Fino a non molti anni fa non era considerato un problema se gli allevamenti erano una sorta di cittadelle medievali fortificate che avevano rapporti al contagocce con il mondo esterno, se non per rispettare le leggi e scambiare merci.

Il nuovo consumatore che sta emergendo dall’anonimato vuole invece essere informato su ciò che mangia, su come vengono trattati gli animali da reddito e sull’impatto ambientale del cibo che vorrebbe acquistare. La gente ha quindi iniziato a voler entrare fisicamente e virtualmente negli allevamenti per capire cosa succede veramente.

Ultimamente sembra, o almeno vogliono farci credere, che i cibi tradizionali siano destinati all’estinzione e ad essere sostituiti con i più “moderni” cibi ultraprocessati, come le barrette e la carne artificiale.

La possibilità legislativa concessa dalla Comunità europea di chiamare Hamburger un alimento di origine vegetale e l’etichettatura a semaforo tipo Nutriscore potrebbero mettere in forte difficolta gli allevatori italiani e molti dei nostri prodotti a Denominazione. Sappiamo infatti molto bene che l’etichetta di un cibo funge da “front office” per gli allevamenti e l’industria di trasformazione con i consumatori.

Per capire meglio ciò che sta succedendo, abbiamo chiesto aiuto all’avvocato Dario Dongo, noto esperto di diritto alimentare e dei consumatori e divulgatore attraverso il suo sito Great Italian Food Trade (GIFT).

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