L’allevamento biologico della capra da latte – Scheda tecnica n° 9 

In cosa consiste

Quando si parla di produzione biologica si fa riferimento ad un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali.

La normativa di riferimento è il Reg. (CE) n. 889/2008, attuativo del Reg. (CE) n. 834/2007. Nel 2021 entrerà in vigore il nuovo Regolamento (UE) 848/2018.

 

Indicazioni per l’allevamento caprino da latte

Nel seguente paragrafo vengono mostrate le indicazioni specifiche che devono essere seguite dalle aziende biologiche di capre da latte e/o in conversione; restano valide tutte le altre indicazioni generali fornite dai regolamenti.
Superfici di stabulazione:

Le superfici di stabulazione per i caprini in funzione dell’età sono indicate nella tabella seguente:

Densità degli animali:

La densità degli animali deve essere tale da non superare il limite dei 170 kg di azoto per anno/ettaro di superficie agricola. Tale limite viene rispettato con un numero massimo di animali equivalente a 13,3 capre adulte per ettaro.

Introduzione di animali non biologici:

In un’azienda biologica possono essere introdotti animali allevati in modo non biologico a fini riproduttivi solo quando non sono disponibili animali biologici in numero sufficiente. Gli agnelli ed i capretti non biologici devono avere meno di 60 giorni. In caso di prima costituzione di un patrimonio, i giovani mammiferi non biologici devono essere allevati secondo le norme della produzione biologica subito dopo lo svezzamento.
Le femmine non biologiche devono rappresentare al massimo il 20% del patrimonio di caprini adulti oppure il 40% nei seguenti casi:

  • Estensione significativa dell’azienda;
  • Cambiamento di razza;
  • Avviamento di un nuovo indirizzo produttivo;
  • Allevamento di razze minacciate di abbandono (per i caprini la soglia di femmine riproduttrici al di sotto della quale una razza locale è considerata minacciata di abbandono è pari a 10.000).

Qualora un’unità di produzione sia costituita da meno di cinque caprini, il rinnovo del patrimonio è limitato al massimo di un animale all’anno.

Rimozione degli abbozzi cornuali:

La rimozione degli abbozzi può essere autorizzata caso per caso dall’autorità competente per motivi di sicurezza o al fine di migliorare la salute, il benessere o l’igiene degli animali. La sofferenza degli animali deve essere ridotta al minimo applicando un’anestesia e/o analgesia sufficiente ed effettuando le operazioni all’età più opportuna ad opera di personale qualificato (vedi scheda “La rimozione degli abbozzi cornuali”).

Gestione dell’alimentazione:

  • Somministrazione di latte materno ai capretti per un periodo minimo di 45 giorni. La somministrazione di latte in polvere è vietata, eccezion fatta per le aziende in cui è in atto un piano di eradicazione nei confronti della CAEV (artrite encefalite virale caprina) e previa richiesta da parte dell’operatore accompagnata da analisi sierologiche comprovanti la presenza della patologia. In caso di CAEV in allevamento è ammesso l’uso del colostro, che deve essere termizzato a bagnomaria per un’ora a 56 °C;
  • Nel caso degli erbivori, fatta eccezione per i periodi di ogni anno in cui gli animali sono in transumanza, almeno il 60% degli alimenti deve provenire dall’unità di produzione stessa o, qualora ciò non fosse possibile, deve essere ottenuto in cooperazione con altre aziende biologiche, situate nella stessa regione;
  • I sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo (Fig. 1), tenuto conto della sua disponibilità nei vari periodi dell’anno. Almeno il 60% della materia secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituito da foraggi grossolani e foraggi freschi, essiccati o insilati. È consentita una riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi all’inizio della lattazione;
  • È autorizzata l’incorporazione di alimenti in conversione nella razione alimentare fino ad un massimo del 30% di sostanza secca, in media, della formula alimentare. Se gli alimenti in conversione provengono da un’unità dell’azienda stessa, la suddetta percentuale può arrivare al 100% della sostanza secca;
  • Fino al 20% di sostanza secca della quantità complessiva di alimenti somministrati agli animali può provenire dal pascolo o dal raccolto ottenuto da pascoli o prati permanenti, superfici foraggere perenni o colture proteiche seminate in regime biologico su terreni nel primo anno di conversione all’agricoltura biologica, purché essi facciano parte della stessa azienda e non abbiano fatto parte di un’unità di produzione biologica della stessa azienda nel corso degli ultimi cinque anni. In caso di utilizzazione contemporanea di alimenti in conversione e di alimenti ottenuti da appezzamenti agricoli nel corso del loro primo anno di conversione, la percentuale cumulativa totale di tali alimenti non supera le percentuali indicate al punto precedente.

Gestione delle deiezioni:

In caso di effluenti eccedentari (con i quali si supera il limite di 170 kg di azoto per anno/ettaro di superficie agricola), le aziende possono stipulare accordi scritti di cooperazione ai fini del loro utilizzo solo con aziende ed imprese che rispettano le norme di produzione biologica.
È possibile utilizzare effluenti provenienti da allevamenti convenzionali non industriali per fertilizzare il terreno. Gli allevamenti “non industriali” si differenziano da quelli industriali, in quanto in quelli industriali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

  • Gli animali sono tenuti in assenza di luce naturale o in condizioni di illuminazione controllata artificialmente per tutta la durata del loro ciclo di allevamento;
  • Gli animali sono permanentemente legati o stabulati su pavimentazione esclusivamente grigliata o, in ogni caso, durante tutta la durata del loro ciclo di allevamento non dispongono di una zona di riposo dotata di lettiera vegetale.

Uso di prodotti fitosanitari:

L’utilizzo di repellenti olfattivi di origine animale o vegetale/grasso di pecora è consentito solo sulle parti non commestibili della coltura e laddove il materiale vegetale non sia ingerito da ovini e caprini.

Gli enti certificatori

L’elenco degli organismi di controllo autorizzati al monitoraggio delle produzioni biologiche è disponibile al sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Si raccomanda di consultare tale elenco con una certa frequenza, dal momento che può andare incontro a modifiche.

Il periodo di conversione

Per i caprini il periodo di conversione al biologico è di 6 mesi; l’inizio dell’attività deve essere notificato alle autorità competenti sottoponendo la propria azienda al sistema di controllo.

Scopri di più sul progetto DEMOCAPRA.

DEMOCAPRA (2020) Schede tecniche DEMOCAPRA. Università degli Studi di Milano & Associazione Regionale Allevatori della Lombardia, Milano.