Pane e formaggio per l’incontro con il Re
Pane e formaggio è il pasto che contrassegna l’incontro decisivo che conclude la spedizione dei Mille e dal quale nasce l’Italia come nazione. È il 26 ottobre 1860, circa alle sette e mezza di una molto umida mattina autunnale, quando Giuseppe Garibaldi, con un gruppo di suoi ufficiali garibaldini e con la testa fasciata alla buona con un fazzoletto colorato, assiste al passaggio delle truppe piemontesi. Siamo sulla strada vicino a Teano, ma più probabilmente nel comune di Vairano Patenora in località Taverna, quando si sente suonare la marcia reale e gridare “Il re! Viene il re!”. Garibaldi ed il suo seguito montano a cavallo avanzando sul fianco della strada e alla loro vista Vittorio Emanuele II si slancia per incontrarli. Giunto di fronte al re, Garibaldi si scopre la testa fasciata e grida: “Saluto il primo Re d’Italia.” Il re allunga la mano e risponde: “Saluto il mio miglior amico.” I due restano con le mani unite per più di un minuto durante il quale il re dice: “Come state, caro Garibaldi?”, “Bene, Maestà, e Lei?”, “Benone”. I due gruppi di piemontesi e garibaldini procedono assieme per un certo tratto, dialogando in fredda cortesia, fino a quando il re prosegue per Teano e Garibaldi ed i suoi svoltano a sinistra, verso Calvi. Con certezza si sa che Garibaldi e il Re di Sardegna non fanno colazione insieme ma si dice che il Generale, sugli scalini di una chiesetta, mangia pane e formaggio, quasi certamente un pecorino, e anche alcuni fichi offerti da un contadino. Che Giuseppe Garibaldi ami il formaggio lo sappiamo perché nel suo volontario esilio a Caprera produce proprio questo alimento; sull’isola alleva infatti centoquaranta vacche, duecento capre e cento pecore, e il formaggio pecorino lo mangia insieme alle fave.
Cucina di mare e di terra dell’Eroe dei due Mondi
Giuseppe Garibaldi è l’Eroe dei Due Mondi e in Italia gli sono dedicati monumenti, piazze, vie e lapidi che ricordano i balconi dai quali arringa o saluta folle plaudenti ma non si può dire sia un gourmet o un gastronomo. Va infatti ricordato per la sua saggezza popolare a tavola. Le lettere e i diari dipingono la figura di un uomo che ama una cucina semplice basata sui ritmi delle stagioni e nella quale sono presenti cibi del suo orto. Gli alimenti conservati che usa sono la testimonianza della sua vita di mare e di terra: pesce conservato (stoccafisso e baccalà), olive in salamoia, cacio e formaggio. Nella cucina della casa di Caprera vi è un mortaio in marmo bianco portato da Genova dal Generale per la preparazione del pesto perché le sue origini liguri (entrambi i genitori provenivano dalla Liguria) influenzano le sue abitudini alimentari e come ben si sa, il formaggio è un ingrediente fondamentale. Il pesce conservato è tipico di una cucina di mare e il formaggio lo è di una cucina di terra. Garibaldi ha sobri costumi alimentari come i suoi Mille volontari che, tra una battaglia e l’altra, si nutrono di pane o gallette, vino e poco companatico, per lo più formaggio o carne salata, e poi carrube, rape, sedano, cipolle, polenta, pomodori, pane, olive, mele e pere. A volte mangiano una minestra o un poco di polenta, o altri prodotti locali come uova, salumi e patate, solo qualche volta frutta e raramente carne fresca. Durante la campagna dei Mille Garibaldi si nutre soprattutto di zuppe di verdure, legumi, gallette da marinaio e uva passa, che ispirarono i biscotti Garibaldi. Quando si trova a Palermo in un padiglione del Palazzo Reale e il personale di servizio gli offre un trattamento riservato ai nobili, insiste per avere semplicemente una minestra, un pezzo di carne arrosto e un piatto di legumi.
False ricette alla Garibaldi
Nei ricettari ottocenteschi frequenti sono i piatti dedicati alle personalità del momento; si conoscono le ricette alla Bismarck, i Tournedos alla Rossini, la Pesca Melba, le Crepes Suzette e non mancano le ricette per onorare i padri della patria. Alberto Cougnet, storico e gastronomo di grande cultura, nei due volumi de L’arte cucinaria in Italia (1910-1911), riporta alcune ricette alla Garibaldi: Pomodori alla Garibaldi, Uova fritte alla Garibaldi, Nocelle di Garibaldi, che non hanno niente a che fare con la cucina del Generale ma hanno sempre un ingrediente rosso a ricordo delle divise dei Mille. Il generale Giuseppe Garibaldi, scrive Cougnet, appetiva cibi semplici, in gran parte vegetariani, come i ravanelli rossi, di cui mangiava anche le piccole foglioline del ciuffo, i pomidori crudi o farciti alla Nizzarda, i peperoni, i cardi, i sedani crudi e simili coserelle. Più in sintonia con il carattere focoso dell’Eroe dei due Mondi è il Cocktail Garibaldi a base di Bitter Campari e succo d’arancia o aranciata gassata, riportato nella Grande Enciclopedia Illustrata della Gastronomia (1990) di Marco Guarnaschelli Gotti e che risalirebbe a una visita che di Garibaldi fa a Marsala nel 1862, due anni dopo il famoso sbarco.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.