Egregio Presidente dell’ASPA, la pubblicazione su Ruminantia della Rubrica “ASPA Dissemination” cade in momento storico dove un rinsaldarsi del legame tra comunità scientifica e collettività è quanto mai auspicabile. Gli esordi e l’evoluzione della pandemia di COVID-19 hanno visto gli scienziati divisi da opinioni contrastanti e presunti esperti hanno istigato nella popolazione pesanti dubbi sull’affidabilità della scienza e delle sue regole. Nella realtà dei fatti, però, la vera scienza ha condotto i politici e gli amministratori verso le migliori soluzioni, e i fatti ne sono la più imparziale testimonianza.

Anche nella zootecnia gli allevatori stanno perdendo fiducia nella comunità scientifica, lasciando campo libero alle fake news e alle così dette “scuole di pensiero”.

Secondo Lei, Professore, quale potrebbe essere il percorso che la Comunità scientifica dovrebbe fare per avere un sempre più solido collegamento con la gente?

Il tema della comunicazione tra la comunità scientifica e la gente comune è sicuramente scottante e di non facile soluzione. Da una parte certe tematiche, pensiamo ad esempio al tema della sostenibilità ambientale delle attività zootecniche, hanno un livello di complessità tale da renderle difficilmente sintetizzabili in concetti brevi e immediatamente comprensibili per i non addetti ai lavori. D’altra parte, gli strumenti usuali con i quali la comunità scientifica veicola al suo interno i risultati delle ricerche, cioè i convegni e le pubblicazioni sulle riviste scientifiche, purtroppo escludono gran parte della società. Detto questo, non vi è dubbio che la comunità scientifica debba fare un grande sforzo per migliorare il trasferimento delle nuove conoscenze agli operatori del settore e alla gente non direttamente coinvolta nel settore della zootecnia ma che ne consuma i prodotti. Una maggior attenzione alla divulgazione tramite contributi su riviste e siti web dedicati agli allevatori ed ai tecnici, una maggior presenza negli eventi di importanza locale (ad esempio convegni tenuti in occasione di fiere o manifestazioni sulla zootecnia), un maggior impegno nella cosiddetta “terza missione”, ed in particolare nel trasferimento tecnologico dell’ innovazione scientifica al settore della produzione, contribuirebbero indubbiamente a colmare la distanza fra scienza e mondo produttivo. Accanto a questi strumenti “tradizionali”, va sicuramente attivata e potenziata la comunicazione sui social network. Questi ultimi rappresentano la forma prevalente di comunicazione per larghe fasce della società e anche la scienza, piaccia o meno, deve prenderne atto. In tale direzione va l’accordo di media partnership tra ASPA e Ruminantia e l’avvio di una collaborazione con un social media manager. Ovviamente la comunità scientifica dovrà utilizzare i modi e tempi della comunicazione social per portare il suo contributo equilibrato, imparziale e scientificamente fondato sui temi di interesse per la società, evitando di farsi trascinare in battaglie mediatiche che purtroppo niente hanno a che fare con il dibattito tecnico e scientifico.

Ci sono questioni aperte molto delicate nell’agroalimentare, come quelle sul reale impatto ambientale delle produzioni animali, sull’effettivo pericolo degli OGM e sui rischi che alcuni agrofarmaci come il glifosato potrebbero avere per la salute umana. Tanto per citare solo gli argomenti più controversi. L’ASPA, come intende contribuire al dibattito politico e a quello pubblico su questi ed altri temi?

Abbiamo tutti sotto gli occhi quanto è accaduto ed accade nel dibattito pubblico relativamente alla pandemia COVID-19 dove talvolta la scienza si è presentata sui media in ordine sparso, con voci dissonanti che hanno sicuramente disorientato la gente ed in alcuni casi anche suscitato la sgradevole impressione che dietro alcune posizioni ci fossero ragioni più politiche che tecnico-scientifiche. Ciò crea confusione nell’opinione pubblica e giova poco all’autorevolezza della scienza (qualcuno ha parlato di “Scienza debole”). Il dibattito scientifico deve essere aperto, ben vengano le diverse opinioni, ma l’intervento della scienza sul dibattito pubblico deve essere il più possibile univoco e soprattutto basato su evidenze solide. L’ASPA intende mantenere questo atteggiamento, fornendo contributi posati su solide basi scientifiche, indipendentemente da posizioni preconcette e condizionamenti di qualsiasi tipo. Anche nello sforzo che stiamo facendo per essere presenti sui social network, intendiamo mantenere un approccio di questo tipo. Per quanto riguarda il dibattito politico, la scienza può fare il suo ruolo attraverso una partecipazione attiva negli organismi che affiancano il decisore politico nella sua attività e nella produzione di documenti tecnico-scientifici. Per fare un esempio delle nostre iniziative a tale riguardo, durante il periodo di lockdown è stata istituita una commissione straordinaria ASPA che ha prodotto un documento sulla valutazione degli effetti della pandemia COVID sui diversi settori delle produzioni zootecniche, finalizzato proprio a fornire al decisore politico degli strumenti tecnico scientifici per valutare l’opportunità dei diversi interventi.

Ruminantia ha recentemente segnalato l’uscita in Italia del libro “Mercanti di dubbi”, di Naomi Oreskes e Erik M.Coway, nel quale gli autori passano in rassegna alcuni aspetti inquietanti che hanno visto protagonisti gli scienziati su argomenti in origine molto controversi, come gli effetti negativi sulla salute umana del tabagismo, il riscaldamento globale, il buco dell’ozono e le piogge acide. Il libro getta pesanti ombre sull’imparzialità della scienza. Secondo Lei, che è anche membro dell’editorial team del prestigioso Journal of Dairy Science, la comunità scientifica ha gli anticorpi per individuare ed isolare i comportamenti scorretti di alcuni scienziati?

Su argomenti spinosi quali quelli citati nella domanda, la comunità scientifica è indubbiamente sottoposta a forti pressioni da parte dell’opinione pubblica, della politica e dalle varie lobby che sicuramente causano storture nel comportamento di alcuni colleghi. Ribaltando il titolo del libro, io avrei forse più paura dei “mercanti di certezze”, cioè di coloro che esprimono pareri tassativi, sbrigativi, e senza le adeguate basi scientifiche. La comunità scientifica possiede sicuramente gli strumenti per individuare ed isolare comportamenti scorretti. Il primo “anticorpo” nei confronti della “cattiva scienza” è quello della “buona scienza”. Le notizie scorrette, favorevoli a posizioni predeterminate di tipo ideologico, debbono essere confutate con argomentazioni ed evidenze solide e rigorose nelle sedi proprie del dibattito scientifico. Rimanendo nel campo dell’immunologia, credo che un rimedio efficace sia anche quello della vaccinazione, che nel caso della comunità scientifica si traduce nell’educazione etica dei ricercatori. Occorre una grande attenzione nel formare i giovani studiosi al rispetto dell’indipendenza e del rigore del metodo scientifico, che non debbono essere in nessun modo dimenticati a favore della corsa, in alcuni casi sfrenata, alla pubblicazione degli articoli scientifici. A tale riguardo, ricordo che l’ASPA si è dotata da qualche anno di un codice deontologico.