Secondo un’analisi condotta da un team di ricercatori dell’Università di Belfast su 413 casi di frode identificati tra il 1997 e il 2017 nella catena di approvvigionamento delle carni bovine, la contraffazione risulta essere la maggiore minaccia per la filiera, rappresentando il 42,9% dei casi di frode. Secondo lo studio inoltre l’elaborazione primaria risulta essere l’area più vulnerabile, rappresentando il 35,8% delle segnalazioni.

Lo scandalo “Horsemeat” del 2013, scatenatosi con l’identificazione di carne di cavallo all’interno di preparati surgelati e prodotti a base di carne che secondo l’etichetta avrebbe dovuto essere bovina, ha messo in luce le vulnerabilità della catena di approvvigionamento europea delle carni bovine. Questo scandalo ha comportato richiami di prodotti di massa in tutta Europa, una flessione delle vendite di carne bovina e conseguenti perdite economiche per gli attori della filiera.

Un gruppo di ricercatori della Queen’s University di Belfast ha quindi deciso di effettuare una review con l’obiettivo di migliorare la comprensione della vulnerabilità della catena di approvvigionamento delle carni bovine mediante l’uso dell’analisi delle tendenze, di consentire la formulazione di strategie che potrebbero aiutare a prevenire e individuare le frodi nei prodotti a base di carne bovina e di facilitare in futuro una maggiore protezione per i consumatori e l’industria. “Comprendendo meglio le frodi che si stanno verificando possiamo mirare alla prevenzione, rilevazione e mitigazione delle frodi e quindi ad una migliore protezione della catena di approvvigionamento” ha riferito Kelsey Robson, del Gruppo per la Sicurezza Alimentare della Queen’s University di Belfast, a FoodNavigator.

Per fare questo i ricercatori hanno analizzato i casi di frode alimentare identificati nella catena di approvvigionamento della carne bovina in un periodi di 20 anni. La review si è basata sulle notifiche relative ai prodotti alimentari pubblicate nel sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi (RASFF) e HorizonScan nel periodo 1997-2017, che sono state estratte e analizzate per determinarne il modello generale.

In questo lasso di tempo sono stati identificati 413 casi di frode nella catena di approvvigionamento delle carni bovine. Le frodi/adulterazioni sono state quindi classificate in base alla loro tipologia, alla posizione lungo catena di produzione alimentare, al paese notificante e all’origine dell’alimento. Sulla base dei dati raccolti, i ricercatori hanno concluso che la contraffazione è stata il tipo più comune di frode nel settore delle carni bovine, rappresentando il 42,9% di tutti i casi identificati. “La contraffazione si riferisce agli alimenti che sono stati prodotti illegalmente con l’intenzione di imitare o copiare la loro controparte legittima”, ha spiegato Robson.Ciò include i prodotti provenienti da locali non approvati, prodotti senza ispezione o trovati con documentazione fraudolenta o mancante, come certificati di ingresso o certificati sanitari (documenti falsificati o altrimenti fraudolenti), suggerendo che la produzione illegale ha rappresentato la maggior parte delle frodi identificate in questa review“.

Analizzando i risultati, i ricercatori hanno osservato anche che la maggior parte delle segnalazioni di frodi è avvenuta nel 2013, lo stesso anno dello scandalo riguardante la carne di cavallo.

Quando le segnalazioni sono state classificate per area nella catena di approvvigionamento, il 36,4% di tutti i casi è stato attribuito alla trasformazione primaria. Di questi, il 95,5% erano casi di contraffazione riguardanti prodotti fabbricati/imballati in locali non approvati o senza ispezione o documentazione adeguate, nonché prodotti emessi con certificati sanitari fraudolenti.

I ricercatori hanno quindi concluso che, in relazione al tipo di frode, la contraffazione dei prodotti rappresenta la più grande minaccia alla catena di approvvigionamento della carne bovina e che la trasformazione primaria è l’area più vulnerabile.

 

 

A 20-year analysis of reported food fraud in the global beef supply chain

KelseyRobsonab, MoiraDeana, StephanieBrooksa, SimonHaugheya e Christopher Elliotta

aInstitute for Global Food Security, Queen’s University Belfast, University Road, Belfast, BT7 1NN, Northern Ireland, United Kingdom
bABP Food Group, 14th Castle Street Ardee Co, Louth, Ireland

doi.org/10.1016/j.foodcont.2020.107310