Formaggi a un Congresso che si diverte

Nel 1814 inizia il Congresso di Vienna, che si prolunga fino al 1815. E’ il primo Congresso degli Stati Nazionali e si caratterizza anche per le feste e i banchetti, tanto che nel 1931 gli è stato dedicato un film dal titolo ironico “Il congresso si diverte”, con un rifacimento del 1955.

I lavori del Congresso sono intercalati da feste, cene, balli e ricevimenti tenuti dalla corte austriaca, dai nobili viennesi o dalle numerose delegazioni convenute. Per la continua atmosfera di festa si dice che il principe Charles Joseph de Ligne avesse pronunciato la famosa frase sul Congresso danzante. Per precisione, in una lettera al principe Talleyrand del 1º novembre 1814, Ligne scrive quanto segue: “Mi attribuiscono il motto ‘Il Congresso danza, ma non va avanti. Ed esso non stilla nulla come il sudore di questi signori che ballano’. Credo anche d’aver detto: ‘Questo è un congresso di guerra, non un congresso di pace'”. In ogni modo, la gastronomia del Congresso di Vienna è dominata da Antonin Carême. È Talleyrand a portare il grande chef al suo seguito ed è a lui che, in un tempo in cui, come adesso, la gastronomia era diventata un culto, è affidato il compito di addolcire i rappresentanti degli stati europei che, sconfitto Napoleone, devono ridisegnare l’Europa e ripristinare le monarchie.

Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, più semplicemente noto come Talleyrand o Taillerand, il nobile zoppo, ex vescovo e poi principe di Benevento, ha servito e tradito tutti: la Chiesa, Luigi XVI, la Rivoluzione e, naturalmente, Napoleone, contribuendo alla Restaurazione dei Borboni e alla loro fine, con l’abdicazione di Carlo X dopo la Rivoluzione di Luglio del 1830, e offrendo subito i suoi servigi al nuovo re Luigi Filippo d’Orleans. É Talleyrand che nel corso di un banchetto invita tutti gli ambasciatori a presentare un formaggio di loro scelta proveniente dal loro paese natale. Con l’Ottocento i formaggi, grazie anche alle ricerche sviluppate dalla scienza nata con l’Illuminismo, sono di buona qualità e non sono più considerati un cibo alternativo alla carne che si può mangiare anche nei giorni d’astinenza, o un ingrediente di cucina, nelle salse, in condimenti di piatti di pasta o di verdure. Il formaggio è infatti ormai considerato un cibo a sé stante.

Al concorso la Francia presenta il Brie, l’Inghilterra lo Stilton. Per quanto riguarda l’Italia, si sa che il Regno di Sardegna presenta uno Stracchino e non si sa nulla del Regno di Napoli e dello Stato Pontificio. Ma qual’è lo stracchino presentato? Certamente uno stracchino stagionato di alta qualità, che tuttavia non vince. Quasi ovvia è la vittoria politica del formaggio francese Brie che riceve la suprema consacrazione e merita l’epiteto di re dei formaggi e di formaggio dei re. Una vittoria peraltro che non è contestata, ma che suscita un caustico commento di Metternich quando dichiara che il Brie è l’unico re o principe che Talleyrand non ha mai tradito.

Stracchino un’etimologia d’origine in parte incerta

Lo stracchino è un formaggio italiano a pasta molle e di breve stagionatura, prodotto con latte vaccino intero. Si ritiene che il suo nome derivi dal lombardo stracch che significa stanco, ma cosa o chi è stanco?

L’etimologia del nome è riferita all’utilizzo del latte proveniente da mucche stanche per la transumanza al fondovalle dopo l’alpeggio estivo, ma in Valtellina, nell’alto Verbano e nelle province di Pavia, Piacenza e Cremona il nome di stracchino indica anche il gorgonzola.

Più dubbia, anche se interessante e stimolante, è una seconda versione, secondo la quale l’origine del termine starebbe nell’uso di latte di mucche alimentate in inverno con erba ottenuta nelle marcite. Secondo la più accreditata etimologia, le marcite sono i campi nei quali l’erba cresce abbondante già a marzo (marzite – marcite), in quanto irrigate con le acque di risorgiva relativamente calde anche d’inverno. Sarebbero stati i monaci cistercensi provenienti dalla Francia, dopo aver fondato le abbazie a sud di Milano, ad insegnare ai contadini l’uso di queste acque. Gli stessi monaci svilupparono le tecniche di sfruttamento delle marcite, dove l’acqua tiepida, scorrendo in continuazione, non gelava e quindi consentiva un taglio aggiuntivo dell’erba anche in inverno per fornire un supplemento al fieno. Il latte ottenuto in questo modo dalle mucche in inverno, povero di contenuti, avrebbe fornito un formaggio stanco o stracco, e di qui il nome stracchino.

Il nome stracchino è documentato sin dal 1200 come stracchino quartirolo (per la sua forma quadrata), una delle sue numerose varianti, e anche il gorgonzola nasce da quella base casearia. Uno di questi stracchini è quello prodotto in Val Taleggio, noto come Taleggio, con un prestigio particolare per cui, a partire dai primi anni del ‘900, si comincia a chiamare Taleggio tutti i formaggi di quella tipologia.

Il nome stracchino è stato poi trasferito in pasticceria dove, usando il mascarpone, si prepara un dolce che con fantasia è stato chiamato Stracchino della Duchessa, ma qual sia questa duchessa non è mai stato definito.

Non uno, ma tanti stracchini

Lo stracchino è un formaggio a pasta cruda ottenuto da latte crudo, tipicamente quello prodotto in malga o alpeggio, oppure in pianura con latte pastorizzato, comunque sempre intero. Un prodotto veloce da preparare, senza dover scaldare il latte e senza tempi lunghi di coagulazione e di spurgo.

La crescenza è uno stracchino, come lo sono la robiola, il taleggio, lo strachitunt, il Gorgonzola, il Salva Cremasco e tanti altri. Si presenta come un formaggio grasso e cremoso, con crosta spesso sottile e tenera (buccia), e dal colore bianco. Una variante di stracchino è preparata con latte bufalino o con latte di capra.

Quale stracchino al Congresso di Vienna?

Il rappresentante del Regno di Sardegna presente al Congresso di Vienna porta uno stracchino che, come già detto, doveva essere stagionato e molto probabilmente simile, se non superiore, al francese brie che risulta vincitore anche per compiacere Talleyrand, organizzatore della competizione e grande regista di tutto il Congresso.

Oggi, dopo duecento anni (perché non è mai troppo tardi), è il momento di riconoscere che fu un’attribuzione “politica” e che dobbiamo assegnare la stessa corona regale anche ai nostri migliori stracchini artigianali.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.