Eva-Elisa Álvarez-León1, Blanca Román-Viñas2 e Lluís Serra-Majem1,2,3*
1Preventive Medicine Service, Complejo Hospitalario Materno-Insular, Las Palmas de Gran Canaria, Spagna
2Community Nutrition Research Centre, Scientific Park of Barcelona, Spagna
3Departamento de Ciencias Clinicas, Universidad de Las Palmas de Gran Canaria, Apto. Correos 550, E-35080 Las Palmas de Gran Canaria, Spagna
L’alimentazione basata su prove scientifiche è essenziale per andare avanti nella ricerca sulla nutrizione della società. Il presente studio è una revisione delle prove epidemiologiche esistenti sul rapporto tra latticini e salute. Esiste un’associazione inversa tra l’assunzione di prodotti lattiero-caseari, l’ipertensione, l’ictus e il cancro del colon-retto. Non vi è alcuna prova di una correlazione esistente tra il consumo di latticini e il cancro al seno. Ci sono poi prove che collegano i prodotti lattiero-caseari, con alto contenuto di grassi, ad un aumento del rischio di sviluppare un cancro alla prostata e deboli prove sulla capacità protettiva dei latticini nei confronti della salute ossea. Sono necessari ulteriori studi prospettici per poter stabilire se esistono maggiori prove dell’esistenza di una correlazione tra i latticini e la salute degli individui. A causa dell’importanza, in sanità pubblica, dei latticini introdotti con l’alimentazione, è necessario stabilire alcune linee guida di tipo quantitativo basate su prove scientifiche.
Abbreviazioni: DASH, Approccio dietetico per fermare l’ipertensione; DBP, pressione sanguigna diastolica; OR, odds ratio; RR, rischio relativo; SBP, pressione sanguigna sistolica.
*Autore corrispondente: Professore Lluís Serra-Majem, fax +34 928 453475, email: lserra@dcc.ulpgc.es
Latticini: Salute Pubblica: Review della letteratura
La sanità pubblica alimentare non dovrebbe ignorare l’importanza della medicina basata su prove scientifiche. Le revisioni sistematiche delle prove epidemiologiche e le analisi critiche di tali prove hanno portato ad un enorme progresso nello sviluppo di protocolli e linee guida per la pratica clinica. La medicina basata sulle prove scientifiche ha portato ad azioni più mirate al fine di risolvere i problemi clinici quotidiani, basandosi sulla valutazione critica di tali prove, anziché sull’intuizione o sull’esperienza. Per sviluppare politiche nutrizionali riguardanti la salute pubblica basate su prove scientifiche, è importante combattere la disinformazione che la popolazione generale ha riguardo gli aspetti nutrizionali della loro alimentazione quotidiana. Spesso i vantaggi e i rischi vengono attribuiti ai latticini sulla base di teorie fisiopatologiche, senza adeguati studi epidemiologici in grado di sostenerli. L’obiettivo del presente lavoro è quello di riesaminare i documenti riguardanti i latticini coinvolti sia nella promozione della salute che nella prevenzione delle malattie. L’attenzione è stata posta soprattutto sull’analisi critica della letteratura scientifica, sottolineando le esigenze future della ricerca stessa per poter provare la correlazione esistente tra i latticini e la salute.
Metodiche
Gli articoli rilevanti sono stati ottenuti attraverso una ricerca nel database MEDLINE (dal 1966 al gennaio 2005). Le parole chiave usate in questa ricerca erano quelle comprese nel termine «latticini » stabilito dal MeSH, cioè «latte crudo e latte trasformato o lavorato e prodotti derivati dal latte» che includevano i seguenti alimenti: burro, formaggio, gelato, margarina, latte e prodotti fermentati (Yogurt) ed alcune patologie. La selezione delle patologie è stata effettuata sulla base dell’importanza che esercitavano (prevalenza e/o gravità) sulla salute pubblica e comprendeva neoplasie, CVD (infarto miocardico, ipertensione o ictus) e osteoporosi o salute ossea. La ricerca su MEDLINE è stata completata con una ricerca clinica automatica su PubMed, che ha combinato il termine latticini con citazioni come: review sistematiche, meta analisi, review di studi clinici, medicina basata sulle evidenze scientifiche, conferenze di consenso e linee guida. Sono state incluse anche citazioni provenienti da riviste specializzate in studi clinici. Per essere accettati, i lavori dovevano soddisfare i seguenti criteri: doveva essere disponibile l’abstract, dovevano essere scritti in spagnolo, inglese o francese e dovevano includere la popolazione umana. La priorità è stata data alle meta-analisi e alle review sistematiche. Sono state poi riassunte le prove ottenute dagli studi epidemiologici su latticini e salute. Per valutare l’adeguatezza delle prove, è stata presa in considerazione la validità e l’accuratezza. La validità è stata valutata analizzando la presenza di eventuali bias sistematiche nella progettazione o nell’esecuzione degli studi. L’accuratezza è stata valutata considerando la dimensione del campione e l’ampiezza degli intervalli di confidenza.
Risultati
Sono stati trovati più di 85.000 articoli sul consumo di prodotti lattiero-caseari. Una volta applicati i criteri di inclusione, sono state identificate 14 meta-analisi o review sistematiche riguardanti i latticini e le patologie selezionate: sei sul cancro, sei sulle CVD e due sulla salute ossea. I risultati sono presentati separatamente in base alle patologie affrontate.
Latticini e cancro
C’erano sei meta-analisi e una review sistematica che analizzavano specificamente il rapporto tra il consumo di latticini e il rischio di cancro (uno riguardava il cancro del colon-retto, tre riguardavano il cancro al seno e tre il cancro alla prostata).
Cancro colon-retto
Uno degli articoli analizzava il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto. Si tratta di un’analisi d’insieme di dieci studi di coorte condotta da Cho et al. (2004) come parte dello studio “Pooling Project of Prospective Studies of Dietal and Cancer”. Questo progetto d’insieme raccoglie dati provenienti da soggetti che hanno partecipato a diversi studi prospettici in tutto il mondo. Una volta raccolti, i dati sono stati rianalizzati, il che ha portato ad una maggiore dimensione del campione e ad un periodo di follow-up più lungo di quelli ottenuti dal solo studio originale. Ad oggi sono state pubblicate tre analisi d’insieme provenienti da questo progetto: assunzione di grassi e cancro al seno; Consumo di alcool e cancro del colon-retto; e, più di recente, latticini, Ca e cancro del colon-retto. Per l’analisi d’insieme riguardante i latticini, il Ca e il cancro del colon-retto (Cho et al. 2004), sono stati individuati dieci studi prospettici. Questi studi hanno dovuto soddisfare alcuni criteri predefiniti: valutazione dell’assunzione con la dieta mediante un metodo convalidato e almeno cinquanta persone con diagnosi di tumore del colon-retto. Alla fine, sono stati inclusi 534.536 soggetti sia uomini che donne, con un periodo di follow-up compreso tra i 6 e i 16 anni. Durante questo periodo sono stati documentati 4.992 casi di comparsa del cancro del colon-retto. Sulla base del consumo, i ricercatori hanno preso in considerazione diversi gruppi di prodotti lattiero-caseari: il latte (compreso il latte scremato, quello intero e quello a basso e a medio contenuto ( in %) di grassi, , il latte evaporato e il latticello), il formaggio (compreso quello ad alto tenore di grasso, quello stagionato, i fiocchi di latte e la ricotta), lo Yogurt (compreso quello magro, quello normale e i condimenti a base di yogurt). Hanno anche considerato l’assunzione di Ca con la dieta (o mediante integratori quando disponibili) classificato in decili. Sono state tenute in considerazione anche altre variabili associate al rischio di cancro del colon-retto. I risultati sono stati corretti per variabili associate alla salute (come il BMI, l’altezza, la storia familiare di cancro del colon-retto, l’uso di antinfiammatori non steroidei e l’uso di multivitaminici), per variabili legate allo stile di vita (fumo, educazione scolastica, attività fisica, consumo di alcol) e per variabili legate all’alimentazione (consumo totale di energia, di carne rossa e di folati alimentari).
Fig. 1. Rischio Relativo (RR) di sviluppare diverse patologie in base all’assunzione di latticini. (1) RR per i soggetti che consumano ≥ 250gr di latte al giorno confrontati con i partecipanti che ne consumano ˂70 gr al giorno ( Cho et al., 2004). (2) RR nei soggetti che consumano giornalmente ≥ 250gr di fiocchi di latte o di ricotta confrontati con quelli che non consumano queste tipologie di formaggio (Cho et al.,2004). (3) RR per ogni 100 gr di latticini liquidi consumati giornalmente (Missmer et al., 2002). (4) Odds per la più altra vs. la più bassa categoria di consumo di latte (Qin et al.,2004). (5, 6) Probabilità relativa tra la più alta vs. la più bassa categoria di consumo di latte (Elwood e al.,2004).
Nelle donne è stato preso in considerazione anche l’uso di contraccettivi orali e di ormoni nel post menopausa. Studi originari in grado di fornire gli argomenti per il progetto d’insieme provenivano dagli Stati Uniti, dal Canada e dai paesi dell’Europa settentrionale (Olanda e Svezia). Questa variabilità geografica ha fornito al progetto un’importante variabilità intra-individuali riguardo il consumo di latticini. L’assunzione media di latte variava da 137 a 687 g/die, l’assunzione media di yogurt variava da 11 a 104 g/die e l’assunzione media di formaggio variava da 8 a 27 g/die. Le assunzioni di calcio con la dieta variavano da 674 a 1051 mg/die. Il consumo di latte era inversamente correlato al cancro del colon-retto. Rispetto ai partecipanti che hanno consumato meno di 70 g di latte al giorno, il rischio relativo (RR) di cancro del colon-retto, per coloro che hanno consumato 250 g/d o più di latte, era di 0.85 (95% IC 0.78, 0.94) come mostrato in Fig. 1. In altre parole, le persone che consumavano meno di un quarto di bicchiere di latte al giorno avevano un 15 % in più di rischio di sviluppare un cancro del colon-retto rispetto a quelli che consumavano ≥ 1 bicchiere di latte al giorno. L’associazione tra il consumo di latte e la diminuzione del rischio di sviluppare un cancro del colon-retto è stata limitata solo al cancro del colon distale e del retto. Il consumo di formaggi è stato analizzato in due modi. I soggetti che consumavano ogni giorno 25 gr di fiocchi di latte o di ricotta avevano un RR di 0.83 (95% IC 0.72, 0.96) nello sviluppo di un cancro del colon-retto rispetto a quelli che non li consumavano. Il consumo di altri tipi di formaggio – esclusi i due precedenti- è stato debolmente associato in maniera positiva al cancro del colon-retto, sebbene gli intervalli di confidenza non fossero significativi per nessuna delle differenti categorie né lo sono stati i test di tendenza tra le categorie. Il consumo di yogurt si è mostrato debolmente protettivo verso il cancro del colon-retto, anche se L’IC e il test di tendenza non sono ancora significativi. Altri prodotti lattiero-caseari fermentati (compresi yogurt, latticello e panna acida) hanno mostrato risultati simili a quelli dello yogurt. Sono stati analizzati anche altri latticini, tra cui burro, panna e gelati, ma non esisteva alcuna rilevanza statistica rispetto al rischio di cancro del colon-retto. Come mostrato in Fig. 1, anche un’elevata assunzione di Ca è stata associata ad una diminuzione del rischio di tumore del colon-retto. I soggetti nel quintile più elevato di assunzione di Ca con la dieta, avevano un RR di 0.86 (95% IC 0.78, 0.95) di sviluppare un cancro del colon-retto, rispetto ai soggetti compresi nel quintile più basso. Per il Ca totale (combinando quello alimentare con l’eventuale uso di integrazioni), il RR del quintile più alto era 0.78 (95% IC 0.69, 0.88). In conclusione, il consumo di latte e di Ca è stato associato ad un minor rischio di sviluppare un cancro del colon-retto. Uno dei punti di forza dell’analisi d’insieme qui presentata è che tutti gli studi inclusi sono stati prospettici, evitando così l’eventuale bias associata al cambiamento delle abitudini alimentari che si manifesta una volta che il soggetto apprende la diagnosi di un tumore del tratto digerente. Un altro punto di forza è che tutti gli studi hanno utilizzato metodi di valutazione della dieta convalidati, minimizzando la possibilità di una registrazione errata dell’attuale assunzione di latticini. Infine, l’analisi di un database di più di 500.000 soggetti provenienti da diversi paesi ha dato sufficiente potere statistico all’analisi di categorie specifiche di prodotti lattiero-caseari. Tuttavia, è da notare che gli autori non hanno effettuato correzioni per quanto riguarda alcune variabili dietetiche correlate al cancro del colon-retto, come fibre o frutta e verdura. Sebbene gli autori abbiano sottolineato che l’ulteriore correzione riguardo l’assunzione di fibre con la dieta non avrebbe modificato sostanzialmente i risultati riguardanti il consumo totale di Ca, potrebbe essere comunque importante correggere anche per queste variabili dietetiche, se teniamo conto che i soggetti con un consumo più elevato di latticini potrebbero avere anche altre abitudini alimentari sane, come una dieta ricca di frutta, verdura e fibre.
Cancro al seno
In presenza di crescenti prove sull’influenza dell’ambiente nel rischio di sviluppare un cancro al seno, sono stati condotti molti studi che hanno analizzato i fattori alimentari coinvolti in questo rischio. Tra questi fattori dietetici, i prodotti lattiero-caseari sono stati la principale variabile analizzata in più di venti articoli. Tuttavia, i risultati ottenuti sono stati contraddittori. Allo scopo di ottenere prove più ampie, circa un decennio fa una squadra di ricercatori canadesi ha pubblicato la prima meta-analisi con lo scopo di unire i risultati ottenuti da cinque studi di coorte e da dodici studi caso-controllo sulla correlazione tra il consumo di latticini e il rischio di cancro al seno (Boyd et al., 1993 ). Questa meta-analisi ha individuato un piccolo aumento del rischio di cancro al seno nelle donne con un consumo elevato di latte, con un RR di 1.77 (95% IC 1.04, 1.30). Poiché questo lavoro è stato poi pubblicato, sono stati condotti anche altri studi con risultati diversi. Quasi dieci anni dopo, nel 2002 e nell’ambito del Pooling Project, è stata pubblicata da Missmer et al. (2002) un’analisi d’insieme di otto studi di coorte. In questa analisi, sono stati inclusi otto studi prospettici con almeno 200 casi di cancro al seno ognuno, arrivando ad un totale di 351 041 donne sane e 7379 casi di cancro al seno invasivo. I criteri di inclusione erano simili a quelli menzionati per l’analisi collettiva del cancro colon-rettale. Per quanto riguarda i latticini, sono state considerate diverse categorie di alimenti. I prodotti lattiero-caseari sono stati suddivisi in solidi (burro e formaggio) o liquidi (latte, yogurt, gelati, ecc.). Sono stati considerati anche dei sottogruppi (latte intero, parzialmente scremato o scremato). In questo modo sono stati esaminati circa dieci sottogruppi di latticini. Il consumo di prodotti lattiero-caseari è stato analizzato come una variabile continua (con incrementi di 100 g giornalieri per tutti i prodotti, tranne che per il burro e per la panna; per quest’ultimi sono stati considerati 10 g di incremento) e come una variabile categorica confrontando i quartili maggiori di consumo con i minori. Sono stati considerati anche altri fattori alimentari e non associati al cancro al seno, come il consumo di energia totale o di alcol, il numero di gravidanze, lo stato della menopausa e il BMI. In maniera simile a quella evidenziata dai dati del progetto d’insieme del cancro del colon-retto, anche qui la variabilità geografica raggiunta consentiva una vasta gamma di variazioni intra-individuali nel consumo di latticini. In questo modo, le donne comprese nel quarto quartile dei prodotti lattiero-caseari liquidi consumavano quasi 630 g di questo tipo di prodotto al giorno, mentre le donne nel primo quartile ne consumavano 360 g. Come mostrato in Fig. 1, i ricercatori non hanno trovato alcuna correlazione tra il consumo di latticini e il rischio di cancro al seno, né trattando i latticini come una variabile continua né trattandoli come una variabile categorica. Non hanno trovato associazioni statisticamente significative in nessuno dei dieci sottogruppi di prodotti lattiero-caseari presi in considerazione. Hanno concluso che, tenuto conto dei dati provenienti da più di 350.000 donne, non vi era alcuna prova che una dieta ricca di latticini, condotta in età media o avanzata, potesse aumentare o modificare il rischio di cancro al seno nelle donne nordamericane o europee. Allo stesso modo, Moorman & Terry (2004) nella loro review sul consumo di latticini e sul rischio di sviluppare il cancro al seno, hanno concluso che i dati epidemiologici pubblicati non forniscono una prova costante dell’associazione tra il consumo di prodotti lattiero-caseari e il rischio di cancro al seno. Hanno individuato alcune limitazioni che devono essere prese in considerazione. Uno è la moderata affidabilità dei metodi utilizzati per valutare l’assunzione dei prodotti lattiero-caseari, che potrebbe portare ad una qualche classificazione errata. Questa errata classificazione potrebbe rendere più difficile rilevare gli effetti, relativamente piccoli, della maggior parte dei fattori alimentari sul rischio di cancro, che è particolarmente importante per gli studi futuri, visto che l’assunzione di latticini potrebbe cambiare notevolmente durante il lungo periodo di follow-up. Altre limitazioni, menzionate dagli autori che potrebbero influire anch’esse sul rischio di cancro al seno, sono che il consumo di prodotti lattiero-caseari può essere associato ad altre abitudini alimentari o al fatto che esista una certa variabilità nel contenuto di sostanze nutritive nei latticini stessi (come la vitamina D, a prescindere dal fatto che l’alimento sia fortificato o meno). Tutti questi fattori dovrebbero essere considerati nel modello corretto.
Cancro alla prostata
Il cancro della prostata è il tumore più diffuso negli uomini in Europa e negli USA (Quinn & Babb, 2002; Jemal et al., 2005). Non è noto quali fattori provochino questo cancro e quali agenti causino tumori latenti della prostata – la cui incidenza è molto elevata negli uomini in tutto il mondo – che progrediscono poi verso un cancro alla prostata clinicamente rilevabile, la cui incidenza, al contrario, mostra un’elevata variabilità nelle diverse aree geografiche. Ci sono diversi fattori di rischio proposti che includono fattori ormonali, storie familiari e variabili dietetiche. Tra le variabili dietetiche, il consumo di grassi è considerato rilevante perché studi animali hanno suggerito che l’assunzione di grassi, in combinazione con altre variabili alimentari, potrebbe aumentare la crescita del tumore. Il consumo di latticini è stato preso in considerazione in tre diverse review pubblicate nel 2004. In Canada, Fleshner et al. (2004) hanno esaminato alcuni articoli pubblicati negli ultimi due decenni, osservando una correlazione tra il cancro alla prostata e l’assunzione di grassi (assunzione totale di grassi o grassi presenti in cibi specifici come nei prodotti lattiero-caseari). Essi hanno analizzato sette studi di coorte, con più di 180.000 soggetti e solo uno ha mostrato un’associazione statisticamente significativa, una volta corretto; gli altri sei non hanno evidenziato alcuna associazione. L’Health Professionals Follow-Up Study ha osservato che i soggetti con un consumo più elevato di prodotti lattiero-caseari avevano il doppio del rischio di sviluppare un cancro alla prostata metastatico rispetto ai soggetti con un consumo più basso, ma gli autori hanno ipotizzato che la maggior parte del rischio in eccesso potrebbe essere spiegato con la presenza di altri componenti nutrizionali noti all’interno di questi stessi alimenti (Ca e acidi grassi). Lo studio di coorte Olandese ha mostrato una tendenza positiva del rischio di cancro alla prostata in seguito al consumo di prodotti lattiero-caseari (P = 0.02), ma non per l’assunzione di Ca. Una meta-analisi di undici studi caso-controllo, che confrontavano l’incidenza del cancro alla prostata nei pazienti con consumo di latte più alto vs. quelli con consumo più basso, è stata pubblicato da Qin et al. (2004). Il coefficiente stimato dell’odds ratio (OR) è stato pari a 1,68 (95% IC 1.34, 2.12), leggermente più piccolo se aggiustato per alcune variabili: 1.56 (95% IC 1.30, 1.83; Fig.1). Nella discussione, gli autori hanno sottolineato che otto studi hanno utilizzato controlli su base ospedaliera, che sono più inclini a bias rispetto ai controlli basati sulla popolazione. Inoltre, il consumo di latte era difficile da quantificare a causa dell’ambiguità degli alimenti compresi in alcuni questionari. Non hanno deciso di fare una meta-analisi degli studi di coorte perché tutti sono stati sviluppati in America e in Europa settentrionale, dove gli elevati livelli di consumo di latticini renderebbero difficile trovare un gruppo di soggetti libero dal consumo di questi prodotti. Un’altra difficoltà riguardante l’inclusione di studi di coorte nella meta-analisi, era che in questi studi l’endpoint non era sempre lo stesso. Alla fine, nel 2004, Dagnelie et al. hanno rivisto alcuni studi prospettici di coorte e studi di intervento per analizzare l’effetto che i singoli alimenti e nutrienti possono avere sul cancro alla prostata. Gli autori hanno escluso gli studi caso-controllo a causa dei risultati inconcludenti ottenuti e della maggiore possibilità di errori di selezione e di informazioni. Hanno individuato ventisette studi che analizzavano il rapporto tra il consumo di latte e di prodotti lattiero-caseari e il rischio di cancro alla prostata. I risultati sono stati ugualmente distribuiti tra un’associazione positiva (13 casi segnalati) e un risultato nullo (14 casi riportati). Tuttavia, solo cinque di questi studi prospettici accennavano che il questionario alimentare utilizzato era stato convalidato. Di questi cinque studi, due hanno avuto risultati statisticamente significativi. L’Health Professionals Follow-up Study ha mostrato un aumento del rischio di cancro alla prostata per diversi prodotti lattiero-caseari. Il RR dei quartili più alti di assunzione vs. i quartili più bassi variava da 1.06 per i fiocchi di latte/ricotta a 1.25 per il latte (sia intero, scremato o a basso contenuto di grassi) e a 1.42 per il burro. Uno studio norvegese, condotto su più di 25.000 uomini, ha mostrato che quelli che consumano latte scremato hanno un RR di 2.2 (95% IC 1.3, 3.7) di sviluppare un cancro alla prostata rispetto agli uomini che consumano latte intero. Gli altri tre studi non hanno trovato un’associazione significativa tra l’assunzione di latticini e il rischio di cancro alla prostata. Sulla base di questi risultati, una delle conclusioni citate dagli autori è che le prove disponibili, per quanto riguarda alcuni latticini specifici, rimangono limitate o inconcludenti, cosa che impedisce di trarre conclusioni convincenti su quello specifico prodotto alimentare. Una limitazione importante considerata è che gli studi hanno utilizzato l’incidenza, la mortalità o entrambe come endpoint. Negli studi eziologici, l’incidenza è più appropriata perché la mortalità può essere determinata da altre variabili non alimentari (come il trattamento). Una meta-analisi sviluppata con studi di coorte o anche uno studio di intervento chiarirebbe la relazione tra l’assunzione totale di grassi e il cancro della prostata al fine di stabilire delle linee guida per la salute pubblica.
Latticini e osteoporosi/salute ossea
Ci sono state due meta-analisi o articoli di revisione sul rapporto tra salute delle ossa e assunzione di latticini, la più recente pubblicata nel 2000 da Weinsier e Krumdieck. Essi hanno individuato dodici articoli con un elevato numero di prove, vale a dire un trial randomizzato con un gruppo di controllo o con una coorte comprendente 3000 partecipanti e con un periodo medio di follow-up di 5 anni e risultati corretti per più di tre fattori, come età, sesso, BMI, attività fisica, stato della menopausa e/o terapia ormonale sostitutiva. Gli autori non hanno sviluppato una meta-analisi di questi studi e le conclusioni si sono basate sul confronto del numero di studi con risultati positivi, negativi o non definiti. Tra i dodici articoli, sei non hanno evidenziato alcun effetto tra l’assunzione di latticini e la salute delle ossa, cinque hanno messo in evidenza un effetto positivo e uno ha evidenziato un effetto negativo. Le donne sotto i 30 anni sembrano trarre il massimo beneficio. Anche se gli studi che hanno analizzato la tipologia di latticini sono scarsi, il latte sembra essere il più protettivo. Gli autori hanno sottolineato la presenza di alcune limitazioni al lavoro pubblicato fino a quel momento, sia in termini di metodologie che di campionamento. Queste limitazioni rendono difficile ottenere conclusioni e prove concrete sugli effetti del consumo dei prodotti lattiero-caseari sulla salute delle ossa. È importante ricordare che alcuni risultati sono statisticamente significativi ma clinicamente poco rilevanti in quanto l’assunzione di Ca potrebbe essere responsabile solo dell’1% della variabilità interindividuale della massa ossea. Un altro problema è che ciò che è importante per il livello di densità del sistema osseo, non è l’assunzione a breve termine di prodotti lattiero-caseari, ma l’assunzione abituale che avviene durante tutta la vita. Inoltre, come ulteriore limitazione menzionata da altri autori, gli articoli devono tenere conto della presenza di altre variabili dietetiche e di stile di vita che potrebbero influenzare la salute delle ossa, come il consumo di frutta, di bevande gassate dolci , l’attività fisica, il fumo e il consumo di alcool. Nel 1997, Cumming e Nevitt hanno pubblicato una revisione sistematica per valutare l’efficacia del Ca (come integratore o proveniente direttamente da alimenti) nella prevenzione delle fratture da osteoporosi nelle donne in post menopausa. Questo lavoro era però più limitato di quello precedente poiché solo gli studi con esito di frattura erano ritenuti idonei. Hanno individuato quattordici studi che hanno valutato le integrazioni di Ca (quattro studi randomizzati, tre studi non randomizzati e sette studi epidemiologici osservazionali) e ventitré studi osservazionali che hanno valutato l’assunzione di Ca mediante gli alimenti (studi non randomizzati). Tutti e quattro gli studi randomizzati hanno riportato una riduzione del rischio nelle donne che ricevevano integrazioni di Ca. La diminuzione del rischio di frattura variava dal 26 al 70% con una dose media di Ca di 1050 mg/die. Gli autori hanno evidenziato anche alcune limitazioni: in uno studio i soggetti stavano prendendo contemporaneamente Ca e vitamina D3 e in altri era diversa la definizione di frattura (diminuzione radiologica del peso del corpo vertebrale, rapporto tra altezza anteriore e altezza posteriore del corpo vertebrale, o fratture sintomatiche del polso e delle mani). Gli autori potrebbero utilizzare il metodo di meta-analisi per analizzare i risultati dei sedici degli studi osservazionali che hanno valutato l’effetto del Ca alimentare anche se tra questi studi, a causa dell’eterogeneità, i risultati individuali non erano coerenti. Raccogliendo i risultati di questi sedici studi, gli autori hanno raggiunto un OR per la frattura dell’anca di 0,96 (95% IC 0.93, 0.99) per 300 mg/d di aumento di Ca dietetico e di 0,88 (95% IC 0.80, 0.07) per 1000 mg/die. 300 mg è l’equivalente di un bicchiere di latte al giorno e 1000 mg è il valore di un’usuale integrazione di Ca. Se limitavano l’analisi ai cinque studi di coorte, anche l’OR d’insieme per 300 mg/die era di 0,96, ma il 95% di IC non risultava più significativo (da 0.91 a 1.02). La principale conclusione evidenziata dagli autori era che l’aumento della somministrazione di Ca nelle donne in post menopausa sembrava essere associato ad una riduzione del rischio di frattura, con una riduzione del rischio del 30% circa tra quei soggetti che assumevano quantità maggiori di Ca (1 g al giorno come integrazione). Gli autori hanno detto che l’insieme dei risultati statistici non elimina qualche errore scientifico presente negli studi d’insieme e hanno sottolineato la necessità di sviluppare studi più ampi che hanno fratture sintomatiche come risultato.
Latticini e malattie cardiovascolari
La CVD è un ampio gruppo che comprende malattie cardiache (incluse le malattie coronariche e l’infarto miocardico) e malattie vascolari (tra cui ipertensione e ictus). Ci saranno quasi 100 revisioni sistematiche che coinvolgono le CVD e il ruolo dei latticini, oltre ad altre variabili alimentari e non. Tuttavia, solo sei erano più orientati verso il consumo di latticini.
Latticini e ipertensione
L’ipertensione è un fattore di rischio importante per la CHD e l’ictus, con un’elevata prevalenza in Europa. Un’ampia revisione pubblicata da Hermansen (2000) in un supplemento del British Journal of Nutrition ha sottolineato che la prevenzione e la gestione dell’ipertensione – a livello individuale e a livello di popolazione – dovrebbe essere una priorità per le autorità sanitarie pubbliche. Un passo essenziale per raggiungere questo obiettivo con mezzi meno invasivi è il cambiamento dell’alimentazione. La review ha fornito delle prove sul fatto che le modificazioni dietetiche influenzano la propensione a sviluppare, o meno, l’ipertensione. È stato sottolineato però che non esistono prove dirette che riducendo la pressione sanguigna, attraverso misure dietetiche, si riduca anche il rischio di CVD. In questa review è stato riesaminato l’aspetto riguardante il cambiamento della dieta. Due meta-analisi hanno raccolto dati provenienti da studi randomizzati controllati per valutare gli effetti dell’integrazione dietetica di Ca sulla pressione sanguigna (Hermansen, 2000). Entrambe hanno mostrato un cambiamento nella pressione sanguigna sistolica (SBP) compreso tra lo 0.5 e l’1.7 mmHg (riduzione maggiore nei soggetti ipertesi), mentre la pressione arteriosa diastolica (DBP) non è stata alterata. Un aspetto evidenziato in questa review è che, ad eccezione di quelli sul consumo di alcol, non ci sono studi clinici di intervento riguardo la correlazione tra l’assunzione di macronutrienti e la regolazione della pressione arteriosa. Hanno identificato un problema analogo nello studio riguardo l’effetto del cambiamento di uno specifico macronutriente. Al fine di mantenere il consumo totale di energia, i soggetti devono modificare simultaneamente l’assunzione di altri macronutrienti, pertanto la causa reale degli effetti sulla salute potrebbe restare incerta. Oltre ai cambiamenti di un micro – o di un macronutriente, i cambiamenti complessivi nel modello alimentare potrebbero avere grande importanza. Lo studio Dietary Approach to Stopo Hypertension(DASH) è stato specificamente menzionato nella review. Questo studio è un trial clinico controllato randomizzato che ha avuto inizio nel 1995 e ha dimostrato che una dieta ricca di latticini a bassa percentuale di grassi, di frutta e di verdura sarebbe in grado di abbassare i livelli della pressione sanguigna. L’esperimento consisteva nel seguire una dieta combinata per 3 settimane. Questa era ricca di frutta e verdura (dieci porzioni al giorno) e di latticini a basso contenuto di grassi (tre porzioni giornaliere che comprendevano 360 ml di latte scremato o parzialmente scremato, 86 g di yogurt e 39 g di formaggio). In due settimane questa dieta combinata ha portato una riduzione della pressione sanguigna, suggerendo che i cambiamenti dietetici complessivi possono avere effetti più significativi sulla pressione sanguigna rispetto alla modificazione di un singolo nutriente. Nelle conclusioni, l’autore ha affermato che i cambiamenti di stile di vita proposti per mantenere un adeguato controllo della pressione sanguigna potrebbero avere un’ulteriore vasta gamma di effetti benefici, cosa che non si verifica utilizzando la maggior parte dei farmaci antipertensivi. Nel 2003, una review che riassumeva i risultati della dieta DASH è stata pubblicata da Craddick et al. Tre o quattro porzioni giornaliere di latticini potrebbero diminuire la SBP in soggetti ipertesi e non di -2.7mmHg (97.5% IC -4.6, -0.9) e la DBP di -1.9 mmHg (97.5% IC -3.3, -0.6), rispetto ad una dieta ricca di frutta e verdura ma con un basso contenuto di prodotti lattiero-caseari. Sulla base di questo, gli autori raccomandano che i soggetti con pressione sanguigna ≥ a 120/80mmHg abbiano uno stile di vita sano mantenendo il peso corporeo adeguato, riducendo l’assunzione di Na, aumentando l’attività fisica regolare, limitando il consumo di alcol, riducendo i grassi e seguendo la dieta DASH che comprende un’elevata quantità di frutta, verdura e latticini magri. È stato dimostrato che questa dieta è in grado di ridurre significativamente la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo e di omocisteina nel sangue e di aumentare i benefici legati alla terapia farmacologica antipertensiva. Un’altra recensione pubblicata da Miller et al. (2000) è andata oltre la review dello studio DASH e ha fatto una revisione anche delle principali prove ottenute da precedenti studi osservazionali riguardanti l’assunzione di Ca con la dieta e l’ipertensione. Cappuccio et al., in una meta analisi che è stata rivista da Birkett 3 anni dopo, ha riassunto gli studi osservazionali del 1995. Questa meta analisi stimava una riduzione d’insieme dell’SBP di -0.39 mmHg (con un range tra lo -0.47 e lo -0.31) e di -0.21mmHg (range 0.67 a -0.02) nella DBP, per 100 mg di aumento di Ca alimentare. Allo stesso tempo, Bucher e i suoi collaboratori hanno intrapreso un’altra meta-analisi di studi controllati randomizzati sull’integrazione di Ca e il controllo della pressione sanguigna e questa meta-analisi è stata aggiornata anche alcuni anni dopo. Anche se le integrazioni di Ca non rientrano nell’ambito della presente review, l’analisi di quarantadue studi giudicati idonei ha rivelato delle diminuzioni significative della SBP (-1,44 mmHg, 95% IC -2.2, 0.68) e anche nella DBP, -0.84 mmHg (95 % IC -1.44, -0.24). Guardando alle prove pubblicate, per prevenire l’ipertensione si raccomanda una dieta con basso tenore di Na e con adeguate assunzioni di Ca, Mg e K. I latticini a basso contenuto di grassi soddisfano questa raccomandazione.
Latticini e ictus
L’ipertensione è il principale fattore di rischio per l’ictus. Tuttavia, quasi il 50% dei casi si verifica in soggetti con valori normali o nel limite superiore della pressione sanguigna. Nel 2001, è stata pubblicata da Massey una review sul consumo di prodotti lattiero-caseari, sulla pressione sanguigna e sull’ictus. Sono stati citati due studi sui latticini e sull’incidenza di ictus. Lo studio di Honolulu ha mostrato che gli uomini che non consumano latte, hanno un’incidenza doppia di soffrire di ictus rispetto a quelli che consumano ogni giorno due bicchieri o più di latte (un bicchiere da 240 ml). Quando hanno analizzato le fonti di Ca (alimentare o come integratore sintetico), hanno osservato che solo il Ca di provenienza alimentare era protettivo contro l’ictus. Ciò può essere dovuto alla presenza di altri componenti protettivi contenuti nei latticini o alla corretta assunzione di base di calcio alimentare che hanno quei soggetti che usano anche integratori Ca. Nel Nurses’s Health Study, l’assunzione di tre minerali che sono presenti nei latticini (Ca, Mg e K) è stata associata ad una diminuzione del rischio di ictus, con un RR intorno a 0.7. Questa associazione negativa è più evidente per il Ca proveniente dai prodotti lattiero-caseari che per quello proveniente da altri alimenti. Un’altra review sui fattori nutrizionali e sull’ictus è stata pubblicata da Gariballa (2000). L’autore ha esaminato uno studio mediante il quale è stato dimostrato un effetto protettivo del consumo di latte sul rischio di sviluppare un ictus su base ischemica sugli uomini di mezza età inclusi nell’Honolulu Heart Program. L’aumento dell’assunzione di Ca alimentare proveniente da latticini sembra avere un effetto protettivo contro l’ictus tromboembolico che era indipendente da fattori di rischio concomitanti (P ˂0.05). C’era un aumento di due volte del rischio di manifestare un ictus in uomini che non bevevano latte rispetto a quelli che ne consumavano quasi 500 ml/die o più (P ˂0.05). In questo studio, il Ca assunto ma non proveniente da latticini non ha mostrato alcun effetto protettivo, sottolineando l’importanza di altre variabili relative al consumo di latte. Un limite di questo studio è che la coorte di Honululu aveva dei livelli inferiori di consumo di latticini rispetto ad altri campioni basati sulla popolazione, per questo non è stato possibile prendere in esame gli effetti di un aumento dell’assunzione di Ca alimentare (o gli effetti di un’integrazione) che possono essere comunemente osservati in altre comunità. Anche se con alcune limitazioni, le prove supportano l’ipotesi che l’assunzione di latticini possa essere associata ad un minore rischio di ictus o di danno cerebrovascolare. È difficile associare l’effetto protettivo dei prodotti lattiero-caseari ad un unico micronutriente. Un equilibrio metabolico adeguato tra Ca, Mg e K è importante. I latticini sono buone fonti alimentari di questi minerali. Sono necessari ulteriori studi per valutare gli effetti dell’introduzione di latticini per lunghi periodi. Al fine di stabilire linee guida adeguate per la prevenzione dell’ictus, gli studi prospettici devono analizzare complessivamente il modello dietetico e il consumo di cibo, piuttosto che l’assunzione di singoli nutrienti.
Latticini e patologie cardiache
Recentemente è stata pubblicata una review di uno studio di coorte sul consumo di latte e sull’IHD (Elwood et al., 2004). Gli autori hanno incluso dieci studi prospettici di coorte nei quali l’incidenza dell’IHD era correlata all’assunzione di latte. Una stima d’insieme dell’ OR dell’IHD nei soggetti con il consumo di latte più elevato è stata di 0.87 (95% IC 0.74, 1.03), rispetto a quelli con il consumo più basso. Gli autori hanno inoltre calcolato una stima d’insieme della probabilità di ictus, cioè 0.83 (95% IC 0.77, 0.90) per gli stessi soggetti (Figura 1). Solo tre studi sono stati corretti per l’assunzione totale di energia. La stima condivisa delle probabilità di un evento vascolare (IHD e/o ictus ischemico) è stata di 0.85 (95% IC 0.70, 1.03). Gli autori hanno stabilito che il consumo di latte non è associato ad un aumento del rischio di malattie cardiache o ictus.
Conclusioni
Ci sono limitazioni etiche e metodologiche riguardo lo sviluppo di studi clinici controllati randomizzati sulla sanità pubblica alimentare. Per valutare l’effetto di qualsiasi intervento dietetico è molto importante risolvere le limitazioni legate alle metodiche disponibili. È necessario sviluppare metodiche più standardizzati per ripensare le variabili dietetiche. È stato detto che i diversi metodi di valutazione alimentare potrebbero produrre risultati diversi, a causa della mancata classificazione dei soggetti. Occorrono ulteriori indagini per sviluppare strumenti che evitino questa limitazione nella valutazione delle variabili dietetiche. È importante raccogliere i risultati di diversi studi, in modo simile al Pooling Project (Boyd et al., 1993; Cho et al., 2004). Nel Pooling Project, non c’erano partecipanti provenienti dai Paesi del Mediterraneo o del Sud Europa. Questo perché in questi paesi il consumo di prodotti lattiero-caseari e le altre abitudini alimentari sono piuttosto diverse da quelle dei paesi nord-europei e nordamericani. A causa dell’ampia variabilità nell’assunzione media di latticini, lo stesso individuo potrebbe essere considerato un grande consumatore in un certo contesto e uno scarso consumatore in un altro. La composizione nutrizionale dei prodotti lattiero-caseari potrebbe variare a seconda del paese, a causa della diversa politica di integrazione chimica seguita in ciascuno di essi. La promozione di studi prospettici nei diversi Paesi (come gli studi European Prospect Investigation into Cancer and Nutrition e Supplementation en Vitamines et Minéraux Antioxidantes nell’Europa meridionale) e l’inserimento di dati nei progetti d’insieme, potrebbero portare ad una miglior comprensione della correlazione tra latticini e salute. Alcune considerazioni basate sugli studi citati potrebbero migliorare gli studi futuri. È molto importante considerare tutte le variabili, alimentari e non, che potrebbero influenzare il rischio di sviluppare alcune malattie. Il consumo di latticini è probabilmente associato ad assunzioni, superiori o inferiori, di altre sostanze nutritive e può essere associato ad un comportamento sano o ad altri fattori benefici che potrebbero essere difficili da individuare. È inoltre importante definire per ogni malattia il miglior end-point. Ad esempio, le fratture sintomatiche sarebbero un buon end-point negli studi sulla salute delle ossa e, negli studi sul cancro, l’incidenza della neoplasia è un end-point migliore rispetto alla mortalità perla stessa. Quando è in fase di studio l’effetto di un cambiamento riguardante un macronutriente specifico, c’è un altro problema intrinseco. Al fine di mantenere stabile il consumo totale di energia, i soggetti devono modificare contemporaneamente l’assunzione di altri macronutrienti. Per questa ragione, la vera causa del risultato sulla salute potrebbe rimanere incerta. È anche molto importante valutare gli effetti dell’assunzione dei latticini nel lungo periodo. Al fine di stabilire linee guida adeguate per la prevenzione delle malattie, gli studi prospettici devono analizzare il modello dietetico generale e il consumo di alimenti, piuttosto che l’assunzione di singoli nutrienti. Quando vengono fatte raccomandazioni sulle abitudini alimentari, va sottolineato che anche i cambiamenti e dello stile di vita preposti alla riduzione dei rischi possono avere un valore aggiunto. Questi cambiamenti di stile di vita comprendono una vasta gamma di ulteriori effetti benefici, cosa che non può essere detta anche per i farmaci di uso più comune.
Riferimenti
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