La Lattoferrina, una proteina naturalmente presente in diversi fluidi corporei e, in particolare, nel colostro dei mammiferi.
A quasi un anno dall’inizio della pandemia, la diffusione del Sars-Cov2 non accenna a rallentare così come non rallenta la corsa alla scoperta della “cura miracolosa”. Clorochina e Plasma iperimmune sono solo alcune dei “rimedi” celebrati come l’arma vincente contro il virus senza neppure attendere gli esiti degli studi sperimentali e dei trial clinici condotti per attestarne, o meno, la loro reale efficacia. Discorso a parte per gli anticorpi monoclonali per i quali sono emersi risultati promettenti dai primi studi e che sembrano aver curato Trump in pochissimi giorni; tuttavia, il loro effettivo utilizzo contro il Covid-19 deve essere ulteriormente validato. In questi mesi, caratterizzati da una spasmodica attesa del vaccino, si è cercato di mettere a punto terapie in grado di contrastare gli effetti del virus sull’organismo ma senza ottenere grandi risultati.
Lo stato di incertezza e preoccupazione dato dall’assenza di un protocollo terapeutico definito spinge sempre più persone, siano esse comuni cittadini o membri della comunità scientifica, a cercare possibili rimedi nelle sostanze più disparate.
Ultima tra tutte la Lattoferrina, una proteina naturalmente presente in diversi fluidi corporei e, in particolare, nel colostro dei mammiferi. La sua comparsa nel panorama delle “terapie anti-Covid” è legata al fatto che lega il ferro sottraendolo ad eventuali microrganismi patogeni presenti nell’organismo, ed al suo “effetto antivirale” perla capacità di prevenire l’ingresso di virus nelle cellule bloccando l’infezione sul nascere. Sembrerebbe la soluzione ideale, se non fosse che questi effetti non sono stati attualmente dimostrati (ancora) nei confronti del Sars-Cov2. Ancora una volta, questa situazione dimostra come l’assenza di certezze e la battaglia contro un nemico ancora ignoto sotto molti aspetti spinga ad aggrapparsi a soluzioni che potrebbero recare più danni che benefici.
Gli integratori alimentari non fanno male ma, in particolari situazioni come queste, creano false illusioni e spingono le persone ad abbassare la guardia, seppur inconsapevolmente. Comunità scientifica e mass media dovrebbero collaborare per tenere informati i cittadini sui progressi nella lotta alla pandemia, ma la “cattiva scienza” abbinata alla “cattiva informazione” possono rapidamente trasformarsi in un nemico pericoloso tanto quanto lo è il Covid- 19.
Articolo a cura di Bianca Cuccaro e Giuseppe Borzacchiello.
Questo articolo è frutto dell’iniziativa avviata da un gruppo di docenti del Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali dell’Università di Napoli Federico II che ha ideato e realizzato una rubrica intitolata “Un Mondo di Bufale” in cui sono smentiti i falsi miti riguardanti il mondo degli animali, delle produzioni agrozootecniche e degli alimenti.