Sommario
Introduzione
Specifiche di mercato per i consumatori più anziani
- Proporzione del mercato
- Comportamento d’acquisto
- Fabbisogni nutrizionali
- Proteina
- Grassi
- Composizione degli acidi grassi
- Energia
- Vitamine e minerali
- Tecniche per il miglioramento della digeribilità della carne
- Intensificazione del sapore
- Requisiti di colore
- Carica batterica e norme sulla sicurezza alimentare
Conclusioni
Ringraziamenti
Conflitto d’interessi
Dichiarazione sulla disponibilità dei dati
Bibliografia
Benjamin W.B. Holman, Stephanie M. Fowler & David L. Hopkins*
Centre for Red Meat and Sheep Development, NSW Department of Primary Industries, Cowra NSW 2794, Australia
*Corrispondente: E-mail: david.hopkins@dpi.nsw.gov.au
La cronologia della peer review per questo articolo è disponibile all’indirizzo publons.com/publon/10.1111/ijfs.14443
(Ricevuto il 2 Settembre 2019; Accettato in revisione dal 6 Novembre 2019)
Sommario
La popolazione mondiale sta diventando sempre più anziana e, ad oggi, questa coorte considera la carne rossa (bovina ed ovina) come un importante alimento di base della propria dieta. È sottinteso che i fabbisogni provenienti da queste carni rosse variano con l’età della persona, spesso a causa dei cambiamenti fisiologici che avvengono in questa fase, dei problemi di nutrizione e di salute e delle ridotte capacità sensoriali. Detto ciò appare tassativo sviluppare prodotti a base di carne rossa che siano in grado di attrarre e soddisfare le esigenze delle persone anziane. In questo studio abbiamo esaminato la letteratura attuale con l’obiettivo di comprendere il settore di mercato rappresentato dai consumatori più anziani, le loro esigenze nutrizionali e qualitative e la loro richiesta di prodotti sicuri e convenienti a base di carne rossa (bovina e ovina). Sulla base di questi studi, è emerso che questi requisiti possono essere soddisfatti utilizzando le conoscenze a nostra disposizione sui fattori intrinsechi ed estrinsechi della carne rossa che, se considerati nel contesto di una popolazione di clienti più anziani, sono quelli di soddisfare i fabbisogni di tali persone con prodotti convenzionali a base di carne rossa che siano a basso costo, che posseggano una conforme e percepibile elevata qualità e che siano in grado di placare qualsiasi preoccupazione sulla salute del consumatore.
Parole chiave: manzo, convenienza, consumatori più anziani, agnello, sicurezza microbiologica, esigenze nutrizionali, comportamento d’acquisto, caratteristiche sensoriali.
Introduzione
Abbiamo la responsabilità di fornire prodotti a base di carne rossa che siano in grado di attrarre e di fornire dei vantaggi ai consumatori più anziani. Questo perché un numero sempre maggiore di persone vive più a lungo (le aspettative di vita continuano ad aumentare) (Christensen et al., 2009) e i segmenti di questa popolazione richiedono carne rossa che soddisfi le loro esigenze individuali. Gli specifici fabbisogni di carne rossa possono variare con l’età, in seguito ai cambiamenti fisiologici che hanno un impatto sulla composizione corporea del consumatore, sul tratto gastrointestinale, sulle capacità fisiche e sulla salute delle ossa (Gossard & York, 2003). Analogamente, anche le preferenze o il gusto verso la carne rossa possono cambiare con l’età, poiché cambiano le esperienze e la sensibilità del consumatore nei confronti delle caratteristiche sensoriali. Sulla base della crescita demografica prevista, il settore delle carni rosse ha l’opportunità di rinnovarsi e di indirizzare i propri prodotti verso quei consumatori più anziani. La carne rossa (carne bovina e ovina) è una ricca fonte di proteine e di altri nutrienti importanti per una dieta equilibrata. La carne rossa viene considerata un importante gruppo alimentare ed è abitualmente consumata in tutto il mondo (FAO, 2018). Di conseguenza, vi è un ampio patrimonio di conoscenze e di ricerche incentrate sul miglioramento della sua qualità, del suo valore nutrizionale e della sua commerciabilità – informazioni che meritano di essere tenute in considerazione anche quando parliamo delle esigenze dei consumatori anziani. Ad esempio, Botinestean et al. (2019) descrivono un alimento funzionale a base di carne bovina arricchito con fibra di mela e amido per migliorarne il valore nutrizionale, ed anche con una maggiore tenerezza se sottoposto ad iniezioni con acido citrico. Questo prodotto potrebbe rivelarsi utile per quei consumatori anziani con disfunzioni della masticazione e della deglutizione, che richiedono alimenti nutrienti in grado di frammentarsi in particelle più piccole al fine di creare un bolo più facile da deglutire (Aguilera & Park, 2016). Warner et al. (2017) hanno utilizzato delle confezioni con atmosfera modificata ricca di ossigeno (MAP) per aumentare la stabilità del colore della carne di agnello, rispetto a quanto succede con la pellicola avvolgente. Questo metodo potrebbe essere utilizzato per rispondere alle osservazioni fatte da Holman et al. (2017) secondo cui i consumatori anziani erano più critici nei confronti del colore della carne rispetto alle loro controparti più giovani. Fowler et al. (2019) hanno riportato una differenza nel profilo nutrizionale dei tagli di carne d’agnello venduti al dettaglio, ed hanno evidenziato che l’arrosto di spalla e l’eye of shoulder erano buone fonti di zinco così come di acidi grassi omega-3 e omega-6. Queste informazioni sono preziose poiché i consumatori più anziani hanno esigenze nutrizionali diverse da quelle delle altre fasce d’età (Swanson et al., 2012) e potrebbero trarre maggior vantaggio dalla scelta del taglio di agnello, ad esempio, per raggiungere un valore nutrizionale ottimale. Molti altri esempi come questi sono disponibili per simili riflessioni. Questo documento passa in rassegna l’attuale letteratura in modo da fornire una visione d’insieme circa i requisiti e le opportunità di sviluppo di alimenti derivati dalla carne rossa (limitatamente a quei prodotti costituiti da carne bovina ed ovina non trasformata e lavorata) in grado di attrarre i consumatori anziani. Ciò implica una maggior comprensione della nicchia di mercato costituita dai consumatori più anziani, delle loro aspettative sulle caratteristiche nutrizionali e sulla qualità degli alimenti e della loro richiesta di prodotti a base di carne rossa sicuri e convenienti.
Specifiche di mercato per i consumatori più anziani
Proporzione del mercato
Si prevede che la popolazione mondiale continuerà a crescere rispetto ai numeri attuali, raggiungendo i 7.59 miliardi di persone nel 2018 (Banca Mondiale, 2019). Inoltre, questa popolazione sta progressivamente invecchiando, e nel 2050 ci saranno 1.5 miliardi di persone (ONU, 2019) che avranno un’età pari o superiore ai 65 anni, visti gli incrementi annuali del tasso di invecchiamento osservati dal 1960 al 2017 in ogni continente, escluso l’Antartide (Li et al., 2019). Ciò ci interessa particolarmente, poiché si è visto che il consumo di carne rossa diminuisce con l’aumentare dell’età del consumatore. Il National Diet and Nutrition Survey of British People (dal 2008/09 al 2016/17) ha riportato che gli anziani mangiano meno carne rossa rispetto alle coorti costituite da soggetti più giovani e, durante questo periodo di indagine, non è stato riscontrato alcun cambiamento nel consumo di carne totale che potesse suggerire che le persone mangiassero lo stesso quantitativo di carne rossa (Public Health England, 2019). L’Australian Health Survey: Consumption of Food Groups from the Australian Dietary Guideline supportava questa constatazione in quanto è stato dimostrato che gli australiani di 71 anni e oltre consumavano meno carne rossa rispetto alle fasce d’età più giovani, e questa diminuzione era evidente sia per i prodotti a base di carne rossa non lavorati che per quelli trasformati (ABS, 2016). Anche il German National Nutrition Survey II, che utilizzava interviste sulla storia della dieta, ha evidenziato che gli anziani consumavano meno carne rispetto agli individui più giovani – anche se qui la categoria carne comprendeva tutte le tipologie di carne ad eccezione del pesce (Heuer et al., 2015). Vale la pena notare come le interviste sulla storia della dieta siano risultate utili per avvalorare altre metodiche di valutazione della dieta all’interno di questa stessa indagine e di indagini condotte in precedenza (Strabburg et al., 2019). Mentre l’aumento della popolazione mondiale dovrebbe controbilanciare questi trend e favorire l’aumento annuale del consumo di carne bovina e di agnello – con la maggior parte dei guadagni previsti nei mercati asiatici, africani, sudamericani e dell’Oceania (FAO, 2018) – sarebbe prudente considerare anche le richieste e le esigenze degli individui più anziani per quanto riguarda il consumo di carne rossa. Ciò risulta ancora più vero dato che le proiezioni ci indicano che, nel 2050, la percentuale di persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni sarà meno del 50% della popolazione totale nei mercati di Europa, Nord America e Australia/Nuova Zelanda (ONU, 2019), dove il reddito disponibile è più alto.
Comportamento d’acquisto
La motivazione che spinge all’acquisto di un prodotto a base di carne rossa può essere classificata in fattori intrinseci ed estrinseci. Tra questi vi sono, ad esempio, elementi intrinseci come l’origine animale, il contesto o il sistema di produzione, l’aspetto della carne, il metodo di preparazione o il taglio; ed elementi estrinseci come il prezzo, la tipologia di confezionamento, il marchio e la convenienza per il cliente (Acebron & Dopico, 2000; Ardeshiri & Rose, 2018). Tenendo conto di questi elementi è evidente la loro rilevanza per tutti i potenziali consumatori. Tuttavia, la ricerca ha dimostrato che il processo decisionale dei consumatori anziani è diverso da quello dei consumatori più giovani – almeno per alcuni aspetti. Il consumo di carne rossa ha un valore simbolico maggiore per i consumatori più anziani, che sono più propensi a basare l’opinione che hanno delle altre persone sulla loro scelta della tipologia di carne, rispetto ai “consumatori di carne indifferenti” con età pari o inferiore ai 25 anni (Verbeke & Vackier, 2004). Uno studio condotto su consumatori olandesi (media: 66.9 anni) ha dimostrato la loro preferenza per il consumo di alimenti convenzionali ricchi di proteine (come la carne rossa) piuttosto che di alimenti funzionali non convenzionali arricchiti con proteine (come il gelato, il pane e lo yogurt proteico; Van Der Zanden et al., 2015a). Sebbene gli autori di questo studio suggeriscano che a questo risultato potrebbero aver contribuito iniziative auto-riportate e concezione dei prodotti piuttosto che scenari tangibili (Van Der Zanden et al., 2015a), è comunque evidente la riluttanza di alcuni consumatori anziani ad acquistare alimenti non convenzionali. Detto questo, Chen et al. (2013) non hanno trovato alcuna correlazione significativa tra l’età di una persona e la sua percezione delle nuove tecnologie di produzione degli alimenti (misurata utilizzando una scala della neofobia relativa alle tecnologie alimentari). Tuttavia, durante qualsiasi tentativo di migliorare il potenziale nutrizionale o sanitario di un prodotto a base di carne rossa sviluppato per gli anziani, dovrebbe essere tenuta in considerazione anche la sua “normalità”. Il valore nutrizionale e le conseguenze sulla salute del consumo di carne rossa sono aspetti molto importanti per i consumatori anziani. Un sondaggio condotto su 1370 consumatori originari degli Stati Uniti d’America (USA) ha rilevato che la decisione di acquistare carne di manzo da parte di soggetti con età pari o superiore ai 30 anni veniva maggiormente influenzata dal valore nutrizionale della carne di manzo stessa (più di quanto accadesse nei soggetti intervistati più giovani), e si è ipotizzato che questo fosse legato ad una loro maggiore consapevolezza sulla composizione nutrizionale degli alimenti e ad una maggiore preoccupazione per la salute (Reicks et al., 2011). Un sondaggio condotto su 646 consumatori svizzeri di età pari o superiore ai 50 anni avvalorava questo risultato, evidenziando che la frequenza di consumo poteva essere prevista sulla base dell’opinione dei consumatori relativa al gusto e alla salubrità della carne bovina (Schmid et al., 2017b). Lo stesso studio ha inoltre rilevato che la decisione di questi consumatori di acquistare carne rossa era limitata dal suo contenuto di grasso, correlato al peso e al suo costo (Schmid et al., 2017b). Un’osservazione analoga è stata riportata anche per i consumatori australiani di età pari o superiore ai 45 anni (n = 3554), poiché le risposte sul “rapporto qualità-prezzo” dimostravano come i soggetti anziani si aspettassero una carne bovina di migliore qualità a prezzi più bassi rispetto ai più giovani (Cox et al., 1997). Reicks et al. (2011) hanno riscontrato che i consumatori anziani davano la priorità alla qualità della carne bovina rispetto ai più giovani, soprattutto le persone di età superiore ai 50 anni. Questa premessa è ulteriormente incoraggiata dalle conclusioni di Lyford et al. (2010) secondo cui la disponibilità a pagare dei consumatori australiani, giapponesi, statunitensi ed irlandesi per una carne bovina di qualità costante (classificata MSA) diminuisce quando l’intervistato raggiunge i 40 anni di età e oltre. Una complicazione che origina da questa aspettativa di qualità è che le persone anziane hanno spesso una percezione sensoriale ridotta e questo può avere un impatto sulla loro percezione del gusto, del sapore e della consistenza della carne (Stevens & Cain, 1993; Conroy et al., 2017). È interessante notare che questo impatto potrebbe essere aggravato dal fatto che l’esperienza dei consumatori anziani con le carni rosse potrebbe aver generato un’aspettativa maggiore verso i tratti di qualità sensoriale, che si traduce in diversi atteggiamenti nei confronti della qualità effettiva percepita – come osservato per quanto concerne la tenerezza della carne bovina (Rousset & Jolivet, 2002). Sulla base di questi studi, potremmo affermare che i clienti anziani hanno bisogno di prodotti convenzionali a base di carne rossa che siano poco costosi, percepibili come di elevata e costante qualità e che riducano ogni preoccupazione relativa alla salute del consumatore.
Fabbisogni nutrizionali
Le problematiche nutrizionali negli anziani si verificano quando l’aumento della morbilità, la perdita di mobilità e la diminuzione delle capacità fisiche e cognitive possono causare una perdita di peso involontaria (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2017). In effetti, gli anziani sono il più grande gruppo di persone vulnerabili dal punto di vista nutrizionale nei paesi sviluppati come l’Australia (Nowson, 2007). L’invecchiamento della popolazione, l’isolamento sociale, i nuclei familiari più piccoli e i bassi redditi possono esacerbare ulteriormente queste problematiche (Nowson, 2007; Organizzazione Mondiale della Sanità, 2017). Il risultato è una perdita di peso involontaria che contribuisce a prolungare la degenza ospedaliera e la dipendenza da strutture di assistenza a lungo termine, e che si manifesta con una riduzione della massa muscolare e della densità ossea che aumenta la fragilità e diminuisce la capacità di prendersi cura di se stessi. Di conseguenza, c’è una maggiore dipendenza da fonti assistenziali esterne che potrebbero non avere il tempo e le risorse per fornire un’alimentazione adeguata (Nowson, 2007). Inoltre, il calo dell’appetito, le interazioni tra i nutrienti e i farmaci, così come le patologie croniche, possono influenzare l’assorbimento, il trasporto, il metabolismo e l’eliminazione di nutrienti essenziali e il desiderio di assumere cibi ricchi di sostanze nutritive (Nowson, 2007). Di conseguenza, la malnutrizione è un problema crescente nelle popolazioni anziane e attualmente secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 22% degli adulti più anziani ne è colpito (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2017). Per affrontare questo problema, i valori di riferimento dei nutrienti (NRV) sono stati aggiornati in modo da provvedere al cambiamento del fabbisogno di nutrienti che avviene con il passare dell’età, tra cui diverse raccomandazioni per gli adulti di età superiore ai 70 anni (National Health and Medical Research Council, 2017). Nonostante le linee guida generali sulla dieta degli anni ‘80 e ‘90 sostenessero una diminuzione del consumo di carni rosse, un numero crescente di prove mette in discussione questo argomento (Binnie et al., 2014) e, poiché gli alimenti di origine animale sono generalmente ben accetti dalle persone anziane (Nowson, 2007), è chiaro come le carni rosse svolgano un ruolo vitale nel soddisfare le esigenze nutrizionali di una popolazione che progressivamente invecchia.
Proteina
La sarcopenia e la perdita di tono muscolare sono spesso associate alla fragilità e alla malnutrizione, poiché un insufficiente apporto di calorie e proteine porta ad una riduzione della massa muscolare (Roberts et al., 2019). Sebbene il basso consumo di proteine sia un contributo fondamentale a tale condizione, Nowson (2007) sottolinea come la malnutrizione proteica sia associata anche ad una ridotta attività muscolare, ad una diminuzione della funzione immunitaria del tessuto osseo, all’anemia, ad una riduzione delle funzioni cognitive, ad una scarsa guarigione delle ferite, ad un ritardo nel recupero post chirurgico e, in ultima analisi, ad un aumento della morbilità e della mortalità. Di conseguenza, le fonti proteiche di qualità dovrebbero essere una componente fondamentale nella dieta degli anziani. Sebbene esistano fonti di proteine alimentari sia vegetali che animali, i benefici dell’inclusione della carne rossa come fonte di proteina includono l’assenza di fibre insolubili e di alte concentrazioni di fattori anti-nutrizionali, come tannini, glucosinolati, inibitori della tripsina e fitati, che possono limitare la digeribilità delle proteine vegetali derivate da cereali poco raffinati e da legumi da granella (Gilani et al., 2005). Va detto che la proteina presente nelle carni rosse ha una digeribilità del 94% rispetto al 78% dei fagioli e all’86% del grano (Williams, 2007). Inoltre, le carni rosse hanno un punteggio degli aminoacidi corretto per la digeribilità delle proteine di 0.9 su un possibile totale di 1.0, rispetto a valori di 0.5-0.7 riportati per la maggior parte delle fonti proteiche vegetali (Schaafsma, 2000). Poiché è più difficile per le persone anziane mantenere l’equilibrio dell’azoto (Nowson, 2007), coloro che hanno più di 70 anni necessitino all’circa di un 20% in più di assunzione proteica giornaliera raccomandata (81 g giorno-1 per i maschi e 57 g giorno-1 per le femmine) rispetto alle persone più giovani (National Health and Medical Research Council, 2017). I valori medi del contenuto proteico delle carni rosse sono stati riportati come 21.9 g/100 g di peso fresco per l’agnello e 23.2 g/100 g di peso fresco per il manzo (Williams, 2007). Di conseguenza, in media una porzione da 200 g di agnello o di manzo fornirà circa il 50% dell’apporto proteico giornaliero richiesto per i maschi di i 70 anni e circa il 75% del fabbisogno proteico giornaliero richiesto per le femmine oltre i 70 anni. Tuttavia, queste cifre sono una media ottenuta da più tagli venduti al dettaglio e acquistati al supermercato in un solo giorno, quindi potrebbero non essere accurate in tutte le circostanze. Gli studi per determinare il contenuto nutrizionale dei prodotti a base di carne rossa, tra cui l’agnello e la carne bovina, hanno dimostrato che il contenuto proteico varia a seconda di fattori correlati all’animale, come il luogo di provenienza (Lin et al., 1988), la razza (Hoffman et al.., 2003), la dieta (Chail et al., 2016), l’età (Romans et al., 1965; Schönfeldt et al., 2010), così come a seconda di fattori post macellazione, come il taglio (Yeh et al., 2018; Fowler et al., 2019), la frollatura (Kirby et al., 2016), la cottura (Purchas et al., 2014) e il metodo di cottura (Jensen et al., 2014). Di particolare interesse per quanto riguarda l’apporto di proteine per i soggetti più anziani, questi studi evidenziano che un aumento sostanziale del contenuto proteico della carne rossa, rispetto al peso fresco, può essere ottenuto cuocendo 12.1 g/100 g in più di megatello di bovino. Ciò è una conseguenza della perdita di acqua durante la cottura che si traduce in un relativo aumento delle proteine (Jensen et al., 2014; Purchas et al., 2014), che non viene considerata nelle cifre medie riportato da Williams (2007). Detto ciò, il contenuto proteico di 100 g di carne di agnello e di manzo cotta può riuscire a soddisfare il 100% del fabbisogno proteico giornaliero delle femmine oltre i 70 anni e il 75% circa del fabbisogno dietetico dei maschi oltre i 70 anni, rispetto al contenuto proteico riportato per le carni rosse crude. Dato che è stato evidenziato un incremento della concentrazione proteica negli animali con un’età più avanzata (molto probabilmente come risultato dell’aumento del diametro delle fibre muscolari) (Romans et al., 1965), così come in seguito a frollatura (Kirby et al., 2016) a causa dell’aumento degli aminoacidi liberi dopo degradazione delle proteine miofibrillari (Koohmaraie & Geesink, 2006), i fornitori di carne rossa per la vendita al dettaglio potrebbero selezionare specifici tagli frollati di animali anziani provenienti da razze specifiche (Hoffman et al., 2003) per produrre tagli di carne con concentrazioni proteiche più elevate che siano in grado di soddisfare il maggior fabbisogno proteico degli individui anziani, in particolare di quelli che si trovano in una fase dell’invecchiamento con maggior rischio di sarcopenia.
Grassi
Il ruolo dei grassi nella dieta umana è molto controverso. Negli ultimi decenni le linee guida sulla dieta hanno promosso una diminuzione del consumo di carne bovina e di agnello viste le preoccupazioni relative al fatto che un consumo elevato di grassi saturi e di colesterolo contribuisce alla comparsa di patologie come obesità (e alle condizioni ad essa correlata, come diabete di tipo II e disordini metabolici), tumori, ictus e malattie cardiovascolari (Anonimo, 1980). Tuttavia, linee guida nutrizionali più recenti suggeriscono una riconsiderazione del ruolo delle carni rosse (tra cui manzo e agnello) e dei grassi di derivazione animale nella dieta umana (Castillo et al., 2019), data la mancanza di prove a supporto di diete a basso contenuto di grassi (Tobias et al., 2015). Ciò è in parte dovuto al fatto che i grassi sono necessari per le strutture delle membrane cellulari, per la modulazione della trascrizione genica, come precursori delle citochine e come fonti di energia in sistemi complessi interconnessi (Currie & Wolfe, 1977). Inoltre, i grassi sono essenziali nella digestione delle vitamine liposolubili, tra cui A, D, K ed E (National Health and Medical Research Council, 2017). Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per soddisfare i fabbisogni nutrizionali delle persone anziane suggeriscono che, in linea generale, la dieta dovrebbe essere composta da un 30% di grassi per le persone sedentarie e da un 35% per le persone anziane attive, limitando il consumo di grassi saturi a valori inferiori all’8% (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2017). Tuttavia, stanno diventando sempre più comuni le diete chetogeniche e quelle a basso contenuto di carboidrati ma con alto contenuto di grassi. Queste diete limitano il consumo di carboidrati, in alcuni casi fino a 30 g o meno, sostituendo le calorie provenienti da essi con calorie provenienti dai grassi, con conseguente conversione di grassi e proteine in chetoni e glucosio nel fegato (Dashti et al., 2004). I conseguenti benefici per la salute e la riduzione delle infiammazioni sistemiche (Dashti et al., 2004) hanno portato all’impiego di diete chetogenetiche per il trattamento di molte malattie correlate agli anziani, compresi i disturbi cognitivi come la demenza (Ota et al., 2016), le malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e il Parkinson (Włodarek, 2019), l’obesità e le malattie metaboliche come il diabete di tipo II (Yancy et al., 2005), nonché per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari tramite la dieta (Santos et al., 2012). Di conseguenza, per soddisfare i molteplici fabbisogni individuali giornalieri di grassi è apparsa necessaria la realizzazione di una certa varietà di prodotti a base di carne rossa magra e di prodotti a più alto contenuto di grassi. Il contenuto medio di grasso delle carni rosse riportato da Williams (2007) dimostra che esistono tagli di carne in grado di adattarsi alle diverse esigenze alimentari, partendo dai tagli più magri, come quelli di vitello contenenti l’1% di grasso fino a quelli a più elevato contenuto, come quelli di agnello composti dal 37% di grasso. Il contenuto di grasso presente nei tagli di carne venduti al dettaglio è una delle principali determinanti, poiché i tagli costituiti da un solo muscolo (come ad esempio la lombata d’agnello) sono più magri rispetto a quelli costituiti da più muscoli con presenza di grasso intermuscolare, come i tagli ottenuti dalla spalla (Fowler et al., 2019). In effetti, è stato dimostrato che la differenza del contenuto di grasso tra i tagli della stessa carcassa è pari al 10.8% per tagli provenienti da agnelli di grande pezzatura. Tuttavia è stato dimostrato che, oltre alla tipologia di taglio, anche altri fattori, tra cui l’età dell’animale, il peso della carcassa, il sesso, la cottura e la selezione per la produzione di carne magra, alterano il contenuto di grasso del muscolo (Santos-Silva et al., 2002; Kosulwat et al., 2003; Schönfeldt et al., 2010; Pannier et al., 2014; Fowler et al., 2019). È stato dimostrato che l’aumento del peso della carcassa aumenta il grasso presente nei tagli (Santos- Silva et al., 2002); allo stesso modo, i tagli provenienti da femmine tendevano ad avere un contenuto di grasso maggiore (Kosulwat et al., 2003). Si è visto che la selezione verso una resa maggiore di carne magra (Pannier et al., 2014) e alcuni metodi di cottura, come l’arrostimento, sono in grado di diminuire il contenuto di grasso dei tagli (Roseland et al., 2015) così come il grado di cottura (Smith et al., 2011). Quindi, con la moltitudine di tagli disponibili e la possibilità di manipolare il contenuto di grassi lungo tutta la catena di approvvigionamento, dall’animale ai metodi di cottura, ci sono molte opzioni in grado di soddisfare le raccomandazioni dietetiche. L’analisi routinaria del grasso presente all’interno dei tagli di carne bovina e di agnello è necessaria per identificare accuratamente il suo contenuto e, di conseguenza, facilitare l’etichettatura e la commercializzazione dei tagli per specifici gruppi target di consumatori sulla base di queste informazioni nutrizionali.
Composizione degli acidi grassi
Parlando di composizione dei grassi della dieta dell’uomo, sono in aumento numerose discussioni contro l’impiego di singoli target nutrizionali, come il grasso, nelle linee guida dietetiche (Liu et al., 2017); quindi, risulta fondamentale tenere in considerazione anche la qualità dei grassi e il ruolo degli acidi grassi nella dieta. Negli ultimi decenni, un numero crescente di studi ha fornito prove che suggeriscono come il consumo di acidi grassi omega-3 con la dieta sia in grado di ridurre le malattie cardiovascolari, le malattie infiammatorie e i disturbi della salute mentale (Clayton, 2008; Bocking et al., 2010). Di conseguenza, il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2002) che si concentrava sulle raccomandazioni circa l’alimentazione dei soggetti anziani, raccomandava l’aumento del consumo di acidi grassi polinsaturi omega-3 di origine marina (PUFA), in quanto si è visto che sono in grado di ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina IL-1 e il fattore di necrosi tumorale nonché, a livelli di consumo più elevati, la produzione di eicosanoidi come la prostaglandina (PG) E2 e i leucotrieni (LT). Anche se l’effetto è limitato agli acidi grassi omega-3 di origine marina (non è stato osservato per il consumo di acidi grassi omega-6 provenienti dalle piante) (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2002), rimane poco chiaro se tali effetti sono compatibili anche con un maggior consumo di tagli di carne di bovini e ovini allevati e ingrassati in maniera estensiva, che sono comunque una buona fonte di acidi grassi omega-3 polinsaturi (Daley et al., 2010; Ponnampalam et al., 2012; Fowler et al., 2019). Nonostante la carne rossa proveniente da un finissaggio estensivo sia una “buona fonte” rivendicabile di acidi grassi omega-3 salutari, è possibile manipolare la composizione degli acidi grassi e aumentarne il contenuto nei prodotti a base di carne rossa, cosa molto importante se pensiamo agli animali allevati in maniera più intensiva dai quali si ottengono prodotti a base di carne con rapporti omega-3/omega-6 sfavorevoli (Daley et al., 2010). Ciò si ottiene modificando le diete in finissaggio includendo acidi grassi omega-3 di origine marina, come la farina di pesce (Ponnampalam et al., 2001) e le alghe (Cooper et al., 2004; Hopkins et al., 2014), o fonti vegetali come l’erba medica (Bessa et al., 2005), l’olio di lino (Demirel et al., 2004) oppure la canola (Karami et al., 2013). Tuttavia, l’aumento del contenuto di acidi grassi omega-3 nelle carni rosse attraverso l’integrazione della dieta è stato correlato ad effetti negativi che vanno ad influire sulla durata di conservazione, sul sapore, sul colore e sul punto di fusione dei grassi animali che risulta alterato e quindi può influenzare negativamente i processi di cottura e di lavorazione (Wood et al., 2003; Dıaz et al., 2005; Wood et al., 2008). Pertanto, l’industria non ha ancora adottato tali schemi di alimentazione e sono necessarie ulteriori ricerche per determinare il metodo più appropriato per mitigare tali effetti dannosi dovuti all’aumento del contenuto di acidi grassi omega-3. Data l’importanza delle indicazioni sulla salute nel guidare le decisioni di acquisto dei consumatori, in particolare di quelli anziani (Reicks et al., 2011; Font-IFurnols & Guerrero, 2014), l’aumento del contenuto di acidi grassi benefici per la salute in bovini e ovini al finissaggio secondo il metodo intensivo, è fondamentale per raggiungere gli obiettivi dietetici.
Energia
Dato che la composizione corporea delle persone più anziane può variare notevolmente, con un numero sempre crescente di persone obese che sopravvivono fino alla vecchiaia e di persone con età superiore agli 80 anni sottopeso (Nowson, 2007), anche il fabbisogno energetico degli individui può variare notevolmente. Di conseguenza, le linee guida dietetiche generali per gli individui anziani possono oscillare dalle 4900 alle 14 900 kJ giorno-1, a seconda di fattori quali l’età, il sesso, la dimensione corporea e il livello di attività fisica (National Health and Medical Research Council, 2017). Considerando che l’energia è un indicatore del contenuto di grassi (Drewnowski & Almiron Roig, 2010), non c’è da stupirsi del fatto che i tagli di carne rossa con un contenuto di grassi più elevato tendano ad avere anche un contenuto energetico più elevato. Fowler et al. (2019) concordano nel suggerire che il taglio eye of shoulder proveniente dalla carcassa di agnello ha un elevato contenuto di grasso (15.3 g/100 g) e di energia (988 kJ/100 g), mentre la lonza di agnello ha un più basso contenuto di grasso (4.5 g/100 g) e quindi anche un più basso contenuto di energia (702 kJ/100 g). Un confronto fatto da Williams (2007) tra la carne di agnello e quella di manzo ha evidenziato un trend simile. Si è visto infatti che la carne magra di agnello e di montone avevano un contenuto energetico (546 kJ/100 g e 514 kJ/100 g, rispettivamente) e di grasso maggiori (4.7 g/100 g e 4.0 g/100 g, rispettivamente), rispetto alla carne di manzo e di vitello (energia 498 kJ/100 g e 477 kJ/100 g; grasso 2.8 g/100 g e 1.5 g/100 g, rispettivamente). Di conseguenza, tagli con un maggior contenuto di grasso, tra cui i tagli della spalla e della punta di petto che possiedono più grasso intermuscolare e intramuscolare, soddisfano meglio i requisiti di maggior densità energetica, mentre tagli più magri come la fesa e la lombata si adattano meglio ad individui che hanno un fabbisogno energetico inferiore. Tuttavia, è difficile valutare il pieno potenziale delle carni rosse e dei tagli specifici al fine di soddisfare il fabbisogno energetico individuale degli anziani, poiché esistono pochi studi che riportano il contenuto energetico, mentre ci sono molti studi che come analisi riportano il contenuto di grassi, umidità e ceneri (Smith et al., 2011; Desimone et al., 2013; Roseland et al., 2015). Sebbene esista una correlazione tra grasso ed energia, il grasso non può essere usato come indicatore di energia, dato che la carne, come quella di manzo e di agnello, contiene energia proveniente anche da altre fonti, comprese proteine e pochi carboidrati (principalmente glucosio) (Jiang et al., 2014). Di conseguenza, sono necessarie ulteriori ricerche per determinare la composizione nutrizionale completa dei tagli di carne rossa, per garantire la fornitura di informazioni più dettagliate tramite l’etichettatura e per consentire una valutazione dei tagli in base alla loro idoneità per diete individuali.
Vitamine e minerali
Le vitamine e i minerali sono nutrienti essenziali per l’uomo in tutte le fasi della sua vita, poiché supportano numerose funzioni biochimiche, dalla densità minerale ossea al metabolismo energetico fino alla funzionalità del sistema immunitario (FAO, 2004). Di conseguenza, vitamine e minerali hanno un ruolo chiave nel determinismo della densità dei nutrienti negli alimenti, che è vitale per fornire sufficienti sostanze nutritive agli anziani, in particolare a quei soggetti a rischio di malnutrizione, poiché alcune malattie comuni associate all’invecchiamento possono portare ad uno scarso assorbimento e a carenze di vitamine e minerali (Nowson, 2007). Da tempo è stato stabilito che le carni rosse sono un alimento ricco di sostanze nutritive, in quanto contengono quantità significative di vitamine e minerali altamente biodisponibili tra cui le vitamine B12 e D, così come ferro, zinco, magnesio e selenio (Williams, 2007). La composizione minerale della carne riportata da Williams (2007) mostra che, su 100 g di peso fresco, le carni rosse (manzo, vitello, agnello e montone) contengono in media ~ 4 mg di zinco, ~ 25 mg di magnesio e ~ 2 mg di ferro. Di conseguenza, una singola porzione di 100 g di carne rossa può soddisfare fino al 50% del fabbisogno giornaliero di ferro, al 25% del fabbisogno giornaliero di magnesio, al 50-100% del fabbisogno di zinco (questo fabbisogno può variare notevolmente) a seconda dell’individuo (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2002). In alternativa, si è visto che i broccoli possono contenere 0.78 mg/100 g di ferro, 0.45 mg/100 g di zinco e 21 mg/100 g di magnesio (Food Standards Australia New Zealand, 2010), ma poiché con l’avanzare dell’età si riduce l’appetito (Nowson, 2007), è improbabile che gli anziani siano in grado di mangiare porzioni abbastanza grandi di tali verdure da raggiungere le concentrazioni richieste di sostanze nutritive. Di conseguenza, sebbene anche i vegetali contengano vitamine e minerali, non vengono associati ai livelli di vitamine e minerali negli anziani, in quanto, analogamente a quanto succede per le proteine, è probabile che la bassa biodisponibilità di tali nutrienti nei vegetali ne limiti l’assorbimento (Gilani et al., 2005; Czerwonka & Tokarz, 2017). Sebbene il fabbisogno giornaliero di vitamine K, E e D per gli anziani sia ben descritto (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2002), esistono pochi studi che indicano quanto la carne sia adatta a soddisfare tale fabbisogno. Utilizzando i dati sulla composizione dei nutrienti pubblicati nelle linee guida del governo australiano, Williams (2007) suggerisce che la carne di manzo sia in grado di fornire il 7% dell’assunzione giornaliera raccomandata (RDI) di vitamina E, mentre l’agnello il 5% della RDI (RDI pari a 10 mg/giorno). Analogamente, si ipotizza che la carne bovina fornisca il 12% della RDI per la vitamina D, mentre l’agnello potrebbe fornire fino al 25% della RDI per la vitamina D, così come fino al 25% della RDI per la vitamina B12. Tuttavia, queste cifre derivano dall’analisi condotta su carne magra proveniente dal supermercato, alla quale è stato tolto il grasso intermuscolare e poi analizzata. Dato che le vitamine B12, D, E e K, sono liposolubili (National Health and Medical Research Council, 2013), è improbabile che queste percentuali rappresentino accuratamente la porzione commestibile e quindi sono necessarie ulteriori ricerche per determinare il contenuto di vitamine delle carni rosse. Mentre molte di queste raccomandazioni sono basate sulle linee guida nutrizionali per gli anziani malnutriti, anche la percentuale di soggetti obesi è in crescita all’interno della popolazione anziana (Zamboni et al., 2005). Tuttavia, esistono pareri discordanti sulla potenziale dannosità dell’obesità negli anziani, e si dibatte molto sul rapporto tra l’obesità in età avanzata e la mortalità totale o specifica per malattia, poiché alcuni elementi suggeriscono che l’obesità nelle popolazioni anziane sia correlata ad una diminuzione del rischio di morte (Cetin & Nasr, 2014). Ciò è in parte dovuto alle difficoltà che si devono fronteggiare durante la valutazione dell’obesità, poiché il metodo attualmente in uso per classificarla (l’indice di massa corporea, IMC; peso in kg diviso per il quadrato dell’altezza in metri) non tiene conto della disposizione del grasso all’interno del corpo, né della perdita di altezza né degli altri cambiamenti nella composizione corporea associati all’invecchiamento. Di conseguenza, l’IMC può classificare alcune persone anziane come in sovrappeso o obese anche se nella realtà non hanno un eccesso di grasso corporeo, mentre altre persone con elevato grasso viscerale e perdita muscolare magari non vengono considerate in sovrappeso anche se sono a più alto rischio di malattie legate allo stile di vita come l’insulino-resistenza e il diabete di tipo II (Cetin & Nasr,2014). Tali aumenti del grasso corporeo, insieme alla diminuzione della massa muscolare, hanno portato alla diagnosi di una nuova patologia, l’obesità sarcopenica. Tuttavia, trattandosi di una malattia multifattoriale e con i pazienti che solitamente presentano una sintomatologia aspecifica, nella maggior parte dei casi non viene sospettata ed è sotto-diagnosticata (Polyzos & Margioris, 2018). Mentre la dieta e l’esercizio fisico vengono attualmente impiegati nella gestione dell’obesità sarcopenica, esistono ancora pochi studi clinici e sperimentazioni su questo tema e, di conseguenza, i medici sono riluttanti nel raccomandare la perdita di peso nei pazienti anziani obesi(Cetin & Nasr, 2014). Detto ciò, è difficile determinare il ruolo della carne nella dieta di individui anziani in sovrappeso e obesi e sono necessarie ulteriori ricerche prima che si possano fare delle raccomandazioni.
Caratteristiche sensoriali
Tecniche per il miglioramento della digeribilità della carne
Visto che la carne rossa è una buona fonte di proteine, minerali e vitamine selezionati (Williams et al., 2007), la domanda da porsi è se è possibile applicare tecniche in grado di migliorarne la digeribilità e se questo risulta essere particolarmente importante per le proteine. La struttura della carne e la componente connettivale del tessuto possono influire sulla capacità degli esseri umani di digerire le proteine e, poiché le persone anziane hanno un aumentato fabbisogno alimentare di nutrienti come le proteine (stimato in un 20% in più al giorno se di età superiore ai 70 anni rispetto a quello della categoria dai 31 ai 50 anni) (Nowson, 2007), questo fa si che risulti molto importante sviluppare determinati metodi in grado di rendere la carne più digeribile e più facile da masticare. A ciò si associano alcune prove del fatto che con l’avanzare dell’età, le persone diventano meno capaci di discriminare tra carni con diversi livelli di tenerezza (Conroy et al., 2017) e, in effetti, anche la loro classificazione in base alla qualità alimentare complessiva diminuisce (Smith et al. , 2016). Ciò ci suggerisce che la carne nella sua forma “naturale” debba essere modificata in modo tale che gli anziani possano consumarla e digerirla meglio e, visto l’aumento ai questa fascia d’età nei paesi occidentali (Botinestean et al., 2017), questo appare sicuramente di fondamentale importanza. Esistono diverse tecniche che possono essere impiegate per rendere la carne meno dura (intenerimento) e queste sono state ampiamente riviste altrove (Hwang et al., 2003; Hopkins, 2014; Hopkins & Bekhit, 2014), quindi l’attenzione qui si limita a quegli studi che si sono concentrati sui probabili benefici per le persone anziane. Il campo elettrico pulsato (PEF) è una tecnologia in grado di migliorare l’intenerimento della carne andando a favorire un processo chiamato permeazione cellulare, che può portare ad un aumento della proteolisi e quindi ad un incremento della tenerezza (Bekhit et al., 2014a). Recenti lavori hanno dimostrato che il muscolo semimembranoso di manzo (SM; ottenuto dalla fesa) asportato dalla carcassa entro 12 ore dalla morte e sottoposto a PEF a 10 kV presentava una solubilità proteica superiore rispetto a quando il PEF veniva applicato a 5 kV o rispetto a campioni di controllo che non venivano sottoposti a PEF (Bhat et al., 2019a). A seguito di ciò, quando i campioni di SM trattati con PEF a 10kV sono stati sottoposti a digestione gastrointestinale simulata in vitro, l’effetto ottenuto è apparso simile alla solubilità delle proteine con massima digeribilità. L’applicazione del PEF può modificare le strutture proteiche alterando le interazioni elettrostatiche o idrofobe e i legami disolfuro o idrogeno (Liu et al., 2018), e questo influenza positivamente la digestione delle proteine muscolari. Inoltre, una maggiore permeabilità della membrana potrebbe facilitare la diffusione delle proteasi cellulari utili a degradare le proteine durante la digestione con PEF, portando ad un maggiore dispiegamento e ad una disgregazione delle proteine. Va detto che i risultati presentati da Bhat et al. (2019a) riguardavano la carne cruda e il dispendio energetico necessario per la digestione sarebbe inferiore se la carne fosse cotta (Tume, 2014) e anche che l’aumento nella digestione simulata a partire dall’applicazione del PEF, era solo dell’1% circa. Ciò solleva la questione se questo sia sufficiente per conferire un vantaggio agli anziani. Per esaminare l’impatto del PEF sulla digeribilità della carne cotta, Bhat et al. (2019b) hanno condotto un altro studio impiegando il muscolo semimembranoso (SM). Applicando un trattamento con PEF a 10kV, rispetto ad un controllo (no PEF), hanno scoperto che dopo cottura il trattamento porta ad un aumento del 2% circa della digeribilità delle proteine (un leggero incremento rispetto ai test condotti sulla carne cruda). Sebbene sia noto come la cottura aumenti la biodisponibilità di alcuni nutrienti (Sant e Lhoutellier et al., 2008), nel complesso l’effetto del trattamento con PEF sull’incremento della digestione delle proteine muscolari cotte sembra ancora irrisolto. Un altro approccio in grado di incrementare la digeribilità delle proteine muscolari prevede l’impiego di enzimi proteolitici, in quanto è stato chiaramente dimostrato come questi siano in grado di degradare le proteine miofibrillari (Bekhit et al., 2014b). Nello specifico vengono utilizzati enzimi proteolitici di origine vegetale e Botinestean et al. (2017) hanno studiato due di questi, la papaina e la bromelina, confermando risultati precedenti sulla papaina secondo i quali questo enzima attivo, se aggiunto alla carne, può intenerirla significativamente. Ad oggi non sembrano esserci studi che dimostrano i potenziali benefici per i consumatori più anziani di un simile metodo, ma si sa che in commercio viene aggiunta una polvere di kiwi alla carne in scatola cotta per ridurre il grado di masticazione richiesto ai consumatori più anziani. L’enzima attivo del kiwi è l’actinidina e sono stati sviluppati prodotti commerciali basati su questo frutto (Toohey et al., 2011), quindi esiste un concreto potenziale di utilizzo di questo metodo nel contesto della riduzione della masticazione richiesta alle persone anziane. Per questa tipologia di metodo, si dovrebbe effettuare una cottura prolungata a bassa temperatura (Latorre et al., 2019), ma le condizioni di lavorazione dovrebbero essere sviluppate in modo tale da prevenire l’eccessivo intenerimento e la conseguente perdita totale di consistenza del prodotto che potrebbe dissuadere alcune persone anziane dal consumo.
Intensificazione del sapore
Il sapore è dato dalla combinazione di gusto e aroma. Questo concetto è fondamentale per comprendere le esigenze dei consumatori anziani. Ricerche passate hanno dimostrato che i giovani (19–33 anni) e gli anziani (60–75 anni) condividono una capacità analoga di discriminare tra le intensità del gusto, ma soltanto se la percezione aromatica (olfatto) veniva rimossa dal confronto (Mojet et al ., 2003). Questo risultato è dovuto al fatto che la compromissione della percezione del sapore è correlata alla compromissione olfattiva piuttosto che a quella del gusto (Mojet et al., 2003; Fukunaga et al., 2005). L’idea che gli anziani utilizzino l’olfatto più dei giovani per percepire il sapore è indipendente dal numero e dall’età delle papille gustative (Arvidson, 1979). Pertanto, se applichiamo questa conoscenza ai prodotti a base di carne rossa, sarebbe consigliabile migliorare le loro caratteristiche volatili o aromatiche per renderla più appetibile per i consumatori anziani. La quantità e la composizione della frazione lipidica di un prodotto a base di carne rossa influiscono sul suo sapore, poiché è una fonte chiave di composti volatili che vengono rilasciati durante la cottura. Questi parametri lipidici possono essere regolati tramite fattori intrinseci, come il management degli animali e l’ambiente. Ciò ci offre un mezzo per identificare e produrre carne rossa che potrebbe attrarre maggiormente i consumatori anziani. Ad esempio, Frank et al. (2016) hanno riferito che gli agnelli nutriti con diete a base di brassica, loietto o erba medica avevano quantitativi diversi di acidi grassi a catena ramificata (BCFA) nel grasso sottocutaneo, e questo è associato positivamente con il sapore e il gradimento generale. Va detto che la tipologia di mangime non è stata replicata, ma gli autori hanno osservato che l’intensità del sapore di agnello era più bassa quando gli agnelli vanivano alimentati in finissaggio con il loietto, avendo questi un minimo contenuto di BCFA che sono correlati al caratteristico sapore di agnello o di montone (Frank et al., 2016 ). Analogamente, l’intensità del sapore del manzo aumentava quando sono stati aggiunti nella dieta di tori di razza Piemontese i semi di lino, e questo sembrerebbe essere correlato ad un corrispettivo aumento del contenuto di acidi grassi omega-3 e al successivo rilascio di aldeidi a basso peso molecolare derivate da questi grassi acidi durante la cottura (Renna et al., 2019). Hwang & Joo (2017) hanno evidenziato differenze per quanto concerne il contenuto e la composizione dei grassi e, secondo loro questa è la base del perché la carne di manzo Hanwoo nutrito con cereali viene classificata come migliore da un punto di vista organolettico rispetto alla controparte alimentata con erba. Altri effetti pre-macellazione possono influire sul sapore della carne rossa (Arshad et al., 2018), e questi studi sono un’opportunità per produrre e abbinare caratteristiche sensoriali alle capacità degli anziani. Reicks et al. (2011) hanno osservato che le persone di età pari o superiore ai 30 anni erano più sensibili al sapore della carne rossa rispetto a soggetti più giovani. Questo evidenzia la necessità di tenere in considerazione gli effetti sul sapore delle tecnologie o dei processi adottati nel periodo post-mortem volti a migliorare altri attributi sensoriali. La tenerezza della carne rossa, ad esempio, spesso viene migliorata dalla durata del periodo di frollatura, anche se Spanier et al. (1997) hanno scoperto che l’invecchiamento della carne di Brangus aveva un effetto dannoso sul suo sapore e sul gradimento generale. Vale la pena dire che questo precedente studio esaminava come carne le polpette di manzo ed ha stabilito che questo risultato era dovuto a cambiamenti nella proteolisi e nella produzione di peptidi aromatici piuttosto che nell’ossidazione dei lipidi, poiché non vi era alcun effetto dell’invecchiamento nel contenuto di TBARS (Spanier et al., 1997). Kilgannon et al. (2019) hanno utilizzato bistecche di manzo integre (muscolo longissimus lumborum) invecchiate secondo differenti combinazioni di tempo e temperatura e, analogamente, non hanno riscontrato alcun effetto sul gradimento generale o sull’intensità del sapore. Inoltre, il contenuto di TBARS di questi stessi campioni non è stato influenzato dalla durata del periodo di frollatura e dalle combinazioni di temperatura (Holman et al., 2019). Anche l’impiego del trattamento ad alta pressione (HPP) per controllare la carica microbica si è dimostrato in grado di migliorare la tenerezza della carne bovina. Sun et al. (2019) hanno inoltre confermato che l’HPP non ha alcun impatto sul gusto o sul retrogusto caratteristico della carne bovina, sebbene questa scoperta si basi sulle risposte di 120 membri inesperti di un panel, dei quali sette avevano 51 anni o più. Inoltre, per migliorare il colore e il potenziale commerciale della carne rossa è stata utilizzata il MAP ricco di ossigeno. Per quanto riguarda l’agnello, Frank et al. (2017) hanno visto che il MAP ricco di ossigeno ha portato a punteggi più bassi sul sapore e a profili delle sostanze volatili diversi rispetto a quelli della carne di agnello confezionata sottovuoto. Analogamente, Aaslyng et al. (2010) sono giunti alla conclusione che i consumatori svedesi di età compresa tra i 56 e i 96 anni preferivano il sapore delle bistecche di manzo confezionate sottovuoto o in anaerobiosi anziché in MAP ricca di ossigeno. Questa risposta non rispecchiava quella della coorte più giovane dei consumatori svedesi, e ciò conferma ancora una volta quanto in realtà sia più ampia e complessa la percezione del sapore e quali siano le difficoltà nello sviluppo di un prodotto a base di carne rossa specifico per una popolazione che invecchia.
Requisiti di colore
Una prima impressione della qualità della carne rossa si basa spesso sul suo colore e sul suo aspetto, con gli acquirenti che preferiscono prodotti di un rosso brillante (Troy & Kerry, 2010). Questa affermazione è vera per i consumatori più anziani, sebbene l’attrattiva generata da qualsiasi tipologia di colore della carne rossa può apparire in qualche modo limitata rispetto ad altri gruppi di età. Ad esempio, un sondaggio condotto su 2796 persone per definire i limiti di colore (accettazione colorimetrica) per l’accettabilità delle carni bovine frollate in commercio, ha evidenziato che i consumatori di età pari o superiore ai 60 anni hanno classificato ciascun campione come “meno accettabile” rispetto alle altre categorie di età, indipendentemente dal colore (Holman et al., 2017). Per quanto riguarda la carne di agnello, un sondaggio condotto su 541 consumatori australiani non ha riscontrato alcuna correlazione tra l’età del rispondente e l’accettazione del colore rosso brillante (Khliji et al., 2010). Si ipotizza che questa divergenza sia il risultato di una nuova valutazione del colore e che gli intervistati abbiano più esperienza con le gamme di colore tipiche della carne invecchiata. Indipendentemente da ciò, entrambi gli studi evidenziano l’importanza del colore della carne rossa in riferimento al gradimento e alla decisione di acquisto da parte degli anziani. Va tenuto in considerazione che alcune tecniche impiegate per migliorare altri aspetti della carne rossa agli occhi dei consumatori più anziani, possono influire sul suo colore. Questo appare evidente nello studio di Botinestean et al. (2019) nel quale l’impiego dell’acido citrico per migliorare la texture della bistecca ottenuta dal muscolo semitendinoso di manzo, andava a scapito dei suoi valori di leggerezza (L*) e del colore rosso (a*), e quindi della sua attrattiva visiva. Anche l’iniezione di enzimi proteolitici (come la soluzione di kiwi) ha portato ad avere valori più bassi di L* e di a* nelle bistecche di semimembranoso di manzo frollate, se paragonate ai controlli che non avevano subito alcuna iniezione (Toohey et al., 2011). Sikes & Tume (2014) raccomandava elevate temperature di lavorazione di 76° C per migliorare la tenerezza della carne bovina anche se ciò ha comportato una grande diminuzione della a* della carne bovina – essendo questa colorimetria associata all’accettazione da parte del consumatore del colore della carne bovina (Holman et al. , 2017). Ci sono alcuni impatti positivi come hanno osservato Botinestean et al. (2016): ad esempio quando veniva applicato (per migliorare la tenerezza) il pre-congelamento in combinazione con la tecnica di preparazione sottovuoto, si riduceva lo strato marrone visibile sulla superficie delle bistecche cotte di semitendinoso di manzo, rispetto a quanto si verificava nei campioni di controllo. Tuttavia, sulla base di questi risultati, è evidente che le esigenze sensoriali degli anziani dovrebbero essere prioritarie rispetto al colore della carne rossa. Tuttavia, possono esistere opportunità che ci permettono di utilizzare metodiche in grado di migliorare il colore della carne e di compensare questi risultati altrimenti negativi. Il colore rosso della carne dipende dallo stato ossidativo della mioglobina, con una maggiore ossigenazione (associata ad un aumento del rossore) prima della perdita di colore finale della carne. Si è visto che utilizzando la tecnica MAP (che prevede un profilo di gas ricco di ossigeno) si riesce a migliorare il rossore e la stabilità del colore dei muscoli longissimus lumborum e semimembranosus di agnello e quindi viene mantenuta l’attrattiva visiva (Warner et al., 2017). Quindi è interessante notare come Aaslyng et al. (2010) abbiano riscontrato che i consumatori svedesi di età compresa tra i 56 e i 96 anni preferissero le bistecche di manzo mantenute in condizioni di anaerobiosi (skin pack e MAP senza ossigeno) piuttosto che quelle confezionate in MAP ricca di ossigeno. Gli autori suggeriscono che questo riflette la conservazione in anaerobiosi che preserva il rossore della carne e hanno concluso che questo risultato sarebbe stato diverso se fossero stati effettuati confronti durante situazioni di acquisto reali piuttosto che in scenari sperimentale. Una base alternativa per questo risultato potrebbe essere la maggiore esperienza con il MAP ricco di ossigeno, visto che questo è stato associato ad una diminuzione della tenerezza della carne bovina (Clausen et al., 2009; Zakrys-Waliwander et al., 2012). Di conseguenza, può essere consigliabile la gestione di quei fattori intrinseci ed estrinseci (inclusi l’ambiente dove vivono gli animali, la gestione delle carcasse, il mantenimento della catena del freddo e la selezione del taglio) che sono in grado di favorire il colore rosso della carne, poiché la produzione di carne accattivante dal punto di vista visivo è più efficiente, più facile ed accettabile per i consumatori anziani rispetto al rilancio di carni rosse poco appetibili. Detto questo, la necessità di migliorare il colore può diventare irrilevante se i consumatori più anziani acquistano sempre più carne rossa trasformata o prodotti poco visibili (ad es. alimenti marinati e già pronti).
Carica batterica e norme sulla sicurezza alimentare
Mentre un’elevata carica microbiologico e batterica avrà effetti negativi su tutti i consumatori (Saucier, 2016), sugli anziani questo aspetto ha spesso un peso enorme e dal punto di vista clinico appare significativo poiché gli adulti più anziani sono più frequentemente affetti da patologie croniche , come il diabete e le malattie vascolari, che aumentano la loro predisposizione. Inoltre, una compromissione della funzionalità del sistema immunitario, il malassorbimento, l’impiego di numerosi farmaci e le modificazioni della superficie della mucosa del tratto gastrointestinale che alterano il microbioma intestinale, possono predisporre gli anziani ad un maggior rischio di sviluppare patologie come la gastroenterite e l’infezione da Clostridium difficile (Percival, 2009). Più comunemente, si verifica un’intossicazione alimentare quando batteri come Salmonella, Campylobacter ed E. coli contaminano gli alimenti durante la trasformazione del muscolo nei tagli di carne, durante la lavorazione, la manipolazione, la conservazione e la cottura (Davies & Board, 1998). Poiché la percentuale e la risposta a questi contaminanti microbici sono state riviste in maniera esaustiva nella letteratura passata (Campbell et al., 1979; Bell, 1997; Davies & Board, 1998; Buncic, 2004; Fregonesi et al., 2014; Saucier, 2016; Coombs et al., 2017), è evidente come l’industria della trasformazione delle carni rosse investa molto nella mitigazione del rischio rappresentato dal consumo di carni rosse da parte dei soggetti più anziani. Tuttavia, dato che la popolazione sta andando incontro ad un progressivo invecchiamento e dato che vengono messi a disposizione dei consumatori anziani nuovi prodotti a base di carne (tra cui tagli venduti al dettaglio con maggior valore aggiunto, alimenti in scatola, alimenti a base di carne rossa lavorati e pronti al consumo) per affrontare le mutevoli tendenze del consumo, è probabile che anche le fonti di contaminazione microbica si evolveranno e saranno necessarie nuove ricerche.
Esigenza di convenienza
Opzioni di confezionamento
Per i consumatori anziani di carne rossa, la decisione di acquisto si basa in un certo qual modo anche sulla confezione. Il confezionamento della carne fornisce una barriera contro la contaminazione, migliora l’emivita e la qualità del prodotto e ne promuove il potenziale commerciale. Queste applicazioni hanno molto fascino all’interno delle diverse fasce d’età, e i prodotti a base di carne rossa vengono preferiti quando queste caratteristiche sono ottimizzate, a volte utilizzando opzioni di confezionamento attive o intelligenti (Mcmillin, 2017; Domínguez et al., 2018; Holman et al., 2018a). Per completare gli sviluppi in questi settori, quando parliamo di confezioni per la carne rossa sarebbe consigliabile tenere in considerazione requisiti specifici per l’età, come ad esempio l’accessibilità, poiché gli anziani hanno spesso una capacità ridotta di apertura delle confezioni e questo limita il loro gradimento e la loro probabilità di acquisto. Infatti, Swida et al. (2018) hanno riscontrato che la maggioranza (~ 77%) degli intervistati polacchi, di età pari o superiore ai 60 anni, cercava confezioni tradizionali e facilmente apribili, piuttosto che alternative moderne più sicure ma complicate. Ciò supporta i risultati di Hensler et al. (2015) secondo i quali la carne contenuta in confezioni di facile apertura era preferita dai clienti più anziani, e ciò era probabilmente dovuto alla necessità di applicare una forza ridotta al momento dell’apertura. Di conseguenza, i prodotti a base di carne rossa dovrebbero essere venduti in confezioni accessibili e più facili da aprire per attrarre maggiormente i consumatori anziani. Precedenti ricerche raccomandavano ai produttori di fornire imballaggi con linguette a strappo più lunghe e più forti, in modo tale da ridurre la necessità di applicare molta forza migliorando la facilità di apertura (Marks et al., 2012). Questo concetto è particolarmente degno di nota poiché anche con questo adattamento del confezionamento, si è visto che le persone con disturbi alle mani esercitano soltanto un 53% della forza rispetto alle persone sane (Marks et al., 2012). Devono essere fatte considerazioni sulla sicurezza quando si valuta un imballaggio con apertura facile e i miglioramenti devono avere anche lo scopo di ridurre l’utilizzo di attrezzi affilati (coltelli, ecc.) e i potenziali rischi associati all’impiego di essi per aprire le confezioni. Esempi sulla letteratura dedicata ai brevetti dimostrano una certa innovazione nello sviluppo di imballaggi apribili. Gruetzmacher & O’hara Jr (2018) descrivono una confezione termoformata resistente al calore con uno strato termosaldato prontamente removibile che consente la facile eliminazione della copertura di plastica; Huerta et al. (2019) descrivono una pellicola da imballaggio termoretraibile che prevede iniziatori di strappo per facilitare l’apertura manuale; e Holman et al. (2018b) hanno revisionato diversi adesivi e pellicole per imballaggio in termini di durata e resistenza all’apertura. È interessante notare come i vantaggi correlabili ad una migliore accessibilità della confezione debbano essere tenuti in considerazione quando si parla di durabilità, di diminuzione del potenziale di barriera e di suscettibilità all’apertura accidentale che potrebbero comprometterne il potenziale di vendita. Una possibile risposta potrebbe venire dall’utilizzo dell’imballaggio intelligente che è in grado di identificare e comunicare le condizioni presenti all’interno della confezione al fine di garantirne l’integrità. I dispositivi presenti all’interno della confezione possono essere utilizzati per monitorare i cambiamenti atmosferici avvenuti all’interno della confezione stessa (che possono alterare la “freschezza” o la sicurezza della carne rossa) e la cronologia della logistica o della movimentazione del prodotto. Tuttavia, l’impiego di queste e di altre nuove tecnologie di imballaggio deve essere valutato sia in termini di impatto sul comportamento del consumatore anziano che in termini di probabilità d’acquisto. Un sondaggio condotto su circa 2000 consumatori europei ha scoperto che gli intervistati di età compresa tra i 51 e i 65 anni avevano un’opinione più positiva degli indicatori tempo-temperatura (un tipo di packaging intelligente) rispetto agli intervistati più giovani (Pennanen et al., 2015). Gli autori hanno ipotizzato che questo risultato fosse frutto di una maggiore avversione al rischio degli anziani rispetto ai soggetti più giovani e di una risposta positiva alle garanzie di sicurezza alimentare fornite dal dispositivo di confezionamento intelligente. È interessante, quindi, che Chen et al. (2013) non abbiano evidenziato alcuna correlazione tra età e grado di neofobia (paura del nuovo) verso la tecnologia alimentare. Insieme, questi risultati suggeriscono che la conoscenza del cliente, o un’esperienza precedente con una confezione innovativa, possono influire sulla risposta e sul comportamento di acquisto. Questa premessa si riflette anche quando parliamo di nanotecnologie, con gli intervistati che appaiono esitanti nell’accettare questa nuova tecnologia quando impiegata come imballaggio per alimenti, e gli autori ritengono che ciò sia dovuto al fatto che i consumatori hanno fiducia nell’industria alimentare, nonché nei benefici percepiti per il consumatore (Siegrist et al ., 2007). Di conseguenza, se fossimo in grado di dimostrare un vantaggio per il cliente, come una maggiore praticità ad esempio, ci potremmo aspettare un atteggiamento più di fiducia e di accettazione (Siegrist et al., 2007; Font-I-Furnols & Guerrero, 2014). La convenienza per gli anziani potrebbe includere prodotti a base di carne pronti per il consumo. I pasti pronti sono sempre più popolari e includono pasti a base di carne rossa che sono convenienti, sicuri ed arricchiti di nutrienti grazie alle metodiche di confezionamento intelligenti. Ad esempio, l’imballaggio attivo con capacità antiossidante può inibire l’ossidazione e, in tal modo, preservare il contenuto di PUFA, fitonutrienti, fitochimici e di altri composti bioattivi suscettibili (Domínguez et al., 2018; Nikmaram et al., 2018). Analogamente, i pasti pronti a base di carne rossa possono essere confezionati con pellicole contenenti un substrato antimicrobico in grado di promuovere la shelf life e contrastare le preoccupazioni sulla sicurezza e sulla salubrità degli alimenti (Fang et al., 2017; Horita et al., 2018). Questi risultati sono allettanti per le persone anziane che possono avere una riluttanza a prepararsi da soli i pasti, ma questo non vale solamente per questa fascia di età. La comprensione della percezione dell’accessibilità da parte del cliente anziano, delle preferenze per i pasti e dell’accettazione di nuove tecnologie può fornire un percorso, indirizzato dal consumatore stesso, utile per lo sviluppo sul mercato di nuove e adeguate tipologie di confezionamento per le carni rosse.
Porzioni
I modelli di consumo di carne sono cambiati negli ultimi decenni e l’acquisto di tagli interi da preparare in casa è diminuito mentre è aumentato il consumo di “cibi pronti” o di alimenti che sono prontamente disponibili, economici e che richiedono poca preparazione e cottura (Dixon , 2002). Ciò si è verificato quando i cambiamenti della società, in particolare i cambiamenti del ruolo delle donne all’interno delle case dei paesi sviluppati, hanno portato ad un rilassamento delle regole sociali e delle formalità associate alla preparazione del cibo (Gofton, 1991). Inoltre, i dati demografici stanno cambiando poiché le dimensioni delle famiglie diminuiscono e i bambini crescendo non dipendono più da genitori e tutori, quindi non rimangono più a casa (Australian Institute of Family Studies, 2016). Di conseguenza, in Australia, ad esempio, il consumo di carne rossa è diminuito e vi è stato un aumento del consumo di pollo, che è correlato con porzioni più piccole e con una maggior facilità di preparazione (Dixon, 2002). Questo trend è accentuato dall’invecchiamento della popolazione, visto che in questa fase diminuisce il consumo di alimenti ricchi di calorie (nei soggetti anziani diminuisce l’appetito) (Nowson, 2007) e da un miglioramento delle pratiche di gestione degli animali che ha permesso un aumento delle dimensioni delle carcasse (Pattinson et al., 2015). Pertanto, alcuni tagli di carne rossa tradizionali, come l’arrosto di cosciotto intero di agnello, hanno un fascino minore per i consumatori anziani e maggiore enfasi viene posta sulla produzione di tagli di carne rossa a valore aggiunto (Fowler et al., 2017; Yeh et al., 2018). In Australia, la catena di approvvigionamento di agnello ha riconosciuto questa tendenza (Fowler et al., 2018) e, di conseguenza, ha iniziato a sviluppare una serie di tagli ottenuti da coscia e spalla a valore aggiunto, che sono più piccoli e rifilati di tutto il grasso esterno e dell’osso, come il knuckle roast , il topside e l’outside (Hopkins et al., 1995; Hopkins, 1995). Tuttavia quando questi tagli furono inizialmente creati, la loro accettazione da parte dell’industria era limitata, poiché questi tagli avevano la propensione ad ossidarsi rapidamente nella confezione disponibile. Tuttavia, l’avvento di nuovi metodi di confezionamento è stato responsabile del riemergere di questi tagli negli ultimi anni (Hopkins & Fowler, 2018) e, di conseguenza, sono ad oggi disponibili nuovi tagli di carne in grado di soddisfare meglio le esigenze dei consumatori anziani. Le decisioni di acquisto dei consumatori anziani sono guidate dal costo (Schmid et al., 2017a) e dal valore nutritivo dei tagli (Reicks et al., 2011). Tuttavia, il costo dei tagli di carne rossa a valore aggiunto è maggiore a causa delle variazioni di resa e dell’aumento del fabbisogno di manodopera per la preparazione (Fowler et al., 2017), inoltre si sa poco sul valore nutritivo e sulla qualità alimentare di tali tagli (Hopkins et al ., 2015) quindi non è chiaro se i consumatori anziani li scelgano. Fowler et al. (2019) hanno cercato di far fronte a questa scarsità di informazioni iniziando a determinare la composizione nutrizionale dei tagli a valore aggiunto ricavati dalla coscia e dalla spalla di agnello; tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche sui loro benefici nutrizionali per giustificare l’aumento dei costi associati alla loro produzione (Fowler et al., 2017). Inoltre, la scelta di nuovi tagli da parte dei consumatori anziani può essere ostacolata dalla neofobia alimentare. Van Der Zanden et al. (2015b) hanno infatti evidenziato che alcuni consumatori anziani potrebbero avere un’avversione o potrebbero non essere disposti ad acquistare o consumare alimenti nuovi e non convenzionali. Poiché nella vendita al dettaglio sono attualmente disponibili numerosi tagli di manzo, tra cui bistecche più piccole, prodotti macinati con contenuto variabile di parte magra, prodotti affettati e cubettati (Anonimo, 2005), gran parte della ricerca sui tagli di carne a valore aggiunto si è concentrata sull’aumento del valore di quei tagli che solitamente sono declassati (Lepper-Blilie et al., 2014; Jung et al., 2016; Yeh et al., 2018). Tuttavia, nessuno studio ha apparentemente esaminato se le attuali dimensioni delle porzioni dei tagli sono in grado di attrarre i consumatori anziani come lo sono i pesi delle carcasse di agnello e di manzo, per questo le dimensioni delle porzioni stanno progressivamente aumentando (Meat and Livestock Australia, 2018). Pertanto, visto che la popolazione continua ad invecchiare, saranno necessarie ulteriori ricerche sullo sviluppo e sull’interesse generato dai tagli a valore aggiunto di manzo e di agnello per opporsi agli attuali trend di consumo.
Conclusioni
Nonostante un aumento dell’età media della popolazione mondiale la domanda di carne rossa non sta diminuendo, quindi per mantenere la quota di mercato e fornire carne ricca di proteine e nutrienti, è necessario sviluppare nuovi approcci alla preparazione della carne proprio in previsione di questo aumento. Questi consumatori saranno sensibili ai prezzi e quindi avremo bisogno di prodotti innovativi ottenuti da tagli di seconda scelta ma che abbiano una miglior tenerezza e digeribilità. Detto ciò, è necessario che miglioriamo la nostra conoscenza sui valori nutritivi dei tagli di carne rossa, poiché per molti tagli non abbiamo ancora stime affidabili dei livelli di acidi grassi omega-3 e di minerali. Questo è un aspetto molto importante poiché si è visto che le fonti vegetali sono molto meno adatte a soddisfare le linee guida sull’assunzione di nutrienti, e questo potrebbe fornire all’industria della carne rossa uno strumento significativo con cui fare leva sul marketing del prodotto, cosa che ad oggi non viene sfruttata appieno. Non è chiaro se l’indirizzamento verso sistemi di produzione “biologici” venga considerato maggiormente accattivante dai consumatori più anziani, ma un piccolo studio di Napolitano et al. (2010) condotto su 145 persone ha suggerito che i consumatori con età superiore ai 60 anni non mostravano un maggior gradimento per la carne proveniente da tali sistemi di allevamento. Alla luce di questi risultati, che devono essere comunque verificati, è improbabile che questa mossa acquisisca terreno tra i consumatori più anziani. Ciò che rimane poco chiaro è come le attuali tendenze dietetiche, come il veganesimo e il vegetarianismo, influenzeranno l’invecchiamento della popolazione. L’eliminazione di tutti gli alimenti di origine animale dalla dieta aumenta il rischio di alcune carenze nutrizionali come quelle di vitamina B12 e D, di calcio e di acidi grassi omega-3 a lunga catena; per di più, queste diete forniscono meno calorie (Craig, 2009). Inoltre, non è chiaro come l’andamento attuale di alcune patologie, come obesità, diabete e prediabete andranno ad impattare sui fabbisogni dietetici delle popolazioni anziane. Per quanto riguarda l’obesità si è osservato che tra gli individui anziani esiste un numero crescente di persone in sovrappeso e obese che vivono fino ad un’età avanzata (Nowson, 2007). Queste persone spesso mostrano anche scarsa attività motoria, limitazioni funzionali, disabilità e possono anche essere a rischio nutrizionale a causa del continuo consumo di alimenti ad elevata energia e a bassa densità di nutrienti, quindi non riescono a soddisfare le loro esigenze nutrizionali anche se consumassero diete a basso contenuto energetico (Nowson, 2007). I pasti pronti a base di carne che sono stati trattati con enzimi proteolitici vegetali sono un altro potenziale metodo che potrebbe favorire il consumo di carne da parte degli anziani e quindi soddisfare le necessità di un adeguato apporto proteico. Tuttavia, questo richiederà una vasta ricerca di mercato per confermare l’accettazione da parte del consumatore. Partendo da queste carenze, possiamo notare che ci sono molte opportunità per massimizzare l’interesse verso la carne bovina e quella ovina della popolazione che invecchia. In futuro, ciò fornirebbe vantaggi economici e sociali che meritano di essere tenuti in considerazione da parte degli operatori del settore e dei ricercatori quando si accingono a sviluppare o a distribuire prodotti a base di carne rossa.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano per il supporto il NSW Department of Primary Industries. Non è stata richiesta approvazione etica per questa ricerca.
Conflitto d’interessi
Gli autori dichiarano l’assenza di conflitto d’interessi.
Dichiarazione sulla disponibilità dei dati
Essendo questa una review, nessun dato è stato generato.
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