Alimentazione proteica della capra in lattazione – Scheda n° 67
Cosa sono le proteine e perché sono importanti
Le proteine sono molecole organiche formate da catene di differenti aminoacidi (AA). Sono i costituenti essenziali di tutte le cellule, concorrono a costruire l’organismo e le varie produzioni, tra cui il latte, e regolano le reazioni biochimiche sotto forma di enzimi.Gli AA che costituiscono le proteine sono numerosi ma frequentemente se ne riscontrano 23 distinguibili in essenziali e non essenziali. Gli AA non essenziali possono essere sintetizzati dall’animale direttamente, partendo anche da substrati non proteici. Gli AA essenziali, invece, in parte sono contenuti nelle proteine della dieta non degradate nel rumine ma digerite e assorbite (come aminoacidi) direttamente nell’intestino (PDIA, proteine digeribili nell’intestino di origine alimentare). Questa frazione generalmente è in grado di soddisfare il 35-50% del fabbisogno in AA essenziali della capra; la restante parte, quindi quella più cospicua (50-65%), degli AA essenziali assorbiti nell’intestino è fornita dalle proteine sintetizzate dai microrganismi ruminali (PDIM, proteina digeribile nell’intestino di origine microbica). Nel rumine, tali microrganismi degradano una parte delle proteine alimentari fino ad ottenere peptidi, aminoacidi e ammoniaca che utilizzano quindi come substrati per le loro sintesi proteiche, grazie anche all’energia che ottengono dalla fermentazione dei carboidrati apportati dalla dieta. Le proteine microbiche hanno un alto valore biologico in quanto in esse sono presenti tutti gli AA essenziali in rapporti tra essi molto simili a quelli presenti nelle proteine del latte. Una carenza nella razione di carboidrati fermentescibili limita fortemente le sintesi di proteine microbiche e quindi limita la quantità di AA essenziali assorbiti nell’intestino. A sua volta a ciò consegue una limitazione nella sintesi mammaria di proteine del latte. Quindi, è evidente che la dieta oltre ad apportare un’adeguata quantità di PDIA, deve essere ben equilibrata in termini di contenuto in proteine degradabili ma anche di carboidrati ben digeribili nel rumine per consentire il massimo apporto di PDIM. L’insieme delle PDIA e delle PDIM costituisce l’apporto complessivo di proteine digeribili nell’intestino (PDI).
Fabbisogno proteico della capra da latte
Riguardo ai fabbisogni proteici della capra, il modo normalmente usato per valutarli è quello di riferirsi alle effettive necessità dell’animale in termini di proteina digeribile nell’intestino (PDI). Il fabbisogno totale idealmente è scomposto in una quota necessaria alla produzione lattea, una quota per l’accrescimento corporeo, una per la gestazione e, infine, una quota, spesso definita di mantenimento, che tenga conto delle funzioni non produttive. Quest’ultima è riferita alle perdite endogene di azoto dal digerente (derivanti dalle secrezioni enzimatiche, dal muco e dalla desquamazione delle pareti del digerente), alle perdite endogene di N urinario e alle perdite di N che derivano dalla superficie del corpo (peli, desquamazione della pelle, secrezioni).
Il fabbisogno in PDI (g/d) per la produzione lattea può essere così calcolato:
PDI (g/d) = LATTE (kg/d) ∗ PG (%) ∗ 0,915 ∗ 10 / 0,67
dove: PG è la concentrazione in proteina grezza del latte in %, 0,915 rappresenta la quota di proteina vera che mediamente ha il latte di capra, e infine 0,67 è il valore di efficienza di trasformazione delle PDI in proteina vera del latte.
Per le capre in prima e seconda lattazione è importante anche tenere conto del loro fabbisogno in PDI (g/d) per l’accrescimento. Orientativamente, si può considerare un fabbisogno in PDI per l’accrescimento dai 20 ai 10 g/d, rispettivamente per l’inizio e la fine della 1^ lattazione, e dagli 8 ai 4 g/d per l’inizio e la fine della seconda. Il fabbisogno in PDI (g/d) per la gestazione aumenta esponenzialmente con l’avvicinarsi al termine della gravidanza: nella tabella sottostante sono riportati i valori indicativi del fabbisogno in funzione del mese di gravidanza e del numero di feti.
Il fabbisogno proteico giornaliero per le funzioni non produttive (PDI n-p), distinto nel fabbisogno in PDI per la proteina endogena fecale (PDI EFP), per la proteina endogena urinaria (PDI EUP) e per la proteina persa dalla superficie del corpo (PDI surfP), è influenzato dal livello di ingestione alimentare, dalla digeribilità della dieta e dalla taglia dell’animale. Secondo gli studi dei ricercatori francesi (INRA, 2018), le equazioni di seguito riportate ne consentono una stima:
- PDI EFP (g/d) = SSI (kg/d) ∗ (0,5 ∗ (5,7 + 0,074 ∗SO non dig.)) /0,67
- PDI EUP (g/d) = 0,312 ∗ PV
- PDI scurfP (g/d) = 0,2 ∗ PV0,6/ 0,67
dove: SSI rappresenta la quantità di sostanza secca ingerita dalla capra giornalmente, SO non dig. è la concentrazione di sostanza organica non digeribile della dieta, espressa in g/kg di sostanza secca e PV è il peso vivo dell’animale in kg.
Come definire un adeguato tenore proteico della razione
Sebbene la proteina grezza della razione sotto il profilo nutrizionale abbia una valenza meno rilevante rispetto alle proteine digeribili a livello intestinale (PDI), è sicuramente più facile da determinare sia con l’analisi classica (metodo Kjeldahl) che con l’analisi per combustione (metodo Dumas) come pure mediante l’analisi rapida ed economica della spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS). Nel caso in cui non si è in grado di caratterizzare gli apporti della razione in termini di PDI ma ci si possa avvalere solo del dato della proteina grezza (PG), è possibile stimare – seppur approssimativamente – la concentrazione in PG che dovrebbe avere la razione, applicando la seguente equazione:
PG razione (% s.s) = [fabbisogno PDI (g/d) SSI (g/d) x 100)] / 0,68
Dove 0,68 è un valore indicativo medio del rapporto tra la concentrazione di PDI e di PG della dieta.
Esempio: definita una capra obiettivo di un gregge con il 30% di primipare, avente un peso vivo (PV) di 60 kg, che produca giornalmente 3,5 kg di latte al 3,5% di grasso e al 3,4% di proteina grezza a metà lattazione, è possibile calcolare un fabbisogno giornaliero totale di PDI pari a circa 246 g, suddiviso in 75 g per le funzioni non produttive, 162 g per la produzione lattea e 9 g per l’accrescimento; tali valori corrispondono, rispettivamente, al 30, 66 e 4% del fabbisogno totale. Poiché l’ingestione di sostanza secca prevista è di circa 2,5 kg/d, la concentrazione di PDI della razione dovrebbe essere pari a circa il 9,8% SS Considerando, come detto, che il rapporto tra il contenuto in PDI e in PG della dieta sia indicativamente pari a circa 0,68, è possibile calcolare la concentrazione di PG che dovrebbe avere la razione: 14,5-15% SS. A parità di condizioni ma per una produzione di latte inferiore, pari a 2,5 kg/d, la concentrazione in PG della dieta potrebbe essere del 13-13,5% SS circa. All’opposto, aumentando la produzione lattea a 4 kg/d, la dieta dovrebbe avere un tenore proteico del 15-15,5% SS. Una volta impostata la razione secondo questo schema semplificato, eventuali aggiustamenti potranno essere eseguiti in base alla risposta produttiva degli animali, soprattutto riguardo al contenuto di urea nel latte.
Gli apporti vitaminici per la capra – Scheda n° 69
Cosa sono le vitamine e perché sono importanti
Le vitamine sono composti organici presenti in piccolissime quantità negli alimenti, essenziali per un corretto svolgimento delle funzioni metaboliche e fisiologiche. Le vitamine, in funzione della loro solubilità, sono classificate in liposolubili e idrosolubili (Tab. 1). Gli stati di carenza clinica di una vitamina sono piuttosto rari e si manifestano con segnali e sintomi specifici evidenti; più frequenti possono essere, invece, le situazioni di deficit subclinico che, sebbene non presentino evidenti sintomi specifici, limitano il potenziale produttivo e lo stato di salute generale dell’animale. Talune vitamine possono essere prodotte dall’animale, altre sono sintetizzate dai microrganismi che colonizzano il rumine e l’intestino, altre devono essere necessariamente assunte dall’animale con la dieta. In generale, i ruminanti sono meno dipendenti dalle fonti vitaminiche alimentari rispetto a suini, avicoli e altre specie di animali monogastrici; ciò è dovuto alla sintesi di vitamine del gruppo B e di vitamina K operata dai microrganismi (m.o.) simbionti che popolano il rumine, e al fatto che le vitamine sono principalmente assorbite nell’intestino tenue, situato a valle del rumine stesso. Se il rumine è in salute e ben funzionante, si può ragionevolmente ritenere che le quantità di vitamine idrosolubili (ad eccezione della colina) e di vit. K contenute negli alimenti della dieta più quelle prodotte dai m.o. ruminali siano in grado di soddisfare il fabbisogno dell’animale. Ciò significa che, in queste condizioni, non è necessario integrare la dieta con tali vitamine. In base a tali considerazioni, i sistemi di valutazione delle diete per ruminanti non danno indicazioni sui fabbisogni di vitamine idrosolubili e di vit. K. Tuttavia, studi più recenti evidenziano che, in situazioni di stress per l’animale, un’integrazione di vitamine quali tiamina, niacina, vit. B12, colina, biotina, e vit. K può risultare di beneficio. Diversamente, è essenziale che le vitamine liposolubili A, D ed E siano fornite con la dieta, poiché non sono sintetizzate dai m.o. simbionti. Tuttavia, bisogna anche precisare che il retinolo (vit. A) è sintetizzato dagli enterociti a partire dai caroteni (precursori della vit. A) presenti in abbondanza nell’erba verde. La vit. D è invece presente come vit. D2 nei foraggi essiccati al sole, grazie alla trasformazione del suo precursore, l’ergosterolo, contenuto nei tessuti vitali dei foraggi; viene inoltre sintetizzata nella pelle come vit. D3, sotto l’azione dei raggi ultravioletti della luce solare, a partire dal suo precursore (7-deidrocolesterolo) naturalmente presente nell’organismo. Tra le due forme di vitamina D, la D3 possiede un’attività biologica sicuramente superiore.
L’integrazione vitaminica della razione è necessaria?
Nell’allevamento intensivo e semi-intensivo, l’integrazione della dieta con le vitamine liposolubili A, D ed E rappresenta una pratica utile e opportuna, relativamente poco onerosa, che garantisce di evitare rischi di insorgenza di un deficit subclinico per tali vitamine. Per quanto riguarda le vitamine idrosolubili, sebbene come sopra precisato possa essere utile l’integrazione di alcune di queste, ad oggi non si è in grado di fornire indicazioni pratiche sulla loro inclusione in un mangime composto complementare integrato.
I fabbisogni vitaminici della capra da latte
Gli apporti raccomandati di vitamine liposolubili sono espressi in Unità Internazionali giornaliere (UI/d); solo nel caso della vit. E, le UI corrispondono ai mg. Gli apporti raccomandati (Tab. 2), differenziati in base allo stadio fisiologico della capra, derivano fondamentalmente dalle indicazioni dei più recenti e importanti sistemi di valutazione delle diete per la specie caprina (INRA, 2018 e NRC, 2007). Riguardo a tali sistemi, va rilevato che quello francese (INRA) suggerisce, per la vitamina E, degli apporti decisamente inferiori rispetto a quelli del sistema statunitense (NRC). In ogni caso, tali valori devono essere considerati come indicazioni di massima. Considerando i limiti di tossicità, ben si comprende che per queste tre vitamine si possano accettare tolleranze anche elevate in termini di concentrazione nei mangimi integrati.
Come valutare l’integrazione vitaminica in base al cartellino
Il cartellino che accompagna un mangime, sia esso un mangime complementare o un mangime minerale, deve obbligatoriamente indicare, sotto la voce “additivi per kg”, la quantità di vitamine addizionate al mangime, espresse in termini di UI/kg di mangime tal quale; sotto la voce “Istruzioni per l’uso”, sarà invece riportato il dosaggio indicativo di mangime da somministrare giornalmente per capo.
Prendiamo, ad esempio, un mangime complementare minerale integrato con 800.000 UI di vit. A, 60.000 UI di vit. D3 e 2.400 mg di vit. E, per kg di mangime.
La quantità di ciascuna vitamina ingerita sarà calcolata come segue:
QUANTITÀ DI VITAMINA INGERITA (UI/d) = INTEGRAZIONE NEL MANGIME (UI/kg) X DOSE DI MANGIME (kg/d)
Quindi, somministrando alle nostre capre la dose indicata (50 g per capo al giorno), possiamo calcolare che le quantità di vitamine ingerite saranno pari a: 40.000 UI/d di vit. A (800.000 UI/1 kg x 0,050 kg/d), 3.000 UI/d di vit. D3 (60.000 UI/1 kg x 0,050 kg) e 120 mg/d di vit. E (2.400 mg/1 kg x 0,050 kg). È evidente che l’integrazione di vit. A di questo mangime minerale è sovrabbondante e non necessaria; adeguata risulta, invece, l’integrazione della vit. D3, mentre, per la vit. E, il dosaggio non consente di raggiungere il valore minimo di apporto raccomandato per essa. Analogamente, è possibile calcolare quale debba essere l’integrazione ideale di un mangime complementare che risponda pienamente a quanto indicato in tabella 2. Ad esempio, il livello di integrazione per kg di un mangime da impiegare in ragione di 500 g/d per capo, dovrebbe essere il seguente: 30.000 UI di vit. A, 6.000 UI di vit. D3 e 1.000 mg di vit. E. Apporti di vitamine liposolubili dagli alimenti della dieta La concentrazione in vitamine liposolubili degli alimenti è molto influenzata, innanzitutto, dal tipo di alimento, ma anche da fattori quali le sue condizioni di produzione e conservazione. A causa di questa grande variabilità e considerato l’alto costo per determinare analiticamente le vitamine presenti negli alimenti, nella pratica di campo i calcoli per verificare gli apporti dietetici si limitano a valutare i soli apporti dei mangimi integrati.
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DEMOCAPRA (2020) Schede tecniche DEMOCAPRA. Università degli Studi di Milano & Associazione Regionale Allevatori della Lombardia, Milano.