Incremento dei formaggi vegetali

La scelta vegetariana e vegana non è più una curiosità e, in una crescita che non può essere negata né tanto meno sottovalutata, riguarda anche i sostituti dei formaggi, detti anche formaggi vegetali, un comparto con dinamiche di sviluppo tanto attive negli ultimi anni da attirare l’attenzione di istituti di ricerca che studiano il fenomeno. I formaggi vegetali, impropriamente detti vegetariani o vegani, sono prodotti a base vegetale, per lo più ottenuti da bevande vegetali a base di soia, mandorla o riso, che hanno una consistenza e sapore che imitano quelli dei formaggi di latte animale. Una delle forze trainanti del mercato di questi prodotti è la crescente consapevolezza dei consumatori nei riguardi del benessere degli animali, che recentemente inizia ad associarsi all’attenzione per gli alimenti vegetali di minore impatto ambientale.

Secondo il Future Market Insights, l’Italia, con la Francia e la Germania, si posiziona fra i paesi europei con la maggiore crescita nel consumo dei formaggi vegetali e per il Variant Market Research nel 2024 il loro mercato mondiale potrà raggiungere i 3,9 miliardi di dollari. In termini di valore, si prevede che il mercato globale dei formaggi vegetali registrerà un aumento dell’8,6% durante il periodo di previsione. L’Europa guida i consumi mondiali con una quota vicina al 43%, seguita rispettivamente da Nord America, area Asia – Pacifico e Sud America con previsioni di crescite soprattutto in Estremo Oriente.

In Italia, le vendite dei prodotti vegetali sostitutivi del latte, formaggio e yogurt nel 2016 avevano un valore complessivo pari a poco meno di 250 milioni di Euro ma nell’ultimo biennio le vendite della grande distribuzione hanno fatto registrare una crescita a doppia cifra. L’Osservatorio Vegan Ok rileva che il Nord Italia e le grandi città sono le aree maggiormente interessate dalla crescita dei consumi di questi prodotti. In Italia, la soia è l’ingrediente principale del 40% dei prodotti vegetali sul mercato, seguita da riso e olio di cocco, ma non trascurabile è anche la presenza delle mandorle. Le ricette che hanno registrato incrementi maggiori sono quelle a base di mandorle, nocciole, arachidi e anacardi con una tendenza verso preparazioni sempre più semplici. Tra i consumatori, i più interessati sono i millennials (la generazione del Millennio dei nati alla fine del XX secolo): sei su dieci di questi giovani hanno provato almeno una volta un formaggio vegetale.

Vegetariani e vegani italiani

Secondo il recente 31° Rapporto Eurispes del 2019, i vegetariani e i vegani in Italia rappresentano il 7,3% del campione. Il 5,4% degli intervistati si dichiara vegetariano, con un calo dello 0,8% rispetto al 2018, e l’1,9% vegano, con un 4,9% che ha sperimentato e poi abbandonato lo stile di vita vegetariano. Secondo Eurispes, nonostante le rinunce dei vegetariani, il numero dei vegani aumenta di un punto percentuale perché molti vegetariani acquisiscono una maggiore coscienza e radicalizzano la propria scelta eliminando dalla dieta i prodotti derivati dal mondo animale. Un quarto di chi sceglie una dieta vegetariana o vegana (25,1%) lo fa per filosofia di vita, tre su dieci ritengono abbia benefici sulla salute, mentre soltanto il 3,6% lo fa per motivazioni di sostenibilità ambientale. Questi stili alimentari sono prevalenti nella popolazione femminile: il 5,8% delle donne è vegetariana, contro il 5% degli uomini, e il 2,8% è vegana, contro l’1,1% degli uomini. Una parte degli utilizzatori delle bevande e formaggi vegetali li consuma solo ogni tanto. I consumatori parziali sono il 13,7% nel caso dei sostituti dei formaggi, il 12,3% nel caso dei sostituti dello yogurt e il 20,9% nel caso dei sostituti del latte. I consumatori totali dei sostituti vegetali, ed in particolare dei prodotti a base soia, sono una nicchia leggermente più significativa nel caso delle bevande vegetali di soia (8,6%) e decisamente marginale nel caso dei formaggi di soia (3,8%).

Tra i principali fattori di crescita del mercato dei formaggi vegetali vi è una crescente consapevolezza etica della popolazione, ma anche il riconoscimento dei consumatori di essere intolleranti al lattosio o più attenti a stili alimentari salutistici. Inoltre, l’aumento della pubblicità sui media, un’accresciuta pressione promozionale e l’ampliamento degli assortimenti in quasi tutti i canali di vendita, incoraggiano la crescita delle vendite e spingono le aziende, anche del classico settore lattiero-caseario, a sviluppare nuove formule vegetali per rimanere competitive sul mercato. L’aumento delle vendite e consumi dei formaggi vegetali è anche merito dello sviluppo di nuovi prodotti con caratteristiche analoghe ai formaggi stagionati e grattugiabili, freschi, spalmabili e in crema.

Consumi dei sostituti di latte a base vegetale

Le motivazioni che più o meno frequentemente portano a consumare sostituti vegetali del latte e latticini sono numerose, complesse e trasversali per il latte, yogurt e formaggi, iniziando dalla curiosità nei confronti di prodotti che sono una novità di mercato e dalla sempre più intensa pubblicità. Un altro importante elemento è il consiglio di un medico o di un nutrizionista di seguire uno stile di vita più sano. Un terzo elemento, soprattutto per i formaggi vegetali, è l’esperienza effettuata a casa di amici o conoscenti vegetariani o vegani. Anche la promozione dei prezzi può facilitare la prova di consumare questi prodotti nonostante la convenienza e il risparmio economico non siano prioritari.

Secondo le indagini eseguite, le percezioni dei consumatori di prodotti a base vegetale sostitutivi dei latticini non sono particolarmente positive, considerando che circa la metà di essi li giudica qualitativamente inferiori ai corrispondenti prodotti convenzionali: il 49,6% nel caso delle bevande vegetali sostitutive del latte, il 48,2% nel caso dei sostituti vegetali dello yogurt e il 56% nel caso dei formaggi vegetali. Lo scarso apprezzamento dei sostituti vegetali è probabilmente dovuto al loro gusto che in generale si caratterizza per un sapore meno intenso che li rende meno gratificanti dal punto di vista gastronomico. Infatti, solo il 2,4% giudica il formaggio vegetale di qualità gustativa superiore al formaggio di latte e lo stesso avviene per le bevande vegetali rispetto al latte (3,6%) o per lo yogurt (5,9%).

Imbroglio dei formaggi vegetali e Cheese sounding

Molti sono i sostituti vegetali che imitano anche prodotti tradizionali quali l’Emmenthal, gli stracchini, le tome e perfino il Gorgonzola, ma questi formaggi vegetali più che un ossimoro sono un imbroglio perché non si tiene conto della sostanziale differenza che esiste tra un alimento d’origine animale e un alimento vegetale, differenza che non può essere colmata dall’aggiunta di integratori o additivi. Senza entrare in ulteriori dettagli sulle motivazioni dei comportamenti, e sull’eticità e sicurezza degli alimenti d’origine animale e vegetale, è necessario richiamare l’attenzione sull’attuale usanza di chiamare con il nome degli alimenti di origine animale i prodotti completamente vegetali, quasi come a cercare un alibi.

Oltre al tradizionale tofu, oggi il mercato offre anche altri sostituti che imitano i formaggi e che sono a base di frutta secca, cereali e legumi. Freschi, semi stagionati, duri, spalmabili nell’aspetto come nell’uso in cucina, questi prodotti sono simili ai formaggi tradizionali di latte di mucca, pecora o capra che in realtà sono gli unici che, per legge, possono essere denominati formaggi. I prodotti vegetali, dal punto di vista nutrizionale, sono per lo più carenti di vitamina D, indispensabile per l’assimilazione e l’utilizzo del calcio e del fosforo da parte dell’organismo e di conseguenza per la salute delle ossa, e hanno meno calcio, di cui molto spesso sono arricchiti artificialmente. Contengono inoltre pochi grassi e proteine vegetali di basso valore nutrizionale.

Oltre al tofu che è costruito con la soia, vi sono molti prodotti similari che sono creati con anacardi, mandorle, cereali e riso. Nei paesi orientali il tofu entra in un’alimentazione diversa da quella occidentale, con condimenti differenti e soprattutto assieme ad alimenti d’origine animale d’ogni tipo. Non si dimentichi il detto che i cinesi mangiano ogni cosa che ha quattro zampe meno i tavoli, che sta nell’acqua meno le barche o che vola meno gli aquiloni. Nei paesi asiatici le carenze nutrizionali sono compensate dalla contemporanea assunzione di pesce o altri alimenti d’origine animale, che non sono presenti in un’alimentazione soprattutto vegana.

Tofu e gli altri sostituti vegetali in oriente hanno prezzi popolari e non quelli di più alti dei paesi occidentali. Questi alti prezzi si ritiene siano dovuti a un mercato ristretto che non è in grado di assorbire quantità tali da compensare i costi di produzione, ma sono anche dovuti a una precisa strategia di vendita diretta a valorizzare prodotti destinati a una fascia di compratori che sono terrorizzati da presunti danni del latte e latticini o sensibilizzati da campagne mediatiche che tendono a criminalizzare gli allevamenti, con motivazioni che vanno dal mancato rispetto del benessere animale all’impatto che gli allevamenti hanno sugli equilibri ambientali.

Se per gli alimenti vegetali si mettono in forte evidenza alcuni aspetti come l’assenza di colesterolo, di lattosio ecc., non si menzionano i difetti quali le carenze di aminoacidi o le criticità dovute ai fitosteroli della soia o di principi antinutrizionali. In modo analogo sono sottaciuti gli additivi (emulsionanti, aromatizzanti, coloranti ecc.), ben poco naturali e usati per trasformare i legumi e i cereali in surrogati di formaggi.

I prodotti vegetali che simulano i formaggi hanno composizioni molto diverse dai veri formaggi e se questo non ha importanti effetti per chi mangia questi alimenti occasionalmente o per brevi periodi, diverse sono le conseguenze per diete prolungate soprattutto nei bambini, giovani, anziani e donne gravide, a meno di non attuare opportune integrazioni in diete appositamente studiate. Anche per questo le legislazioni mondiali stanno vietando l’uso del termine latte e formaggi per alimenti che non derivano dal latte per evitare che, in analogia alle azioni di contrasto all’italian sounding, si operino gli imbrogli dei falsi formaggi nel cosiddetto cheese sounding.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.