Formaggi a latte crudo
In Italia la produzione di formaggi a latte crudo è consentita per formaggi freschi e stagionati ottenuti da latte proveniente da allevamenti indenni ufficialmente da tubercolosi e brucellosi e da qualsiasi altra malattia indicata nella lista OIE. Per il latte vaccino la carica batterica consentita è di 100.000 germi per millilitro e le cellule somatiche consentite sono 400.000 per millilitro. Per il latte di altri animali la carica batterica consentita è di 1.500.000 germi per millilitro. Se la carica batterica è superiore ai valori consentiti, i formaggi a latte crudo ottenuti con quel latte devono essere obbligatoriamente stagionati per almeno sessanta giorni. Questi formaggi devono avere un’etichettatura obbligatoria con la dicitura “prodotto con latte crudo”. La produzione e vendita di formaggi a latte crudo avviene solo in Azienda Registrata o in Azienda Riconosciuta. La registrazione consente la vendita diretta e ai commercializzatori, ma solo in loco e in un ambito definito dalle Regioni (normalmente si intende la provincia e le province confinanti). Il riconoscimento consente invece la vendita diretta e ai commercializzatori senza limiti di territorialità.
Formaggi a latte crudo pro e contro
Il dibattito sui pro e i contro dei formaggi prodotti con latte crudo è antico e molto variegato, dipendendo dalle culture dei paesi dei diversi continenti e dei differenti Stati, senza contare le diversità culturali in continua evoluzione. Se in Europa, dove si è attenti ai caratteri sensoriali e culturali dei cibi, vi era e rimane una sostanziale accettazione dei formaggi a latte crudo nel rispetto di precise norme, negli Stati Uniti, dove prevale il criterio di una sicurezza assoluta, domina un diffuso rifiuto, anche se di recente si vede la comparsa di gruppi di consumatori favorevoli a questi prodotti. Da qui le diverse normative e, di conseguenza, anche gli intralci nel commercio internazionale dei formaggi prodotti con latte crudo.
I formaggi a latte crudo sono alimenti tradizionali. Osservando le percezioni dei consumatori europei è possibile costatare il prevalere di questi alimenti come prodotti frequentemente consumati o associati a celebrazioni e/o stagioni specifiche, normalmente trasmessi da una generazione all’altra, fatti in modo accurato con regole particolari secondo il patrimonio gastronomico, con poca o nessuna elaborazione o manipolazione, distinti e conosciuti per le loro proprietà sensoriali e associati ad una certa area, regione o paese. Per quanto riguarda l’Europa e l’Italia, i formaggi a latte crudo DOP si adattano perfettamente a questa definizione poiché ciascuno è prodotto in un’area geografica specificatamente definita, utilizzando conoscenze e competenze specifiche e con una minima o nessuna precedente lavorazione del latte, aspetti che mettono in risalto le loro diverse e peculiari proprietà sensoriali. Pochi dei rischi e dei benefici rivendicati per i formaggi tradizionali sono stati oggettivamente e chiaramente definiti, a causa dei dati sparsi e di un gran numero di varietà di formaggi, mentre l’attenzione si è concentrata sul dibattito ricorrente sui pro e i contro dei formaggi a latte crudo. In questa discussione, specialmente negli Stati Uniti, sono intervenuti antropologi e sociologi che hanno esaminato la questione anche sotto l’aspetto di una politica microbiologica e dei timori dei consumatori. I microbiologi discutono sul modo migliore di gestire i microrganismi e i difensori della pastorizzazione vogliono governare il rischio patogeno applicando calore per ridurre il carico microbico sulle attrezzature e sul latte e standardizzando la produzione del formaggio mediante l’inoculazione nel latte di alcuni ceppi microbiologici selezionati. In Europa invece prevalgono i programmi di certificazione di tutta la catena di produzione del formaggio dalla terra alla tavola, anche con sistemi di HACCP (Hazard Analyss Critical Control Point) e un controllo sistematico di qualità microbiologica lungo tutta la catena di approvvigionamento (EFSA, 2010; regolamento europeo EC853 / 2004) sviluppati per garantire la sicurezza di formaggi non pastorizzati, compresi i formaggi a latte crudo. I difensori dei formaggi tradizionali e della loro produzione con latte crudo sostengono la necessità di mantenere l’elevata diversità delle associazioni microbiologiche (microbiota) dei latti e dei formaggi tradizionali e delle diverse pratiche di produzione. Le loro argomentazioni si basano sul fatto che un’elevata diversità delle attività del microbiota dei latti e dei formaggi, combinata con i particolari metodi di produzione del formaggio, consente ai formaggi tradizionali di sviluppare le loro particolari caratteristiche, contenere il basso rischio patogeno e mantenere la diversificazione delle loro caratteristiche gustative perché il microbiota del latte crudo è una parte importante se non determinate le qualità di molti formaggi tradizionali.
Microbiota dei formaggi a latte crudo
Oltre quattrocento specie di batteri lattici, batteri Gram-positivi e catalasi-positivi, batteri Gram-negativi, lieviti e muffe sono stati rilevati nel latte crudo, con una diversità, e soprattutto una quantità, di specie ben diversa da quella degli starter o innesti industriali usati nella produzione dei formaggi con latte pastorizzato o sterilizzato, nei quali vi è un piccolo numero di specie di batteri lattici numericamente dominanti.
La diversità tra i formaggi a latte crudo è dovuta alle ampie variazioni della flora (microbiota) che conferisce loro anche un sapore più intenso e ricco rispetto ai formaggi ottenuti con latte sterilizzato. Questo è dovuto principalmente al fatto che un abbondante microbiota nativo può esprimersi nei formaggi a latte crudo, il che non si riscontra nei formaggi preparati con latte pastorizzato o microfiltrato. Rispetto ai ceppi commerciali, i batteri di acido lattico indigeno, isolati da latte o formaggio, e i batteri superficiali e i lieviti, isolati da salamoie tradizionali, sono la causa di profili di aromi volatili più complessi e di punteggi di valutazione sensoriale più alti nelle caratteristiche sensoriali dei formaggi a latte crudo.
Particolarmente importante è la capacità dei formaggi tradizionali a latte crudo di combattere i microrganismi patogeni, una caratteristica dovuta ai ceppi microbici dotati di potere antimicrobico, alle associazioni microbiologiche costituenti il microbiota e ad inibitori naturali non microbici presenti nel latte. Il microbiota naturale dei latti crudi può proteggere anche dalla Listeria monocytogenes nella pasta del formaggio, nella sua crosta e sulle superfici in legno dove avviene la stagionatura tradizionale, con un’inibizione che sembra essere associata alla composizione qualitativa e quantitativa del microbiota stesso.
Diversi studi mostrano che esiste un’evidente associazione tra consumo di latte crudo e protezione contro le malattie allergiche o atopiche e questo effetto si ritiene sia anche collegato al suo microbioma, mentre sono necessari ulteriori studi per determinare se tale associazione si estende anche al consumo di formaggi a latte crudo.
Microrganismi antagonisti ai patogeni nei formaggi a latte crudo
I formaggi a latte crudo contengono preziosi microrganismi bioprotettivi a partire dai lattobacilli che producono una vasta gamma di molecole antimicrobiche (tra le quali troviamo le batteriocine), l’esaurimento di zuccheri fermentabili e l’abbassamento del pH, inibendo in questo modo in vitro i più importanti microrganismi patogeni che possono essere presenti nel formaggio: Listeria monocytogenes, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Salmonella typhimurium, Bacillus subtilis e Pseudomonas aeruginosa. Microbiota con azioni inibenti la Listeria monocytogenes sono stati individuati sulla crosta di diversi formaggi, ma non è facile identificare quale combinazione microbica sia necessaria per avere l’inibizione e a tutt’oggi i meccanismi coinvolti nell’inibizione della Listeria non sono ancora ben chiari. Anche il microbiota dei biofilm presenti sulle superfici in legno nei locali di lavorazione dei formaggi a latte crudo può proteggere dallo sviluppo di microrganismi patogeni, ma le interazioni microbiche che governano l’inibizione su queste superfici sono ancora sconosciute, anche se si ritiene importante l’acidificazione della superficie del legno, il valore di acqua libera e che una densa colonizzazione delle attrezzature in legno da parte di lieviti e batteri possa inibire i patogeni limitando loro la disponibilità di sostanze nutritive.
Recenti ricerche italiane confermano che l’aggiunta di batteri lattici naturali durante la lavorazione del latte crudo per la produzione del formaggio contribuisce al controllo della proliferazione di eventuali microrganismi patogeni presenti, in particolare gli stafilococchi enterotossigeni, e riduce la presenza di Escherichia coli in formaggi stagionati due mesi senza intaccare in modo significativo la microflora tipica del formaggio di malga, come emerge dalle indagini dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con l’Università di Padova e i servizi veterinari dell’ASL di Trento (Lucchini, R., Cardazzo, B., Carraro, L., Negrinotti, M., Balzan, S., Novelli, E., Fasolato, L., Fasoli, F., & Farina, G. – Contribution of natural milk culture to microbiota, safety and hygiene of raw milk cheese produced in alpine malga – Italian Journal of Food Safety, 7 (1), 2018).
Conclusioni
Gli aspetti positivi delle pratiche tradizionali di produzione dei formaggi con latte crudo sono di tipo sensoriale e gastronomico, ma non possono essere dissociati dalle odierne, sia pure ancora parziali conoscenze, sulle loro attività microbiologiche attribuibili ai microbiomi naturali. La diversità delle pratiche tradizionali di produzione dei formaggi, dal latte alla lavorazione e stagionatura, molte delle quali specifiche per un tipo di formaggio, si traduce in un’ampia varietà di microbiota. Dall’inizio del XX secolo la produzione industriale di formaggi con latti pastorizzati, termizzati microfiltrati ha fatto uso solo di una minima parte dell’enorme ricchezza del microbiota dei formaggi tradizionali a latte crudo. Auspicabile è che nel futuro, con l’applicazione di nuovi metodi molecolari, si possano avere migliori conoscenze sulla natura e sulle attività metaboliche del microbiota dei formaggi a latte crudo, con nuove possibili modalità di gestione dei rischi e dei benefici di questi formaggi tradizionali e ricavando conoscenze per migliorare la produzione dei formaggi a latte debatterizzato (pastorizzato, termizzato, microfiltrato). Al momento non si possono trarre sicure conclusioni sui benefici per la salute del consumo di formaggi tradizionali, oltre a quelle di tipo sensoriale e gastronomico, mentre sarà necessario approfondire quanto riguarda i benefici per la salute, verificando se il consumo di formaggi tradizionali a latte crudo si associa alla protezione di allergie o atopie e ad un’azione contro le malattie di origine alimentare, e per questo è importante conoscere meglio le relazioni tra il consumo di formaggi tradizionali a latte crudo e il microbiota intestinale del consumatore.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.