Nei paesi europei ed aderenti al SEE, lo Spazio Economico Europeo, si ritiene che, nel corso del 2015, si siano verificati più di 670.000 casi di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, con circa 33.000 morti; l’Italia, in particolare, risulta essere uno dei paesi con il maggior numero di casi legati a questo fenomeno (Cassini et al., 2019). Dai dati pubblicati nel 2019 dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), si stima che tra il 2015 e il 2050, nei paesi UE e SEE verranno spesi più di 1,1 miliardi di euro all’anno per far fronte ai costi sanitari connessi alle infezioni da batteri antibiotico-resistenti.

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno naturale che sta suscitando gravi preoccupazioni a livello sanitario, ambientale ed economico. Da anni si ricercano strategie che possano contrastarlo, coinvolgendo in modo sinergico diversi settori. Tra questi c’è il settore zootecnico, implicato non solo per l’importante consumo di sostanze antibiotiche volto alla cura del bestiame, ma anche per la forte relazione tra uomo e zootecnia (consumo di alimenti di origine animale, impiego in medicina umana di sostanze antibiotiche di comune uso veterinario, zoonosi). Si consideri che il fenomeno della resistenza riguarda anche alcune sostanze chimiche, quali disinfettanti e composti a base di metalli, come il rame o lo zinco, comunemente impiegati in questo settore. L’esposizione a concentrazioni sub-letali di biocidi sembrerebbe, inoltre, favorire l’insorgenza di fenomeni di co-resistenza nei confronti di alcuni antibiotici, come i fluorochinoloni, anch’essi di frequente uso negli allevamenti (Randall et al., 2007; Davies et al., 2019).  Se si considera l’allevamento delle bovine da latte, la strategia più efficace per contrastare questo fenomeno risulta essere la prevenzione all’insorgenza di patologie che implichino l’inevitabile uso di antibiotici. La mastite, infatti, comporta il consumo del 70% circa degli antibiotici somministrati negli allevamenti da latte (Kuipers et al., 2016) e, ad oggi, non esistono ancora valide alternative per la cura di infezioni mammarie (Gomes e Henriques, 2016).

L’Università degli Studi di Milano ha preso parte al progetto RABoLa (Strategie sostenibili per Ridurre l’impiego di Antibiotici nell’allevamento delle Bovine da Latte), finanziato da Regione Lombardia (bando 2018 d.d.s. n. 4403 del 28/03/2018). Gli obiettivi comprendono il miglioramento del benessere animale, la prevenzione dell’insorgenza di mastiti e la riduzione dell’uso di biocidi; in particolare, una parte del progetto è dedicata alla ricerca ed alla valutazione di un nuovo prodotto naturale a base di batteriocine in sostituzione ai tradizionali prodotti di disinfezione della mammella. Le batteriocine sono sostanze proteiche (Bruno e Montville, 1993) prodotte da alcuni batteri, tra cui Lactococcus lactis subsp. cremoris, da cui si è ottenuta la batteriocina utilizzata nella sperimentazione. Si tratta di molecole ad elevata attività antibatterica, in grado di inibire, anche a basse concentrazioni, la moltiplicazione di altri batteri; queste agiscono a livello delle membrane cellulari e determinano rapidamente la morte del batterio target. Le batteriocine non sono gli unici metaboliti con attività antimicrobica prodotti dai batteri, ma hanno suscitato grande interesse in quanto riconosciute come sicure (GRAS) dalla Agenzia per gli Alimenti ed i Medicinali (FDA).

La prima sperimentazione sul prodotto a base di batteriocine si è svolta tra gennaio e maggio 2020 e ha coinvolto un’azienda lombarda di circa 120 vacche in lattazione. Le bovine sono state suddivise in due gruppi di pari numero: il gruppo sottoposto a trattamento (T) ed il gruppo di controllo (C), a cui erano applicati i prodotti commerciali per la disinfezione pre e post-mungitura. Ogni due settimane circa i campioni di latte prelevati in azienda venivano sottoposti all’analisi batteriologica ed alla conta di cellule somatiche (CCS) per valutare l’efficacia del prodotto nei confronti dei batteri patogeni. Importante era anche garantire il mantenimento di una mammella sana, con una CCS non elevata. Inoltre, sono state valutate le condizioni igieniche degli animali e le condizioni degli apici capezzolari.

La sperimentazione ha dato i seguenti risultati: il 23% dei campioni è risultato positivo all’analisi batteriologica e il 24% dei campioni ha avuto una conta delle cellule somatiche pari o superiore a 200.000 cell/ml. L’evoluzione delle infezioni intramammarie e della CCS dei due gruppi nel corso dei mesi ha mostrato che la percentuale di campioni positivi all’analisi batteriologica, già prima dell’applicazione del prodotto sperimentale, risultava maggiore nel gruppo destinato al trattamento e così emerge anche nei rilevamenti successivi, ad eccezione di quello di maggio (Grafico 1).

Grafico 1. Percentuale di campioni positivi al batteriologico dei due gruppi sperimentali, per data di rilevamento.

In generale, le variazioni delle percentuali di animali infetti nei due gruppi sono sovrapponibili, e non sono stati rilevati peggioramenti evidenti negli animali del gruppo trattato. Quindi, come risulta anche da altri studi sperimentali (Klostermann et al., 2008; Brasca et al., 2018), si è ipotizzato che il nuovo prodotto abbia avuto un effetto di controllo delle infezioni del tutto analogo a quello dei prodotti tradizionali. Per quanto riguarda l’andamento della CCS, i conteggi più alti sono stati rilevati nel gruppo di controllo, per quasi tutta la durata della sperimentazione (Grafico 2). Complessivamente, si può affermare che, ad eccezione dell’ultima rilevazione, il livello di cellule somatiche nel gruppo T sia rimasto relativamente costante; in tale gruppo, inoltre, le variazioni riguardanti questo dato sono inferiori rispetto al gruppo di controllo, fatto che lascia ben sperare riguardo all’efficacia del prodotto sperimentale. Il prodotto a base di batteriocine, ad eccezione dell’ultimo rilevamento, non sembra aver influito negativamente sulla CCS dei campioni di latte, come invece era avvenuto in altre prove sperimentali (Beecher et al., 2009).

Grafico 2. CCS (log10 cell/ml) nel latte dei due gruppi sperimentali, per data di rilevamento.

Per quanto riguarda le valutazioni di igiene degli animali, si è ricercata una possibile influenza dello stato di imbrattamento sulle differenze nella conta di cellule somatiche tra i gruppi T e C. Le percentuali di bovine con punteggio pari o superiore a 3 nella valutazione di igiene sono aumentate nel corso della prova, sia nel gruppo T (da gennaio a marzo si passa da un 42% a un 50%), sia nel gruppo C (54% a gennaio e 61% a marzo). Il fatto di non aver registrato particolari peggioramenti nelle analisi cito-batteriologiche del gruppo T, nonostante il peggioramento dello stato di igiene degli animali, è stato considerato un risultato positivo. Successivamente, sono state esaminate le valutazioni dei capezzoli per comprendere se l’utilizzo persistente del prodotto sperimentale potesse aver favorito o meno la cheratinizzazione degli stessi. Effettivamente, nel gruppo di animali trattati si sono osservate valutazioni delle condizioni dei capezzoli mediamente migliori, ma l’argomento è ancora da approfondire.

In conclusione, l’applicazione di un prodotto a base di batteriocine ha dato risultati positivi e paragonabili ai prodotti tradizionali; ciononostante, si rendono necessarie ulteriori prove sperimentali. Si vuole sottolineare che, per un controllo efficace del fenomeno di resistenza (che sia relativa agli antibiotici o ad altre sostanze disinfettanti), prima ancora di considerare i prodotti sperimentali, occorre: garantire il benessere animale, curare le condizioni igienico-sanitarie dell’ambiente e degli animali, eseguire in modo corretto la routine di mungitura, avere consapevolezza dello stato di salute dei propri animali ed utilizzare sostanze antibiotiche solo quando strettamente necessario. Tenendo presenti in primis questi aspetti gestionali, si può ipotizzare che l’utilizzo futuro di nuovi prodotti naturali in prevenzione all’insorgenza di mastite possa essere una interessante strategia di limitazione del consumo di antibiotici.

Riferimenti bibliografici:

  • Beecher C., Daly M., Berry D.P., Klostermann K., Flynn J., Meaney W., Hill C., McCarthy T.V., Ross R.P., Giblin L. (2009), Administration of a live culture of Lactococcus lactis DPC 3147 into the bovine mammary gland stimulates the local host immune response, particularly IL-1β and IL-8 gene expression. J. Dairy Research, vol. 76: 340-348.
  • Brasca M., Rebolini M., Bava L., Zucali M., Albano C., Beretta D., Piccinini R. (2018), Risultati preliminari dell’applicazione di un prodotto post-dippin a base di batteriocine da Lac. Lactis subsp. cremoris. LXXII congresso SISVet, Torino 20 – 22 giugno 2018.
  • Bruno M.E.C., Montville T.J. (1993), Common Mechanistic Action of Bacteriocins from Lactic Acid Bacteria. Applied and Environmental Microbiology, Vol. 59, no. 9, p. 3003-3010.
  • Cassini A., Högberg L.D., Plachouras D., Quattrocchi A., Hoxha A., Simonsen G.S., Colomb-Cotinat M., Kretzschmar M.E., Devleesschauwer B., Cecchini M., Ouakrim D.A., Oliveira T.C., Struelens M.J., Suetens C., Monnet D.M., Burden of AMR Collaborative Group (2019), Attributable deaths and disability-adjusted life-years caused by infections with antibiotic-resistant bacteria in the EU and the European Economic Area in 2015: a population-level modelling analysis. Lancet Infect Dis, 19(1): 56-66.
  • Davies R., Wales A. (2019), Antimicrobial resistance on farms: a review including biosecurity and the potential role of disinfectants in resistance selection. Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety, Vol. 1.
  • Gomes F., Henriques M. (2016), Control of bovine mastitis: Old and recent therapeutic approaches. Current Microbiology, 72(4): 377–382.
  • Klostermann K., Crispie F., Flynn J., Ross R.P., Hill C., Meaney W. (2008), Intramammary infusion of a live culture of Lactococcus lactis for treatment of bovine mastitis: comparison with antibiotic treatment in field trials. Journal of Dairy Research, Vol. 75(3): 365-373.
  • Kuipers A., Koops W.J., Wemmenhove H. (2016), Antibiotic use in dairy herds in the Netherlands from 2005 to 2012. Journal of Dairy Science, Vol. 99 (2): 1632-1648.
  • Randall L.P., Cooles S.W., Coldham N.G., Penuela E.G., Mott A.C., Woodward M.J., Piddock L.J.V., Webber M.A. (2007), Commonly used farm disinfectants can select for mutant Salmonella enterica serovar Typhimurium with decreased susceptibility to biocides and antibiotics without compromising virulence. J. antimicrobial Chemotherapy, 60:1273-1280.

Autori: Maria Cecilia Bianchi  e Renata Piccinini – Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze e Tecnologie Agrarie.