodotti di origine animale, ma anche perché questi sono i territori dove, in futuro, è probabile che si verifichi la maggior parte della produzione animale (Fraser 2008). È stato interessante notare anche la mancanza di conoscenza circa il FAW in Cina e sarebbe interessante esplorare ulteriormente l’argomento in termini di leggi sul FAW e in relazione sia ai mercati interni che all’esportazione.

Il concetto di welfare

Tuyttens et al. (2010) descrivono la ricerca di una definizione universale di buon welfare che, come sfida, soddisfi tutte le parti interessate, con caratteristiche più ampie e più generalizzate in grado di soddisfare le aspettative della maggioranza. Riflettendo su questo, sono emersi due concetti fondamentali e centrali per il pubblico caratteristici di un buon welfare : vita naturale e trattamento umano. Questi temi non sono nuovi alla letteratura (Blokhuis et al., 2003). La vita naturale è stata associata più a sistemi di produzione di tipo estensivo (ad esempio, spazio sufficiente per capo e accesso ad uno spazio esterno). Era anche centrale per il fatto che si riteneva contribuire alla salute e al benessere degli animali, sia dal punto di vista fisico che psichico, con quest’ultimo aspetto del benessere sempre più discusso ma sicuramente anche più controverso. Questo ci suggerisce che le preoccupazioni si stanno allontanando dai temi di base salute e igiene degli animali e vanno verso un approccio più olistico del benessere, che comprende sia le necessità biologiche che le caratteristiche comportamentali degli animali (Austin et al., 2005). Questo riflette il passaggio dalle misure di FAW basate su informazioni puramente scientifiche, in relazione alla salute e alla fisiologia di base, verso l’inserimento di criteri in relazione alla vita naturale e allo stato emotivo degli animali (Lassen et al., 2006). Nessuno studio si è concentrato specificamente sulle malattie legate ai sistemi di  produzione intensiva e solo 21 degli 80 studi (26,25%) si riferivano ad esse o all’uso di antibiotici. Nella maggior parte dei casi questo argomento non è stato menzionato o discusso in maniera approfondita, semplicemente c’erano riferimenti solo all’assenza di malattia o all’impedimento dell’uso degli antibiotici, a meno che il trattamento non fosse necessario. Le preoccupazioni relative alle malattie legate alla produzione sono anche rivolte al timore per la salute e la sicurezza dei consumatori. Le malattie produttive, soprattutto se correlate ad un uso eccessivo di antibiotici, costituiscono una parte importante del concetto di stile di vita naturale, specialmente se parliamo di uso a scopo profilattico. In un momento di massima preoccupazione per quanto riguarda l’aumento dei livelli d’uso degli antibiotici nell’allevamento (European Food Safety Authority 2015), dell’antibiotico resistenza (Liu et al., 2015) e dell’aumento dell’attenzione da parte della stampa e della preoccupazione pubblica verso queste tematiche (Soil Association 2015), è pertinente indagare l’uso che ne viene fatto nei sistemi intensivi perché, anche se i consumatori giustificano il loro uso per il trattamento, non ne approvano l’impiego a scopo profilattico e ciò potrebbe avere implicazioni anche nelle politiche future e nell’accettabilità del prodotto (in relazione a qualità e sicurezza del prodotto stesso). Le condizioni di vita umane sono considerate fondamentali e le condizioni di stabulazione sono fortemente associate a questo. Le condizioni di stabulazione sono state uno degli aspetti dell’allevamento più discussi, il che non ci sorprende vista l’ampia legislazione che regola questi settori, in particolar modo in Europa (Fraser 2008). Le preoccupazioni sollevate in relazione alle stalle erano principalmente rivolte alla possibilità di avere un accesso all’esterno e al sovraffollamento, poiché si pensava che avrebbero influenzato negativamente la salute degli animali limitando i comportamenti naturali e il conseguente benessere associato ad essi. Quest’ultimo aspetto è direttamente collegato al  pensiero crescente che gli animali sono esseri senzienti e quindi possono sperimentare emozioni. C’è stato anche un aumento d’interesse riguardo  questioni di benessere animale anche “al di fuori dalla fattoria”, come durante il trasporto e la macellazione e si è manifestata la necessità di renderli più umani possibile. Entrambi questi concetti sono centrali e rappresentano una sfida interessante per la produzione intensiva, in quanto i sistemi d’allevamento contemporanei inevitabilmente violano uno, se non  entrambi,  questi concetti nel compromesso tra produttività e benessere. Anche se la produzione moderna offre vantaggi che il pubblico riconosce, è necessario dimostrare che sia la produttività che il benessere sono presi in considerazione. Anche le aspettative dei consumatori e dei cittadini devono essere gestite in relazione a ciò che è e che non è possibile effettuare in questi sistemi, valutando e promuovendo dei validi sistemi alternativi di produzione intensiva. È altrettanto importante prendere in considerazione i benefici della vita naturale  e del trattamento umano negli animali e stimare in quale misura le varie pratiche di produzione intensiva li violino.

Ruolo dei cittadini vs. ruolo dei consumatori

Gli individui possono avere diversi punti di vista e comportamenti a seconda che agiscano nel ruolo di cittadini o di consumatori. Come cittadini, essi manifestano un alto livello di preoccupazione per i sistemi di produzione moderni, per la classificazione del FAW e, non meno importante, per l’esistenza di sistemi di produzione attenti al welfare animale. Tuttavia, come consumatori hanno altre priorità quando si tratta di acquistare dei prodotti. Questo è ben spiegato dall’incoerenza che esiste tra l’elevato numero di soggetti preoccupati per il benessere animale e la percentuale, molto più bassa, di quei soggetti che hanno cambiato le proprie abitudini alimentari come risultato della presenza di queste preoccupazioni o che attualmente sono WTP per il WFP. Questa grande preoccupazione espressa dai cittadini e l’esistenza di consumatori turbati, significa che sono necessarie sia soluzioni legislative, che basate sul mercato, per fornire e definire gli standard di benessere. Ciò assicura che le preoccupazioni e gli atteggiamenti dei non consumatori siano ancora prese in considerazione e, nel loro ruolo di cittadini, possono prendere parte a referendum e ad altri comportamenti pro-welfare, eccetto che al consumo di prodotti (Grunert 2006). Nel corso dell’analisi sono stati esaminati tematiche come antropocentrico e zoocentrico.  Le preoccupazioni dei consumatori non erano motivate solamente da considerazioni etiche e da preoccupazioni per gli animali, riflettendo sull’interesse circa l’orientamento dell’utenza discusso da Serpell (2004). I benefici percepiti dai consumatori, come l’esistenza di prodotti più sani e più sicuri, li hanno spinti a selezionare prodotti WFP. Le motivazioni antropocentriche hanno inoltre ispirato alcuni dei sotto temi nell’analisi, come le preoccupazioni sulla vita naturale, le preoccupazioni sulle malattie legate alla produttività e le associazioni tra le caratteristiche aggiuntive dei prodotti. In particolare, erano evidenti le preoccupazioni riguardo la salute e la sicurezza alimentare e ciò potrebbe derivare dagli incidenti sulla sicurezza alimentare e dalle epidemie di malattia che coinvolgono i sistemi intensivi di produzione animale, come la BSE (Grunert et al., 2004). I consumatori sembrano ambivalenti nei confronti dell’allevamento moderno, apprezzano la coerenza, la sicurezza e la convenienza dei prodotti, ma manifestano ancora una serie di preoccupazioni circa i sistemi che li producono (Boogaard et al., 2011). Un sottogruppo di consumatori non ha lasciato che le sue preoccupazioni influenzassero il consumo di prodotti animali, indicando che alcuni di essi mettono in atto strategie di dissonanza o di “gestione attiva” (coping) per poter consumare prodotti di origine animale con la coscienza pulita e con un minor senso di colpa (Ingenbleek e Immink 2011, Grunert 2006, Schipper et al 2006). È stato individuato un sottogruppo di consumatori più preoccupati, motivati da preoccupazioni etiche e da un maggior coinvolgimento nei comportamenti pro-benessere, come ad esempio l’essere disposti (o se non lo avevano già fatto) ad apportare dei cambiamenti  alla loro dieta, riducendo il consumo di prodotti animali o acquistando prodotti WFP. Sembrano avere i mezzi per farlo regolarmente e appaiono anche meno sensibili ai prezzi dei prodotti welfare-friendly. In questi individui esiste un divario molto più piccolo tra la loro mentalità e il loro comportamento, che in questo caso riguarda le loro pratiche di consumo e i comportamenti d’acquisto.

Barriere e facilitatori per il consumo di prodotti con un livello di welfare maggiore

Sono stati individuati numerosi ostacoli e facilitatori al consumo di WFP. Diversi gruppi di consumatori esprimono preferenze diverse su determinati approcci al FAW (de Jonge e van Trijp 2013). Il benessere degli animali è stato considerato raramente, mentre l’acquisto di certi prodotti, ad eccezione dei consumatori più coinvolti nella ricerca del benessere, è legato ad altre caratteristiche intrinseche ed estrinseche con una priorità molto più elevata, tra cui la salute, la sicurezza, la qualità e le caratteristiche sensoriali come precedentemente riportato in letteratura (Frewer et al. 2005). La disponibilità di WFP è stata un fattore limitante anche in termini di capacità dei consumatori di ricercare il FAW (Tawse 2010). Anche l’assenza di un’etichettatura comprensibile e idonea ha contribuito alle difficoltà dei consumatori, che hanno dichiarato di non essere in grado di identificare i sistemi di produzione utilizzati a partire dalle etichette attuali, spesso descritte come poco chiare o troppo numerose, il che ha causato una certa confusione dei consumatori stessi. Un’altra critica è stata rivolta alla mancanza di credibilità dei programmi attualmente in uso, che i consumatori considerano come una strategia di marketing. Le etichette risultano efficaci solo se esiste fiducia tra i consumatori e quei soggetti che offrono le garanzie associate ad una determinata caratteristica  del prodotto, e questa credibilità è essenziale per garantire che le informazioni visualizzate nell’etichetta siano prese in considerazione ed utilizzate (Grunert 2006; McInerney 2004). Ciò potrebbe essere ottenuto attraverso la certificazione da parte di un organismo indipendente, che potrebbe ridurre i rischi connessi all’acquisto. Tuttavia, l’etichettatura era uno dei  meccanismi preferiti per trasmettere le informazioni sui sistemi di produzione, poiché forniva un approccio chiaro e coerente. Questo è potenzialmente importante visto la mancanza di conoscenze sull’allevamento da parte dei consumatori (Ingenbleek e Immink 2011). Tutti i consumatori hanno considerato i WFP più costosi e non convenienti. Norme minime sul benessere animale non dovrebbero provocare un tale aumento del prezzo rendendoli fuori dal mercato per il consumatore. Ciò significa ulteriori sovvenzioni, o l’attuazione di altri piani di welfare più facoltativi, che tengano conto delle considerazioni sopra menzionate; ad esempio servono piani chiari, con criteri specifici e ben monitorati e che vengano messi in atto in modo tale che i costi addizionali di produzione non debbano essere sostenuti consumatori. I consumatori hanno espresso pareri contrastanti sulle implicazioni delle loro scelte alimentari, esprimendo dubbi sul fatto che l’acquisto di prodotti WFP possa effettivamente migliorare la vita degli animali. Poiché i mercati sono largamente influenzati dai consumatori, questo sostiene le conclusioni fatte da  Vanhonacker e Verbeke (2009) che sottolineano come i consumatori non abbiano una reale comprensione delle implicazioni del loro comportamento di acquisto sulla catena di approvvigionamento e sottolinea ulteriormente la necessità di una migliore comunicazione in materia di benessere. Sono stati individuati potenziali facilitatori al consumo di WFP, tra cui l’importanza attribuita ad essi dalla maggioranza dei cittadini e le associazioni tra i WFP e le ulteriori caratteristiche intrinseche del prodotto. Poiché l’importanza attribuita al FAW non si traduce in pratiche di consumo modificate o nell’acquisto di prodotti WFP, questo ci suggerisce la necessità sia di elevare i livelli minimi dello standard del benessere animale sia di ampliare i mercati dei WFP. I consumatori associano l’aumento del benessere anche con altre caratteristiche del prodotto (Grunert 2006), in particolare con aspetti estrinseci del prodotto come la sicurezza, la salute e la qualità. Si pensa, ad esempio, che i prodotti WFP utilizzino meno, o per niente, gli antibiotici, pertanto sono stati considerati sia più sicuri che di qualità superiore. Ciò implica che la dicitura welfare-friendly di un prodotto faccia da ulteriore garanzia per altre caratteristiche importanti relative al prodotto stesso, il che significa che anche le valutazioni dei WTP rifletteranno questo aspetto, poiché i consumatori non recepiscono soltanto il valore legato al benessere (Bennett et al., 2002). Per un certo numero di partecipanti agli studi erano importanti anche le caratteristiche dell’ambiente, con valori di welfare più elevati associati ai benefici ambientali, anche se nella realtà non è sempre così (Leinonen et al., 2012). Il benessere è una componente importante per la valutazione della qualità, anche se non è motivato da preoccupazioni sul FAW stesso.

Fiducia, responsabilità e conseguenze per la comunicazione

Tutte le parti interessate sono state ritenute responsabili in qualche modo dell’assicurazione del FAW, dimostrando in maniera tangibile come questo sia operativo lungo tutta la catena alimentare. I comunicati e le rassicurazioni provenienti da tutte le parti interessate riguardo al loro impegno e alle procedure per garantire il benessere forniranno una maggiore trasparenza e contribuiranno a sviluppare una maggiore fiducia e le modalità migliori di comunicazione dovranno essere meglio esplorate in futuro. Il governo è considerato in gran parte responsabile, soprattutto a causa della sua influenza e del suo potere nell’applicare norme e procedure di monitoraggio, per garantire standard minimi accettabili. Garantire una legislazione trasparente, sia con criteri chiari che adeguati, è pertanto importante. Anche gli allevatori sono stati considerati responsabili del FAW e ciò non è certo sorprendente dato che sono direttamente coinvolti nella produzione. È stato preso atto delle sfide affrontate dagliallevatori, così come della loro necessità di poter vivere con le produzioni animali. Anche i rivenditori sono stati citati come responsabili, dovendo rassicurare sul fatto che i prodotti vengano adeguatamente fabbricati e che i loro fornitori adottassero giuste pratiche di FAW. Alcuni rivenditori, desiderosi di essere considerati così corresponsabili, hanno già adottato posizioni welfare-friendly (Waitrose 2015). Anche se il pubblico ha avuto un ruolo nel garantire una produzione welfare-friendly, alcuni hanno avuto dei dubbi sul loro effettivo impatto, a causa della mancanza di un coinvolgimento diretto. Questo è legato alla già menzionata mancata percezione della propria influenza (sezione “Barriere e facilitatori al consumo di prodotti con elevati livelli di welfare”). I consumatori hanno espresso l’esigenza di essere meglio informati sul FAW, anche alla luce delle attività di riduzione della dissonanza. Una migliore comunicazione è stata auspicata lungo tutta la catena alimentare. Il coinvolgimento di tutte le parti interessate darà una prospettiva più equilibrata della produzione moderna. Centrale per la comunicazione dovrebbero essere i concetti fondamentali di “vita naturale” e “trattamento umano” e la preoccupazione pubblica dovrebbe essere presa in considerazione e inserita nella realizzazione delle politiche agricole future (Blokhuis et al 2003), in quanto i consumatori possono agire secondo i loro valori solo se sono consapevoli dei problemi che gravitano intorno ai sistemi di produzione (Tawse 2010).

Conclusioni

Questo studio ha cercato di analizzare i comportamenti dei consumatori nei confronti del FAW. Gli atteggiamenti verso l’allevamento moderno sono stati per lo più negativi, con donne, individui più giovani, con un’istruzione superiore e con meno familiarità con i sistemi moderni di produzione, che erano le categorie probabilmente più interessate. La “vita naturale” e il “trattamento umano” sono apparsi come due dei concetti fondamentali relativi al benessere e la violazione di questi ha determinato un aumento delle preoccupazioni nei consumatori e ha contribuito alla manifestazione di atteggiamenti più negativi verso i sistemi produttivi. I sistemi di produzione più attenti al benessere hanno fornito ulteriori vantaggi al consumatore; questi infatti sono in grado di fornire prodotti di qualità superiore, più sicuri e più sani, e questo è probabilmente legato alle attenzione poste sul concetto di vita naturale. Le preoccupazioni sulle malattie associate ai sistemi di produzione moderni non sono sembrate rilevanti, eccezione fatta per l’utilizzo degli antibiotici. Nonostante la maggioranza consideri le condizioni di FAW un aspetto di cui preoccuparsi, il benessere non è risultato una delle priorità al momento dell’acquisto e sono stati evidenziati alcuni ostacoli al consumo di WFP tra cui il prezzo, la disponibilità e la percezione della propria influenza personale nel raggiungimento di questo welfare. Sono state inoltre adottate diverse strategie di dissonanza per consentire ai consumatori di avere le loro abituali pratiche di consumo mantenendo la “coscienza pulita” ed è stata individuata la necessità di una migliore comunicazione di tutte le  parti interessate lungo tutta la catena alimentare.

Ringraziamenti: Questo progetto è stato finanziato dall’European Union’s Seventh Framework Programme for research, technological development and demonstration nell’ambito dell’accordo di sovvenzione n. 613574.

Conformità agli standard etici

Conflitto di interessi Gli autori dichiarano di non avere conflitto di interessi

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