Le condizioni climatiche estreme sono contraddistinte da grande caldo ed un irraggiamento solare intenso e/o eccesiva umidità, oppure da freddo, umidità e vento.

Le condizioni meteorologiche incidono in misura notevole su alcuni aspetti fisiologici dei ruminanti provocando:

  • Diminuzione dell’ingestione degli alimenti. In seguito alla riduzione dell’ingestione degli alimenti può verificarsi una forte riduzione del peso vivo dell’animale.
  • Disturbi metabolici. Con l’aumentare dello stress si ha una modificazione della flora batterica lungo il tratto gastro-enterico, che, anche dopo la scomparsa dello stimolo negativo, necessita di un periodo di circa 2 settimane per ritornare alle condizioni iniziali.
  • Alterazione dell’equilibrio minerale enzimatico ed ormonale (Marai et al 2007). Lo stress termico fa aumentare la disponibilità di glucosio nel sangue per fornire l’energia necessaria a fronteggiare sia le alte che le basse temperature (energia che, quindi, non viene utilizzata per la produzione del latte) e provoca un’alterazione nel funzionamento della tiroide, con riduzione, da parte di quest’organo, della produzione degli ormoni che favoriscono la lattazione.

I mutamenti climatici producono negli animali delle reazioni comportamentali frutto di meccanismi fisiologici di adattamento.

In condizioni di gran caldo, gli animali tendono ad aumentare la dispersione di calore corporeo ingerendo più acqua, aumentando la frequenza respiratoria e inumidendo la superficie del corpo e, nel contempo, cercano luoghi ombreggiati, più freschi e ventilati.

Il freddo viene invece combattuto dagli animali mediante:

  • innalzamento del metabolismo e, a più lungo termine, con un adattamento morfologico;
  • maggiore crescita di pelo e aumento di grasso corporeo;
  • un fabbisogno di energia più elevato e, di conseguenza, necessità di maggiori quantità di alimenti;
  • allo scopo di ridurre le perdite di calore corporeo, cercano luoghi riparati dal vento ed evitano i giacigli umidi e freddi;
  • cercano di proteggersi dalla pioggia persistente o fredda, così da evitare di bagnarsi fino alla cute e di raffreddarsi.

L’esperienza insegna che periodi caratterizzati da grande caldo e forte irraggiamento solare, oppure da freddo, vento e umidità, sono ricorrenti.

In tali situazioni, se gli animali non hanno la possibilità di proteggersi dalle condizioni climatiche estreme, la loro capacità di adattamento può risultare insufficiente.

Perciò, per quanto riguarda le condizioni climatiche, risulta quasi impossibile indicare dei valori limite esatti oltre i quali sia necessario intervenire.

Sono soprattutto i bovini con un’intensa attività metabolica (vacche in lattazione, bovini all’ingrasso intensivo) ad essere sensibili alle temperature elevate. Ad esempio, le vacche da latte reagiscono rapidamente al gran caldo con una diminuzione della loro produttività. Dai bovini all’ingrasso il freddo viene invece sopportato meglio. Vento ed umidità non fanno bene, ma per evitare eccessivi allarmismi basti dire che i tori da ingrasso, in giornate fredde ed asciutte, sopportano temperature che possono arrivare anche a 30 gradi sotto lo zero. Perfino il contatto con la neve non li danneggia, sempre che non sia continuo e che possano scegliere autonomamente di ripararsi all’asciutto alla bisogna.

A questo proposito, però, possono sussistere notevoli differenze legate all’età, alla razza e al tipo di pellame, come pure alla modalità e all’intensità di sfruttamento dell’animale.

I mutamenti climatici riguardano non solo ruminanti come bovine da latte e tori ma anche gli ovini da latte e le pecore. Infatti, essendo questi animali alimentati prevalentemente con l’utilizzo diretto del pascolo, e trascorrendo gran parte della propria esistenza all’aria aperta, è necessario tenere conto degli aspetti climatici e delle loro caratteristiche fisiche e comportamentali, per migliorare, contemporaneamente, il benessere dell’animale e la soddisfazione professionale ed economica degli allevatori.

Le pecore sono portate naturalmente a resistere alle temperature fredde ed a quelle elevate, in quanto il loro corpo è rivestito dal vello di lana. Inoltre, essendo animali di piccola mole, disperdono il calore con maggior facilità rispetto ad animali di taglia maggiore. Hanno poi, per propria indole sociale, adottato delle “strategie” che consentono loro di mitigare gli effetti negativi del clima. Infatti, la tendenza a costituire dei gruppi, oltre a rappresentare un elemento di sicurezza contro eventuali minacce, consente alle pecore di ripararsi dal freddo in inverno e dalla radiazione solare diretta e da quella riflessa dal terreno in estate.

Ciò non significa, purtroppo, che gli ovini non subiscano uno stress a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli e che questo non si traduca in un problema sia di tipo riproduttivo (problemi di fertilità e riduzione di numero e di peso degli agnelli nati) che di tipo produttivo (minore produzione di latte e peggioramento della qualità).

Infatti, in caso di freddo, una quota di energia disponibile viene indirizzata per le funzioni di mantenimento, riducendo la disponibilità per le funzioni di crescita e di produzione di latte.

La produzione di latte diminuisce dunque quando gli animali si trovano al di sopra o al di sotto di un intervallo di temperature ottimali comprese tra 15° C e 21°C.

Lo stress termico potrebbe influire sui diversi aspetti, quali:

  • disturbi fermentativi come la riduzione della ruminazione e dell’assorbimento dei nutrienti, ed infine aumento dei fabbisogni energetici per il mantenimento;
  • alternazioni a livello microbiologico;
  • calo della produzione di latte;
  • QUALITA’ e la COMPOSIZIONE del latte, con una leggera riduzione percentuale delle proteine, e quindi della resa alla caseificazione;
  • un elevato innalzamento delle CELLULE SOMATICHE,
  • alternazione dello status endocrino,
  • aborti precoci,
  • minore peso alla nascita dei vitelli/agnelli,
  • possibili problemi sanitari.

Con il mangime complementare B-FUSION si può massimizzare l’efficienza alimentare ed economica, contrastando fattori limitanti dello stress termico.

POOL ENZIMATICI DA COLTURE FUNGINE e Batteriche

I pool enzimatici presenti nel prodotto sono utilizzati per incrementare l’appetibilità della razione, la digeribilità dei nutrienti e l’efficienza alimentare. Alcuni studi (Kellems et al., 1990; Gomez-Alarcon et al., 1991) hanno evidenziato come le bovine la cui dieta contiene pool enzimatici da colture fungine abbiano una maggior produzione lattea durante lo stress termico.

Effetti positivi delle colture fungine nel comparto ruminale:

  • incremento della fermentescibilità della fibra,
  • maggior sviluppo dei batteri cellulosolitici,
  • incremento del turnover ruminale dell’acido lattico (minor fluttuazione del pH ruminale),
  • minore variazione giornaliera delle concentrazioni ruminali di ammoniaca ed acidi grassi volatili.

 

 

Sitografia:

www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2017/bufale-inverno-difficile-coesistenza

ara.sardegna.it/system/files/documenti/ARAS_Newsletter_4-2020.pdf

www.agrovit.com/news.php?idn=46&l=1