Recentemente, accanto ai mangimi cosiddetti dietetici (o con particolare fine nutrizionale), si collocano i mangimi “funzionali” i quali, pur non necessitando di autorizzazioni aggiuntive per la produzione e prescrizioni veterinarie, possono apportare effetti benefici al benessere dell’animale che non presenta particolari compromissioni dello stato di salute o patologie.
Generalmente, l’aggiunta del termine “funzionale” descrive l’effetto di un mangime, di un nutriente, di un componente o di un additivo sulla crescita, sullo sviluppo, sulle normali funzioni fisiologiche o biologiche dell’organismo e sulle performance dell’animale, come l’ottimizzazione della nutrizione ed il supporto o la protezione delle condizioni fisiologiche.
Microbiologia alimentare e metabolismo
La vita di qualsiasi cellula dipende dai processi chimici che avvengono al suo interno: infatti, le biomolecole che la costituiscono derivano da una serie di reazioni che prendono il nome di metabolismo. Questo processo è alla base della vita e svolge 3 funzioni principali: ricavare energia utile per la cellula dalla degradazione di nutrienti e dalla trasformazione di altre forme di energia, convertire i nutrienti in molecole utili per la cellula, sintetizzare macromolecole e polimeri a partire dai precursori.
Il metabolismo è costituito da 2 fasi strettamente legate fra loro anche se quasi opposte: anabolismo e catabolismo. Il catabolismo rilascia energia invece l’anabolismo la richiede. Le reazioni di degradazione di carboidrati, acidi grassi e aminoacidi sono cataboliche mentre le reazioni di sintesi e condensazione che formano le biomolecole sono anaboliche. Le reazioni cataboliche portano alla formazione di prodotti di rifiuto come anidride carbonica CO2, acqua o scorie azotate, oltre che energia sotto forma di ATP che servirà alla cellula per far avvenire le reazioni anaboliche.
Prima di tutto è però importante conoscere la fisiologia dell’animale o delle fermentazioni ruminali/intestinali.
Regolazione dei processi metabolici di base
L’equilibrio alimentare può influenzare tutti i processi metabolici e fisiologici. Una razione bilanciata in modo ottimale si esprime solitamente in termini di energia e contenuto di carboidrati, grassi e proteine.
Molti allevatori amano il Saccharomyces cerevisiae e ritengono faccia bene ai loro animali, anche se spesso un oggettivo riscontro sull’efficacia in allevamento non c’è.
La competizione commerciale crea spesso confusione agli allevatori ed ai professionisti quando si tratta di scegliere una marca rispetto ad un’altra, e soprattutto tra lieviti vivi oppure innativati.
Gli allevatori che utilizzano lieviti vivi li somministrano come componente di un mangime complementare all’interno del quale sono presenti altri alimenti, sia organici che inorganici. I vostri ceppi sono in grado di rimanere intatti e quindi vitali? E per quanto tempo?
Fattori che influenzano lo sviluppo microbico
Fattori di tipo fisico e chimico: temperatura, attività dell’acqua, pH, presenza di sostanze con azione antimicrobica.
Fattori di tipo biologico: caratteristiche proprie del microrganismo.
Gli alimenti fermentati sono ottenuti dall’attività fermentativa dei microrganismi. Per vivere i batteri, come tutti gli esseri viventi, hanno bisogno di energia che ottengono da quello che mangiano producendo, alla fine, prodotti ancora ricchi di energia (metaboliti primari e secondari), come ad esempio l’acido lattico. Questo processo, che prende il nome di fermentazione, avviene in condizioni di anaerobiosi. Se pensassimo, ad esempio, alla produzione di yogurt, questa è favorita dall’attività di simbiosi tra Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus, dove ciascuna specie stimola la crescita dell’altra. Questa interazione riduce il tempo necessario per la fermentazione e consente la formazione di un prodotto con caratteristiche diverse rispetto a quello che si otterrebbe dalla fermentazione con le singole specie microbiche. La stessa cosa succede anche lungo tutto il tratto digerente.
I processi digestivi e le reazioni biochimiche che avvengono nel rumine sono molto complessi.
Il rumine, è un vero e proprio ecosistema batterico molto articolato che comprende numerose specie sia procariote che eucariote di vario tipo. Esso è inoltre il primo organo in cui gli alimenti ingeriti transitano prima di raggiungere lo stomaco vero e proprio, e questa sua posizione è ideale perchè funga da sito in cui possono avvenire tutte le reazioni biochimiche necessarie per ricavare il massimo nutrimento possibile da ogni pasto. Ma non è certo questa l’unica prerogativa importante del rumine: esso è anche molto spazioso (ha un volume che oscilla tra i 100 ed i 150 litri in un bovino ed i 6 litri in una pecora), ha una temperatura fisiologica molto elevata (intorno ai 39 gradi Celsius), un pH costante (di circa 6,5) ed è infine un ambiente completamente anossico (cioè privo di ossigeno). Tali condizioni creano al suo interno un microclima in cui possono vivere indisturbate molte specie batteriche che hanno, tra gli altri, anche gli enzimi necessari a scindere la cellulosa in glucosio libero.
Questi microrganismi costituiscono il microbiota caratteristico dei ruminanti e comprendono numerosi e diversi batteri anaerobi sia Gram negativi che Gram positivi: tra i primi, i più importanti sono Fibrobacter succinogenes (che idrolizza appunto la cellulosa) e Ruminobacter amylophilus (che invece digerisce l’amido); come Gram negativi invece vanno menzionati Ruminococcus albus (anch’esso cellulosolitico) e Lachnospira multiparous (che è un pectinolitico: quando la dieta dell’animale è ricca in modo particolare di fieno di leguminose, che contiene appunto il polisaccaride pectina, esso ne elabora la digestione).
Il glucosio che viene ricavato da cellulosa, amido e pectine, grazie all’azione dei microrganismi sopramenzionati, non viene utilizzato tal quale dall’animale, come si potrebbe pensare, ma viene ulteriormente processato dai batteri attraverso alcune reazioni di fermentazione che danno come risultato finale una miscela di acidi grassi (tra cui acido acetico, proprionico e butirrico) che passeranno poi al flusso sanguigno attraversando le pareti del rumine e costituiranno le vera fonte d’energia per il ruminante.
I microrganismi per moltiplicarsi, oltre ad idonee condizioni di temperatura, pH, nutrienti, presenza o assenza di O2, necessitano di una simbosi tra di loro. Si tratta di un capolavoro di gruppo; mi permetto quindi di dire che affermare che il “lievito rimuove l’ossigeno dal rumine” mi sembra molto limitante. Nella mia esperienza direi piuttosto che il lievito stimola indirettamente particolari gruppi di batteri che a loro volta sono ottimi utilizzatori del ossigeno, ma questo non dipende dal fatto che il lievito sia vivo o morto, ma dalle loro capacità biologiche. Tali effetti si traducono principalmente in un pH ruminale più stabile ma non hanno impatto sulla velocità di degradazione dei substrati fibrosi. Il lievito da solo stimola il metabolismo cellulare, ma non aumenta l’efficienza della digestione. Dal punto di vista zootecnico, quindi, i lieviti hanno un impatto maggiore sul consumo degli alimenti piuttosto che sulla loro digeribilità. Ne consegue che, oltre una certa fase, quando viene superata la capacità metabolica delle cellule, l’impatto del lievito si riduce. L’attività biologica del lievito dipende dal contenuto della cellula e dalla degradazione e disintegrazione della parete cellulare del lievito stesso.
Numerosi studi hanno dimostrato che il lievito non si replica nel rumine ma si limita a “sopravvivere” per un tempo più o meno limitato.
È bene precisare inoltre che non è il numero di cellule a fare la differenza, ma la loro specificità e capacità di resistere e “lavorare” nel rumine.
È quindi sbagliato confrontare i titoli di UFC presenti nei diversi prodotti commerciali. Non esiste infatti un dosaggio giusto ma un giusto dosaggio riferito ad uno specifico ceppo. Sarebbe poi altrettanto opportuno concentrarsi di più sul processo della produzione di questi prodotti, in modo da guarantire un apporto di sostanze biologicamente ATTIVE, anche in caso di batteri/lieviti inattivati trattati in maniera appropriata.
Quello che è importante sottolineare è invece che, grazie alla presenza di questo microbiota così particolare, i ruminanti riescono a ricavare energia e nutrimento dalle tre principali categorie di polisaccaridi che compongono la loro dieta (cellulosa, amido e pectine appunto) anche senza avere essi stessi nel proprio genoma i geni per i relativi enzimi digestivi necessari.
Una forte voce per l’industria mangimistica
L’efficacia dei prodotti di AKRON è basata sull’azione di microrganismi che possono coesistere tra loro e che sono fisiologicamente compatibili. Quando queste colture miste, anche se inattivate, vengono reimpiantate nel loro ambiente naturale, si scopre che l’effetto benefico dei ceppi costituenti è notevolmente migliorato dalla loro sinergia.
La linea dei mangimi complementari multifunzionali FUSION, dedicata a diverse specie animali, utilizza innovativi processi fermentativi per ottenere una più vasta gamma di metaboliti idonei ad incrementare la digestione e l’assorbimento alimentare, a migliorare l’habitat della microflora intestinale e a mantenere elevata la risposta immunitaria dell’animale. Il sistema permette di far crescere, per la produzione di sostanze biologicamente attive, microorganismi anaerobi durante la concentrazione sottovuoto alla temperatura idonea alla loro crescita. Alla fine del processo si ottiene una massa contenete tutti i metaboliti integri, non avendo essi subito alcuno stress termico. Inoltre, il prodotto, essendo protetto grazie ad un processo di ricopertura specifico, è in grado di resistere al processo di pellettatura fino a temperature che possono arrivare a 82-85°C. È importante sottolineare che la temperatura non è l’unico fattore in grado di inattivare le cellule di lievito. La pressione e l’umidità giocano un ruolo altrettanto importante e l’interazione di questi tre fattori deve essere tenuta presente in sede di inserimento di qualsiasi ceppo di lievito all’interno di un prodotto.
La presenza di diversi lieviti inattivati e più precisamente la presenza in essi di beta-glucani, mannani e vitamine del gruppo B, oltre a preziose proteine, ha portato a risultati sorprendenti insieme all’unione con estratti fermentativi di Aspergillus oryzae ricchi di pool enzimatico e chitina. Questo perché i principi nutritivi più importanti sono bloccati nelle pareti cellulari del lievito, quindi il loro danneggiamento (idrolizzazione) ha portato al pieno utilizzo degli ingredienti da parte dell’organismo. Sebbene ciascuno di questi elementi abbia un’azione separata, nel suo complesso “chiuso” durante la produzione, offre vantaggi visibili all’utilizzatore.
Mannani: i carboidrati degli oligosaccaridi agiscono come probiotici riguardo i patogeni gastrointestinali (E. coli, Salmonella).
Betaglucani: possono agire come disintossicanti delle micotossine prevenendo l’assorbimento dei metaboliti dei funghi (ad es. nel grano) nell’intestino tenue.
Vitamine B: partecipano attivamente al processo di digestione di carboidrati, proteine e grassi nel tratto gastrointestinale, evitando la perdita di appetito e, di conseguenza, la riduzione e inibizione del peso.
Proteine: sotto forma facilmente digeribile con beneficio sulla composizione di amminoacidi.
Attività enzimatica microbica e fungina per completare quella prodotta dall’animale, per:
- Limitare la fuoriuscita di proteine fermentescibili e amido.
- Migliorare l’emulsione e l’assorbimento della frazione grassa della dieta.
- Ridurre notevolmente le variazioni di pH lungo il tratto intestinale (fermentazione anomala del cibo non assorbito causata dalla flora saprofita).
Frazioni batteriche intestinali specifiche, rese stabili ma biologicamente molto attive, per:
- Stimolare la produzione di una flora autoctona stabile e attiva.
- Aumentare la produzione epiteliale di muco e anticorpi indotta da antigeni specifici e altre frazioni proteiche biologicamente attive trovate sulle pareti batteriche.
- Migliorare la capacità dei microrganismi intestinali di metabolizzare i composti tossigeni.
- Contrastare lo sviluppo di popolazioni di saprofiti produttrici di tossine grazie alle biocine, prodotte durante la fermentazione e ad azione specifica contro agenti patogeni come E. coli e Clostridium.
- Ridurre gli stati infiammatori delle mucose causati dalla presenza di grandi quantità di acido lattico, ammine biogene e ammoniaca.