Una risposta secca e razionale alla domanda posta dal titolo di questo articolo è “servono se servono”, o meglio se c’è un problema da risolvere.
In un tempo ormai remoto si conosceva il collasso puerperale, malattia metabolica verso la quale i veterinari del passato facevano miracoli: bastava infatti inoculare in vena una soluzione a base di calcio che la vacca miracolosamente si rialzava e andava a mangiare!
Il collasso puerperale altro non è che la forma clinica della sindrome ipocalcemica; la prima è ormai poco diffusa mentre la seconda sembra avere un’elevata prevalenza soprattutto in determinate zone del nostro Paese.
La forma subclinica della sindrome ipocalcemica è una dismetabolia molto subdola perché crea agli animali appena partoriti problemi che hanno gravi ripercussioni su tutta la lattazione.
Diagnosticare la sindrome ipocalcemica è molto semplice, basta portare il sangue di bovine nel periparto in laboratorio per misurare la calcemia oppure utilizzare l’emogasanalisi o sistemi on-farm per misurare il calcio ionizzato.
Se, in base ai risultati analitici e alla diagnosi clinica, il veterinario ritiene che in allevamento la sindrome ipocalcemica sia un patologia diffusa occorre mettere in atto un sistema di prevenzione collettiva.
La prevenzione è essenzialmente di tipo nutrizionale e consiste nel ridurre il potassio e il sodio (cationi) nella dieta delle bovine in asciutta e nell’arricchirla, specialmente quella di preparazione al parto, di zolfo e cloro (anionica). Questi ultimi due elementi, acidificando il sangue, inducono una mobilizzazione del calcio dalle ossa e un suo maggior assorbimento intestinale.
Questa “geniale” soluzione fu presentata da Ender e altri nel 1971.
Il toccasana sembrerebbe essere l’utilizzo di una dieta in preparazione al parto che contiene sali anionici, in modo che abbia un bilanciamento anioni e catoni (DCAD) negativo, aspetto clinicamente misurabile attraverso il pH delle urine in preparazione al parto.
Molti sono i sali anionici utilizzabili, come ad esempio il solfato di magnesio, il cloruro d’ammonio, il cloruro di calcio, etc.. Due sono però le cose importanti da non dimenticare. La prima è che quando si utilizzano i sali anionici nelle diete di preparazione al parto delle bovine da latte c’è il rischio che per loro elevata inappetibilità si riduca l’ingestione di sostanza secca. Questo evento è altamente probabile perché se si fa una dieta effettivamente a DCAD negativo si devono utilizzare dosi elevate di sali anionici che per loro natura sono altamente inappetibili (ma non tutti). Un altro aspetto che non è mai superfluo ricordare è che alle diete “anioniche” si deve sempre aggiungere un supplemento di calcio altrimenti non si ottiene l’effetto voluto, ovvero l’aumento della calcemia.
L’adozione sistematica di diete di preparazione al parto che causano acidosi metabolica per aumentare la calcemia va effettuata con estrema prudenza perché gli effetti collaterali di questa pratica possono essere superiori ai benefici. Importante è anche agire sugli alimenti che si utilizzano in asciutta evitando quelli troppo ricchi di potassio, sodio e fosforo. La pratica più corretta e affidabile (gold standard) per diagnosticare l’ipocalcemia sub-clinica, oppure verificare l’efficacia delle soluzioni nutrizionali adottate, è quella di dosare il calcio totale e ionizzato nel sangue delle bovine nel periparto.
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