Nell’allevamento ovino, esiste un fenomeno di faziosità tra gli allevatori sul tipo di razza da allevare, soprattutto se si parla di razze estere. Quello che muove gli scontri è il legame con il territorio, la passione e la dedizione che gli allevatori mettono nel fare il proprio mestiere, passione che permette di resistere anche in condizioni avverse come quella attuale, in cui il prezzo del latte scende progressivamente ed il prezzo delle materie prime tende a salire, soprattutto per i vari fenomeni che coinvolgono i raccolti (siccità, selvaggina e eventi atmosferici in genere). Viste le circostanze attuali gli allevatori si domandano se allevare razze meno rustiche e più produttive o razze più rustiche ma meno produttive. La risposta a questa domanda non è univoca, ma dipende dal territorio in cui è ubicata l’azienda. Una soluzione a riguardo è allevare la razza Comisana.

La pecora Comisana, conosciuta anche come “faccia rossa”, ”testa rossa” o “lentinese”, è originaria della Sicilia, più precisamente del Comune di Comiso, dal quale ne deriva il nome, in provincia di Ragusa, e in provincia di Siracusa. Questa razza deriva da incroci tra ovini autoctoni siciliani e diverse razze proveniente dal mediterraneo, ma l’ipotesi più conosciuta è che derivi dalla pecora maltese, da cui avrebbe ereditato la notevole attitudine lattifera. La selezione genetica è arrivata ai caratteri definitivi agli inizi del xx secolo, vedendo poi la diffusione della pecora comisana nelle zone della pianura di Caltanissetta e di Agrigento “in purezza”, incrociata con la pecora locale in provincia di Enna e di Palermo ed incrociata con la razza sarda in provincia di Trapani. In generale la selezione massale ha sempre puntato alla produzione del latte.

Grazie agli incroci di razza effettuati ed alla continua selezione genetica, questa razza ovina ha raggiunto un’elevata versatilità ed adattabilità agli allevamenti intensivi o semi-intensivi, sebbene la tradizione vede la pecora comisana allevata allo stato brado, essendo una razza rustica in grado di valorizzare i magri pascoli che vegetano sui monti Iblei.

Le pecore comisane e sarde negli anni passati hanno colonizzato gran parte delle regioni italiane, anche in territori ben diversi da quelli originari. Il motivo di questo successo, in particolare della comisana, è dato dalla grande capacità di produrre latte di alta qualità, anche in condizione estreme. In Sicilia vengono allevati soprattutto soggetti in purezza, nel resto d’Italia gli arieti comisani sono serviti a migliorare le razze autoctone (per esempio, in Calabria con le pecore di razza gentile di Puglia, ceppo calabrese).

Entrando nel tema della “purezza” della razza, anche qui esistono due schieramenti: chi alleva in purezza e chi no. In entrambi i casi l’allevatore si trova di fronte vantaggi e svantaggi:

  • allevare in purezza significa ottenere una produzione di latte più alta e costante tutto l’anno e questo consente di stipulare accordi contrattuali e di avere delle entrate (entrate non è sinonimo di guadagno) costanti e sicure tutto l’anno. Quest’ultimo aspetto è quello che porta ad avere una capacità d’investimento più alta nella propria azienda;
  • allevare razze meticce significa sfruttare l’eterosi ossia l’accoppiamento tra due individui geneticamente diversi, pratica applicata soprattutto per la produzione di carne in quanto l’accrescimento degli agnelli è molto spinto. Solitamente le pecore nate da un incrocio, producono meno latte, ma sono caratterizzate da una buona longevità funzionale, ovvero producono per più tempo rispetto a quelle pure.

Bisogna considerare anche la salute degli animali e le razze meticce hanno una maggiore resistenza alle malattie, questo anche se è di aiuto non è una soluzione, in quanto bisognerebbe sempre capire come evitare la manifestazione della malattia (la cosiddetta profilassi, pilastro della biosicurezza).

Quindi la scelta degli animali da allevare è legata agli obiettivi che l’azienda si pone ed alla relativa valutazione economica.

Morfologia della pecora Comisana

Vello: bianco, con la presenza di maculature rosso mattone.

Produzione di lana, di qualità grossolana: 2.5 kg per gli arieti e di 1.3 kg per le pecore.

Testa: fine, allungata e leggera, di colore rosso mattone con una caratteristica striscia bianca che parte dal labbro superiore per arrivare nella zona fronto-nasale. Il profilo è rettilineo o lievemente montonino.

Collo: sottile, di media lunghezza, con assenza di lana nella zona iugulo-sternale. Possono essere presenti tettole in ambo i sessi.

Tronco: la regione addominale è normalmente priva di lana così come la regione sternale.

Mammella: consistente, con un’ampia base di attacco e la pelle è fine e untuosa. Presenta un solco mediano non eccessivamente sviluppato con capezzoli armonicamente sviluppati.

Aspetti della mungitura manuale

In Sicilia, in passato era molto affermata la mungitura manuale, oggi è rara, avvenendo solo nei piccoli allevamenti. Un’antica tecnica di mungitura prevedeva l’ingresso della pecora da un cancello per raggiungere la postazione di mungitura, nella parte anteriore un altro cancello manovrato dal mungiture bloccava la pecora. Questa tecnica era utile soprattutto per le primipare o per le pecore con particolari vizi, che tendevano a fuggire per evitare che il mungitore toccasse la mammella (in generale tutte le pecore sono molto gelose della loro mammella). La mungitura manuale ha contribuito alla selezione massale delle pecore nella morfologia della mammella, infatti quasi tutte le razze presentano dei capezzoli abbastanza pronunciati, in quanto così risultano più maneggevoli.

Tipologia di allevamento e razione alimentare

Altro aspetto importante è quella della conduzione di questi animali: si va dallo stato brado fino all’allevamento intensivo, anche se la pratica più utilizzata è quella semi-estensiva. A seconda della stagione, le pecore vengono poste in stalla e fornite di integrazioni alimentari, oltre l’erba di pascolo. Questo metodo è indispensabile per gli animali produttivi dato che l’erba è sì un alimento eccezionale, ma il suo contenuto in acqua varia mediamente dal 70% al 80%, per cui una copertura dei fabbisogni (in animali molto produttivi) diventa pressoché impossibile. Quando si parla di integrazione alimentare generalmente si fa riferimento alla quantità di foraggio sul totale della razione che varia dal 50% allo 80%: va da sé che bisogna scegliere con cura sia l’epoca di sfalcio che le specie botaniche presenti.

Un aspetto importante è la qualità dei foraggi: anche se questi animali sono rustici non significa che debbano mangiare foraggi di scarsa qualità. Infatti la rusticità di un animale al pascolo, che quindi si adatta a vari ecosistemi non implica il fatto che sia altrettanto rustico in stalla, infatti gli animali che hanno accesso al pascolo tutti i giorni non consumano come dovrebbero fieni di bassa qualità, in quanto non avrebbe senso far occupare volume ad un alimento di bassa qualità se dopo poche ore gli animali vengono inviati al pascolo. Certo questo è un ragionamento molto “umanizzato”, ma se si ha la possibilità di osservare il comportamento in mangiatoia si potrà apprezzare questa particolare tendenza negli animali. Quindi, qualora si volesse valorizzare tutto il potenziale genetico delle pecore rustiche, la razione dovrà essere composta da eccellente fieno (raccolto giovane, quindi poco lignificato) e da un concentrato caratterizzato da diverse materie prime (cereali, leguminose, alimenti fibrosi di alta digeribilità ed eventuali integratori), somministrando una razione in base agli effettivi fabbisogni.

I vantaggi dell’integrazione alimentare in stalla sono molteplici: quando l’animale si avvia al pascolo non digiuno sceglie le erbe migliori con relativi benefici alla qualità del latte, è meno esposto a rischi di fenomeni di meteorismo e blocchi ruminali, dovuti il più delle volte al consumo di leguminose giovani e/o bagnate consumate voracemente, gode di un maggior benessere perché l’animale sazio durante particolari avversità climatiche (piogge violente, caldo eccessivo, vento eccessivo, etc.) e trova riparo molto più volentieri di quando non lo è, cosa da non sottovalutare in questi casi è il maggior benessere del pastore.

Altro vantaggio, forse il più importante, è la sinergia tra la razione consumata in stalla ed e l’erba che ha un alto valore nutritivo, ma dato il suo tenore in acqua e la sua ridotta granulometria tende a passare molto velocemente negli altri prestomaci: questo si traduce in fermentazioni lungo tutto l’apparato gastroenterico. Quando l’erba trova una base (soprattutto foraggi), tende a miscelarsi con tutto il contenuto permanendo di più nel rumine, che così potrà assorbire una maggiore quantità di sottoprodotti della fermentazione batterica; in ogni caso, l’erba produce una buona parte dei gas classici della fermentazione ruminale, che nel rumine sono facilmente eliminabili, mentre ciò non succede negli altri prestomaci. Si ottiene così una maggiore stabilità anche del pH ruminale in quanto il rumine, alla pari di un motore, lavora costantemente tutto il giorno, e questo aspetto si ripercuote positivamente anche sul comportamento degli animali, che essendo più tranquilli producono di più.

Quanto detto in precedenza vale per tutte le fasi produttive. Particolare attenzione va posta nei periodi critici, ovvero: messa in asciutta, fine gestazione per consentire uno sviluppo ottimale del feto e per la produzione di un buon colostro, periodo che intercorrere tra il parto ed il picco produttivo per attenuare il fisiologico bilancio energetico e proteico negativo, il quale si tradurrebbe in un dimagramento che, se troppo spinto, può portare anche a fenomeni di chetosi.

Dati sulle performance produttive

Dati biometrici (medi):

  • Arieti: altezza 80 cm; peso 80 kg
  • Femmine: altezza 70 cm; peso 50 kg.

Caratteri produttivi – latte

In un allevamento estensivo la produzione di latte è circa 70 litri per le primipare e 100/120 litri per le pluripare. Nell’allevamento intensivo le quantità aumentano, con una produzione fino a 100 litri nel caso delle le primipare e 170/200 litri per le pluripare. Questi dati sono al netto della poppata degli agnelli. Il latte è composto da 6.5% di grasso e 5.2% di proteine, con rese casearie di 20 kg di formaggio su 100 litri di latte, ma questo ovviamente varia in base alla tipologia di prodotti e delle tecniche di caseificazione.

Caratteri produttivi – carne

Agnelli: peso alla nascita 3-4 kg; peso a 30 gg 7-8.5 kg fino ad arrivare al primo anno di età con un peso di 36-45 kg. Nei maschi i valori sono più alti.

Caratteri riproduttivi

La comisana è una razza poliestrale annuale, che a detta degli allevatori non ha nessuna difficoltà a rimanere gravida durante tutto l’anno. Ha un tasso di fertilità del 95%, ovvero su 100 pecore alla monta rimangono fecondate mediamente 95, con una prolificità del 180% (180 agnelli nati su 100 pecore) ed un’età media al primo parto di 16 mesi.

Qualità del latte

La qualità  del latte è dovuta soprattutto alle materie prime consumate ed alle erbe spontanee: ricordiamo che la Sicilia è una regione forte nella produzione di agrumi, olio, frutta e ortaggi in genere, e che gli scarti della lavorazione vengono valorizzati aggiungendoli alla razione quotidiana delle pecore. Questo si traduce in un’elevata variabilità del gusto dei prodotti lattiero-caseari, condizione questa che comporta un valore aggiunto alla bontà dei prodotti, molto ricercati dai consumatori. La Sicilia è infatti famosa per il suo pecorino, per la sua “vastedda”, ma anche per la produzione della ricotta, ingrediente principale nella nobile tradizione dolciaria sicula.

 

Si ringraziano, per la loro preziosa collaborazione, l’allevatore Giuseppe Ferraro e la Dott.ssa Ludovica Liguori.

Bibliografia

Cuttone G., “Guida all’allevamento della pecora da latte”

Giannone M., “Gli ovini da latte”