Ringrazio la Redazione di Ruminantia nel darmi la possibilità di scrivere di “Formaggi”, fornendo una visione più ampia sia dal punto di vista tecnico come Maestro Assaggiatore e Docente ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio) sia da Medico, esperto in alimenti.
E’ dal 2007 che mi interesso di Nutrizione con un approccio completamente diverso rispetto a quello dei miei colleghi, interessandomi specificamente dell’alimento: se mangio cibo che non contiene i giusti e genuini nutrienti, al tempo stesso anche il regime dietetico ne risentirà nel tempo.
Dopo aver partecipato ad alcuni master nell’ambito nutrizionale mi sono accorto che esisteva una falla culturale in ciò che veniva insegnato, cioè la ridotta conoscenza dell’alimento nelle sue biodiversità, che si traduce in altrettante differenze di valori nutrizionali: non esistono il Formaggio o il Grano, ma un mondo di Formaggi e di Grani, ciascuno con differenti valori in nutrienti, talvolta similari, ma mai uguali.
Ho quindi intrapreso un percorso unico per un Medico, partendo dalla filiera produttiva dell’alimento sino a portarlo nel piatto seguendone la cottura, la ricetta, anche modificandola, al fine di mantenere il più possibile l’integrità dei nutrienti da assumere.
Ho creato ponti relazionali tra il mondo Aziendale, Medico e Gastronomico, tre settori purtroppo ”autistici”, perché pur toccando tematiche comuni, quali il cibo, il benessere e lo stile di vita, non riescono spesso a comunicare tra loro, nè ad integrarsi.
Proprio per tale motivo ho ideato il progetto di Educazione Alimentare “Food and Diet Goal” che mi permette con l’aiuto degli Chef Luigi Ruben Gallo e Carla Teodori e del Maestro Gelatiere Stefano Ferrara di portare la “Nutrizione nel Piatto” attraverso la “Cucina Conoscitiva”.
Grazie a questa mia particolare esperienza sono in grado di aiutare il Nutrizionista nella scelta degli alimenti più idonei alla dieta che costruisce per il paziente, specialmente se personalizzata.
Ma ritornando al motivo per cui occupo spazio in questa rivista vi garantisco che scriverò non di formaggio, ma di Formaggi, in quanto in Italia ne abbiamo almeno in commercio più di  700 tipologie, tutti diversi tra loro, cercando con criticità di raccontarvi le loro specifiche caratteristiche di produzione, le proprietà organolettiche ed i valori nutrizionali.
Basta pensare a quante razze di ovini, caprinibovini danno latte per fini caseari compreso l’uso di latti in polvere; il differente trattamento termico del latte utilizzato (pastorizzato, termizzato, crudo); utilizzo di diverse tipologie di fermenti, di muffe, di tecniche nella lavorazione; per non parlare di salatura, stagionatura, affinamenti vari.
Pensiamo a quanti Formaggi vengono prodotti in Italia tra certificati DOP, IGP o PAT, di produzione industriale o artigianale, veramente una moltitudine.
Ma come capire un formaggio e sue le caratteristiche? Come riconoscere se è buono o difettato? Come sceglierlo nell’acquisto? Quale formaggio è più idoneo alla mia dieta?
Cercherò quindi su Ruminantia di rispondere nel tempo a tutte queste domande.
In questo mio soporifero articolo propongo una “Bignamica” infarinatura sulla elementare tecnica di assaggio, al fine di avere una maggiore confidenza con la materia formaggio.
Nei Formaggi si valuta dapprima l’aspetto esterno, la crosta, poi l’interno, la pasta.
Come sensi utilizziamo la vista, il tatto e l’olfatto, per lo studio della crosta, mentre per valutare la pasta ai precedenti aggiungiamo il gusto.
Quindi a grandi linee si valutano della crosta il colore, la presenza di muffe occasionali oppure volute nella lavorazione, come nei formaggi “a crosta fiorita” (Camembert) o lavata (Taleggio); con il tatto si apprezza se la superficie è liscia, rugosa, untuosa, elastica etc.
Al naso se ha odori particolari ad esempio dovuti da trattamenti protettivi, di cappatura, con olio extravergine o paraffine, oppure se presenta odori sgradevoli.
Si può usare anche l’udito battendo con il martelletto la forma per capire se vi siano dei punti che suonano a vuoto per la presenza di difetti nella pasta, ma questo lo lasciamo fare ai professionisti.
Anche della pasta vengono valutati il colore, le caratteristiche tattili, la presenza di muffe nel contesto come nei formaggi erborinati (Gorgonzola).
Si guarda la presenza e la disposizione delle occhiature, se presenti o meno, che non sono altro che quei buchetti formatisi nella pasta da aria intrappolata, che si sviluppano per fermentazione batterica, come la  propionica (Emmentaler), valutando le loro caratteristiche morfologiche, dimensionali e di localizzazione, se diffuse oppure localizzate, se omogenee o meno.
Molto importante è vedere se nella pasta vi siano elementi di discontinuità, fenditure o sfogliature, che spesso attestano difetti strutturali del formaggio in esame.
L’esame olfattivo aiuta a distinguere gli odori, percepiti per via nasale diretta inalando aria, e gli aromi percepiti, durante l’espirazione, per via retronasale durante o dopo la masticazione.
Si distinguono note olfattive lattiche (di latte fresco o cotto, burro, yogurt), vegetali fresche (erbacee, fieno) o fermentate (patata, cavolfiore), agliacee, fungine, floreali, fruttate (agrumi, frutta esotica, secca), speziate, tostate, oltre alla eventuale presenza di sentore animale o di stalla più o meno intenso.
Le stesse aromaticità possono essere sentite anche in bocca con maggiore o minore intensità, o non essere più percepite, oppure trovarne delle nuove.
Nel retrogusto si possono aggiungere sensazioni trigeminali come il piccante, l’ammoniacale, l’astringente, il metallico.
Ovviamente avvertire sia al naso che in bocca degli aromi sgradevoli quali il rancido, il sentore di pesce salato, di aceto, di sapone o di putrido indicano sicuramente un formaggio difettato, per non volute fermentazioni batteriche o per lavorazioni contaminate.
Ai classici sapori di dolce, acido, salato ed amaro, di cui si valuta l’intensità (bassa, media o elevata) e la persistenza (bassa, media o elevata), si può aggiungerne un quinto, l’Umami percepito come “brodo di carne”, ma quest’ultimo è ancora accettato nelle degustazioni ufficiali solo come aroma.
Ovviamente per saperne di più ci si può iscrivere ai corsi di primo livello, per aspiranti Assaggiatori, che l’ONAF svolge nelle varie delegazioni Italiane.
Dal punto di vista nutrizionale latte e formaggi hanno un ruolo fondamentale sia nel bambino che nell’adulto e nel vecchio.
Gli attacchi ingiustificati da parte di taluni nutrizionisti o pregiudizi suscitate da mode in campo alimentare lasciano il tempo che trovano, ma purtroppo supportate da ricerche scientifiche spesso contrastanti, talvolta condotte con metodologia non congrua soprattutto se condotte sull’uomo, per la presenza di troppe variabili oggettive che soggettive, che ne limitano la veridicità.
Ricordo che il latte ed il formaggio sono alimenti che da sempre appartengono alla Dieta Mediterranea, così come l’olio extravergine di oliva, a differenza dell’amato pomodoro che si è aggiunto soltanto negli ultimi due secoli.
E’ palese che latte e latticini abbiano sfamato nel nostro territorio migliaia e migliaia di generazioni nel corso dei secoli.
Il latte, che una volta poteva essere un potenziale veicolo infettivo, con la bollitura e con la pastorizzazione successivamente è diventato più sano, così come i suoi derivati: attualmente il nostro Paese è tra i primi al mondo nell’applicazione di periodici controlli igienici su questi prodotti, che vengono resi sicuri.
Allora perché oggigiorno si sono sviluppate in modo esponenziale una serie di intolleranze e di allergie verso questi prodotti? Forse una spiegazione, valida anche per altri alimenti, c’è ed è quella che io chiamo “la manina dell’uomo”! Spesso per motivi prettamente commerciali, snaturiamo con lavorazioni l’alimento facendogli perdere quella genuinità, che non vuol dire qualità, e quella naturalità comprensiva di specifici valori nutrizionali,  aggiungendo alcune molecole aliene, per conservarlo, e renderlo perfetto sia all’occhio che al gusto del consumatore.
I Formaggi come tutti gli alimenti devono essere assunti in modo equilibrato soprattutto in questa società iperalimentata in cui viviamo, evitando gli eccessi, per cui si consigliano porzioni massime di 80 g per un fresco e di 40 g per uno stagionato.
E’ vero che i formaggi sono apportatori di colesterolo, ma non tutti: taluni possono essere consigliati anche a soggetti portatori di patologie cardio-vascolari (Graukase), di cui  il formaggio rappresenta lo spauracchio dietetico, anche perché ricchi di acidi grassi saturi e di sale. Per tali motivi non dobbiamo abusarne nella nostra dieta quotidiana, considerando il formaggio come un vero e proprio secondo piatto, molto energetico quindi sostitutivo di carne e pesce.
I formaggi freschi contengono lattosio, seppur in quantità ridotta rispetto ai prodotti siero-caseari come la ricotta, contengono proteine e grassi diluiti in una percentuale maggiore di acqua. Grazie principalmente alla fermentazione batterica lattica, il disaccaride lattosio (glucosio + galattosio), sparisce dal formaggio intorno ai 40 giorni di stagionatura, per cui un intollerante può benissimo mangiarsi un formaggio stagionato, anche di due mesi, senza sviluppare alcun sintomo nè effetto collaterale.
I formaggi stagionati sono alimenti disidratati, senza lattosio, ad alta percentuale di lipidi e sale, mentre le proteine vengono scisse prima in peptidi poi in aminoacidi.
La comparsa di chiazze bianche nella pasta di un formaggio stagionato, ad esempio il Parmigiano Reggiano, esprime la scomposizione finale proteica in tirosina, aminoacido che attesta la maturità del formaggio.
I Formaggi come tutti gli alimenti sono “vivi” contengono batteri, in particolare 30 g di cagliata hanno una carica di sani lactobacilli che equivale a quella di una fialetta di fermenti lattici che troviamo in farmacia.
Concludendo, è fondamentale mettere sulla nostra tavola ogni giorno alimenti genuini di cui si conosca la tracciabilità, la filiera produttiva ed i valori nutrizionali, che siano prodotti latto/sierocaseari o altro, nel rispetto dell’ambiente (terra, aria, acqua) sia per le coltivazioni che per gli allevamenti, migliorando le condizioni di vita degli animali, che ci forniscono la materia prima, che collaborano e si sacrificano per l’uomo.
Alla prossima!