Introduzione

Biochimica dei grassi

La storia della denigrazione dei grassi – dal 1904 al 1951

La storia della denigrazione dei grassi – dal 1951 al 1977

La storia della denigrazione dei grassi – dal 1977 ai giorni nostri

Conclusione

Riferimenti

Andrew Samis, Queen’s University Kingston, Ontario, Canada

Introduzione

Non c’è dubbio che esista una grande confusione per quanto concerne lo stato di salute ed il consumo di grassi saturi. Effettuando una semplice ricerca su internet potremmo trovare un certo numero di informazioni, tra cui alcuni validi studi scientifici, sia che ci mettono in guardia dal consumare i grassi saturi sia che ne sposano le virtù. Anche il venerabile Time Magazine fa sua questa dicotomia con una prima pagina, datata 26 marzo 1984, che metteva in guardia dal consumo di cibi ricchi di colesterolo, ma anche con una copertina del giugno 2014 che proclamava come tutti noi dovremmo consumare burro (Time Magazine 1984, Time Magazine 2014). In questo breve testo cercherò di tracciare la storia di questo controverso componente della dieta allo scopo di delineare le basi su cui poggiano alcune delle controversie.

Biochimica dei grassi

Quando si affronta una discussione sui grassi è meglio iniziare con una revisione di alcuni aspetti biochimici di base (Lowry 2004). Il dibattito sui grassi introdotti con l’alimentazione prevede termini come “grassi saturi”, “grassi insaturi” e “grassi trans”, quindi è importante avere delle conoscenze di base. In primo luogo, la struttura molecolare del grasso è costituita da uno scheletro di glicerolo e da tre code di acidi grassi. Gli acidi grassi si trovano in quelle che vengono chiamate posizioni Sn1, Sn2, e Sn3 sul glicerolo, cosa che fa apparire la molecola come una grande lettera “E”, dove il glicerolo rappresenta il tratto verticale della lettera e gli acidi grassi i tre trattini orizzontali.

Quando parliamo di grassi il termine “saturo” si riferisce ad uno stato nel quale tutti i carboni delle catene degli acidi grassi hanno il numero massimo di atomi di idrogeno legati ad essi. Questo produce delle “E” allineate in termini di forma molecolare. Se manca un atomo di idrogeno su un dato atomo di carbonio, si crea soltanto un doppio legame carbonio-carbonio, che costituisce un acido grasso monoinsaturo o MUFA. Se manca più di un idrogeno, e quindi si formano più doppi legami carbonio-carbonio, questo porta alla formazione di acidi grassi polinsaturi o PUFA.

I PUFA sono suddivisi in acidi grassi Omega-6 e Omega-3. Il termine Omega-6 o Omega-3 si riferisce alla posizione molecolare in cui si localizza il primo doppio legame. La forma ad E del grasso saturo permette alle molecole di impaccarsi strettamente tra di loro e le rende solide a temperatura ambiente (i grassi animali). Negli acidi grassi insaturi i doppi legami carbonio-carbonio producono una piega nella molecola degli acidi grassi che ne impedirà lo stretto impaccamento, rendendoli liquidi a temperatura ambiente (gli oli vegetali).

Pertanto, i grassi si dividono in due grandi categorie: i grassi saturi e i grassi insaturi (Figura 1). I grassi saturi si trovano principalmente nei latticini e nella carne, ma anche nei tuorli d’uovo, nell’olio di cocco e nel cioccolato fondente. I grassi saturi sono spesso chiamati “grassi sat” o SFA (saturated fat acid). Come detto in precedenza, i grassi insaturi vengono suddivisi in due grandi categorie, gli acidi grassi monoinsaturi o MUFA e i gli acidi grassi polinsaturi o PUFA (Figura 1).

I MUFA, in termini molto generali, sono rappresentati da quei grassi citati nel modello dietetico mediterraneo (vedi l’olio d’oliva), anche se si tratta di una semplificazione eccessiva. I PUFA sono ulteriormente suddivisi in acidi grassi Omega-3 e acidi grassi Omega-6. Esempi di acidi grassi Omege-3 sono quei grassi che si ritrovano negli oli derivati da pesci che vivono in acque fredde, come l’olio di fegato di merluzzo e l’olio di salmone. I PUFA omega-6 rappresentano quegli oli vegetali che le linee guida per una dieta a basso contenuto di grassi vorrebbero che le persone assumessero al posto dei grassi della carne o del burro, tra cui l’olio di girasole, l’olio di cartamo e l’olio di mais, e dai quali deriva la margarina.

È importante ricordare che gli alimenti contengono in realtà un mix di molteplici tipologie di grassi, e niente è composto esclusivamente da una sola categoria. Per esempio, 100 g di grasso di manzo contengono 50 g di grassi saturi, 4 g di grassi polinsaturi e 42 g di grassi monoinsaturi.

I grassi trans industriali sono grassi prodotti dall’uomo attraverso un processo chiamato idrogenazione, che comporta l’aggiunta artificiale di atomi di idrogeno ad oli vegetali insaturi in un’industria che impiega catalizzatori metallici, il vuoto e il calore elevato (Figura 1). Questo fa si che si possa ottenere un prodotto solido ed analogo ad un grasso saturo di origine animale, ma proveniente da un olio di origine vegetale. L’idrogenazione converte gli oli vegetali liquidi in grassi solidi o semisolidi che sono stabili a temperatura ambiente. I grassi trans vengono aggiunti agli alimenti (ad esempio, biscotti, patatine fritte) per aumentare la durata della conservazione. Fino a poco tempo fa, i grassi trans erano la tipologia di grasso più utilizzata nella maggior parte dei prodotti da forno in commercio, e rappresentavano fino all’1-2 % dell’energia totale della dieta nordamericana o il 7% dei grassi totali. Il consumo di grassi trans è associato ad un aumento del rischio di malattie coronariche e di decessi per malattie cardiache, e si stanno compiendo molti sforzi per eliminarli. Questa nozione scientifica non è in discussione.

La storia della denigrazione dei grassi – dal 1904 al 1951

Per capire il perché i grassi saturi siano diventati il fulcro del dibattito sulla dieta e sulla salute nel mondo occidentale, è necessario conoscere la storia della scoperta scientifica di questo componente della dieta.

Il termine aterosclerosi è stato introdotto dal patologo tedesco Dr. Felix Marchand dell’Università di Lipsia nel 1904, il quale ha individuato in essa la responsabilità della maggior parte dei processi ostruttivi nelle arterie. Il termine deriva dal greco “athere” che significa pappa e “skleros” che significa duro (Marchand 1904).

Il passo successivo nel percorso storico che ha portato a definire il grasso come un elemento dietetico malsano è avvenuto nel 1908 quando il Dr. Alexander Ignatowski, dell’Accademia Medica Imperiale di San Pietroburgo in Russia, iniziò ad alimentare alcuni conigli con latte intero, uova e carne. Scoprì che avevano sviluppato delle concrezioni gialle nell’aorta che somigliavano alla placca aterosclerotica descritta quattro anni prima dal Dr. Marchand. Questo gli ha fatto formulare l’ipotesi che qualcosa nella dieta stesse ostruendo le arterie (Ignatowski 1908).

Oggi sappiamo come si trattasse di una grossolana semplificazione e di un falso scientifico. Mentre il Dr. Ignatowski conduceva i suoi esperimenti, dando da mangiare il grasso ai conigli all’Accademia Medica Imperiale, il Dr. Nikolaj Anitschkow stava completando il suo dottorato di ricerca presso lo stesso istituto. Venne a conoscenza e fu affascinato dagli esperimenti del Dr. Ignatowski. Il Dr. Anitschkow sarebbe diventato una delle tre persone più influenti nella storia del vilipendio dei grassi. Nei trent’anni successivi il Dr. Anitschkow e il suo gruppo stabilirono che la sostanza in grado di indurre le lesioni vascolari presente nella carne e nelle uova si chiamava colesterolo e che se i conigli fossero stati alimentati con colesterolo purificato al posto della carne e delle uova avrebbero sviluppato placche ancora più grandi (Anitschow e Chalatow 1913, 1983). Questi esperimenti sono diventati molto conosciuti, e replicati in pecore, vacche e cavalli.

Le conclusioni del Dr. Anitschkow, tratte da questa ricerca, sono state che “il colesterolo presente nella dieta (es. uova, carne) causa malattie cardiache”. Ciò che non venne tenuto in considerazione all’epoca fu, che questi animali da esperimento erano erbivori stretti, quindi non evoluti per mangiare carne. Paralleli ma meno noti esperimenti condotti su cani e ratti, animali che naturalmente mangiano carne, non hanno causato l’insorgenza di lesioni. Inoltre, i livelli di colesterolo nei conigli nutriti con colesterolo puro erano cinque volte superiori a quelli riscontrabili in un essere umano, e questi animali lo accumulavano nei tessuti connettivi perché semplicemente non riuscivano ad eliminarlo (Shul 1954).

Altre due scoperte scientifiche sono avvenute nel periodo in cui il dottor Anitschkow conduceva i suoi esperimenti sui conigli e anche queste sembravano rafforzare l’idea che i grassi non fossero un alimento sano. Il medico norvegese Dr. Carl Müller scoprì una malattia chiamata ipercolesterolemia familiare. Egli descrisse i segni fisici associati ad essa (gli alti livelli di colesterolo nel sangue) e l’ereditarietà autosomica dominante. Gli individui affetti da questo disturbo genetico sviluppavano la malattia aterosclerotica in giovane età.

Oggi sappiamo che si tratta di una mutazione che interessa il recettore delle LDL e che la fisiopatologia è più complessa di quanto si pensasse inizialmente, ma a quel tempo questo venne utilizzato come ulteriore prova del fatto che il consumo di colesterolo provocasse aterosclerosi (Müller 1939). La seconda importante scoperta fu fatta dal Dr. John Gofman dell’Università della California, il quale dimostrò che le placche aterosclerotiche contenevano effettivamente il colesterolo. Poi, nel 1950 e nel 1951, utilizzando centrifugati di sangue di coniglio alimentato con carne, scoprì il colesterolo HDL e quello LDL (Gofman 1955).

La scoperta del colesterolo nel sangue rafforzò ulteriormente l’idea che mangiare colesterolo fosse una causa della comparsa di malattie cardiovascolari, anche se ad oggi sappiamo quanto questo sia falso. L’errore degli scienziati dell’epoca era quello di mettere in correlazione il mangiare colesterolo con la sua presenza nel sangue, cosa che ad oggi sappiamo non essere associata (US Department of Health and Human Services 2015).

Tutti e tre questi eventi storici, il lavoro del Dr. Anitschkov sui conigli alimentati con carne, il lavoro del Dr. Müller sull’ipercolesterolemia familiare e il lavoro del Dr. Gofman hanno portato gli scienziati dell’epoca a concludere che mangiare colesterolo causava l’ostruzione delle arterie.

Il colesterolo alimentare era considerato come “ruggine biologica” e colpevole di intasare le arterie come “grasso caldo che si deposita in un canale di scolo freddo” (Taubes 2007, Teicholz 2014).

Tutto ciò portò alla formulazione, intorno al 1951, dell’“Ipotesi lipidica”. Questa ipotesi affermava che l’assunzione di colesterolo con la dieta provocava un aumento del colesterolo nel sangue che poi causava l’aterosclerosi e malattie cardiovascolari. Può sorprendere molti come questa ipotesi sia in realtà falsa. È stato dimostrato scientificamente come sia falso e non compare in nessuna linea guida dietetica a livello mondiale. Tuttavia, rimane in molti articoli della stampa laica e nelle “informazioni” trovate su internet.

La storia della denigrazione dei grassi – dal 1951 al 1977

Il passo successivo in termini di denigrazione dei grassi è stato compiuto negli anni ‘50 e ‘60 da un americano, il Dr Ancel Keys. Era un fisiologo e biologo dell’Università del Minnesota ed era uno scienziato molto legato al mondo della politica e molto motivato. Formulò l’ipotesi che il problema non fosse il colesterolo presente nella dieta, ma piuttosto tutti i grassi (soprattutto i grassi saturi). Formulando la “Diet-Heart Hypothesis” affermò che il consumo di grassi, soprattutto di quelli saturi, portava ad un aumento del colesterolo nel sangue e ad un aumento di malattie cardiovascolari (Andrade et al 2009).

Ha pubblicato il Seven Countries Study secondo il quale, nei sette paesi analizzati, il consumo di grassi alimentari sembrava rispecchiare i tassi di malattie cardiovascolari (USA, Finlandia, Jugoslavia, Giappone, Paesi Bassi, Italia, Grecia; Keys 1970; Keys et al. 1980). Venne mossa un’immediata critica verso Keys e la “Diet-Heart Hypothesis”, poiché l’autore aveva selezionato un sottoinsieme di tutti quei paesi per i quali erano disponibili i dati. Una pubblicazione del 1957, che utilizzava i dati provenienti da tutti i 21 paesi, non mostrava la tendenza ad un aumento delle malattie cardiovascolari in quei paesi che avevano aumentato il consumo di grassi (Yerushalmy e Hilleboe 1957).

Le istituzioni accademiche e cliniche, tra cui l’American Heart Assocation, inizialmente rifiutarono la “Diet-Heart Hypothesis” data la relazione fatta da Yerushalmy e Hilleboe, ma nel 1960 Ancel Keys diventò una delle 6 persone facenti parte della Nutrition Commitee dell’American Heart Association, e improvvisamente le cose cambiarono.

La “Diet-Heart Hypothesis” venne pubblicata nel famoso Journal of the American Medical Association (American Heart Assocation 1961). Si richiedeva una riduzione di tutti i grassi presenti nella dieta, sia vegetali che animali, ma l’obiettivo erano soprattutto i grassi animali (grassi saturi). Si chiedeva la sostituzione dei grassi saturi (carne e latticini) con i grassi insaturi (oli vegetali). Tutti questo per ridurre l’incidenza di infarto e di ictus. Tuttavia, nelle parole conclusive del documento si riconosce come non esistano chiare prove scientifiche in grado di avvalorare questa ipotesi, vista l’affermazione “conclusioni finali non sono state ancora raggiunte”. Questo è qualcosa che non avviene nell’attuale mondo delle pubblicazioni scientifiche, riviste come il JAMA non pubblicano teorie senza prove. Ci sono riviste che si occupano delle ipotesi mediche, ma non le riviste tradizionali. Questa era l’ipotesi formulata da Ancel Keys, ed è stata pubblicata per cause di forza maggiore e senza alcuna chiara evidenza scientifica.

La storia della denigrazione dei grassi – dal 1977 ai giorni nostri

George McGovern è stata la terza e ultima persona influente coinvolta nella fondazione della dottrina dietetica anti grasso. Era un eroe di guerra e un senatore americano molto importante, ma non era un uomo di scienza, piuttosto di arte. Il suo dottorato di ricerca era in Storia. Ma il suo curriculum come senatore degli Stati Uniti era rimarchevole. Era un pilota di bombardieri della Seconda Guerra Mondiale che aveva volato in 35 missioni condotte sull’Europa occupata dai tedeschi e ciò gli aveva permesso di guadagnarsi la Distinguished Flying Cross. Studiò per diventare ministro di culto metodista, poi ottenne il già citato dottorato di ricerca in Storia dalla Northwestern University. Ha poi prestato servizio per quattro anni nella U.S. House of Representatives, ai quali hanno fatto seguito diciotto anni al Senato come rappresentante del Sud Dakota. È stato il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti nel 1972 contro Richard Nixon e perse con un 61% – 37%, la seconda più grande sconfitta nella storia americana, per un totale di Collegi Elettorali di 520 a 17. Lo scoppio del Watergate nel 1972 aveva come bersaglio il DNC e le intercettazioni del quartier generale di McGovern. Era talmente conosciuto negli Stati Uniti che fu ospite del Saturday Night Live nel 1984.

La sua importanza era simile a quella che avrebbero adesso il defunto John McCain o Mitt Romney (McGovern 1977, Wikipedia 2018). Nel febbraio 1977 George McGovern ha presieduto la “Selected Commitee on Nutrition and Human Needs of the United States Senate” ed ha prodotto un rapporto intitolato “Obiettivi dietetici per gli Stati Uniti” (“Dietary Goals for the United States”). Seguendo un pensiero che sfida la logica, McGovern e altri Senatori ritennero di essere in grado di realizzare quello che in sostanza è un documento scientifico, senza che nessuno di loro fosse però uno scienziato. E piuttosto che usare rigorosi principi scientifici per rivedere e classificare le prove degli studi, tennero semplicemente delle udienze in Senato e ascoltarono varie persone prima di giungere a delle conclusioni. Si tratta di un approccio completamente non scientifico ad una questione prettamente scientifica e se altri settori della medicina usassero questa tipologia di approccio milioni di persone morirebbero inutilmente. Alle domande scientifiche si risponde con una rigorosa revisione scientifica, non tramite udienze politiche. Inoltre, lo stesso report fu scritto da personale del Senato che a sua volta non aveva alcuna preparazione scientifica.

Il comitato comprendeva alcuni dei senatori più importanti dell’epoca, tra cui Ted Kennedy (fratello di JFK e Robert), Bob Dole (che si candidò come vicepresidente e presidente perdendo in entrambi i casi) e Hubert Humphrey (ex vicepresidente che perse contro Nixon per la presidenza nel 1968; Dietary Goals for the United States 1977). Durante le udienze gli scienziati non poterono essere d’accordo con ciò che la scienza dietetica diceva, soprattutto per quanto riguardava i grassi. In parole povere, i senatori si sono trovati “di fronte a questioni che erano professionalmente incapaci di risolvere: conflitti con la scienza sull’interpretazione dei dati, questioni di validità scientifica e concetto di prove” (Oppenheimer e Benrubi 2014). Molti scienziati supplicarono i senatori di non pubblicare il rapporto in assenza prove, ma la commissione ignorò questi avvertimenti e lo fece comunque. Al termine delle udienze il “Rapporto McGovern” delineava sei obiettivi dietetici per la popolazione degli Stati Uniti (Figura 2).

Tre di questi riguardavano i grassi: 2) ridurre i grassi totali, 3) ridurre i grassi saturi, 4) ridurre il colesterolo. Oggi sappiamo che non esisteva alcuna prova scientifica che giustificasse una riduzione dei grassi come affermato nel rapporto McGovern. Questo grazie alla ricercatrice britannica Dr. Zoe Harcombe che ha condotto una review sistematica e una meta-analisi degli studi controllati randomizzati a disposizione di McGovern nel 1977 per quanto riguardava i grassi (Harcombe et al. 2015). Durante questo studio si concluse che, nonostante le raccomandazioni dietetiche introdotte (che chiedevano all’opinione pubblica di ridurre i grassi totali e i grassi saturi) fossero costate 200 milioni di dollari nel 1977, non esistevano prove a sostegno dei sette studi controllati randomizzati esistenti all’epoca.

Queste linee guida sui grassi sono state proposte senza le adeguate prove. Le linee guida mondiali hanno seguito prontamente la pubblicazione del Rapporto McGovern e ciò ha contribuito a diffondere l’idea del basso contenuto di grassi come dottrina dietetica. Di conseguenza la produzione di alimenti a basso contenuto di grassi divenne un grande business, con 15.000 prodotti introdotti tra il 1970 e il 2000. Nacque una fiorente industria che produceva cibi non grassi e di buon sapore.

Il messaggio del basso contenuto di grassi veniva diffuso tramite ciò che Gary Taubes chiama “osmosi sociale” e veniva continuamente rafforzato da medici, dietisti, organizzazioni sanitarie, giornalisti e gruppi di difesa dei consumatori, sebbene non ci fossero mai state alcune prove sull’introduzione di tali linee guida (Taubes 2001). E tutto questo si è verificato senza che venissero mai trovate prove definitive relative al fatto che i grassi e i grassi saturi siano dannosi. Certamente non abbiamo prove sufficienti per giustificare l’adozione di tali linee guida da parte della popolazione.

Con il proseguire del tempo (rispetto al rapporto McGovern del 1977) sono stati pubblicati diversi studi. Due dei tre “U.S. Dietary Goals” di McGovern relativi ai grassi si sono dimostrati falsi. L’ipotesi che il consumo di colesterolo sia dannoso è stata smentita (US Department of Health and Human Services 2015), così come l’idea che sia dannoso troppo grasso nella dieta (sia animale che vegetale) (Hooper et al. 2012). Il verdetto scientifico sui grassi saturi rimane in uno stato di “equidistanza” (o equipoise).

Ci sono studi che suggeriscono che i grassi saturi possono essere nocivi (Mozaffarian et al. 2010, de Oliveira Otto et al. 2012, Hooper et al. 2015, Li et al. 2015, Wang et al. 2016, Zong et al. 2016), studi che suggeriscono un effetto neutro sulla mortalità e sulle malattie cardiovascolari (Mente et al. 2009, Danaei et al. 2009, Danaei et al. 2011, Siri-Tarino et al. 2010, Chowdhury et al. 2014, Harcombe et al. 2015, de Souza et al. 2015, Ramsden et al. 2016) mentre alcuni studi suggeriscono addirittura che i grassi possano essere associati ad una diminuzione di alcuni aspetti delle malattie cardiovascolari (de Oliveira Otto et al. 2012, Ramsden et al. 2013, Praagman et al. 2016(a), Praagman et al. 2016(b), Grasgruber et al. 2016, Dehghan et al. 2017). Questo stato di equidistanza scientifica non è sufficiente per garantire la realizzazione di linee guida dietetiche contro i grassi saturi a livello di popolazione. Nonostante ciò queste vecchie linee guida emesse senza alcuna prova, rimangono un fantasma del passato.

Conclusione

Il concetto di riduzione dei grassi saturi è nato inizialmente quando, nel 1908 a San Pietroburgo in Russia, alcuni conigli (erbivori) vennero alimentati con carne, uova e latticini ad elevato contenuto di grassi. Questo ha portato, nel 1951, a pensare che il colesterolo presente nella dieta fosse la causa principale delle malattie cardiovascolari, una teoria che ad oggi è stata ampiamente smentita.

Nel 1950, il Dr. Ancel Keys, un fisiologo americano, ha leggermente modificato la teoria sostituendo il colesterolo con “i grassi e i grassi saturi” come causa di malattie cardiovascolari, mettendo a punto la cosiddetta “ipotesi dieta-cuore” (Diet-Heart Hypothesis). Tale ipotesi è diventata molto conosciuta grazie al rapporto McGovern del 1977 del Senato degli Stati Uniti.

Tuttavia, a partire dal 1977, gli studi hanno dimostrato che i grassi totali della dieta non sono correlati all’insorgenza delle malattie cardiovascolari, e il ruolo dei grassi saturi come agente causale di malattie cardiovascolari è in uno stato di equipoise scientifica. Purtroppo, dato che le linee guida scientifiche sono state pubblicate anni fa senza prove, queste raccomandazioni continuano a persistere nonostante la mancanza di prove concrete.

L’implicita idea di una dannosità dei grassi saturi non basta per giustificare la messa a punto di restrizioni applicabili a livello di popolazione senza rischiare un potenziale danno per milioni di persone, ma c’è ancora molta riluttanza tra i principali organismi che si occupano di linee guida dietetiche nel fare marcia indietro e nell’ammettere gli errori fatti in passato.

Figura 2. Obiettivi dietetici per gli Stati Uniti provenienti dal “Dietary Goals for the United States”. Preparato dallo staff della commissione selezionata sulla nutrizione e sui bisogni dell’uomo. Febbraio 1977. U.S. Government Printing Office Washington DC

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