Durante i mesi estivi, ed in particolare nel mese di Giugno, nelle stalle in cui le bovine stanno bene e sono correttamente alimentate, sia il grasso che la proteina percentuale raggiungono il livello minimo dell’anno. Sempre in stalle di questo tipo il rapporto proteine/grasso nel latte di massa rimane lo stesso rispetto a quello dei mesi “d’oro” dei titoli, ossia Dicembre e Gennaio. Nel 2019, nei 9769 allevamenti associati ad ANAFIJ questo rapporto è stato 0.88.
In generale, se la percentuale di grasso del latte è troppo elevata per la storia dell’allevamento e per il periodo dell’anno, la ragione può essere un’eccessiva perdita di peso delle vacche oppure una produzione del latte molto bassa.
Più sovente si verifica invece un calo ingiustificato del grasso, in senso assoluto oppure in proporzione alle proteine. Se ad esempio il rapporto proteine/grasso del latte di massa sale verso 1 è un segnale che c’è qualcosa che non va. Fino a molti fa questa anomalia era considerata un sintomo di acidosi ruminale, anche in forma sub-clinica. Oggi invece le cause del calo del grasso sono da legarsi ad altri fattori. Paradossalmente nelle frisone, specialmente di alto merito genetico, in caso di acidosi anche grave, ossia clinica, si osserva un incremento di grasso del latte dovuto al dimagrimento causato da una ridotta ingestione, ed un aumento anche molto elevato di proteina del latte causato indirettamente dal calo del pH ruminale.
Le cause “nutrizionali” di un calo ingiustificato del grasso de latte e dell’aumento del rapporto proteine/grasso sono relativamente poche.
La prima, che giustifica i cali più lievi, è legata alla digeribilità della fibra, e quindi dei foraggi della razione. Tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate non sono ancora disponibili i fieni nuovi perché ancora in fermentazione. Anche il tipo di foraggi e il loro metodo di conservazione può fare la differenza. Le stalle lombarde di frisona associate all’ANAFIJ hanno prodotto nel 2019 un latte con il 3.83% di grasso e il 3.37% di proteine mentre quelle dell’Emilia-Romagna hanno ottenuto un latte con il 3.68% di grasso e il 3.33% di proteine. Questa differenza quasi sicuramente è stata causata non da un differente clima e altitudine, perché in entrambe le regioni la maggior parte delle stalle sono in pianura, ma dalla differente base foraggera. In Emila Romagna si concentrano infatti le stalle che fanno il latte per il Parmigiano Reggiano dove gli insilati sono vietati mentre in Lombardia prevale la produzione di Grana Padano dove gli insilati sono ammessi.
La seconda causa, molto diffusa, è quella che viene chiamata “Sindrome da basso grasso del latte”, anche detta “Low Milk fat Syndrome (LMFS)” o “Milk Fat Depression”. Quando questa alterazione fu descritta per la prima volta, molte furono le teorie formulate per spiegarla. Oggi si concorda che il calo della percentuale di grasso nel latte sia dovuto alla sintesi ruminale di alcuni acidi grassi che, una volta assorbiti, vanno ad interferire negativamente sulla sintesi del grasso del latte a livello mammario. Questi acidi grassi sono prodotti nel rumine a partire degli oli contenuti nelle cariossidi del mais, nei semi integrali di soia, nei semi di lino integrali e in alcuni sottoprodotti ricchi di grassi come i panelli, i distillers, i cruscami e la pula di riso, oppure in oli di girasole e di soia maldestramente inseriti nelle razioni.
Gli acidi grassi indiziati sono l’acido oleico, l’acido linoleico e l’acido linolenico. Ad aggravare la LMFS, oltre alla concentrazione di questi acidi grassi nella razione, c’è anche il trattamento tecnologico degli alimenti che li apportano. La cariosside del mais è piuttosto ricca di acido linoleico, come lo è la soia integrale, mentre i semi di lino hanno un’alta concentrazione di acido linolenico. La macinazione di queste materie prime, ma anche di altra ricche di oli, permette la liberazione degli acidi grassi rendendoli prontamente e massivamente disponibili nel rumine.