La geografia del nostro paese si divide tra aree di pianura (23.2 %), di montagna (35.2 %) e di collina (41.6%).

Fonte: Wikipedia.

Nel raggruppamento delle “aree interne” viene incluso il 60% del territorio italiano e nei suoi 4000 comuni vive il 25% della popolazione. Le caratteristiche che identificano queste zone possono essere:

a) sono significativamente distanti dai principali centri di offerta di servizi essenziali (istruzione, salute e mobilità);

b) dispongono di importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere);

c) sono un territorio profondamente diversificato, esito delle dinamiche dei vari e differenziati sistemi naturali e dei peculiari e secolari processi di antropizzazione.

Appartiene alle “aree interne” un’ampia porzione del territorio italiano definito “appenninico” che, insieme alle zone pedemontane a ridosso delle Alpi, ospita un porzione non marginale dell’agro-alimentare del nostro paese.

Fonte: Atlante dell’appennino realizzato da Symbola (2018).

L’Appennino è un sistema montuoso di limitata altitudine e lungo 1200 km che attraversa l’Italia da nord a sud ospitando il 27% dei comuni italiani (2157), che rappresentano il 54% dei comuni localizzati nelle “aree interne”. L’Appennino attraversa 14 regioni e rappresenta il 31% della nostra superficie nazionale. Nell’area appenninica vivono 10.4 milioni di persone, ossia il 17.5% degli italiani.

Da un punto di vista produttivo, hanno sede nell’Appennino il 23.1% delle imprese agricole del nostro paese e sempre in questi territori sono allevati 32 milioni di capi che corrispondono al 16% del nostro patrimonio zootecnico.

I prodotti a Denominazione d’Origine (DOP e IGP) coprono il 10% del fatturato complessivo dell’industria agro-alimentare italiana e il 21% dell’esportazioni. Il 51% delle DOP e IGP del food vengono prodotte nelle aree appenniniche.

Fonte: Rapporto 2018 Ismea-Qualivita.

Una quota significativa delle DOP e IGP viene prodotta nelle aree interne. Un esempio è il Parmigiano Reggiano che viene prodotto nell’area del comprensorio ubicata nell’appennino tosco-emiliano in cui si trovano 1200 allevatori (circa il 35% del totale) e 102 caseifici.

Le DOP e le IGP sono prodotti a Denominazione d’origine legati a specifici territori. Questa caratteristica, pur rappresentando una grande opportunità, potrebbe non esserlo per le tante realtà zootecniche delle aree marginali.

Produrre il latte nelle zone montuose e collinari, e più in generale nelle aree interne, è oggettivamente difficile e poco remunerativo. La pianura offre la possibilità d’irrigare le coltivazioni, permette di coltivare foraggi estremamente performanti come il mais e offre l’opportunità di rifornirsi a prezzi vantaggiosi di tutti i mezzi tecnici che servono all’allevamento, compreso il ritiro e la trasformazione del latte. Il costo litro/latte in pianura è decisamente migliore rispetto a quello delle altre zone geografiche. Nelle pianure italiane si produce la maggior parte del latte che serve all’industria lattiero-casearia del nostro paese, con un’efficienza tecnica ed economica in grado di competere adeguatamente con le zootecnie degli altri Paesi europei.

Il modello d’allevamento di pianura per le bovine, le bufale, le pecore e le capre non può però essere esportato tal quale nelle aree interne. Gli allevamenti appenninici ed alpini non potranno in nessun modo competere con quelli di pianura per produttività per capo e costi di gestione, e il tasso di abbandono di questi territori soprattutto per le realtà agricole ne è la prova più significativa.

L’allevamento di pianura ha come obiettivo quello di produrre grandi quantità di latte con elevate caratteristiche di salubrità e qualità, molto standardizzato, anche se dovrà rapidamente iniziare a riconvertirsi verso un modello che premi le soluzioni più rispettose del benessere animale e della sostenibilità.

Le aree montane italiane possono produrre latte con caratteristiche organolettiche sicuramente diverse rispetto al latte di pianura e usufruire per la comunicazione delle storie che narrano della gente che abita questi territori, delle tante tradizioni che tramandano e della qualità dell’ambiente dove vivono.

Una fascia sempre maggiore delle persone, soprattutto di quelle che vivono nelle città, apprezza e sceglie i prodotti delle aree interne ed è disponibile a pagarli di più.

Il consumatore informato è un prezioso e indispensabile alleato per evitare l’abbandono delle aree marginali, a patto che lo si coinvolga e gli si spieghi con chiarezza la differenza che c’è tra un prodotto del latte di pianura e uno di montagna.

I Consorzi di Tutela dei prodotti a denominazione, i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) e molte comunità locali stanno facendo molto per valorizzare le produzioni lattiero-casearie delle zone montane e collinari e la recente STG “Latte fieno” può fare ancora di più.

Questa STG, descritta nel dettaglio dal video realizzato da Ruminantia, può essere prodotta in qualsiasi luogo perché regolamenta un modo di alimentare e gestire le bovine e non il luogo di ubicazione dell’allevamento. Il “Latte fieno” può essere prodotto anche in pianura anche se oggettivamente avrebbe poco senso farlo dal momento che la preziosa terra irrigua di queste aree è bene che sia destinata alle produzioni agricole intensive.

Con il “Latte fieno”, che può essere biologico e convenzionale, si possono produrre tutti i derivati del latte.

Questa STG, come le DOP e gli IGP, non prevede regole particolari sulla gestione del benessere degli animali in allevamento. A nostro avviso però la STG “Latte fieno” prodotta in allevamenti costruiti e gestiti sul modello della “Stalla Etica” può essere una scelta importante per una profonda riqualificazione dell’allevamento delle bovine da latte nelle aree non di pianura del nostro paese.

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