Scomparsa dei gobbi

I gobbi sono scomparsi come le lucciole di Pier Paolo Pasolini dell’articolo sul Corriere della Sera del primo febbraio 1975, dove lo scrittore rileva che nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria e, soprattutto in campagna, dell’inquinamento dell’acqua, le lucciole sono scomparse. In modo analogo, perché un tempo vi erano e oggi sono scomparsi i gobbi, uomini e donne di piccola statura con una pronunciata gobba o gibbo, i primi ritenuti segno favorevole tanto da essere toccati per avere fortuna e riprodotti come oggetti scaramantici, e le seconde infauste da evitare? Una domanda che ha sollevato l’interesse d’infettivisti, veterinari, storici e antropologi, con una risposta che riguarda la sicurezza alimentare e da non dimenticare perché i gobbi oggi potrebbero ritornare.

Tubercolosi bovina e Morbo di Pott

Senza entrare nei significati scaramantici o di superstizione popolare, la quasi totalità dei gobbi, spesso di piccola statura tanto che in Sicilia erano denominati “corti”, sono ammalati del Morbo di Pott, tubercolosi vertebrale causata da un’infezione di batteri in gran parte di tipo bovino. Nella grande famiglia dei batteri tubercolari, l’infezione da batterio della tubercolosi di tipo bovino colpisce anche l’uomo, per contatto con gli animali infetti e soprattutto per via alimentare con l’uso di latte crudo, prodotti caseari freschi e carni provenienti da bovine ammalate di tubercolosi. Per questo la malattia è tipica delle popolazioni che allevano bovini ed è già presente nell’Antico Egitto; mentre è assente nelle Americhe precolombiane nelle quali la discussa interpretazione di una statuetta fittile è stata alla fine risolta attribuendola alla rappresentazione di un caso di condrodistrofia e non di Morbo di Pott. Fino alla metà del secolo scorso, il Morbo di Pott era abbastanza diffuso e invalidante, chi ne era colpito in forma grave aveva scarse possibilità di lavoro e, se ne aveva le doti, non di rado diveniva musicista. Nel rinascimento spesso era anche giullare e buffone di corte, una figura entrata nel mondo dello spettacolo, come Rigoletto dell’opera verdiana, e nella letteratura, con Quasimodo di Victor Hugo.

Tubercolosi bovina

L’infezione umana da batterio tubercolare bovino è (relativamente) meno mortale di quella di tipo umano, verso il quale il batterio bovino sembra avere un’attività di contrasto, analogamente a quanto si è ritenuto possa avere nei riguardi dell’infezione di un altro batterio, quello di Hansen che provoca la lebbra, tanto che si è supposto che la fortissima riduzione postmedievale della lebbra in Europa fosse la conseguenza dell’espansione nell’uomo della tubercolosi umana e bovina.

La progressiva diminuzione e poi l’odierna quasi totale sparizione della tubercolosi bovina nell’uomo in Italia, e quindi la seguente scomparsa dei gobbi con Morbo di Pott, sono avvenute attraverso diverse fasi. Per la grande diffusione della tubercolosi bovina nel bestiame, dapprima vi è stata una campagna informativa sulla necessità di bollire il latte, seguita dall’istituzione delle Centrali del Latte dove si eseguivano trattamenti di risanamento del latte tramite pastorizzazione e stassanizzazione; infine, e con metodo definitivo, si è proceduto all’eliminazione della tubercolosi negli animali da latte: bovini, ovini e caprini. Contestualmente, vi è stata l’abolizione dell’istituto della Bassa Macelleria, con la quale ai meno abbienti erano vendute le carni di animali tubercolotici, ora destinate alla distruzione.

Le campagne d’eradicazione della tubercolosi dagli allevamenti, iniziate negli anni ’60 del secolo scorso, proseguite negli anni successivi e ancora in atto, hanno portato all’abbattimento e alla distruzione degli animali infetti. In Italia, odiernamente, è annualmente predisposto un Piano di eradicazione: nei territori sono previste non ufficialmente azioni di controllo a tappeto sul 100% degli animali e delle aziende attraverso la prova della tubercolinizzazione di ogni singolo capo, e gli animali positivi alla prova sono abbattuti. Nei territori ufficialmente indenni, la sorveglianza prevede il controllo di una percentuale di animali scelta in basa alla normativa in vigore. Il diradamento delle prove viene proposto dalla Regione competente per il territorio e approvato dal Ministero della Salute, una volta sentito il Centro nazionale di riferimento. Su tutti i bovini e bufalini macellati in Italia viene inoltre effettuato un controllo post mortem al mattatoio dal Servizio veterinario competente.

In Italia, la tubercolosi nei bovini e nei piccoli ruminanti è stata eradicata, tuttavia sono rimaste piccolissime sacche di persistenza delle tubercolosi animali, in particolare nelle regioni meridionali, come risulta dai dati forniti dalle autorità sanitarie e anche dalle recenti segnalazioni comparse sui giornali di formaggi freschi prodotti con latte proveniente da allevamenti non controllati e infetti e sottoposti a trattamenti non legali. Da non sottovalutare inoltre che l’Italia importa rilevanti quantità di carne, e soprattutto di latte e di semilavorati caseari, di non sempre garantita provenienza, nonostante le documentazioni cartacee, e da paesi che non hanno sistemi capillari di controllo sanitario animale.

Tubercolosi bovina e alimenti

I micobatteri bovini degli animali infetti si possono trovare nel latte e nei derivati: nel burro da panna cruda rimangono vitali per tre mesi in frigorifero mentre nei formaggi la sopravvivenza va dai 2 ai 10 mesi, in relazione al pH e alla flora batterica antagonista, alla temperatura del processo di caseificazione e in particolare alla cottura della cagliata. Nei formaggi tipo grana, nei quali si opera una lunga cottura non vi è quindi sopravvivenza dei micobatteri tubercolari bovini. È inoltre da ricordare che la produzione e la vendita di formaggi a latte crudo avviene solo in Azienda Registrata o in Azienda Riconosciuta. La registrazione consente la vendita diretta e ai commercializzatori, ma solo in loco e in un ambito definito dalle Regioni (normalmente si intende la provincia e le province confinanti). Il riconoscimento consente invece la vendita diretta e ai commercializzatori senza limiti di territorialità.

Ritorno dei gobbi?

Se i gobbi con il Morbo di Pott sono scomparsi, non è da escludere che possano ricomparire e questo ritorno non può essere evitato appellandosi alla fortuna della gobba, che non contrasta l’inefficace rispetto delle norme imposte per l’eradicazione della malattia, i mancati o insufficienti trattamenti del latte con la pastorizzazione, la cottura o la lunga stagionatura dei formaggi, soprattutto nelle aree dove ancora insistono casi di tubercolosi degli animali, e i non sufficientemente approfonditi controlli delle importazioni.

Tradizione e sicurezza non sono in contrasto. Oggi infatti è possibile mantenere in vita sistemi tradizionali di produzione e lavorazione degli alimenti e del latte, e dei formaggi in particolare, usando il latte crudo, a patto che gli animali che lo producono siano indenni da tubercolosi. Altrimenti possono ricomparire i gobbi ammalati di Morbo di Pott che, non dimentichiamo, facevano parte di una triste tradizione!

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.