Che questi siano tempi difficili è noto a tutti, il Covid-19 ha letteralmente stravolto di netto la nostra quotidianità, ha rallentato significativamente la nostra economia e soprattutto, ci sta facendo pagare davvero un prezzo altissimo in materia di vite umane.

E’ con questo pensiero che nasce l’articolo sul Bitto DOP. Il mio vuole essere un omaggio alla Lombardia, regione italiana simbolo della lotta al Coronavirus. Con la speranza che presto si possa scrivere la parola fine sotto questo capitolo di storia da archiviare, vi auguro una buona lettura.

Territorio

Ebbene il Bitto DOP viene prodotto proprio in Lombardia, e più precisamente nell’intero territorio della provincia di Sondrio e sugli alpeggi dei territori limitrofi di alcuni comuni nelle province di Bergamo e Lecco.

Produzione

Andiamo a vedere nello specifico come si produce il Bitto DOP. Il Bitto è un formaggio stagionato a pasta semidura che viene prodotto con latte vaccino intero ed eventuale aggiunta (non più del 10%) di latte caprino. È consentito l’utilizzo di fermenti autoctoni che valorizzino la microflora casearia spontanea. L’alimentazione delle bovine, ed eventualmente delle capre, da cui deriva il latte è costituita prevalentemente da erba di pascolo degli alpeggi dell’area di produzione.

Il latte ottenuto dalla munta va lavorato entro un’ora e deve essere scaldato nelle tradizionali caldaie in rame a forma di campana rovesciata. La coagulazione si ottiene in seguito all’aggiunta di caglio di vitello. La cagliata viene fatta cuocere ad una temperatura compresa fra i 48 e i 52°C ed in seguito viene rotta fino a raggiungere la grandezza di un chicco di riso.

Una volta estratta, la pasta viene posta in fascere tradizionali che conferiscono il caratteristico scalzo concavo. La salatura avviene, poi, a secco o in salamoia.

La stagionatura infine, ha inizio nelle “casere d’alpe” e si completa nelle strutture di fondovalle in cui si può sfruttare il naturale andamento climatico della zona.

La maturazione deve essere protratta per almeno 70 giorni ma le forme possono essere lasciate a stagionare anche per diversi anni con regolari rivoltamenti, puliture e raschiature delle forme.

Curiosità

L’antica tecnica di lavorazione di questo formaggio e il suo nome sembrano derivare dai Celti che lo denominarono “bitu” ossia perenne, in quanto la lavorazione del latte consentiva di produrre un alimento durevole nel tempo e quindi utilizzabile come scorta alimentare. Il periodo di produzione è esclusivamente estivo e coincide con la monticazione degli alpeggi1, tra l’1 giugno e il 30 settembre.

Il Bitto è lavorato sapientemente dai casari che tramandano la tradizione, ancora oggi, da padre in figlio. E’ un formaggio che mantiene la stessa tipologia di lavorazione di un tempo.

Descrizione

Il Bitto ha forma cilindrica, regolare, con superfici piane e con uno scalzo concavo a spigoli vivi. Il peso varia da 8 a 25 kg; tuttavia la forma, le dimensioni ed il peso possono subire delle leggere variazioni in relazione alle condizioni tecniche di produzione e al periodo di maturazione.

La pasta, con un colorito che va dal bianco a giallo paglierino a seconda del periodo di stagionatura, è caratterizzata da una struttura compatta, con occhiatura rada ad occhio di pernice.

Il sapore del Bitto è dolce, delicato, racchiude in sé i profumi dell’alpeggio e diventa via via più intenso con il procedere della maturazione. L’eventuale aggiunta di latte caprino rende più intenso il caratteristico aroma.

Riferimenti

Consorzio di Tutela Valtellina Casera e Bitto

Disciplinare Bitto DOP

Note

1La monticazione è una pratica antica secondo cui gli allevatori conducono gli animali in alpeggio, riaprendo baite e stalle per vivere un’estate in alta quota. Gli animalui trovano pascoli incontaminati con erbe sopraffine per un’alimentazione che garantisce il loro benessere e la produzione di un buon latte.