La ricerca scientifica accumula incessantemente nuove conoscenze e le sostituisce a quelle più obsolete, rappresentando così quel volano indispensabile per migliorare la qualità della vita dell’umanità e del mondo in cui abitiamo.
Il nostro paese investe in ricerca e sviluppo l’1.4% del PIL, e quindi una cifra importante anche se inferiore rispetto a quella stanziata da altri Stati che credono nella cultura e nella ricerca molto più di noi.
I risultati della ricerca vengono principalmente diffusi sulle riviste scientifiche e molte di queste non sono open access, per cui chi li vuole consultare deve pagare. Questa sembra una contraddizione in quanto la comunità scientifica è maggiormente, se non esclusivamente, sostenuta da fondi pubblici ma la comunità dei tecnici e i semplici cittadini per accedere ai risultati della ricerca deve pagare.
Per capire meglio questa questione abbiamo chiesto aiuto al Prof. Marcello Mele, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, nonché editor in chief dell’ Italian Journal of Animal Science.
Marcello Mele è anche reviewer di alcune riviste scientifiche come il Journal of Dairy Science, Small Ruminant Research, Animal, Animal Feed Science and Technology, Journal of Dairy Research, Journal of Animal Breeding and Genetics, Biochemical Genetics e Frontiers Veterinary Research.
Prof. Mele, ci può spiegare come avviene in pratica la pubblicazione dei risultati di una ricerca scientifica e perché lo si fa quasi esclusivamente sulle riviste scientifiche?
La ricerca scientifica si basa sul metodo sperimentale che, a sua volta, si fonda su alcuni assunti universalmente riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale: sulla base dello state dell’arte si formula un’ipotesi scientifica, si disegna un esperimento in grado di dimostrare quell’ipotesi, si analizzano i dati raccolti e si traggono le conclusioni, che possono portare a confermare l’ipotesi oppure a rigettarla. Affinché il progresso scientifico possa avanzare, la comunità scientifica di riferimento deve avere la possibilità di verificare quanto fatto e anche di riprodurre l’esperimento. La validità dei risultati è tanto più robusta quanto maggiori sono le probabilità che un dato risultato sia riproducibile in contesti differenti da quello in cui sono stati ottenuti i risultati originali. La pubblicazione su riviste scientifiche ha la finalità di diffondere nella comunità scientifica di riferimento i risultati ottenuti e quindi diffondere il progresso scientifico ottenuto; allo stesso tempo, però, la pubblicazione dettagliata dei metodi utilizzati consente agli altri scienziati di ripeter l’esperimento e verificarne la riproducibilità. L’utilizzo di riviste scientifiche consente inoltre di sottoporre ad un controllo rigoroso quanto fatto nella ricerca oggetto della pubblicazione, garantito dalla cosiddetta revisione tra pari o “peer review”.
Perché è importante per uno scienziato pubblicare i suoi lavori sulle riviste “peer reviewed”?
Le riviste scientifiche qualificate sono quelle che attuano il metodo della peer review o revisione tra pari. E’ il metodo che prevede che i risultati di ogni ricerca siano sottoposti a controllo (spesso anonimo) da parte di due o più scienziati dello stesso ambito scientifico di riferimento e appartenenti alla comunità internazionale. Questo controllo è la base dell’affidabilità scientifica dei risultati ottenuti dalle ricerche e garantisce che nessun risultato possa essere autoreferenziale e, al contrario, sia attentamente vagliato da membri della comunità scientifica internazionale. Tale controllo si basa su criteri riconosciuti dalla comunità scientifica, come l’assenza di conflitti di interesse, il rispetto dei principi etici della ricerca, la correttezza delle ipotesi formulate, la verificabilità e l’appropriatezza dei metodi utilizzati, inclusa l’analisi statistica dei dati, la correttezza dell’interpretazione dei dati alla luce dei risultati ottenuti e dello stato dell’arte disponibile.
Quando vengono a mancare tali presupposti, i risultati della ricerca non possono essere considerati validati e, pertanto, non portano a nessun progresso delle conoscenze, anzi, in alcuni casi ingenerano confusione, specialmente se oggetto di interesse mediatico. Purtroppo, talora, alcuni gruppi di ricerca, nel tentativo di attrarre le attenzioni dei mass media verso le proprie ricerche, e con esse potenziali finanziatori, anticipano i risultati dei loro studi prima che siano passati al vaglio della comunità scientifica internazionale. Questi comportamenti hanno portato, anche recentemente, a messaggi fuorvianti, che hanno generato incertezza nella popolazione e minato la fiducia verso la ricerca scientifica. La qualificazione scientifica di un ricercatore si basa proprio sulla sua capacità di realizzare ricerche che siano ritenute valide dai propri pari. Tali ricerche, una volta pubblicate sulle riviste scientifiche che adottano il metodo della peer review, eserciteranno un impatto tanto significativo sulla comunità scientifica, quanto maggiore sarà la frequenza con cui gli altri ricercatori si baseranno sui risultati di quelle ricerche per formulare nuove ipotesi e progredire ulteriormente nelle conoscenze. Quest’ultimo aspetto, chiamato fattore di impatto, è uno dei parametri principali che definisce la qualità scientifica di un ricercatore ed è pertanto dipendente dalla presenza di riviste scientifiche riconosciute dalla comunità internazionale, come quelle appunto che applicano il metodo della peer review.
Ci risulta ci sia un ampio movimento di scienziati che vorrebbe che tutte le pubblicazioni scientifiche fossero open access, ossia accessibili a tutti e gratuitamente. Quali sono i pro e contro secondo Lei?
La pubblicazione di un lavoro scientifico secondo le regole sopradescritte prevede la presenza di riviste scientifiche che si dotino di un’organizzazione e di una struttura editoriale che hanno dei costi. Esistono due momenti distinti nel processo di pubblicazione: la revisione tra pari e il processo di produzione dell’articolo dopo che esso è stato ritenuto valido per la pubblicazione a seguito del processo di revisione. La prima parte prevede che esista un comitato editoriale formato da scienziati qualificati del settore, che organizzano la revisione tra pari trovando almeno due scienziati nel panorama internazionale che abbiamo la qualificazione necessaria per valutare lo studio sottoposto all’attenzione della rivista. L’opera dei revisori è completamente gratuita (è deontologicamente proibito che i revisori possano avere un compenso dal lavoro svolto), mentre, in alcuni casi, i membri del comitato editoriale possono ricevere un rimborso spese. In ogni caso, data la vastità della comunità scientifica di riferimento, e la necessità di coinvolgere il maggior numero possibile di scienziati, la ricerca dei revisori è spesso assistita da motori di ricerca che facilitano il compito del comitato editoriale e garantiscono la verifica di alcuni parametri di base, come la reputazione scientifica, del revisore individuato. Inoltre, per verificare che non vi siano casi di plagio (purtroppo può succedere anche questo), vengono impiegati anche motori di ricerca in grado di verificare l’originalità di un articolo rispetto a quanto già pubblicato.
Tali motori di ricerca hanno un costo che viene di norma sostenuto dagli editori. Questi ultimi forniscono anche il personale e la struttura deputati alla produzione degli articoli ritenuti accettabili dal comitato editoriale nella prima fase del processo, sostenendo pertanto i relativi costi. Tutto questo premesso, i costi connessi sia alla prima che alla seconda fase devono essere in qualche modo coperti. Fino a qualche anno fa, i costi erano sostenuti per lo più dal lettore, nella maggior parte dei casi attraverso i sistemi delle biblioteche. Questo voleva dire che la conoscenza scientifica era spesso appannaggio esclusivo dei membri della comunità scientifica stessa, escludendo la società civile che, indirettamente, attraverso le proprie tasse, finanzia gli enti pubblici di ricerca. Da circa venti anni a questa parte si sta diffondendo un metodo di pubblicazione, chiamato open access, che ripartisce i costi di pubblicazione sui ricercatori che vogliono pubblicare i propri risultati. I ricercatori, a loro volta, caricano tali costi su quelli della ricerca, includendoli nelle richieste di finanziamento. Di contro, chiunque voglia leggere la rivista scientifica open access può farlo perché, appunto, di libero accesso. La nascita di questo tipo di rivista è stato ritenuto, a ragione, un grande avanzamento della diffusione della cultura scientifica e la stessa Unione Europea impone che le ricerche finanziate con fondi comunitari siano pubblicate su riviste open access, così da consentire la maggiore diffusione possibile dei risultati ottenuti. Nel tempo, pertanto, si sono moltiplicate le riviste scientifiche, quasi esclusivamente edite on-line, che hanno adottato questo sistema.
Esistono tuttavia alcune criticità, che sono tuttora oggetto di ampia discussione nella comunità scientifica. La necessità da parte dei ricercatori di avere le proprie ricerche pubblicate velocemente, e diffuse altrettanto velocemente nella comunità scientifica (due aspetti fondamentali che influenzano il fattore di impatto), ha indotto la nascita di un numero crescente di nuove case editrici che si specializzano nel settore open access. Tali editori offrono ai ricercatori riviste che, dietro pagamento di costi di pubblicazione anche consistenti (si arriva fino ai 2000 dollari per articolo), garantiscono i tempi di pubblicazione richiesti, spesso a discapito della rigorosità e della accuratezza del processo di revisione. Si tratta in pratica di un fenomeno che ha reso l’attività editoriale scientifica un processo legato a logiche commerciali che talvolta possono minare alla base quel patto di lealtà rappresentato dalla revisione tra pari e su cui si fonda la verifica dei risultati delle ricerche scientifiche. Sono escluse da questo pericolo le riviste, ancora per fortuna numerose, che sono l’espressione di comunità scientifiche e, pertanto, scevre da obiettivi commerciali. In questo caso, i due momenti che compongono il processo di pubblicazione di un articolo, la revisione tra pari e la produzione vera e propria dell’articolo dopo che è stato ritenuto accettabile, sono gestiti separatamente e in piena autonomia da soggetti indipendenti. La prima parte è gestita dal comitato editoriale, che è espressione di una specifica comunità scientifica che è anche proprietaria della rivista e non ha interessi economici specifici, se non quelli di coprire i costi vivi di gestione del processo. La seconda parte è gestita da una casa editrice che, avendo interessi commerciali, ma non avendo la proprietà della rivista, sarà interessata a gestire quelle riviste che, in funzione della alta reputazione scientifica, sono oggetto di interesse da parte dei ricercatori che vorranno quindi pagare per la pubblicazione delle loro ricerche. Questa separazione di ruoli, purtroppo, non è sempre garantita, e sempre più spesso, si assiste a case editrici, definite predatorie, che sono proprietarie delle riviste e influenzano anche la gestione del comitato editoriale, ingenerando i rischi descritti in precedenza. Il sistema open access è pertanto una straordinaria opportunità per la diffusione della cultura scientifica, ma è necessario fare attenzione ai rischi connessi con la mercificazione del sapere scientifico.