Il Boom Economico cambia l’alimentazione italiana
L’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso vive una straordinaria crescita economica. Il periodo, denominato Boom Economico, non solo influenza i consumi ma li cambia e stravolge le abitudini anche alimentari degli italiani, con profondi cambiamenti nella loro dieta nella quale entrano prodotti nuovi o si diffondono alimenti prima riservati ai ceti più ricchi e ignoti ai più. In questo periodo si superano i secolari vincoli che avevano impedito alle classi povere di migliorare il proprio tenore di vita e il pasto del ricco e quello del povero divengono sempre più simili. La popolazione italiana abbandona i ritmi alimentari agricoli e stagionali, e con la diffusione dei supermercati e della pubblicità, soprattutto televisiva, che fa conoscere nuovi alimenti, e l’ingresso del frigorifero nelle case, la spesa alimentare, e quindi la tipologia dei pasti, cambia e si assiste a una diversificazione delle pietanze inimmaginabile. Di particolare importanza è la netta e repentina rottura con un passato agricolo: solo alcune tradizioni a tavola sopravvivono nel cibo della festa, mentre il menu familiare di tutti i giorni cambia radicalmente con l’irruzione della carne e di molti cibi confezionati. È il periodo dello slogan “Con pasta Barilla è sempre domenica” e nel quale cambiano anche i consumi, tra cui quelli dei formaggi e delle loro tipologie, con la comparsa e diffusione dei formaggini che accanto a Carosello (1957 – 1977), alla Vespa e Lambretta, al frigorifero, alla Fiat Seicento diventano una delle icone del periodo. Solo pochi pionieri già negli anni del boom e per tutti gli anni Sessanta cercano di individuare e preservare i prodotti e le tradizioni gastronomiche italiane, contrapponendosi alla dominante voglia di novità e al modello di alimentazione proposto da Carosello, e tra questi i vari Vergani, Soldati, Buonassisi, Buzzati, Alberini e soprattutto Veronelli, il cui impegno sarà solo successivamente rivalutato.
Formaggi nel cambiamento antropologico
Un generale principio antropologico sostiene che quando una popolazione compie un salto di qualità di vita non solo abbandona ma disprezza i cibi del passato, mentre sono le generazioni successive che li riscoprono rivalutandoli.
Per quanto riguarda i formaggi, durante il Boom Economico si osservano grandi trasformazioni di valutazione e di uso. “Spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè” canta Fred Bongusto nel 1979 e nella cucina borghese si osserva una progressiva riduzione del dessert e quindi dei formaggi da pasto, mentre rimane il formaggio da condimento della pasta che è di tutti. I contadini e gli operai che confluiscono nella nuova classe media che si va formando abbandonano i formaggi che vedevano come sostituti poveri di una carne solamente sognata e disprezzano gran parte di quelli tradizionali, come fanno con l’abitazione e i mobili di cucina che hanno abbandonato, abbacinati dalle nuove case e dai mobili di cucina modulari di formica. In questo periodo in Italia hanno grande successo e si diffondono prodotti del tutto nuovi, o quasi, come la carne in scatola, i dadi per il brodo o la margarina, e anche tipi di prodotti estranei alla tradizione italiana, come le merendine dolci o i cracker, per non parlare dei formaggini, latte condensato, bibite gassate e olio di semi. Non solo la dieta degli italiani si modifica ma si rafforza la convinzione generale che ciò che è moderno e industriale è buono e sano, mentre ciò che è riconducibile al passato è meno nutriente, squilibrato, meno sicuro e quindi meno buono. Anche sotto la spinta di una martellante pubblicità, le madri sono affascinate soprattutto dai formaggini offerti da diverse ditte con nomi e immagini accattivanti, presentati in monodose e pronti per essere rapidamente usati nell’alimentazione dei bambini, nei quali determinano anche un imprinting alimentare che si protrarrà nel tempo.
Formaggini del Boom Economico
I formaggini che la maggior parte delle donne italiane scopre negli anni sessanta del secolo scorso fanno parte della grande famiglia dei formaggi a pasta fusa o formaggio fuso, prodotti alimentari inventati nel 1911 da Walter Gerber di Thun (Svizzera) a base di formaggio e altri ingredienti caseari non fermentati, mescolati con emulsionanti e anche altro, fra cui oli vegetali, sale, emulsionanti, coloranti alimentari o zucchero. Molte sono le varianti di formaggi a pasta fusa che differiscono per forma, sapore e colore e che sono presentate in fette monoporzione (sottilette), spicchi triangolari o cilindro schiacciato (formaggini), in vasetto di vetro sottovuoto (alimenti per l’infanzia) o altre confezioni (formaggio a pasta fusa per pizza, formaggio fuso spalmabile). In molti paesi, tra i quali l’Italia, alcune varietà più morbide di formaggio fuso non possono essere etichettate come veri e propri formaggi, e sono classificate come cibo o prodotto a base di formaggio, formaggio spalmabile o in altra maniera, a seconda della quantità di formaggio, umidità e materie grasse del latte presenti nel prodotto finale, e sono presentati in confezioni che riportano l’elenco degli ingredienti.
I formaggi fusi, tra cui i formaggini, hanno diversi vantaggi rispetto al formaggio tradizionale, come ad esempio una lunga durata di conservazione. La presenza di emulsionanti permette al formaggio fuso di sciogliersi senza separarsi quando è cotto o miscelato a caldo con altri cibi, come una pappa per bambini, e per questo è utilizzato in diverse ricette nelle quali, a differenza di alcuni formaggi non trasformati, il riscaldamento non altera il sapore o la consistenza. Inoltre, il costo, che rispetto al formaggio naturale è notevolmente inferiore per i consumatori, ma soprattutto per i produttori, consente maggiori volumi di produzione su scala industriale, costi di distribuzione più bassi, una fornitura più costante e tempi di produzione molto più rapidi rispetto ai formaggi tradizionali. Da non dimenticare anche che l’inserimento di elementi artificiali nei formaggi fusi comporta critiche da parte di alcuni dietologi per il loro elevato contenuto di sale, per le caratteristiche nutrizionali intrinseche di un prodotto industriale e per la presenza di polifosfati, che quando sono usati sono presenti nella lista degli ingredienti anche sotto forma di sigle (E450, E451, E452, E544 ecc.). I polifosfati sono accusati in particolare di interferire con la metabolizzazione del calcio, un problema importante per i bambini, sono vietati nei baby food, cioè negli alimenti destinati ai bambini fino ai tre anni, e per questo vi sono formaggini che vantano di essere senza polifosfati. Molte sono le marche di formaggini e quasi sempre ognuna di queste offre tipologie diverse per composizione, pezzatura o altre caratteristiche che sono cambiate secondo le richieste del mercato.
Formaggini e pubblicità
Con il Boom Economico vi è un’inversione di tendenza: non è più il consumatore a chiedere il cibo ma è il produttore di cibo che deve venderlo inducendo il consumatore ad acquistarlo, e questo lo fa con diversi mezzi ma soprattutto con la pubblicità, che può effettuare soprattutto per gli alimenti che hanno ampi margini economici come i formaggi fusi e, in particolare, i formaggini. Per questi ultimi bisogna coinvolgere non solo le mamme, ma soprattutto i bambini, considerando anche che la diffusione e il successo dei formaggini nell’alimentazione infantile è il risultato di diversi motivi.
Accanto alla comodità di uso delle confezioni pronte a essere mescolate alle pappe dei bambini, le diverse marche si distinguono per il nome e per la forma (triangolari in confezione rotonda, quadrata, rotonda ecc.) e per i messaggi pubblicitari: con aggiunta di … , senza di … , ricco di calcio ecc., e talvolta anche con richiami che sono stati poi vietati, come il caso di una marca che per i suoi formaggini, contenenti acido glutammico, peraltro presente nei formaggi e altri alimenti, vantava un particolar sviluppo dell’intelligenza nei bambini. Oltre al nome e alle immagini di presentazione del prodotto, principale fattore di differenziazione dei formaggini e motivo del loro grande successo generazionale, sono i regalini per i bambini presenti nelle diverse marche che danno origine a raccolte e veri e propri culti, come le figure adesive da incollare sul frigorifero, con un successo tale da dare origine anche al una storiella o favola per bambini, quella del Fantasma Formaggino. Importante, e in taluni casi determinante per il successo, è il mezzo televisivo entrato da poco nelle case degli italiani, dando a questi un senso di modernità che si riflette anche in campo alimentare, non dimenticando che la frase “L’ha detto la Televisione” è sinonimo di verità. Emblematico per i formaggini è il personaggio televisivo di Susanna, bimba protagonista di una serie di caroselli andati in onda sulla Rai tra il 1966 e il 1967 con grande successo, tanto che la società produttrice, la Invernizzi, nel 1968 decide di produrre un formaggino dalla forma circolare chiamandolo Susanna, producendo anche molti gadget e milioni di pupazzi gonfiabili che è possibile ottenere attraverso una raccolta punti.
Dagli anni del Boom Economico, ancora oggi i formaggini sono rimasti nel subconscio di lontani ricordi d’infanzia, quando le mamme li scioglievano nella minestrina per renderla più nutriente e gustosa o li spalmavano sul pane a merenda o alla sera per completare la cena, determinando un persistente impringting alimentare che in parte può ancora giustificare il successo di questi prodotti, comune ad altri formaggi fusi ad esempio associati agli hamburger dei fast food.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.