Capra, il primo animale da latte
La capra è tra gli animali di più antica domesticazione; la sua origine risale infatti al 9.000-10.000 a.C. nel medio oriente, a partire dalla Capra egagra o Bezoar, l’unica vivente all’epoca in quest’area. Si ritiene che i primi ad addomesticare le capre siano i popoli dei Monti Zagros, in Iran, allo scopo di avere una fonte sicura e sempre accessibile di latte, carne, corna e pelli. Le prime capre domestiche sono tenute in piccoli greggi seminomadi che si spostano nelle zone collinari alla ricerca di cibo, sempre sorvegliati da pastori, generalmente giovani o adolescenti, sfruttando il comportamento individualistico dell’animale, solitamente allevato in economie di sussistenza, che si mantiene bene in ambienti boschivi marginali e che utilizza terreni scoscesi e rocciosi.
La capra è tra i primi animali addomesticati oggetto di storie e miti antichi. Amaltea è la capra che secondo un mito allatta Zeus sul monte Ida a Creta, ma secondo altri miti è identificata con la ninfa che custodisce la capra il cui latte alimenta Zeus bambino. Diventato il re degli dei, Zeus, per ringraziarla, dà un potere alle sue corna in modo che il suo possessore possa ottenere tutto ciò che desidera; e da qui la leggenda del corno dell’abbondanza, o cornu copiae (cornucopia), detto anche Corno di Amaltea. Alla sua morte, Zeus pone la capra Amaltea insieme ai suoi due capretti tra gli astri del cielo e, consigliato da Temi, prende la sua pelle e se ne veste come di una corazza durante la lotta contro il padre (questo rivestimento è conosciuto come egida). Con il cristianesimo il teologo cristiano Origene (III sec.) attribuisce alla capra non solo una vista straordinaria ma anche la capacità del suo latte di dotare chi se ne alimenta di una vista più acuta. Questa proprietà del latte di capra è paragonata al sangue Cristo, che può aprire gli occhi delle anime e dotare di acuta vista spirituale. In tempi successivi la capra e il caprone sono invece assimilati alla strega e al demonio. Si può quindi dire che nel corso dei secoli la capra è amata e demonizzata secondo le culture, gli ambienti, le ideologie e le credenze, il tipo di economia, le strutture sociali e gli utilizzi delle sue produzioni; e anche nelle nostre società europee per alcuni secoli la capra è stata avversata.
Nella preistoria il primo latte munto è quello di capra, prima ancora di quello di pecora, e probabilmente l’arte casearia è stata inizialmente applicata a questa meteria prima. Il latte di capra è l’alimento dell’infanzia in tutte le civiltà mediterranee e del vicino Oriente, ed è citato dai massimi poeti dell’antica Roma, come Catullo e Virgilio. Anche Papa Leone XIII ne consuma quotidianamente, così come Gandhi. Odiernamente, nei paesi del Terzo Mondo l’allevamento della capra ed il suo latte costituiscono un fondamento alimentare dal quale non si può prescindere e nei paesi industrializzati, con un ritorno alle origini, la capra è guardata con sempre maggiore interesse come produttrice di latte, in quanto è stata quasi certamente addomesticata proprio per produrre prevalentemente questo alimento. Il latte di capra, dopo aver registrato una netta contrazione dei consumi all’inizio del XX secolo, oggi sta riguadagnando il prestigio perduto per le sue proprietà dietetiche e nutrizionali degne di nota, tanto da renderlo un valido sostituto al tradizionale latte vaccino.
Latte di capra
Il latte prodotto dalla ghiandola mammaria della capra ha una composizione che, specialmente per quanto riguarda i grassi, può variare a seconda della razza, dell’ambiente e del tipo di alimentazione. Rispetto al latte vaccino, il latte di capra ha un colore più bianco dovuto all’assenza di β-carotene, un gusto più forte ed un maggiore contenuto calorico.
La composizione media per cento grammi del latte di capra è di 76 Calorie ripartite come segue: 57% lipidi, 23% carboidrati e 20% proteine. Sempre in 100 grammi di latte di capra si trovano: 86,3 g di acqua, 3,9 g di proteine, 4,8 g di lipidi, fra cui 3,32 g di grassi saturi, 1,36 g di grassi monoinsaturi e 0,16 g di grassi polinsaturi, 10 mg di colesterolo, 4,7 g di carboidrati disponibili e 4,7 g di zuccheri solubili. Il contenuto medio in vitamine e minerali di 100 grammi di latte di capra è il seguente: 86 µg di vitamina A (retinolo equivalenti), 0,11 mg di riboflavina, 0,3 mg di niacina, 0,05 mg di tiamina, 1 mg di vitamina C, 16 µg di selenio, 40 mg di sodio, 106 mg di fosforo, 180 mg di potassio, 141 mg di calcio, 13 mg di magnesio, 0,31 mg di zinco e 0,1 mg di ferro.
Le proteine del latte di capra sono simili a quelle del latte bovino. Tra gli amminoacidi è rilevante una maggiore presenza di taurina, presente in molte bevande energetiche ed il cui ruolo e fabbisogno non è ancora stato completamente chiarito. Particolarmente importanti sono i grassi del latte di capra. Rispetto al latte vaccino, la frazione lipidica del latte di capra si distingue per il più elevato contenuto in acidi grassi a corta e media catena, per la minor dimensione dei globuli di grasso e per una maggior superficie delle micelle disponibile all’attacco degli enzimi lipasi, che rende il latte più digeribile.
Il latte di capra ha un sapore più intenso rispetto a quello bovino, e questo dipende dagli acidi grassi a corta catena che sono inoltre assorbiti direttamente dalla mucosa intestinale. Un altro aspetto nutrizionale interessante riguarda il fatto gli acidi grassi del latte di capra (butirrico, caprico, caprilico, caproico e laurico) sono privi del potere aterogeno degli acidi grassi a lunga catena, ed in particolare dell’acido palmitico. Per questo, pur appartenendo alla categoria dei saturi, non hanno alcun effetto negativo sul tasso di colesterolo del consumatore.
Il caratteristico odore del latte di capra è meno marcato di quello dei suoi prodotti di trasformazione: su circa trenta componenti rilevate nel formaggio, solo diciotto sono state trovate nel latte di origine. L’intensità di questo profumo è influenzata dallo stadio di lattazione, dal contenuto in cellule somatiche, dal contenuto in acidi grassi liberi e dal tipo di alimentazione dell’animale.
Latte di capra nella nutrizione umana
Il latte di capra e i suoi prodotti (yogurt, formaggio e polvere di latte), hanno un triplice significato nell’alimentazione umana: nutrire un maggior numero di persone affamate e malnutrite nei paesi in via di sviluppo dove non è disponibile latte vaccino; alimentare persone con allergie al latte vaccino e con disturbi gastrointestinali presenti in popolazioni dei paesi sviluppati; soddisfare le esigenze gastronomiche dei consumatori in una quota di mercato in crescita in molti paesi sviluppati.
Per quanto riguarda il primo significato, un notevole miglioramento nella quantità di latte prodotto dalle capre e un allungamento della durata della loro lattazione, specialmente nei paesi in via di sviluppo, può essere ottenuto con una migliore istruzione di chi le alleva e con un miglioramento della genetica e dell’alimentazione degli animali. Per quanto riguarda i consumi di latte di capra nei paesi economicamente sviluppati, bisogna riconoscere che non vi è una sufficiente ricerca medica imparziale per fornire prove e fatti promozionali, e che è assolutamente necessario ridurre la discriminazione nei confronti delle capre e confermare le molte esperienze aneddotiche sui benefici medici del consumo del latte di questi animali, che abbondano nelle pubblicazioni commerciali e nella stampa popolare.
Le capre hanno molte differenze nell’anatomia, fisiologia e biochimica in confronto agli ovini e ai bovini, il che supporta la tesi di molte qualità uniche del latte di capra e dei suoi prodotti per l’alimentazione umana. Per quanto riguarda l’interesse gastronomico per il latte, i formaggi e gli yogurt di capra, alcuni paesi come la Francia hanno aperto la strada ad un’industria molto ben organizzata nella sua produzione, lavorazione, commercializzazione, promozione e ricerca, creando una numerosa clientela di consumatori come in nessun altro paese, una condizione che merita di essere copiata per il beneficio generale della nutrizione umana e dei produttori di latte di capra.
A quest’ultimo riguardo, bisogna costatare che le realtà fisiologiche e biochimiche delle qualità uniche del latte di capra sono poco conosciute e poco sfruttate, considerando soprattutto i suoi alti livelli di acidi grassi a catena corta e media ai quali sono riconosciuti favorevoli azioni contro molti disturbi e malattie. Al latte di capra e ai suoi prodotti non è stato finora applicato il concetto di tailor making per un loro migliore adattamento alle esigenze umane. Inoltre, l’alto contenuto in acidi grassi a catena corta e media nel burro di capra, e la loro maggiore concentrazione rispetto al burro di vacca, potrebbe diventare un prezioso mezzo per aumentarne i consumi. Anche una revisione delle raccomandazioni dietetiche umane volte a comunicare i benefici per la salute di alcuni grassi essenziali è importante per promuovere il burro di capra, dal momento che nonostante lo yogurt di capra, i formaggi di capra e il latte di capra siano ampiamente apprezzati in tutto il mondo, il burro non è prodotto in quantità significative come invece sarebbe fondamentale.
Il latte di capra presenta una composizione in proteine più simile a quello umano che a quello vaccino. La percentuale di caseina è inferiore rispetto a quella del latte bovino, mentre è superiore quella di sieroproteine, più facilmente digeribili rispetto alla caseina e di maggior valore biologico. Il lattosio, lo zucchero disaccaride del latte, ha una concentrazione direttamente correlata con la quantità di latte prodotto ed è la componente meno variabile, anche se presente in minor quantità nel latte a fine lattazione o in presenza di ghiandole mammarie affette da mastiti.
Per quanto riguarda i minerali, il latte caprino presenta concentrazioni di potassio (K) e ferro (Fe) nettamente superiori a quelle del latte umano e bovino, rispetto ai quali ha minori contenuti in sodio (Na) che lo rendono più adatto all’alimentazione di soggetti con problemi di ipertensione.
Rispetto al latte vaccino, quello di capra contiene quantità inferiori di vitamina B2 ma è ricco di calcio (che contribuisce a prevenire l’osteoporosi), fosforo, potassio e riboflavina. Il contenuto in vitamina A, acido ascorbico (vitamina C) e vitamina B12 del latte caprino è mediamente inferiore a quello del latte umano; esso è inoltre carente in acido folico rispetto alle altre specie zootecniche. La presenza di vitamina A come tale e non sotto forma di β-carotene, come nel latte vaccino, rende il latte di capra e i formaggi derivati particolarmente bianchi.
Per la sua ridotta quantità di lattosio e la maggiore assimilabilità, il latte di capra è impiegato anche per la produzione di formaggi, yogurt, ricotta e altri prodotti caseari con queste caratteristiche.
Attitudine casearia del latte di capra
Numerosi tipi di formaggi di latte di capra sono prodotti in tutto il mondo e i risultati delle informazioni scientifiche provenienti da un particolare formaggio e contesto di produzione lattiero-casearia potrebbero non essere sempre applicabili ad altri formaggi e contesti. È stato anche visto che esistono alcuni fattori principali con effetti generali sull’accettabilità sensoriale da parte dei consumatori dei prodotti lattiero-caseari di capra.
Oggi sappiamo che il latte di capra ha un totale di sostanza secca, grassi e proteine più elevato nelle fasi iniziali e finali della lattazione; è stato inoltre segnalato che il latte di lattazione tardiva produce un formaggio più colloso e fondente, meno sodo e meno granuloso rispetto ai formaggi prodotti durante la prima o metà lattazione.
I tipi di pascoli e di alimenti somministrati alle capre in lattazione non influenzano solo i sapori del formaggio ma anche il loro colore. Quelle alimentate con fieno di erba medica producono formaggi con un sapore molto più intenso rispetto a quello di formaggi prodotti con latte di capre alimentate con insilato di mais. A causa delle elevate quantità di carotene presente nel foraggio verde, e del suo ruolo nel dare un colore giallo ai formaggi, si è scoperto che i formaggi di capra prodotti con latte primaverile rischiano di avere un colore più giallastro rispetto a quelli prodotti con latte invernale.
Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare i fattori associati alla qualità sensoriale dei formaggi di latte di capra rispetto alla produzione di latte, alla lavorazione e alla maturazione dei prodotti lavorati, al fine di individuare le esatte relazioni causa-effetto nelle proprietà sensoriali e organolettiche di questi prodotti.
Il latte di capra ha una variabilità nella composizione e nell’attitudine alla trasformazione casearia legata a razza, ordine di parto, fattori ambientali, tecniche di allevamento e di alimentazione, e periodo di lattazione, che influiscono anche sulla caseificazione.
Come abbiamo visto, i globuli di grasso del latte di capra hanno dimensioni minori rispetto a quelli del latte vaccino, con una maggiore superficie che favorisce i processi di lipolisi. Questa peculiarità comporta problemi di caseificazione del latte di capra, perché i globuli di grasso sono più difficilmente inglobati nel reticolo caseinico, ottenendo minori rese e più facili irrancidimenti, con conseguente maturazione più veloce dei formaggi caprini. Il latte di capra contiene inoltre elevate percentuali di acidi grassi a corta e media catena (da C10 a C14, capronico, caprilico, caprinico) responsabili del caratteristico odore e sapore dei formaggi.
Nel latte di capra le sostanze azotate sono costituite in massima parte da proteine (95-96%) e in minima parte da sostanze non proteiche (4-5%). La frazione proteica comprende caseine (αs1, αs2, β e κ) e sieroproteine (α-lattoalbumina, β-lattoglobulina, sieroalbumina e immunoglobuline). Le caseine sono presenti sotto forma di micelle in sospensione e precipitano quando il latte è acidificato (coagulazione lattica), per trattamento enzimatico con caglio (coagulazione presamica) o per centrifugazione ad alta velocità. Questi trattamenti sono alla base della trasformazione casearia del latte. Il diametro medio delle micelle di caseina del latte di capra è inferiore a quello del latte vaccino e da qui la formazione di un coagulo più soffice e friabile che rende il latte di capra più digeribile, ma meno idoneo a subire il processo di caseificazione.
Futuro del latte di capra
“C’è una capra nel nostro futuro” afferma Enrico Villa (Agromagazine, 15 novembre 2020). Oggi l’allevamento delle capre, assieme a quello delle pecore, riguarda circa 2.200 milioni di capi, presenti soprattutto in Asia minore, Caucaso, Turkestan, Iran, Boulacistan, Pakistan e India. Nello studio “Capre da latte: andamento della produzione, struttura aziendale ed economia attuali“ (Ruminantia, 17 luglio 2918) si prevede una diffusione dell’allevamento di questi animali. Inoltre, anche per l’influenza delle mode alimentari del momento, il latte caprino nei prossimi anni potrebbe battere il latte bovino con un incremento del 50%. In questo aumento, potrebbero avere un ruolo particolare i paesi europei mediterranei nei quali l’allevamento della capra è attualmente più sviluppato: Francia, Grecia, Italia e Spagna, non solo nella produzione di latte, ma soprattutto dei suoi derivati, iniziando dai formaggi.
L’allevamento della capra dovrebbe usare e valorizzare terreni marginali e sottoutilizzati, contribuendo anche al mantenimento di una popolazione umana in ambiti come quelli della montagna e dell’alta colina, dei quali l’Italia è ricca.
La capra è un animale che ben si adatta a condizioni di allevamento difficili e a pascoli poveri; inoltre, il suo fabbisogno alimentare è pari a un decimo di quello di una bovina ma la sua produzione di latte è, in rapporto, superiore. La capra si alimenta con vegetali presenti in territori difficoltosi e non adatti all’agricoltura e compie lunghi o ripidi percorsi per procurarseli, cercando gli apici dei rami e degli arbusti e i germogli, tanto che un pascolo non controllato può causare dei danni alla vegetazione presente. Queste sue caratteristiche permettono un allevamento della capra in zone di montagna e collina, caratterizzate da pascoli di difficile accesso o con limitate risorse nutrizionali. Le grandi aziende caprine di pianura o fondovalle, caratterizzate da una gestione dell’allevamento di tipo intensivo e da grandi stalle e attrezzature, sono nate solo di recente.
Oggi, e ancor più nel futuro, senza abbandonare l’allevamento stallino, l’allevamento in terreni marginali della capra è da sviluppare, tenendo conto della tendenza generale di valorizzare le produzioni non standardizzate con la riscoperta delle tradizioni e con una grande attenzione agli aspetti ecologici e salutistici. Dal punto di vista ambientale, l’allevamento caprino è un valido sistema di difesa del territorio montano e collinare. La capra contribuisce infatti a tenere puliti i boschi, a liberare i pascoli dalla flora arbustiva (rododendri, rosa canina, ginestre, rovi, ontano verde), evitando la formazione di uno stato di erba secca sopra la quale può facilmente scorrere la neve, provocando slavine. In senso più esteso, l’allevamento caprino contribuisce a mantenere la presenza dell’uomo nelle aree più marginali e svantaggiate, aiutando a renderle una risorsa economica altrimenti non sfruttabile.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.