L’incipit dell’articolo che ha preceduto quello che state iniziando a leggere è riportato di seguito e può essere utilizzato per riflettere anche sulla proteina o sulla caseina del latte bovino.
“Durante i mesi estivi, ed in particolare nel mese di Giugno, nelle stalle in cui le bovine stanno bene e sono correttamente alimentate, sia il grasso che la proteina percentuale raggiungono il livello minimo dell’anno. Sempre in stalle di questo tipo, il rapporto proteine/grasso nel latte di massa rimane lo stesso rispetto a quello dei mesi “d’oro” dei titoli, ossia Dicembre e Gennaio. Nel 2019, nei 9769 allevamenti associati ad ANAFIJ questo rapporto è stato 0.88”.
Per proteina “vera” del latte intendiamo la somma delle caseine (alfa, beta e kappa) e delle proteine del siero (lattoglobuline, lattoalbumine, sieroalbumine, etc). Una volta, quando si analizzava il latte con i “metodi antichi”, come quello Kjeldahl, per proteina del latte s’intendeva invece la quantità di azoto totale moltiplicata per 6.25. La caseina rappresenta nel latte bovino circa il 77% della proteina totale.
Nell’articolo precedente ho evidenziato il fatto che il livello di grasso e di proteina non è costante nell’anno. “Singolari” e unilateralmente astuti sono i sistemi di pagamento qualità che non considerano la fisiologia delle bovine da latte. Intelligenti sono invece i sistemi di pagamento qualità del latte che pagano o penalizzano i parametri che sono rispettivamente superiori o inferiori alla media delle analisi del conferito in un determinato periodo di tempo.
La sintesi della caseina avviene a livello della mammella a partire dagli aminoacidi che vi arrivano grazie all’enorme quantità di sangue che continuamente affluisce in questo organo. Le caseine sono una lunga sequenza di quasi 200 aminoacidi. Le principali fonti di aminoacidi sono due e sono per certi aspetti di pari importanza. La prima è il microbioma ruminale (proteina metabolizzabile di origine batterica) e la seconda è la quota di proteina della razione che sfugge alle degradazioni ruminali (proteina metabolizzabile di origine alimentare).
Il segreto, quindi, per avere nel latte il livello di proteina che la genetica consentirebbe di raggiungere consiste nello stimolare al massimo le capacità fermentative del rumine per avere la quantità più alta possibile di microbioma, e quindi di aminoacidi nell’intestino e poi nel sangue. Il bilanciamento aminoacidico del microbioma ruminale è considerato dalla bovina sempre perfetto. Il bilanciamento aminoacidico della frazione by-pass delle proteine della dieta, invece, difficilmente apporta, e nei corretti rapporti, tutti gli aminoacidi necessari alla sintesi della caseina. E’ sufficiente che uno dei 20 aminoacidi esistenti sia carente affinchè la sintesi della proteina del latte non sia completata; un po’ come avviene nei puzzle se manca anche una sola tessera.
Bisogna però preoccuparsi se la proteina del latte è troppo elevata per il periodo e per la razza oppure se il rapporto grasso-proteine sale da 0.88, rapporto ritenuto normale nel 2019-2020, verso 1. In caso di acidosi ruminale sub-clinica, le fermentazioni ruminali sono ai massimi livelli perché i batteri che fermentano gli amidi crescono più velocemente e in maggiore quantità rispetto a quelli che fermentano le fibre. Soprattutto nella frisona, un livello proteico ingiustificatamente elevato aiuta a diagnosticare molto precocemente l’acidosi ruminale sub-clinica.
Per avere tanta proteina del latte bisogna aumentare la quota di concentrati della razione, ed in particolare quella di amido, azoto solubile, fibre digeribili e additivi. E’ inoltre fondamentale assicurare agli animali la giusta quantità d’acqua da bere, in modo da dare al microbioma rumale la possibilità di crescere al massimo. I software di razionamento che utilizzano il CNCPS sono in grado di stimare la quantità di proteina metabolizzabile prodotta da una dieta. Importante però è saper diagnosticare l’acidosi ruminale sub-clinica in modo da calibrare correttamente il rapporto foraggi/concentrati e la concentrazione massima di amido della razione. Allo stato attuale delle conoscenze, non esiste né un fabbisogno di amido né una sua concentrazione massima consigliata della razione.
Succede a volte che in teoria tutto sia a posto ma che la proteina del latte sia comunque bassa. In questo caso, due sono le ulteriori indagini da fare. La prima consiste nel domandarsi se c’è il potenziale genetico per produrre un latte con una maggiore concentrazione di proteina, e quindi di caseina. Per rispondere a ciò, se si allevano frisone, basta consultare il Profilo Genetico Allevamento (PGA) di ANAFIJ. La seconda indagine consiste nel verificare l’eventuale presenza di aminoacidi limitanti nella dieta, dovuta ad una produzione di proteina microbica bassa oppure da carenze nella frazione di proteina alimentare che bypassa il rumine, o perché parte di questa si è eccessivamente surriscaldata ed è quindi poco biodisponibile. L’industria ad oggi mette a disposizione sia metionina che lisina, gli aminoacidi limitanti a più alta probabilità di carenza, in forma ruminoprotetta. In caso di dubbio si utilizza la tecnica del dose-risposta, ossia si inserisce nella razione un aminoacido per volta alla dose consigliata e si misura la proteina del latte. Se questa si alza, ciò significa che esiste una carenza dell’amminoacido inserito o di tutti e due.