Introduzione

La mastite è considerata una delle patologie più frequenti e sottovalutate nell’allevamento della bufala Mediterranea (BM) ed in grado di generare perdite economiche per l’allevatore a volte inconsapevoli. Come nella bovina da latte, diversi sono i batteri contagiosi (Staphylococcus aureus, Streptococcus agalactiae), ambientali (Streptococcus dysagalactiae, Escherichia coli) ed opportunisti (Strafilococchi coagulasi-negativi, Streptococcus pluranimalium) che sono stati riconosciuti come causa di mastite in questi ruminanti. Nonostante studi recenti mostrino una diminuzione della produzione e della qualità del latte negli animali infetti, le informazioni sulle caratteristiche clinico-epidemiologiche e sulle possibili strategie gestionali sono ancora incomplete, soprattutto se comparate con quanto presente in letteratura per la vacca da latte.

Come oramai ampiamente dimostrato, lo Staphylococcus aureus (S. aureus) può essere considerato uno dei principali batteri Gram+ in grado di infettare la mammella della bufala, spesso senza evidenti segni clinici diretti ma capace di significativi aumenti dei valori delle cellule somatiche e di una sensibile diminuzione della quantità e della qualità di latte prodotto. Lo S. aureus è infatti in grado di resistere ai meccanismi di difesa locali messi in atto dall’emuntorio mammario durante il periodo d’asciutta, generando possibili nuove infezioni alla ripresa della lattazione che talvolta possono raggiungere valori di oltre il 50% all’interno della mandria.

L’asciutta può essere considerata come un momento critico per il controllo delle mastiti nelle aziende bufaline, sebbene non siano ancora state sviluppate specifiche strategie per controllare gli effetti del problema; iniziare una nuova lattazione con una bassa prevalenza di infezioni intramammarie (IMI) rappresenta un prerequisito indispensabile per ottenere buoni livelli produttivi da parte degli animali. L’uso di antibiotici intramammari è una pratica oramai consolidata nella vacca da latte e si basa sul principio di controllare le IMI esistenti e proteggere gli animali da nuove infezioni che potrebbero originare durante questo periodo, minimizzando il numero di quarti infetti al parto e, conseguentemente, le possibilità di sviluppare mastite durante la lattazione.

In quest’ultimi decenni, nell’allevamento bovino, si è infatti osservato una graduale riduzione della presenza di agenti patogeni contagiosi, dovuta soprattutto al miglioramento del management aziendale, associato anche al ricorso di trattamenti antibiotici alla messa in asciutta. Tuttavia il loro impiego indiscriminato ha portato, come noto, alla comparsa di microrganismi antibiotico resistenti e pericolosi, soprattutto in un’ottica “One Health”. Si è pertanto cercato di sviluppare nuove strategie di trattamento alla messa in asciutta attraverso l’impiego di metodi selettivi basati sull’identificazione dell’agente eziologico coinvolto e sull’uso di farmaci con un approccio patogeno/vacca/mandria specifico. Va comunque sottolineato come tale sistema non possa rappresentare, da solo, un rimedio al problema delle mastiti in azienda, poiché la sua efficacia risulta spesso influenzata della gestione aziendale e dalle caratteristiche della mandria cui viene applicato. Nell’allevamento bufalino il trattamento intramammario di antibiotico alla messa in asciutta risulta ancora poco comune e il suo sporadico ricorso è spesso privo di logica razionale e non supportato da un corretto management aziendale.

Il presente studio rappresenta il primo esempio di terapia in bufale mediterranee alla messa in asciutta volto alla verifica degli effetti della somministrazione intramammaria di cloxacillina benzatinica contro le mastiti da S. aureus. L’efficacia clinica del trattamento è stata analizzata attraverso la valutazione degli effetti sulla sanità della mammella e sulla produzione di latte, avvalendosi nel contempo di specifici indici clinici utilizzati per il monitoraggio degli effetti terapeutici.

Materiali e metodi

Selezione dell’azienda e degli animali

Per lo svolgimento dello studio è stato scelto un allevamento destagionalizzato composto da 400 BM, positivo allo S. aureus per tre consecutivi campionamenti di latte di massa e con un valore medio della conta delle cellule somatiche (CCS) pari a 256.000 cellule/mL. Da un gruppo di 108 animali in mungitura, sono state selezionate 40 BM pluripare mediante campionamento per convenienza con le seguenti caratteristiche: un periodo di asciutta pianificato fra i mesi di giugno e settembre, buono stato di salute, quattro quarti funzionanti, capezzoli senza lesioni significative e assenza di segni di mastite clinica negli ultimi tre mesi prima dell’asciutta fino al momento del reclutamento. Gli animali così selezionati sono stati suddivisi in due gruppi di 20 BM cadauno, di cui uno è stato trattato (GT) e l’altro è stato utilizzato come gruppo controllo (GC), per un totale complessivo di 160 quarti esaminati. Gli animali sono stati assegnati alle due categorie mediante tecnica di selezione per randomizzazione semplice.

Campionamenti, trattamento ed analisi dell’efficacia clinica

Alla messa in asciutta, il latte proveniente da ciascun quarto è stato campionato seguendo le linee guida redatte dal National Mastitis Council (2004). Su ciascun campione di latte sono stati eseguiti l’esame batteriologico culturale (EBC), la CCS e l’antibiogramma. A seguire, i soli soggetti appartenenti al GT hanno ricevuto 600 mg di cloxacillina benzatinica in 3.6 gr di sospensione intramammaria (Orbetin Extra, Zoetis, Inc.), per ogni quarto. Alla ripresa della lattazione, entro 10 giorni in mungitura (GIM), un secondo campionamento è stato eseguito con le stesse modalità, ottenendo informazioni riguardanti EBC, CCS e produzione giornaliera di latte.

Lo stato di salute di ciascun quarto è stato classificato da un punto di vista clinico seguendo quanto già riportato in precedenti studi (tabella 1).  L’incidenza di quarti affetti da mastite clinica (MC), mastite subclinica (MSC) e IMI dovute a S. aureus, sia alla messa in asciutta sia alla ripresa della lattazione, è stata quindi verificata. Le differenze intra-gruppo ed inter-gruppo sono state analizzate e sottoposte ad opportuna analisi statistica. Sono quindi stati calcolati alcuni indici clinici per il monitoraggio dell’efficacia terapeutica, quali: tasso complessivo di mastiti alla ripresa della lattazione, tasso di mastiti provenienti dal periodo d’asciutta, tasso di animali guariti dalla mastite durante il periodo d’asciutta e tasso di mastiti persistenti (per definizione e modalità di calcolo si prega di fare riferimento all’articolo completo).

Tabella 1. Criteri di classificazione clinica dello stato di salute dei quarti mammari delle BM pluripare campionate alla messa in asciutta ed alla ripresa della lattazione (<10 GIM). La valutazione prende in considerazione EBC, CCS, presenza/assenza segni clinici di malattia.

BM=bufala mediterranea; GIM=giorni in mungitura; EBC=esame batteriologico culturale, CCS=conta delle cellule somatiche; IMI=infezione intramammaria.

Risultati e discussione

Nella tabella 2 sono riportati i risultati dell’EBC nei due gruppi. Lo S. aureus è stato il batterio più comunemente osservato in entrambi i campionamenti e gruppi, con un’alta incidenza di isolamento in mono-infezione. Questo primo risultato conferma un comportamento già descritto sia nella bufala sia nella vacca da latte; infatti, quando presente, lo S. aureus presenta spesso spiccati caratteri di contagiosità e patogenicità che si associano frequentemente ad una ridotto isolamento di altri agenti più o meno mastitogeni, con conseguente aumento di mono-infezioni.

Tabella 2. Risultati dell’EBC eseguito sul latte di quarto nel GT e nel GC, sia alla messa in asciutta sia alla ripresa della lattazione (<10 GIM). I risultati sono espressi in valori percentuali derivanti dal rapporto tra il numero di campioni positivi ad un patogeno e la quantità totale di EBC eseguiti.

EBC=esame batteriologico culturale; GT=gruppo trattato; GC=gruppo controllo; GIM=giorni in mungitura.

I risultati relativi allo stato di salute dei quarti infetti da S. aureus e agli indici clinici per il monitoraggio dell’efficacia della terapia, sono riportati rispettivamente nelle tabelle 3 e 4. Nei soggetti arruolati nessuna MC da S. aureus è stata osservata durante l’intero studio, mentre le MSC osservate erano sempre caratterizzate da uno stato di mono-infezione. Riguardo le IMI, al momento della messa in asciutta lo S. aureus è sempre stato trovato in co-infezione mentre alla ripresa della lattazione questo è successo nel 58.8% dei casi per il GT ed il 61.5% per il GC; va tuttavia sottolineato come nessuna delle co-infezioni presenti fosse dovuta a batteri riconosciuti mastitogeni nella bufala mediterranea oltre lo S. aureus.

I risultati osservati mostrano come alla ripresa della lattazione vi sia stato (i) un maggiore decremento intra-gruppo (asciutta vs. < 10 GIM) di quarti affetti da SCM nel gruppo GT rispetto al GC alla ripresa della lattazione ed (ii) una marcata differenza inter-gruppo (GT vs. GC) per il medesimo parametro e tempo di campionamento a favore del GT. Al pari di quanto descritto da alcuni studi simili condotti sulla vacca da latte, queste osservazioni forniscono alcune interessanti indicazioni sull’efficacia terapeutica della cloxacillina benzatinica nei riguardi delle infezioni mammarie da S. aureus anche nella bufala mediterranea. In questo senso, la concordanza degli indici clinici di monitoraggio terapeutico con l’assunto precedente sembra corroborare le osservazioni fatte.

Tuttavia, scarsi sembrano essere gli effetti contro le IMI. Come riportato in letteratura, alla messa in asciutta l’abilità di un farmaco nel mitigare la percentuale di IMI da S. aureus, può essere influenzata da diverse variabili, quali: caratteristiche e management della mandria (ed. es. prevalenza di animali infetti, assenza di monitoraggio delle mastiti, ecc.), lunghezza del periodo di asciutta (ed. es. aumentata esposizione ai fattori di rischio, ecc.), azioni di biosicurezza (ad. es. protocolli di igiene d’allevamento attuati, ecc.) e tipo di trattamento (ad es. via di somministrazione, posologia, ecc.).

Tabella 3. Percentuale di quarti con diverso stato di salute in corso di infezione da S. aureus nel GT e GC nelle bufale alla messa in asciutta e alla ripresa della lattazione (<10 GIM).

GT=gruppo trattato; GC=gruppo controllo; GIM=giorni in mungitura; MC=mastite clinica; MSC=mastite subclinica; IMI=infezione intramammaria. Significatività statistiche: a,b=P<0.05; c,d=P<0.01; e,f=P<0.001.

Tabella 4. Indici clinici (espressi in percentuale) per il monitoraggio dell’efficacia del trattamento negli animali arruolati.

GT=gruppo trattato; GC=gruppo controllo; GIM=giorni in mungitura. Significatività statistiche: a,b=P<0.05; c,d=P<0.01; e,f=P<0.001; g,h=P<0.0001.

Produzione di latte e CCS

Nella tabella 5 sono riportati i risultati della produzione di latte e della CCS osservati nei due gruppi selezionati, nonché nei soli quarti animali classificati come IMI e sani. Per ciò che concerne la produzione di latte giornaliera, non sono state osservate significative differenze inter-gruppo, mentre sono state osservate differenze inter- e intra-gruppo relativamente alla CCS. Per quanto riguarda il primo parametro è stato ampiamente dimostrato come nella vacca lo S. aureus possa produrre tossine in grado di alterare l’epitelio mammario con conseguente riduzione della sua capacità secernente. Infatti, durante l’infezione, la distruzione di cellule alveolari e duttali porta alla formazione di tessuto cicatriziale che può limitare significativamente il potenziale produttivo degli animali. Allo stesso modo, BM affette da MSC nel periodo d’asciutta possono aver sviluppato un danno tessutale influenzando negativamente la produzione del latte alla ripresa della mungitura. Per ciò che concerne le differenze osservate per la CCS, la terapia in asciutta potrebbe aver ridotto la severità del processo patologico in atto, generando le differenze osservate tra il GT e CG. Per di più, come riportato in tabella 3, la significativa riduzione delle MSC e del tasso complessivo di mastiti alla ripresa dalla lattazione (tabella 4), associati al significativo incremento di quarti negativi (tabella 2), possono aver contribuito ad abbassare il numero di cellule somatiche osservate nel GT.

Tabella 5. Risultati riguardanti i valori medi della CCS e della produzione di latte giornaliera nel GT e GC, così come nei soli animali classificati come affetti da IMI e negativi, alla messa in asciutta ed alla ripresa della lattazione (<10 GIM). I valori di cellule somatiche hanno ricevuto una trasformazione logaritmica in base 10.


CCS=conta delle cellule somatiche; GT=gruppo trattato; GC=gruppo controllo; IMI=infezione intramammaria; GIM=giorni in mungitura; BM=bufala mediterranea; Log=logaritmo; mL=millilitro; L=litri; g=giorno. Significatività statistiche: a,b=P<0.05, A,B=P<0.05, c,d=P<0.01; e,f=P<0.001; g,h=P<0.0001. Le significatività statistiche riguardanti la produzione media giornaliera sono da leggersi all’interno della colonna corrispondente: α,β=P<0.0001.

Conclusioni

Lo studio ha dimostrato per la prima volta gli effetti di una terapia antibiotica a base di cloxacillina benzatinica contro le infezioni della mammella da S. aureus in bufale mediterranee alla messa in asciutta.

Nonostante sia stato rilevato uno scarso effetto protettivo contro le nuove infezioni, probabilmente a causa di un lungo periodo di asciutta che può aver incrementato il tempo di esposizione ai fattori di rischio favorenti il loro sviluppo, l’uso di questo antibiotico in asciutta sembra mostrare risultati incoraggianti nel ridurre l’incidenza di MSC dovute a tale agente patogeno, nel migliorarne il loro tasso di cura e nel contenere i valori della CCS alla ripresa della mungitura. Sebbene questo studio possa essere considerato un punto di partenza per promuovere l’uso razionale dell’antibiotico anche nella specie bufalina, va sottolineato come la scelta di eseguire un trattamento in asciutta debba rientrare all’interno di un ben più complesso piano di management sanitario e non dell’azienda. Il semplice uso di antibiotici, frequentemente associato a scorrette pratiche gestionali dell’azienda, può infatti aumentare il rischio di fenomeni di farmaco-resistenza all’interno della mandria, con possibili conseguenze negative per la salute degli animali e dell’uomo. Da qui la necessità di servirsi di figure professionali competenti e qualificate, capaci di analizzare e monitorare nel dettaglio lo stato di salute della mandria, intervenendo, qualora necessario, con appropriati piani di risanamento che migliorino qualità e quantità del latte prodotto, con indubbi vantaggi da parte dell’allevatore bufalino.

 

 

Estratto dell’articolo originale “Antibiotic dry buffalo therapy: effect of intramammary administration of benzathine cloxacillin against Staphylococcus aureus mastitis in dairy water buffalo” a cura di Jacopo Guccione e Paolo Ciaramella.

La versione integrale è disponibile open access online al link: bmcvetres.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12917-020-02410-7