Alimenti artificiali

Secondo una leggenda proveniente da un codice apocrifo, Leonardo da Vinci avrebbe se non inventato almeno divulgato il metodo per costruire un potentissimo alimento artificiale, concentrando in pochissima materia tutta la potenza nutritiva della carne di un bue. Alla fine del XIX secolo, alcuni avrebbero previsto che nel successivo XX secolo gli uomini si sarebbero nutrititi solo con pillole, una previsione che in parte trova concretezza con la produzione, a metà del XX secolo, di bioproteine prodotte da microrganismi unicellulari sfruttando le conoscenze tecnologiche derivate dalla produzione di antibiotici: lieviti coltivati su paraffine derivate dal petrolio e batteri che si nutrono di alcol metilico derivato dal metano. Nel XXI secolo si preconizza una larga diffusione di alimenti artificiali analoghi alle carni e costruiti con cellule animali coltivate industrialmente con i metodi sviluppati nella produzione di vaccini e si prospetta la produzione di alimenti che simulano latte e formaggi, creati con caseina prodotta da lieviti e con grassi vegetali modificati.

Un latte e un formaggio senza latte, quindi, che sfruttano le conoscenze che si sono accumulate in questi ultimi decenni nell’invenzione e produzione di sostituti vegetali del latte e dei formaggi, con la prospettiva di avere una mozzarella sintetica o artificiale preparata con caseina d’origine sintetica (Padhiyar Dhanraj, Atanu Jana, Hiral Modha, K. D. Aparnathi – Influence of using a blend of rennet casein and whey protein concentrate as protein source on the quality of Mozzarella cheese analogue – J Food Sci Technol. 54 (3), 822 – 831, 2017).

Analoghi dei formaggi

Alimenti artificiali analoghi del formaggio sono prodotti commercialmente in diversi paesi e non solo per i vegani, tuttavia i consumatori poco o nulla sanno sulla loro formulazione e sui metodi di produzione per lo più brevettati. I formaggi analoghi sono prodotti dalle industrie, hanno proprietà funzionali progettate per imitare quelle del latte, compaiono negli Stati Uniti all’inizio degli anni settanta del secolo scorso e oggi sono prodotti e venduti negli USA, Regno Unito, Svezia, Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Australia e altri. La produzione annuale di formaggio analogo negli USA ammonta a circa trecentomila tonnellate, sostituendo e imitando il Cheddar, i formaggi fusi pastorizzati ma soprattutto la Mozzarella, che è il formaggio più imitato in tutto il mondo, usato soprattutto come ingrediente chiave della pizza. Tra i diversi analoghi della mozzarella troviamo il Cheese Pizza, progettato per fondere bene sulla pizza pur rimanendo gommoso, e descritto come un formaggio artificiale veloce e economico da produrre rispetto alla mozzarella reale, con una consistenza morbida e che una volta sciolto può avere un poco della qualità filante della mozzarella di latte.

Gli analoghi dei formaggi sono usati soprattutto negli alimenti ultratrasformati, formulati o composti dall’industria alimentare per essere usati nella grande ristorazione organizzata (GRO) perché consentono un maggiore margine di manovra nella manipolazione dei componenti ai fini nutrizionali, strutturali e soprattutto economici. Su internet, l’analogo della mozzarella è venduto a prezzi compresi tra uno e due Dollari U.S., contro i cinque/sei dollari della mozzarella. Altra destinazione degli analoghi dei formaggi sono i vegani: come nel caso delle bevande vegetali che imitano il latte, le imitazioni dei formaggi possono infatti essere fatte con semi di soia, riso, mandorle, lievito alimentare, calcio e ingredienti non caseari.

Analoghi dei formaggi e chiarezza della comunicazione

Vegetariani e vegani fanno precise scelte alimentari che sono da rispettare, ma che non di rado sono sfruttate dalle industrie alimentari che offrono cibi che con il loro nome scimmiottano carni, latte, formaggi, burro e salumi, e che sembrano sfruttare voglie nascoste di repressioni alimentari. Già il 31 marzo 2009, al Parlamento Europeo era stata posta un’interrogazione (di seguito riportata) nella quale si faceva presente che i consumatori europei devono essere informati oggettivamente in merito ai prodotti alimentari per poter decidere autonomamente che cosa comprare e come alimentarsi.

Il termine formaggio suggerisce il piacere del latte e la salute. Attualmente, un formaggio artificiale sta invadendo il mercato alimentare. Questo alimento sintetico è utilizzato sempre più frequentemente in prodotti pronti quali la pizza o le lasagne ed è prodotto a base di olio di palma, amidi, proteine del latte, sale ed esaltatori di sapore. L’immagine usata sulle confezioni mira a dare al consumatore l’impressione che si tratti di formaggio. Mentre le vendite di buoni prodotti lattieri ristagnano o sono in declino, viene fatta una concorrenza predatoria con prodotti di sostituzione. La Commissione è a conoscenza di questo prodotto sostituto del formaggio? Dispone di cifre sulle quote di mercato di questi prodotti? La Commissione può quantificare i danni economici o la perdita in termini di vendite per il settore lattiero-caseario? La Commissione condivide la valutazione secondo cui è ingannevole nei confronti dei consumatori veicolare l’immagine di “formaggio” nella pubblicità quando il formaggio non viene utilizzato, e non si dovrebbe quindi introdurre un’etichettatura obbligatoria per l’uso di formaggio sintetico?

Sulle ingannevoli denominazioni riguardanti il latte (ad esempio latte di soia) e derivati (burro di arachidi, formaggio di tofu) si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una sentenza nella quale si afferma che i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni come latte, crema di latte o panna, burro, formaggio e yogurt, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale. La Corte aggiunge che ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione. La sentenza è arrivata a conclusione di una causa fra l’azienda TofuTown e l’associazione tedesca contro la concorrenza sleale Verband Sozialer Wettbewerb, secondo la quale l’azienda violava la normativa comunitaria sulla denominazione degli alimenti commercializzando vegetali con le denominazioni Soyatoo Burro di Tofu, Formaggio Vegetale, Veggie-Cheese, Cream. Anche se la società si è difesa sottolineando che le denominazioni burro o cream sono sempre associate a termini che rimandano all’origine vegetale dei prodotti in questione, la spiegazione è stata ritenuta ininfluente dalla Corte di Giustizia.

Nell’UE, il Regolamento Etichettatura 1169/2011 fornisce alla Commissione europea la possibilità, ma non l’obbligo, di adottare un Regolamento d’implementazione in materia di alimenti destinati ai vegetariani e vegani. Ora si chiede all’esecutivo comunitario di includere in questo Regolamento regole chiare che impediscano a prodotti per vegetariani e vegani di utilizzare, sfruttandone la notorietà, denominazioni che richiamano la carne o i prodotti a base di carne. Al tempo stesso, nell’etichetta è da proibire la dicitura di sostituto o simili, riferita a prodotti di origine animale, per non indurre il consumatore a pensare che il prodotto abbia le stesse caratteristiche nutrizionali di quello che si pretende rimpiazzare. Altra soluzione sarebbe l’esistenza, al pari dei prodotti lattieri e caseari, di standard di commercializzazione a livello UE anche per le carni e i loro prodotti. La legge italiana infine dice che il formaggio o cacio è il prodotto ottenuto dal latte intero o scremato in seguito a coagulazione acida o presamica, con aggiunta di sale da cucina e di fermenti lattici: per questo gli analoghi dei formaggi non possono avere questa definizione, ma soltanto nomi di fantasia, e devono riportare nell’etichetta i componenti.

Analoghi formaggi futuri

La caseina, i caseinati e le altre proteine del siero di latte sono la base proteica preferita nella preparazione degli analoghi dei formaggi per le loro proprietà funzionali come la capacità di agire come emulsionanti, cioè proprietà leganti l’acqua e il grasso, di raggiungere la gelificazione e di conferire proprietà schiumose che li rende ingredienti alimentari molto versatili, migliorando anche le proprietà reologiche del prodotto risultante. La caseina presamica è preferita rispetto a fonti proteiche alternative, come la caseina acida o i caseinati, per il suo sapore e le sue proprietà funzionali, e queste proteine sono il principale costituente che influenza la qualità dell’analogo del formaggio. Per questi motivi gli indirizzi futuri sono quelli di usare una caseina non più ricavata dal latte ma biotecnologica, prodotta cioè da lieviti ingegnerizzati, considerando che il Saccharomyces cerevisiae, meglio noto come lievito di birra, si stima condivida il 23% del genoma umano, che nel corso degli ultimi decenni gli scienziati hanno modificato il suo genoma per renderlo capace di produrre molte molecole tra i quali farmaci come gli oppiacei, e che nel 2015 un gruppo di Toronto, ingegnerizzando il Dna di un lievito, lo ha spinto a produrre caseina con la finalità di produrre del formaggio vegano, eliminando la componente animale. Se le ricerche, e soprattutto le applicazioni tecnologiche, andranno avanti, accanto alle bistecche analoghe costituite da cellule muscolari coltivate avremo anche formaggi analoghi a base di caseina prodotta da cellule ingegnerizzate.

Non sappiamo quale sarà il futuro degli alimenti artificiali dopo gli insuccessi di quelli che avrebbero usato le bioproteine prodotte da cellule coltivate da derivati del petrolio o del metano, ma molto diverse sono le prospettive promesse dalle attuali biotecnologie di coltivazione delle cellule animali e di produzione di proteine animali, come la caseina. Illuminante in proposito può essere l’indubbio successo delle bevande artificiali che però non hanno soppiantato quelle naturali, dai vini alle birre, anzi per taluni aspetti ne hanno valorizzato i pregi.

Un elemento importante è tuttavia da salvaguardare: quello di una corretta informazione del consumatore che deve avere la possibilità di distinguere e scegliere tra un alimento naturale e un alimento artificiale.

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.