ABSTRACT

L’assunzione di latticini freschi mostra delle grandi differenze tra le diverse regioni, culture ed individui in tutto il Mondo. A livello geografico, l’assunzione è legata alla distribuzione della persistenza della lattasi (LP), un tratto genetico che permette al latte di essere consumato anche dopo lo svezzamento senza effetti collaterali a livello gastroenterico. Il tratto LP è stato selezionato in maniera indipendente almeno 4 volte ed è sotto rapida selezione positiva, e questo dimostra che il consumo di latticini ha dei benefici sulla sopravvivenza. Per le persone che hanno un deficit del tratto LP, la fermentazione del latte in yogurt e in altri prodotti correlati (processo conosciuto da circa 8500 anni), favorisce e aiuta la digestione del latte grazie alla rottura di alcune molecole di lattosio e all’apporto di β-galattosidasi che rimane attiva nel tratto gastroenterico. Nel confronto ecologico globale, l’assunzione di latte e latticini è strettamente correlata all’altezza dei soggetti adulti e molti organi consultivi internazionali raccomandano il consumo di 400-500 mL di latte al giorno. In realtà ci sono ben pochi paesi dove questi quantitativi vengono veramente consumati e nelle popolazioni dove tali valori di assunzione non sono raggiunti, si sono evidenziati degli adattamenti che aiutano a mantenere la salute dell’osso anche ad assunzioni sorprendentemente basse. Nonostante le preoccupazioni sull’alto contenuto di grassi saturi dei prodotti caseari a latte intero, che potrebbero favorire le malattie cardiache, delle recenti meta analisi hanno mostrato che il consumo di latticini è poco significativo se non benefico per il controllo del peso, per le malattie coronariche, per il diabete, per l’ipertensione e per la maggior parte dei tumori.

INTRODUZIONE

Questo articolo è una breve panoramica sul ruolo del consumo dei latticini sulla salute pubblica globale. Molti degli argomenti toccati sono trattati in dettaglio negli articoli correlati da questo simposio che prende in esame, in maniera più ravvicinata, anche lo yogurt ed i prodotti correlati a base di latte fermentato. Il consumo di latticini varia molto sia tra che all’interno delle popolazioni. La variabilità, all’interno delle popolazioni, è guidata in larga parte dalle preferenze personali (tra cui l’intolleranza al lattosio, le allergie al latte e il veganesimo) e dalla convenienza economica. Le oscillazioni tra le diverse popolazioni dipendono dalla cultura, dalla religione, dalla disponibilità, dalla convenienza economica e dalla variabilità genetica che regola la capacità di tollerare il lattosio. Il consumo giornaliero di quantità considerevoli di latticini, solitamente nelle nazioni più ricche, è un segno di diete di alta qualità ed è associato, almeno nel confronto ecologico, con l’alta statura.

ORIGINI STORICHE DEI PRODOTTI  DEL LATTE FERMENTATO

In aree climatiche temperate o calde, il latte non fermentato si modifica molto velocemente, specialmente se raccolto in recipienti mal lavati e contaminati accidentalmente con colture starter provenienti dalla mungitura del giorno precedente. Per questo il latte acido si è praticamente inventato da solo ancor prima che il genere umano iniziasse a mungere gli animali. Non conosceremo mai bene e con certezza la storia di come e quando colture specifiche di batteri scindenti il lattosio siano state usate per la prima volta e poi intenzionalmente diffuse, ma resti di vecchi frammenti di vasellame, apparentemente inventati per funzionare come dei setacci, sono stati datati intorno a 8500 anni fa (1, 2). Come descritto nell’articolo allegato in  questo inserto di pubblicazione da Savaiano (3), gli organismi fermentativi così “addomesticati” avevano il duplice scopo utile di effettuare una digestione parziale del lattosio e di apportare β-galattosidasi (lattasi) che continuano a rompere il lattosio anche dopo il consumo. Entrambe queste caratteristiche avrebbero aiutato i primi uomini a tollerare i quantitativi elevati di lattosio che accompagnavano il consumo di latte e che altrimenti avrebbero seriamente causato degli effetti avversi e debilitanti a livello gastrointestinale. Questi sono stati i primi passi che hanno portato gli uomini a trarre beneficio dalla domesticazione degli animali da latte.

ORIGINI EVOLUTIVE DELLA PERSISTENZA DELLA LATTASI

Il secondo punto è uno di quelli molto importanti e ci informa sul fatto che, durante il periodo evolutivo, il consumo di latte è risultato molto vantaggioso per la sopravvivenza e l’evoluzione dell’umanità. In tutte le specie di mammiferi, la lattasi intestinale, molto attiva quando i soggetti giovani ricevono il latte dalla madre, è si abbassa in maniera sincronizzata e si ipotizza che questo possa essere una parte naturale dello svezzamento della prole, così che la madre possa iniziare un nuovo ciclo riproduttivo.

1Dal Medical Research Council Nutritional Group, London School of Hygiene and Tropical Medicine, London, United Kingdom.
2Presentato al simposio satellite “First Global Summit on the Health Effects of Yogurt” tenutosi a Boston,MA, al ASN’s Scientific Session at Experimental Biology 2013, 24 Aprile 2013. La conferenza è stata organizzata da ASN, the Nutrition Society, Danone Institute International e il Dairy Research Institute. Gli editori ospiti del supplemento scientifico erano Sharon M Donovan, University of Illinois, Urbana, IL e Raanan Shamir, Schneider Childrenn’s Medical Center and Tel Aviv University, Israel.
3AMP è supportato dal UK Medical Research Council (MC-A760-5QX00).
4Inviare la corrispondenza a AM Prentice, MRC International Nutrition Group, London School of Hygiene and Tropical Medicine, Keppel Street, London, WC1E7HT,United Kingdom. E-mail:andrew.prentice@lshtm.ac.uk.
5Abbreviazioni usate: CVD, malattie cardiovascolari; LP persistenza della lattasi; RNI assunzione raccomandata di nutrienti.

Il risultato è che la prole più vecchia e gli adulti diventano intolleranti al lattosio; essi non sono in grado di rompere il disaccaride lattosio, lasciandolo come abbondante substrato per il microbiota intestinale causando produzione di gas, distensione gastrica, malessere, flatulenza e diarrea. Una volta iniziata la diarrea può  auto-alimentarsi  ma di solito si risolverà rapidamente se si andrà ad eliminare il lattosio dalla dieta (vedere sotto). Studi di genetica umana hanno messo in evidenza che una variazione genetica, che coinvolge la sostituzione di un singolo nucleotide nella regione del promotore del gene della lattasi, annulla la tendenza naturale di questo gene a spegnersi in procinto dello svezzamento e conferisce una caratteristica nota come  “persistenza della lattasi” (LP)5, perciò i bambini più grandi e gli adulti mantengono la loro capacità di digerire il disaccaride (1, 4, 5). La variante più comune e scoperta inizialmente si riscontra all’interno di un ampio aplotipo, ciò ci indica che la mutazione primaria sia avvenuta molto recentemente (questo lo desumiamo dal fatto che vi è stato poco tempo per un’ulteriore degradazione delle regioni circostanti). L’origine di questa variante caucasica ( C/T-13910) è stata datata tra i 5000 e i 20.000 anni fa (4); questo lasso di tempo corrisponderebbe con l’inizio della domesticazione da parte degli uomini degli animali da latte. Sorprendenti testimonianze provenienti dall’Africa orientale mostrano che varianti alternative presentanti lo stesso fenotipo di LP, si sono evolute indipendentemente in almeno tre ulteriori occasioni se non probabilmente di più (4-6). Ricerche effettuate all’interno del popolo Masai, hanno mostrato che la variante LP si è coevoluta insieme ad un’altra variante di un gene che aiuta il metabolismo del colesterolo, permettendo così una sopravvivenza sana nonostante una dieta con un elevato apporto di colesterolo e grassi saturi (5). La selezione molto rapida dell’LP e la sua penetrazione vicina alla fissazione in Europa nordoccidentale, indica un vantaggio di sopravvivenza molto importante, spiegazione per la quale è ancora soggetto di un forte dibattito riassunto da Brüssow (1). Anche l’orientamento della causalità non è stato ancora concordato. È stata la domesticazione degli animali da latte a dare origine alla mutazione dell’LP o è stato il contrario? Questo dibattito è caduto in fallo sul frequente equivoco che l’evoluzione agisce principalmente attraverso la selezione delle possibilità di sopravvivenza (ad esempio la sopravvivenza della prole fino all’età adulta e alla riproduzione). Infatti, come inizialmente indicato nel 1930 (7), la selezione della fertilità (ad esempio, l’efficienza riproduttiva dei genitori soprattutto nei momenti di restrizione energetica e di nutrienti) può esercitare un’influenza molto più potente sulla selezione di geni (8) e questo deve essere tenuto in considerazione nel dibattito sulla selezione dell’LP. Qualunque risulti essere la spiegazione, si può tranquillamente concludere che la capacità e la propensione a consumare prodotti caseari sia di grande beneficio, su base evoluzionistica, per le popolazioni umane. Questa dichiarazione deve essere bilanciata tuttavia dalla constatazione che le popolazioni dell’Asia Orientale, dove non c’era fondatore per la variante LP e nelle quali  il gene è ancora appena penetrato, sono anch’esse molto affermate e prospere. Il successo delle popolazioni senza LP, sommato alla selezione rapida ed efficace della variante, nella quale c’era la possibilità di individuare la mutazione, ci ricorda la grande capacità dell’evoluzione di selezionare tratti vantaggiosi. Charles Darwin ha riconosciuto questo aspetto nell’ultimo capitolo dell’Origine della Specie affermando che “un chicco sulla bilancia andrà a determinare chi potrà sopravvivere e chi potrà morire” (9).

IL RUOLO DEL LATTOSIO NELLA DIARREA CRONICA E QUELLO DELLO YOGURT NEL SUO TRATTAMENTO

L’enzima lattasi è situato sull’apice dei villi intestinali. Perciò i bambini, nei quali i villi sono stati danneggiati da microrganismi come gli enteropatogeni Escherichia coli (10), hanno un deficit transitorio della lattasi che può esacerbare la diarrea e portare ad una sua persistenza. Anche i bambini con enteropatie croniche ambientali, condizione che colpisce la maggior parte dei bambini piccoli che vivono in ambienti contaminati, hanno villi più corti e una ridotta attività della lattasi che li può rendere più suscettibili al malassorbimento del lattosio (11). Uno studio multicentrico sulla diarrea cronica coordinato dalla WHO ha mostrato che il 60% dei soggetti affetti da questa patologia rispondono bene ad una dieta  a basso contenuto di lattosio (ad es. riso, yogurt, lenticchie, olio), mentre alcuni dei pazienti rimanenti hanno risposto bene ad un’esclusione (temporanea) del lattosio dalla dieta (12). Lo yogurt è il trattamento di scelta in alcuni paesi e, insieme ad altre formulazioni a ridotto contenuto di lattosio, è ritenuto più efficace e appropriato rispetto agli antibiotici (12).

IL RUOLO DEI LATTICINI NEL SODDISFARE I FABBISOGNI NUTRITIVI

Ci sono solo due alimenti consumati dagli esseri umani che sono stati esplicitamente ritenuti in grado di soddisfare l’intero fabbisogno di nutrienti di un organismo complesso: il latte e le uova. Perciò non c’è da sorprendersi se le diete contengono un quantitativo significativo di questi alimenti ricchi di nutrienti  mostrando in genere un giusto equilibrio delle sostanze nutritive essenziali per uno sviluppo e una crescita sana, in particolare per quanto riguarda l’equilibrio degli aminoacidi. Il contributo che la  consueta assunzione (negli US) di latticini fornisce alle esigenze nutrizionali quotidiane è mostrato nella Figura 1 (13). In una matrice di costo/densità di nutrienti, il latte e i latticini appaiono come alimenti ad alta densità e a basso costo in ambienti privilegiati (14) e quindi forniscono un ottimo contributo per una dieta sana. Essi compaiono tra i piatti di alimenti  e nella piramide alimentare  all’interno di tutte le linee guida dietetiche. Tuttavia, l’equazione cambia negli ambienti a basso reddito, dove i prodotti a base di latte sono costosi (rispetto ai livelli di reddito locali) e sono visti come alimenti di prestigio. Di conseguenza, anche le famiglie che possiedono una mandria propria preferiscono vendere il latte piuttosto che consumarlo a casa, spostando così l’assunzione verso l’elite urbana. Anche la mancanza di sistemi di refrigerazione limita, in generale, il consumo di latticini ma favorisce quello dei prodotti fermentati.

Figura 1. Contributo dei latticini all’assunzione di nutrienti chiave negli Stati Uniti. I dati sono stati ricavati a partire dal 2003-2004 al 2005-2006 mediante la  campagna dietetica NHANES di 24 ore per gli individui con un’età >/= ai 2 anni, escludendo le donne incinte e in allattamento. Da notare che negli Stati Uniti il latte è abitualmente fortificato con vitamina A e D nel quantitativo di 2000 e 400 IU/quart, rispettivamente. Riprodotto con il permesso della referenza 13.

 

VARIAZIONI GLOBALI DEL CONSUMO DI LATTE

Attualmente le nazioni industrializzate consumano all’incirca 5 volte più latte pro capite rispetto a quelle in via di sviluppo. L’aumento previsto nelle nazioni in via di sviluppo è molto più veloce, tanto che nel 2030 si prevede che ci sarà un divario di 3 volte tanto. Le assunzioni nell’Africa Sub-Sahariana attualmente si aggirano in media sui 70 gr circa al giorno pro capite (a fronte dei quasi 600 gr, che sono la media nei paesi industrializzati) (15, 16). Nella maggior parte dell’Africa le limitazioni sul consumo di latte sono legate ai costi, all’assenza di refrigerazione e ad una scarsa disponibilità. Senza queste limitazioni il latte e i suoi prodotti fermentati sono, di solito, alimenti altamente ricercati. L’assunzione in Asia Orientale è praticamente trascurabile ed è molto più bassa che in Asia meridionale. Queste differenze disegnano la mappa della diversa prevalenza dei geni LP (4) e sono presumibilmente guidate, almeno in parte, da queste stesse differenze genetiche sulla tolleranza al latte.  Affinché  i latticini forniscano un marcato contributo al consumo di calcio, l’adeguatezza della sua assunzione con la dieta è strettamente correlata alle variazioni geografiche nel consumo di latte. Le assunzioni di calcio sono di solito accettabili in Europa (17); rispetto ai valori sull’assunzione di riferimento dei nutrienti (RNI) raccomandati (per gli adulti) dal FAO/WHO di 1000mg/d, le assunzioni medie di calcio stimate in 16 paesi Europei si aggiravano tra i 678 e i 1171 mg/d nei maschi e tra i 508 e i 1047 mg/d nelle femmine (17). Altre nazioni si trovano molto al di sotto dei  valori dell’ RNI: ad esempio in Brasile il 99% degli adulti (19-60 anni) consuma un quantitativo inadeguato di calcio (18). In Cina i latticini forniscono solo il 4.3% del calcio della dieta e il suo range di assunzione  si aggira tra il 20% e il 60% dei livelli consigliati, con solo il 2-3% delle persone che raggiungono un adeguato obiettivo di assunzione (18, 19).

IMPLICAZIONI PER LA  SALUTE LEGATE ALL’ASSUNZIONE DEI LATTICINI: PROBLEMI NELLA VALUTAZIONE DEGLI ELEMENTI

Valutare l’assunzione con la dieta dei singoli individui è un problema, soprattutto quando tali valori devono essere applicati a indagini su vasta scala per registrare le associazioni con  malattie a termine relativamente poco comuni. Fortunatamente, comunque, il range di assunzione di latticini tende ad essere ampio facilitando cosi le analisi trasversali sia ecologiche che epidemiologiche. Un ulteriore vantaggio  è che la maggior parte delle preferenze delle persone, a favore o contro i latticini, tendono a rimanere relativamente costanti nel tempo, fatto che potenzia  gli studi caso-controllo delle malattie. L’altra principale difficoltà nel valutare le implicazioni per la salute dell’ assunzione dei latticini è quella di potersi confondere con altri fattori legati allo stile di vita che possono essere responsabili di qualche associazione osservata. Questo è vero soprattutto nei paesi dove i latticini sono molto più costosi rispetto ad altri alimenti e quindi tendono ad essere associati allo stato socio-economico. Un potenziale metodo, per risolvere questo problema, è quello di utilizzare l’approccio Mendeliano randomizzato (21) sulla base dell’ LP. Questo metodo si basa sul principio che un tratto incidente sulla variabile d’esposizione (in questo caso LP che influenza l’assunzione dei latticini) è assegnato in maniera casuale dall’ereditarietà mendeliana e quindi crea un gradiente imparziale sull’assunzione e non crea confusione.  Questo approccio è stato utilizzato in numerose malattie (es. riferimento 20) terminali ma perde un certo potere potenziale  perché, anche se la  LP predice molto bene l’assunzione di latticini tra le popolazioni, è molto meno discriminatorio su base interindividuale. Tutte le limitazioni elencate sopra devono essere tenute a mente quando si interpretano gli studi sull’assunzione di latticini e sulla salute. Una breve panoramica di tali studi, basata sulle più recenti meta-analisi, è previsto sotto. Altri articoli in questo numero integrato forniscono un’analisi più dettagliata di alcune delle malattie (23-25).

LATTICINI E CONSEGUENZE SANITARIE

C’è una vasta letteratura che riguarda l’associazione tra l’assunzione di latticini e un ampio range di conseguenze sanitarie. Come per la maggior parte degli studi epidemiologici, la letteratura è contrastante e, oltre ai vincoli metodologici sopra elencati, può inoltre essere influenzata da distorsioni riguardanti le  segnalazioni. Tuttavia è opinione diffusa che il consumo di latticini apporta notevoli benefici e le preoccupazioni precedenti, riguardanti il fatto che i prodotti lavorati derivati dal latte intero possano contenere un elevata quantità di grassi (in particolar modo saturi) e possano quindi portare allo sviluppo di patologie cardiache, non sono supportate da un’ adeguata letteratura (vedere sotto). In effetti, c’è una certa controversia sulla questione  se i latticini a basso contenuto di grassi apportano maggiori benefici alla salute rispetto alla loro controparte costituita da grassi naturali.

CRESCITA E SALUTE DELL’OSSO

Siccome il calcio è una componente critica dell’osso che ne contiene la maggior parte, è logico affermare che la salute dell’osso stesso è correlata all’assunzione di calcio; Rizzoli (23) ha riassunto le prove a sostegno di questo in altre parti di questo supplemento pubblicato. Infatti, su base ecologica globale, c’è una sconcertante associazione inversa tra il consumo di calcio con la dieta e i tassi di frattura ossea (presi come unità di misura approssimativa per la salute ossea e l’osteoporosi) (26). Questo probabilmente passa attraverso l’influenza di altri fattori critici e determinanti per la salute delle ossa come, ad esempio, i valori della vitamina D legati alla latitudine  e gli alti livelli di attività fisica (che risultano protettivi per l’osso) nei paesi più poveri dove c’è un basso consumo di latte e di latticini. È chiaro inoltre che vi è una notevole capacità fisiologica di adattarsi al basso apporto di calcio con la dieta e che gli aumenti improvvisi della sua assunzione possono provocare degli effetti deleteri, presumibilmente perché vanno a disturbare tali adattamenti fisiologici protettivi(27). Il tema dell’assunzione dei latticini e della salute dell’osso è discusso più i dettaglio in altre parti di questo supplemento pubblicato.

CONTROLLO DEL PESO

Alla luce degli eventi contraddittori elencati sopra, non ci sorprendiamo se gli studi osservazionali, che tentano di mettere in relazione il controllo del peso con il consumo di latticini, producono risultati confusi ed inconsistenti. Studi di controllo randomizzati hanno fornito delle prove molto più solide e sono state riassunte in 2 recenti meta-analisi (28, 29). Abargouei e al. (28) hanno analizzato 14 studi per studiare gli effetti di un aumento del consumo di latticini (con la dieta) sul peso, sulla massa grassa, sulla massa magra e sulla circonferenza del girovita. In assenza di interventi concomitanti miranti alla restrizione energetica, l’aumento del consumo di latticini non ha nessun effetto percepibile su nessuna delle variabili elencate sopra; ma se associato a limitazioni energetiche, l’assunzione di latticini ha mostrato dei modesti  benefici  sulla riduzione del peso (- 0.61 kg), sulla massa grassa (-0.72kg), sulla massa magra (+0.58kg) e sul girovita (-2 cm). Chen et al (29) hanno esaminato 29 ulteriori studi ritenuti idonei e si sono trovati ampiamente d’accordo con  Abargouei e al (28), in quanto un aumento del consumo di latticini non si è reso utile per il mantenimento del peso a meno che non veniva associato ad una  restrizione energetica, nel qual caso però si andava ad aggiungere un modesto ma ulteriore vantaggio, specialmente in studi a breve termine.

DIABETE

Non ci sono studi clinici controllati randomizzati sull’alterato consumo di latticini e sul diabete. Una meta analisi di 7 studi di coorte fatta da Tong e al. (30) ha dimostrato un effetto protettivo del 14% generato dal consumo di latticini nei confronti del diabete di tipo 2. La maggior parte di questo effetto è da attribuire all’assunzione di latticini a basso contenuto di grassi e di yogurt poiché, con il latte intero e con i prodotti ad alto tenore di grassi, non sono stati evidenziati effetti benefici. Va sottolineato che le prove a favore del “beneficio” erano comunque deboli e la prova di effetti differenziali dei latticini a basso contenuto di grassi e dello yogurt, era ancora più debole (a causa di un basso numero di studi e di potenziali fattori fuorvianti). È importante sottolineare che, tuttavia, non c’era alcuna indicazione sul fatto che l’assunzione di latticini potrebbe contribuire al rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Sebbene non fosse una meta analisi, Sluijs e al. (31) hanno riportato i risultati di uno studio di prospetto molto ampio sul consumo di latticini come possibile fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2, sull’European Investigation into Cancer and Nutrition-InterAct Study. Da questo studio, basato su  un follow up di almeno 4 milioni di persone all’anno e su più di 12.000 episodi di diabete di tipo 2, è emerso che nel complesso non vi era alcuna associazione tra il normale consumo di latticini e la comparsa (nel lungo periodo) del diabete, ma sia l’assunzione di formaggio (RR: 0,88) sia quella di latticini fermentati totali (formaggio, yogurt e latte fermentato; RR: 0.88) hanno mostrato un andamento protettivo. In altre parti di questo supplemento pubblicato, Astrup (24) descrive i potenziali meccanismi per i quali possono comparire questi effetti.

IPERTENSIONE

In una meta analisi di 9 studi clinici e osservazionali, Soedamah-Muthu e al. (32), hanno sottolineato un leggero effetto protettivo sull’ipertensione legato al consumo di latticini totali, di latticini magri e di latte. Sulla base dei pochi studi disponibili non ci sono prove sulla protezione apportata da latticini ad alto contenuto di grassi, latticini fermentati, yogurt o formaggio. Ralston et al (33) hanno analizzato 5 studi di coorte che comprendevano quasi 11.500 casi di pressione sanguigna elevata, con l’esplicita intenzione di separare gli effetti dei latticini ad alto contenuto di grassi rispetto a quelli dei latticini a basso contenuto di grassi. Essi hanno trovato un’associazione inversa molto significativa tra l’assunzione di latticini magri e la pressione sanguigna elevata (RR:88) senza alcun beneficio evidente per i latticini ad alto contenuto di grassi. Separando il formaggio dai latticini liquidi, come latte e yogurt, non si è evidenziato nessun effetto benefico per quanto riguarda il formaggio ed un effetto protettivo invece per i latticini fluidi.

MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Come trattato da Astrup in questo supplemento pubblicato, il nesso conosciuto tra i grassi saturi e le malattie cardiovascolari (CVD) potrebbe suggerire  che i latticini ad alto contenuto di grassi possono incrementare il rischio di CVD. In realtà, le prove disponibili non supportano questa tesi (24). Una recente meta analisi di 17 studi osservazionali di coorte (pochi dei quali hanno contribuito ad ogni diversa finalità) hanno riportato una modesta associazione inversa tra l’assunzione di latte e il rischio complessivo di CVD (RR:0.94 per 200mL/die)(34). Non sono state riscontrate associazioni significative con malattie delle arterie coronarie, ictus o mortalità nel complesso, ma ancora una volta l’ RR tendeva ad essere inferiore all’unità piuttosto che più alto.

CANCRO

Il gruppo di esperti del collettivo World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research nel resoconto del 2007 ha dichiarato che: “Il latte probabilmente protegge contro il cancro del colon-retto. Ci sono poche prove che suggeriscono che il latte protegga contro il cancro della vescica. Ci sono prove limitate che suggeriscono che il formaggio è una causa del cancro del colon-retto. Le diete ad alto contenuto di calcio sono una probabile causa di cancro alla prostata; ci sono prove limitate che un alto consumo di latte e latticini sia una delle cause di cancro alla prostata”(35). Il World Cancer Research Fund’s Continuous Update Project pubblica occasionalmente degli aggiornamenti basati su delle meta analisi aggiornate (vedere www.dietandcancerreport.org/cancer_resource_center/ cup_summaries.php). I tre resoconti pubblicati a partire dal 2007 (sul cancro colon rettale, su quello alla prostata e su quello al seno) non hanno fornito ulteriori e significative annotazioni riguardo ai latticini, e in generale le prove sembrano essere neutrali)

CONCLUSIONI

In sintesi, la prova evolutiva mostra chiaramente che il consumo di latte e di latticini in tarda infanzia e nell’età adulta ha conferito vantaggi significativi in termini di sopravvivenza e/o di capacità riproduttive, ai nostri antenati. Questa capacità di consumare elevati carichi di lattosio senza effetti collaterali spiacevoli è stata raggiunta attraverso l’evoluzione del tratto LP e attraverso “ l’addomesticamento” dei batteri lattici utili a creare prodotti a base di latte fermentato. Ci sono grandi differenze regionali nel genotipo LP correlato, su base geografica globale, con differenze molto evidenti sull’assunzione di latticini. Le popolazioni con un basso consumo di latticini hanno meccanismi di adattamento che permettono loro di crescere e mantenere le ossa in buona salute anche con valori di consumo di calcio che sono molto al di sotto della RNI dei paesi ad alto reddito. È stato segnalato che alcune alterazioni di questi adattamenti possono causare qualche sequela negativa, quindi non dovrebbe essere dato per scontato che l’aumento di assunzione di calcio sia sempre utile per la salute. Per questo, un valore globale di RNI potrebbe non essere appropriato. Nonostante queste riserve, è chiaro che il consumo di latticini, e in particolar modo di latticini fermentati, ha molteplici vantaggi e non è associato ad evidenti effetti nocivi per la salute.

ESIGENZE DI RICERCA

Come descritto negli articoli che accompagnano questo supplemento pubblicato (3, 21-23), il consumo di latticini fermentati ha degli effetti fisiologici ben specifici, ma i dettagli di questi effetti e la loro possibile regolazione rimangono un target di ricerca molto importante. Questo è particolarmente vero per lo yogurt. La maggior parte degli studi epidemiologici su larga scala si sono sforzati, più o meno, o hanno trovato difficoltà  nel separare gli effetti del consumo dello yogurt, da quelli del consumo generico di latticini. Se trattabile, questo rimane un importante argomento di ricerca. Infine, ci potrebbe essere un futuro per lo sviluppo dello yogurt come veicolo di probiotici di nuova generazione che sono specificamente progettati per l’ottimizzazione della flora intestinale e,  di conseguenza, della salute umana rispetto ai ceppi già esistenti. La storia ci mostra che l’attuale generazione di probiotici a base di yogurt può essere ulteriormente migliorata, andando ad esaminare i rapporti sulla salute dei differenti campioni di flora intestinale e usando queste informazioni come un modello per creare una selezione ottimale della composizione della flora microbica eventualmente da “trapiantare”.

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Autore: Andrew M Prentice