E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GU L 111 del 25.4.2019, pagg. 59–72) la DIRETTIVA (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, che ha lo scopo di contrastare le pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali, sono contrarie ai principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte. A tal fine, la direttiva definisce un elenco minimo di pratiche sleali vietate nei rapporti acquirenti-fornitori, con acquirente o fornitore, oppure entrambi, stabiliti nell’Unione Europea, lungo la filiera agricola e alimentare e stabilisce norme minime sull’applicazione di tali divieti, nonché disposizioni per il coordinamento tra le autorità di contrasto, designate dagli Stati membri stessi e i poteri delle quali sono definiti all’art. 6 della direttiva.
L’art. 1.2 definisce quelle che sono le pratiche sleali nella vendita di prodotti agricoli e alimentari alle quali si applica, in particolare quelle attuate:
“a) da parte di fornitori con un fatturato annuale pari o inferiore a 2 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 2 000 000 EUR;
b) da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 2 000 000 EUR e 10 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 10 000 000 EUR;
c) da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 10 000 000 EUR e 50 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 50 000 000 EUR;
d) da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 50 000 000 EUR e 150 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 150 000 000 EUR;
e) da parte di fornitori con un fatturato annuale compreso tra 150 000 000 EUR e 350 000 000 EUR ad acquirenti con un fatturato annuale superiore a 350 000 000 EUR.”
In deroga al primo comma, la direttiva si applica in relazione alle vendite di prodotti agricoli e alimentari da parte di fornitori con un fatturato annuale pari o inferiore a 350 000 000 EUR ad acquirenti che siano autorità pubbliche. La norma non si applica invece agli accordi tra fornitori e consumatori. Quando è fatto esplicito riferimento all’art. 3, la direttiva si applica anche ai servizi forniti dall’acquirente al fornitore.
I prodotti agricoli ed alimentari oggetto della direttiva sono quelli definiti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in particolare elencati all’allegato I (tra cui anche: animali vivi; budella, vesciche e stomachi di animali, interi o in pezzi, esclusi quelli di pesci; prodotti di origine animale, non nominati né compresi altrove; latte e derivati), ma anche quelli non elencati in tale allegato e che vengono trasformati a partire da tali prodotti per uso alimentare. Per quanto riguarda le specifiche definizioni, per acquirente si intende “qualsiasi persona fisica o giuridica, indipendentemente dal luogo di stabilimento di tale persona, o qualsiasi autorità pubblica nell’Unione che acquista prodotti agricoli e alimentari”; tale termine può includere un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche. Il fornitore, invece, è “qualsiasi produttore agricolo o persona fisica o giuridica, indipendentemente dal suo luogo di stabilimento, che vende prodotti agricoli e alimentari. Il termine «fornitore» può includere un gruppo di tali produttori agricoli o un gruppo di tali persone fisiche e giuridiche, come le organizzazioni di produttori, le organizzazioni di fornitori e le associazioni di tali organizzazioni“.
Per quanto riguarda le “tempistiche”, la direttiva si applica ai contratti di fornitura conclusi dopo la data di applicazione delle misure di recepimento nazionali (ovvero entro il 10 novembre 2021, misure che dovranno essere adottate e pubblicate entro il 10 maggio 2021 da parte degli Stati membri), come specificato nell’art. 13.1, secondo comma. Di fatto, come specificato all’art. 1.4, gli accordi di fornitura conclusi prima della data di pubblicazione delle misure di recepimento della direttiva di cui all’art. 13 vanno resi conformi alla presente direttiva entro 12 mesi da tale data di pubblicazione. La data di entrata in vigore della direttiva è prevista al 5° giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’UE.
L’art. 3.1 della direttiva definisce le pratiche commerciali sleali che devono essere vietate dagli Stati membri, in particolare:
a) l’acquirente versa al fornitore il corrispettivo a lui spettante,
i) se l’accordo di fornitura comporta la consegna dei prodotti su base regolare:
— per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;
— per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stato stabilito l’importo da corrispondere per il periodo di consegna in questione, a seconda di quale delle due date sia successiva;
ai fini dei periodi di pagamento di cui al presente punto, si considera che i periodi di consegna convenuti non superino comunque un mese;
ii) se l’accordo di fornitura non comporta la consegna dei prodotti su base regolare:
— per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, dopo oltre 30 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 30 giorni dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere a seconda di quale delle due date sia successiva;
— per gli altri prodotti agricoli e alimentari, dopo oltre 60 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 60 giorni dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere, a seconda di quale delle due date sia successiva;
Fatti salvi i punti i) e ii) della presente lettera, se l’acquirente stabilisce l’importo da corrispondere:
— i periodi di pagamento di cui al punto i) decorrono a partire dal termine di un periodo di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate; e
— i periodi di pagamento di cui al punto ii) decorrono a partire dalla data di consegna;
b) l’acquirente annulla ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso talmente breve da far ragionevolmente presumere che il fornitore non riuscirà a trovare un’alternativa per commercializzare o utilizzare tali prodotti; per preavviso breve si intende sempre un preavviso inferiore a 30 giorni; in casi debitamente giustificati e in determinati settori gli Stati membri possono stabilire periodi di durata inferiore a 30 giorni;
c) l’acquirente modifica unilateralmente le condizioni di un accordo di fornitura di prodotti agricoli e alimentari relative alla frequenza, al metodo, al luogo, ai tempi o al volume della fornitura o della consegna dei prodotti agricoli e alimentari, alle norme di qualità, ai termini di pagamento o ai prezzi oppure relative alla prestazione di servizi nella misura in cui vi è fatto esplicito riferimento al paragrafo 2;
d) l’acquirente richiede al fornitore pagamenti che non sono connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari del fornitore;
e) l’acquirente richiede che il fornitore paghi per il deterioramento o la perdita, o entrambi, di prodotti agricoli e alimentari che si verificano presso i locali dell’acquirente o dopo che tali prodotti sono divenuti di sua proprietà, quando tale deterioramento o perdita non siano stati causati dalla negligenza o colpa del fornitore;
f) l’acquirente rifiuta di confermare per iscritto le condizioni di un accordo di fornitura tra l’acquirente e il fornitore per il quale quest’ultimo abbia richiesto una conferma scritta; ciò non si applica quando l’accordo di fornitura riguardi prodotti che devono essere consegnati da un socio di un’organizzazione di produttori, compresa una cooperativa, all’organizzazione di produttori della quale il fornitore è socio, se lo statuto di tale organizzazione di produttori o le regole e decisioni previste in detto statuto o ai sensi di esso contengono disposizioni aventi effetti analoghi alle disposizioni dell’accordo di fornitura;
g) l’acquirente acquisisce, utilizza o divulga illecitamente segreti commerciali del fornitore ai sensi della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio;
h) l’acquirente minaccia di mettere in atto, o mette in atto, ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore quando quest’ultimo esercita i diritti contrattuali e legali di cui gode, anche presentando una denuncia alle autorità di contrasto o cooperando con le autorità di contrasto durante un’indagine;
i) l’acquirente chiede al fornitore il risarcimento del costo sostenuto per esaminare i reclami dei clienti relativi alla vendita dei prodotti del fornitore, benché non risultino negligenze o colpe da parte del fornitore;
Il divieto di cui al primo comma, lettera a), è fatto salvo:
— le conseguenze dei ritardi di pagamento e i mezzi di ricorso di cui alla direttiva 2011/7/UE, che si applicano, in deroga ai periodi di pagamento stabiliti nella suddetta direttiva, sulla base dei periodi di pagamento di cui alla presente direttiva;
— la possibilità che un acquirente e un fornitore concordino una clausola di ripartizione del valore ai sensi dell’art. 172 bis del Reg. (UE) n. 1308/2013.
Il divieto di cui al primo comma, lettera a) non si applica ai pagamenti:
— effettuati da un acquirente a un fornitore quando tali pagamenti siano effettuati nel quadro del programma destinato alle scuole a norma dell’art. 23 del Reg. (UE) n. 1308/2013;
— effettuati da enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria a norma dell’art. 4.4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE;
— nell’ambito di contratti di fornitura tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti, a condizione che:
i) i termini di pagamento specifici delle operazioni di vendita siano inclusi nei contratti tipo resi vincolanti dallo Stato membro a norma dell’art. 164 del Reg. (UE) n. 1308/2013 prima del 1o gennaio 2019 e che tale estensione dei contratti tipo sia rinnovata dallo Stato membro a decorrere da tale data senza modificare sostanzialmente i termini di pagamento a danno dei fornitori di uve o mosto; e
ii) che i contratti di fornitura tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti siano pluriennali o lo diventino.
Al paragrafo 2 dell’art. 3, la direttiva stabilisce che gli Stati membri provvedano al divieto di almeno tutte le seguenti pratiche commerciali, a meno che non siano state precedentemente concordate in termini chiari ed univoci nell’accordo di fornitura o in un altro accordo successivo tra fornitore ed acquirente:
a) l’acquirente restituisce al fornitore prodotti agricoli e alimentari rimasti invenduti, senza corrispondere alcun pagamento per tali prodotti invenduti o senza corrispondere alcun pagamento per il loro smaltimento, o entrambi;
b) al fornitore è richiesto un pagamento come condizione per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino dei suoi prodotti agricoli e alimentari, o per la messa a disposizione sul mercato;
c) l’acquirente richiede al fornitore di farsi carico, in toto o in parte, del costo degli sconti sui prodotti agricoli e alimentari venduti dall’acquirente come parte di una promozione;
d) l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi della pubblicità, effettuata dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;
e) l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del marketing, effettuato dall’acquirente, dei prodotti agricoli e alimentari;
f) l’acquirente richiede al fornitore di pagare i costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.
Gli Stati membri provvedono affinché la pratica commerciale di cui al primo comma, lettera c) sia vietata a meno che, prima di una promozione avviata dall’acquirente, quest’ultimo ne specifichi il periodo e indichi la quantità prevista dei prodotti agricoli e alimentari da ordinare a prezzo scontato.
Nei casi specificati alle lettere b), c), d), e) o f), dell’art. 3.2 primo comma, se l’acquirente richiede un pagamento, deve fornire al fornitore, in caso questi ne faccia richiesta, una stima per iscritto dei pagamenti unitari o dei pagamenti complessivi a seconda dei casi e, per le situazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, lettere b), d), e) e f), fornisce anche una stima, per iscritto, dei costi per il fornitore e i criteri alla base di tale stima.
Con l’art.5 (denunce e riservatezza), è consentito ai fornitori di presentare denunce all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui essi sono stabiliti oppure all’autorità di contrasto (competente dell’applicazione dei divieti specificati all’art. 3) dello Stato membro in cui è stabilito l’acquirente sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata. In caso di organizzazioni di fornitori, di produttori e di associazioni di tali organizzazioni, esse possono presentare denuncia su richiesta di uno o più dei loro membri o su richiesta di uno o più dei soci delle rispettive organizzazioni in caso si ritengano vittime di una pratica commerciale vietata. La denuncia può essere presentata anche da organizzazioni rappresentanti i fornitori, a condizione che si tratti di persone giuridiche indipendenti senza scopo di lucro.
L’art. 7 (risoluzione alternativa delle controversie) prevede la possibilità per gli Stati membri di promuovere il ricorso volontario a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie efficaci e indipendenti, come la mediazione, fatti salvi i diritti di denuncia previsti per i fornitori e fatti salvi i poteri delle autorità di contrasto.
Per garantire un più alto livello di tutela, gli Stati membri possono mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali più rigorose di quelle previste nella direttiva, compatibilmente con le norme relative al funzionamento del mercato interno. Inoltre, la direttiva lascia impregiudicate le norme nazionali finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell’ambito di applicazione della stessa, sempre con la condizione che siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.
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