Cammelli nel mondo
Il genere Camelus, tipico dei climi aridi e semi-aridi e di vaste aree pastorali, comprende tre specie: due domestiche (cammello dromedario e cammello battriano addomesticato) e una selvatica (cammello battriano selvaggio). Le specie selvatiche sono sull’orlo dell’estinzione, mentre il Camelus dromedarius, il cammello a una gobba, vive principalmente nelle aree desertiche dell’Africa e del Medio Oriente, e il Camelus bactrianus, il cammello a due gobbe, vive soprattutto nelle zone più fresche e asciutte dell’Asia. Più della metà della popolazione mondiale di ventotto milioni di cammelli si trova nei paesi dell’Africa orientale, e in particolare in Somalia, Sudan, Etiopia e Kenya. Il cammello si trova anche in Australia da quando fu introdotto nel milleottocento e dove, sfuggito al controllo dell’uomo, è rinselvatichito.
Nel Sahara esistono tre razze di dromedario, distinte per dimensioni, caratteristiche e luogo d’origine. La razza maroki, proveniente dall’Africa mediterranea, è forte, robusta, ha bisogno di un’abbondante nutrizione e pertanto è poco economica e poco allevata. La razza hoggar, originaria dell’omonima catena montuosa dell’Algeria meridionale, è una razza di montagna, leggera, resistente e adattata a terreni sassosi e accidentati, ma è molto lenta. La terza razza, la sudanese, è la più grande e forte, ma ha scarsa resistenza alla siccità e alla fame. La maggioranza dei dromedari allevati in Africa deriva da incroci tra le razze Hoggar e Sudanese.
In molti paesi, e in particolare nelle zone aride dell’Africa sub-sahariana, i dromedari hanno un ruolo importante nella vita di molte comunità umane fornendo latte, carne e trasporti in ambienti con condizioni climatiche sfavorevoli dal momento che hanno caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali adatte all’ambiente desertico. Lo studio del genoma dei camelidi ha rivelato che questi animali hanno geni che si sono evoluti per un adattamento ai deserti e che riguardano il metabolismo dei grassi e dell’acqua, e la risposta allo stress da calore, alla radiazione ultravioletta e alla polvere soffocante.
Cammella da latte nel cambiamento climatico
Oggi il cammello è oggetto di crescente interesse per i cambiamenti climatici che stanno influenzando la produttività del bestiame tradizionale a causa della sua capacità di sopravvivere in condizioni climatiche ostili e di produrre latte anche dove altri animali come capre, pecore e soprattutto bovini non trovano un ambiente appropriato.
Il latte di cammella, come i latti di altri mammiferi, è composto da lattosio, grassi e proteine all’incirca nella stessa proporzione del latte bovino. Tuttavia, la composizione del grasso e delle proteine, e la distribuzione e le strutture molecolari relative dei componenti di questo latte sono particolari. L’analisi delle proteine del siero di latte di cammello, mucca, bufalo, capra e yak rivela che le proteine del siero di latte di cammello hanno differenze rispetto alle altre specie.
È opinione comune che il latte di cammella sia adatto solo da bere come latte fresco o acido e difficile da trasformare in prodotti caseari, ma recentemente è stata segnalata la possibilità di utilizzarlo per produrre vari prodotti tra cui formaggi a pasta molle, yogurt e burro. Inoltre, al latte di cammella sono tradizionalmente riconosciute qualità nutraceutiche e risultati sperimentali indicano che possiede anche proprietà antiallergiche, antimicrobiche e antidiabetiche. Solo leggendaria, se non fantastica, è l’attività afrodisiaca del latte di cammella vantata nel vecchio detto arabo che dice “un litro di giorno, cinque volte la notte”.
Secondo la FAO vi sono grandi prospettive per il latte di cammella e i prodotti caseari che ne derivano, che potrebbero fornire un’efficace risorsa alimentare per le popolazioni che vivono in zone aride e semi-aride e rappresentare per i pastori nomadi una buona fonte di reddito. Per questo la FAO ritiene necessario sviluppare l’allevamento del cammello a livello locale e far sì che possa espandersi e raggiungere i più lucrativi mercati dell’Occidente e del Medioriente. Il potenziale di sviluppo di questo allevamento è infatti enorme.
L’allevamento dei cammelli e il loro latte e suoi derivati sono oggi un’importante prospettiva di fronte ad un cambiamento climatico che vede un aumento delle temperature ambientali e, soprattutto, un’estensione delle desertificazioni, condizioni queste ai quali i cammelli sono adatti potendo anche in parte sostituire pecore e capre, ma soprattutto i bovini.
Mungitura della cammella
Come la mucca, anche la cammella è munta due volte il giorno. Tradizionalmente, il latte è spremuto solo da due delle quattro mammelle, mentre le altre due sono lasciate per nutrire il piccolo, in quanto la sua presenza è necessaria perché l’animale dia il latte. Questo comportamento era presente anche nelle capre, pecore e bovini e solo con la selezione è stato eliminato, come sarebbe necessario fare per la cammella per avere una produzione di latte più elevata e poter utilizzare una mungitrice meccanica.
Odiernamente, la produzione di latte di cammello con la mungitura manuale non comporta una grande tecnologia e cinque litri al giorno sono considerati una quantità discreta. Siamo tuttavia molto lontani da una produzione intensiva di prodotti caseari a base di latte di cammello, anche se si pensa che con una migliore alimentazione ed assistenza veterinaria la produzione potrebbe aumentare sino a raggiungere i 20 litri giornalieri.
Adesso sui mercati africani il latte fresco di cammello è venduto ad un dollaro al litro ma si stima che un mercato mondiale del valore di dieci miliardi di dollari potrebbe essere una possibilità concreta.
Attività nutraceutiche del latte di cammella
Il latte di cammella ha un’alta concentrazione di vitamina C e di minerali (sodio, potassio, ferro, rame, zinco e magnesio) e può essere una buona fonte nutrizionale per le popolazioni che vivono nelle zone aride. Le caratteristiche di questo latte, come il suo potenziale nutraceutico e l’assenza di beta-lattoglobulina, lo rendono un’interessante area di ricerca per la salute e la nutrizione umana come integratore antimicrobico, antidiabetico e antiipertensivo, come stanno dimostrando risultati incoraggianti nel trattamento di diverse malattie quali diabete ed epatite, e per l’alimentazione di bambini con allergia al latte bovino. Il latte di cammella è stato indicato nel controllo glicemico per una significativa riduzione delle dosi di insulina nei pazienti con diabete di tipo 1 perchè contiene proteine simili all’insulina resistenti alla proteolisi gastrointestinale. Ha inoltre un effetto inibitorio su batteri Gram-positivi e Gram-negativi, tra cui Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Staphylococcus aureus e Salmonella typhimurium, dovuto alla presenza di proteine protettive tra le quali lisozima, lattoferrina, lattoperossidasi e immunoglobuline. Il latte di cammella ha proprietà che potrebbero inibire il virus dell’epatite C e le cellule neoplastiche, e potrebbe svolgere un ruolo importante nel ridurre lo stress ossidativo attraverso l’alterazione delle molecole antiossidanti enzimatiche e non enzimatiche.
Latti fermentati e formaggi di cammella
Dario Cianci (Cianci D. – Il latte di dromedario – Georgofili INFO, 2 novembre 2016) riferisce che per conservare il latte di cammella molti popoli preparano prodotti fermentati secondo tecniche e con risultati diversi. In Somalia è molto diffusa una panna acidificata (sehen) preparata secondo tecniche che variano notevolmente nelle diverse aree del Paese. In Arabia Saudita molte famiglie beduine lo mescolano con latte di capra e lo trasformano in un prodotto secco fermentato chiamato uqt. In alcune aree dell’Unione Sovietica il latte di battriano è utilizzato per preparare una bevanda acidula (chal o huba). Normale è in Unione Sovietica anche la preparazione del kefir che ha una fine consistenza cremosa, un lieve tasso alcolico ed un gradevole gusto rinfrescante. Il tarag della Mongolia è molto simile allo yogurt, mentre l’unda con la sua fermentazione alcolica può essere paragonata al kefir. Nei Paesi africani è molto diffuso un latte fermentato ottenuto lasciando acidificare in contenitori di pelle il latte non consumato ed aggiungendovi, di volta in volta, i nuovi residui. Nel mondo, il latte di cammella è conosciuto per i suoi prodotti fermentati: shubat in Kazakistan, chal in Turkmenistan, khoormog in Mongolia, gariss in Sudan, suusac in Kenya e zrig in Mauritania.
Burro e formaggi non sono prodotti diffusi negli allevamenti tradizionali perché il latte di cammello non sembra molto adatto allo scopo. Tentativi in tal senso sono stati compiuti recentemente soprattutto con latti misti, mentre l’uso del solo latte di cammello ha dato finora risultati non soddisfacenti in relazione alla sua particolare composizione chimica e fisica o, forse, per le non idonee tecniche utilizzate. Tuttavia i Beduini del Sinai usano un formaggio secco, l’afig, preparato con latte scremato secondo la tradizione così il profeta Maometto ha prescritto. Tra i formaggi freschi nel Niger vi è il chuku e in Mauritania nel 1998 è stato creato il primo caseificio dell’Africa dell’ovest che con il marchio Tiviski (primavera, in mauritano) produce yogurt e formaggi freschi chiamati Caravane, prodotti con l’uso del caglio bovino o agenti coagulanti vegetali, mentre latte di cammella a lunga conservazione è venduto nei supermercati di Nouakchott. Negli Emirati Arabi la Cameliciuos, azienda con sede a Dubai, propone tre tipi di formaggio di cammella, per il momento destinati al mercato interno. Ad Almaty, in Kazakistan, vi è il Kourt, un formaggio durissimo da grattugiare. Di recente è stato prearato un nuovo agente coagulante chiamato Chy-Max M contenente chimosina di cammello.
La produzione di prodotti lattiero-caseari di cammello, come formaggio, yogurt o burro, utilizzando la stessa tecnologia dei prodotti lattiero-caseari del latte bovino può comportare difficoltà di lavorazione e prodotti di qualità inferiore. Tuttavia, prove scientifiche indicano la possibilità di trasformare il latte di cammello in prodotti ottimizzando i parametri di lavorazione. Tra le recenti ricerche sull’argomento sono da segnalare quelle di Berhe T., Seifu E., Ipsen R., Kurtu M. Y., Bech Hansen E. (Processing Challenges and Opportunities of Camel Dairy Products – Int J Food Sci. 3 Oct, 2017) e di Konuspayeva G., Camier B., Gaucheron F., Faye B. (Some parameters to process camel milk into cheese – Emir. J. Food Agric. ,. 26 (4), 354 – 358, 2014) che hanno studiato gli effetti del calcio e del periodo di lattazione sulla coagulazione del latte per produrre formaggio e l’acidificazione della cagliata del latte di cammello coagulato.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.