Gli occhi del formaggio

“Pan con occhi, Cacio senz’occhi, Vino che ti salta agli occhi” è un proverbio citato dal marchese Vincenzo Tanara, nato e morto a Bologna tra il 1644 e il 1669, nel libro “L’economia del cittadino in villa” (prima edizione 1644). Giocando sulla parola occhio: se gradito è il pane con piccole cavità provocate dalla lievitazione, altrettanto non lo è il formaggio con occhiature fermentative, concetto ben evidente per il vino (balzare agli occhi dice la Treccani, significa essere o risultare chiaro o evidente). Questa idea è ribadita anche da un’altra bella affermazione che recita “Pan leggiero e grave Formaggio, piglia sempre se sei saggio”, che significa che è la fermentazione che provoca l’occhiatura che rende leggero il pane e che deve mancare nel formaggio che per questo risulta pesante. Sempre su gli occhi o buchi del formaggio Vincenzo Tanara aggiunge che il formaggio deve essere “Argos non largos”. Argo Panoptes è un gigante che secondo alcuni miti ha un occhio, secondo altri quattro (due davanti e due dietro) o perfino cento o anche infiniti occhi sparsi su tutto il corpo. Il formaggio quindi secondo Tanara non deve avere abbondanti occhiature. Tuttavia, vi sono formaggi nei quali gli occhi sono caratteristici e rappresentano un elemento di tipicità, come l’Emmental molto spesso definito come “il formaggio con i buchi”, e quando questi si riducono di dimensione e soprattutto di numero, fin quasi a scomparire, sorge un problema, tanto da indurre a studiare perché e come nel formaggio si formino queste cavità rotondeggianti.

Formazione degli occhi

Le dimensioni, il numero, la forma e la distribuzione degli occhi è stata studiata soprattutto nel formaggio di tipo svizzero, come l’Emmental, dove sono espressione di una corretta e prolungata maturazione e fondamentali parametri di qualità. Da diversi studi, e in particolare da quelli di Dominik Guggisberg e collaboratori (Guggisberg D., Schuetz Ph., Winkler H. et alii – Mechanism and control of the eye formation in cheese – International Dairy Journal 47, 118 – 127, 2015), risulta che la formazione degli occhi nel formaggio è principalmente il risultato di una fermentazione batterica che durante la conservazione in ambienti caldi porta alla conversione del lattato in propionato, acetato e anidride carbonica. La maturazione di questo formaggio dura infatti dai quattro ai sei mesi e avviene in ambienti nei quali la temperatura è inizialmente di 16 – 20 °C e poi di 20 – 24 °C, per permettere la formazione delle caratteristiche cavità grazie alla produzione di anidride carbonica da parte dei propionibatteri. La formazione dei buchi è una caratteristica anche di altre varietà di formaggio in cui non avviene la fermentazione di acido propionico, come il Gouda, l’Appenzeller o il formaggio Tilsit, ma in questo caso gli occhi sono più piccoli rispetto a quelli dell’Emmental.

La formazione degli occhi era tradizionalmente valutata ascoltando il tipo di suono prodotto battendo la forma con un martello speciale, con l’ispezione visiva di un piccolo cilindro di formaggio ricavato dalla perforazione oppure osservando la forma tagliata a metà, tutti metodi non quantitativi e dipendenti dalle capacità professionali di chi li esegue. Metodi scientifici moderni sono invece l’imaging non invasivo usando gli ultrasuoni, la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata a raggi X (X-ray CT) che permettono di studiare la formazione degli occhi nel formaggio e in particolare la loro cinetica di crescita, le dimensioni, il numero, la distribuzione spaziale e i difetti di formazione (screpolature, fessurazioni ecc.). Lo studio degli occhi nel formaggio non è recente. Sebbene non fossero ancora state scoperte le cause della produzione dei gas nella forma, come la fermentazione dell’acido propionico o dell’acido butirrico, già all’inizio del secolo scorso si era sviluppata l’idea che l’azione batterica fosse la causa della produzione di gas. Differenziando la tipologia e la dimensione dei buchi e cercando di identificare i fattori che ne influenzano il numero, la dimensione e la distribuzione si attribuisce importanza ad una differente distribuzione e crescita dei batteri nel formaggio. Tuttavia questa ipotesi è stata messa in discussione quando gli esperimenti hanno dimostrato che l’intero corpo del formaggio contiene notevoli quantità di anidride carbonica. Per questo motivo William Mansfield Clark (Clark W. N. – On the formation of “eyes” in Emmental cheese – Journal of Dairy Science, 1, 91-113, 1917)  ha ipotizzato che la formazione di occhi nel formaggio si verifica in punti preferiti che non hanno necessariamente una relazione con la crescita batterica. Questo autore ipotizza che la formazione degli occhi nel formaggio potrebbe essere un fenomeno simile alla cristallizzazione di una soluzione supersatura, dove l’inizio della crescita dei cristalli è innescato da piccoli “semi” o irregolarità, e la dimensione dei cristalli finali dipende da il numero di semi aggiunti. Come esempio Clark menziona la formazione di gocce di pioggia in un’atmosfera satura di vapore dove i punti di condensazione sono le particelle di polvere. Tuttavia Clark non è riuscito ad identificare la natura dei nuclei che danno origine agli occhi del formaggio lasciando la questione irrisolta. Studi successivi hanno chiarito che durante la fermentazione in ambienti caldi nella forma di formaggio si verifica un aumento della pressione dell’anidride carbonica che per questo si raccoglie in piccole cavità o occhi. Alcuni avanzano l’ipotesi che questo avvenga dove vi sono bolle d’aria microscopiche intrappolate nella cagliata che servono da nuclei, mentre altri pensano a nuclei costituiti da azoto del latte, ma soprattutto a microparticelle solide che potrebbero rappresentare i nuclei per la formazione degli occhi.

Nuclei vegetali per la formazione delle cavità, buchi o occhi

Per la formazione dell’occhiatura è necessaria un’elevata produzione di anidride carbonica da parte dei batteri propionici. Numerose ricerche dimostrano che questa produzione dipende dall’ambiente di maturazione del formaggio che, come già citato, ha una temperatura di 16 – 20 °C e poi di 20 – 24 °C. Tuttavia, di recente si è visto che alcuni trattamenti del latte (pulizia dei sistemi di mungitura e delle attrezzature dei caseifici prima della produzione del formaggio, centrifugazione, bactofugazione e microfiltrazione) portano ad una drastica riduzione del numero di occhi, tanto da portare ad un declassamento della qualità dei formaggi che hanno questa caratteristica, iniziando dall’Emmental. Su questa linea si è svolta una ricerca dei nuclei sui quali inizia e si sviluppa la bolla di anidride carbonica che dà origine alle cavità o occhi del formaggio. Per una serie di considerazioni ci si è rivolti a cercare di capire se un’alimentazione delle bovine con fieno e erba possa causare la presenza nel latte di microparticelle e se queste possano agire come nuclei altamente efficaci e indurre la formazione di occhi nel formaggio. Per questo i citati Guggisberg D., Schuetz Ph., Winkler H. e collaboratori hanno studiato la capacità del fieno in polvere di fungere da seme per la formazione di cavità o occhi nel formaggio e per comprendere l’influenza della concentrazione di fieno in polvere sul numero e sul volume delle cavità formate.

L’indagine microscopica sulle microparticelle di polvere di fieno ha rivelato che le strutture filamentose delle piante presenti nelle foglie o steli vegetali servono da nuclei per la formazione dell’occhiatura durante la stagionatura dei formaggi, che il possibile intrappolamento di aria in tali strutture capillari consente la diffusione dell’anidride carbonica dalla pasta del formaggio nelle microparticelle e che esiste una relazione lineare tra la quantità di polvere di fieno aggiunta al latte e il numero di occhi che si formano nell’Emmental. L’eliminazione pressoché totale dei micronuclei vegetali nel latte con la microfiltrazione elimina quasi completamente la formazione degli occhi, anche con sufficienti quantità di anidride carbonica.

I risultati di questi studi sono di grande importanza pratica, non solo per la comprensione e il controllo della formazione degli occhi nel formaggio, ma anche per la formazione di difetti come crepe e fenditure degli occhi o cavità, che anni di esperienza hanno dimostrato essere spesso associati ad una mancanza di nuclei di formazione delle cavità e quindi a un basso numero di occhi.

Tipicità e il paradosso della pulizia

Negli ultimi decenni sono stati realizzati importanti miglioramenti tecnologici nella produzione del latte. La mungitura tradizionale manuale in stalla con la raccolta del latte in secchi è stata sostituita da sistemi di mungitura meccanica, sempre più in una sala di mungitura separata dalla stalla, e il latte arriva direttamente al vaso di raccolta e da qui a un contenitore chiuso in un’area separata dalla stalla. Questi elementi d’igiene, insieme all’applicazione di filtri a pori fini nei sistemi di mungitura, portano ad una drastica riduzione dei residui solidi nel latte crudo e soprattutto delle microparticelle di fieno, erba o altri foraggi.

Gli studi sulla formazione delle cavità o buchi o occhi dei formaggi sembrano mettere in evidenza un contrasto tra la produzione di un latte sempre più igienico e privo di elementi estranei, come la polvere di fieno o di erba, e il fatto che per produrre taluni prodotti tipici sia necessaria una contaminazione del latte con microparticelle solide capaci d’indurre la formazione dell’occhiatura tradizionale. La formazione degli occhi nel formaggio non è più un enigma, ma oggi siamo di fronte ad un dilemma: richiedere una produzione di latte igienico riduce le contaminazioni microbiologiche ma elimina anche l’ingresso di microparticelle solide che sono i nuclei di formazione della tipica e tradizionale occhiatura di taluni formaggi.

Il paradosso della pulizia nella formazione dei formaggi con i buchi richiama anche il “paradosso della gruviera”, uno dei più celebri sillogismi di tipo A-A-A che mette in luce come una sua applicazione rigida possa portare a risultati aberranti. Questo sillogismo si articola nelle seguenti tre fasi: più formaggio c’è, più buchi ci sono; più buchi ci sono, meno formaggio c’è; quindi più formaggio c’è, meno formaggio c’è. L’errore del sillogismo si basa sullo slittamento semantico fra i termini delle due premesse che ne impedisce la conclusione e che è superato con la seguente, corretta, formulazione: più formaggio c’è, più buchi ci sono; più buchi ci sono, più formaggio c’è; più formaggio c’è, più formaggio c’è. Questo sillogismo e la sua risoluzione devono servire a meglio comprendere l’apparente contraddizione che una maggiore igiene sia contraria alla tradizione, dimenticando che l’igiene si deve riferire alle condizioni pericolose per la salute. Nel caso dell’occhiatura dei formaggi come l’Emmental, le microparticelle di fieno o foraggio che innescano la formazione di cavità, occhi o buchi non hanno alcun significato sanitario per il consumatore e sono quindi da salvaguardare per la tipicità del prodotto.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.