La filiera caprina SOPRALAPANCA, progetto di Slow Food Lombardia merita ancora una parentesi, e non sarà l’ultima. Il Dott. Fabio Ponti, che è responsabile di questo virtuoso progetto, ci aveva raccontato della filiera in questa videointervista. Abbiamo continuato a citare il formaggio CAPRACANTA in ogni modo possibile ed immaginabile, ma alla fine ancora non abbiamo detto molto su questo prodotto studiato dagli stessi produttori che costituiscono la filiera. E questo faremo ora.

Il formaggio CAPRACANTA nasce come progetto comune a tutti gli allevatori aderenti a SOPRALAPANCA: l’idea era quella di sviluppare un formaggio da latte di capra a fermentazione lattica. Abbiamo visto insieme a Fattoria I Gratèr e Pian Du Lares la partecipazione molto viva alla progettazione del formaggio, ognuno con il proprio bagaglio di esperienza e di cultura casearia. Un elemento fondamentale di questo formaggio sta nella volontà di mantenere quel rispetto nei confronti della biodiversità che è principio fondante della filiera SOPRALAPANCA, e che mette al centro del progetto sapori tradizionali e benessere dell’animale. Con il CAPRACANTA la filiera ha voluto coinvolgere maggiormente il consumatore finale, rendendolo partecipe del processo produttivo stesso: infatti la scelta di confezionare le forme in scatole di pioppo ha come obiettivo quello di far proseguire al consumatore stesso l’affinamento del formaggio dentro queste confezioni.

Per produrre il CAPRACANTA, i produttori seguono un disciplinare che specifica l’utilizzo di latte di capra intero, crudo, ottenuto da animali allevati al pascolo, in pieno regime biologico. Il latte viene preparato con l’aggiunta di latto innesto di fermenti selezionati eterofermentanti, ottenuto al mattino ed aggiunto in percentuali del 1-2 % del latte lavorato. Il latte inoculato viene lasciato in prematurazione a 12-14 °C per 12 ore; dopodiché si procede all’aggiunta del latte di seconda munta ed il tutto viene portato alla temperatura di 20 °C. Segue una maturazione del latte di circa 3-4 ore, fino a quando il latte raggiunge almeno 4-5 °SH/50 e pH 6.30. Raggiunti questi valori relativi all’acidità, si procede all’aggiunta di caglio e spore di Penicillium Candidum e Geotrichum candidum, per poi coagulare il latte, processo che dura dalle 20 alle 24 fino a raggiungere pH 4.4 – 4.6. La cagliata viene estratta con mestolo e posta a sgocciolare per un giorno intero a temperatura ambiente. Segue la salatura manuale con sale, alternando prima una faccia del formaggio e poi l’altra: una la sera e l’altra, insieme allo scalzo, la mattina. Le forme così salate sono asciugate a 20 °C per 48 ore e successivamente stagionate per 3 settimane a 10 °C. A conclusione del periodo di stagionatura, le forme sono inserite nella tipica confezione in legno di pioppo.

Come dovremmo aspettarci il CAPRACANTA dal punto di vista visivo e sensoriale? Questo formaggio presenta una superficie di colore bianco tendente al giallo paglierino leggermente rugosa per effetto delle muffe tipiche aggiunte prima della coagulazione e che iniziano a manifestarsi nel corso della stagionatura. La pasta è caratterizzata da un’occhiatura quasi assente; la struttura presenta una certa friabilità ed è bianca, mentre nel sottocrosta è cremosa e di colore perlaceo. La cremosità tende ad aumentare con l’affinamento fino ad essere quasi completa intorno ai 40-60 giorni: è in questo momento che il sapore delicato diventa leggermente piccante.

Come abbiamo visto nei precedenti articoli sulla filiera SOPRALAPANCA, il CAPRACANTA ha una base comune per tutti i produttori: ognuno di loro lascia però una propria impronta sul formaggio, impronta che tiene conto di tante variabili sia di allevamento che di caseificazione. Rimane comunque il desiderio di fare qualcosa di personalizzato per la filiera, condiviso e condivisibile da parte di tutti i membri che ne sono protagonisti principali.