Ieri, presso l’Holiday Inn Parco dei Medici di Roma, la rivista online Ruminantia®, la Società Scientifica SIB e l’Associazione Regionale degli Allevatori del Lazio hanno incontrato un gruppo di allevatori, veterinari e zootecnici per discutere insieme di quali soluzioni pratiche adottare per evitare i danni alla produzione di latte, che si estendono fino all’inizio dell’inverno, derivanti dagli effetti negativi del caldo e da altri fattori alquanto complessi. La sala affollata da circa 200 operatori era composta da rappresentanze importanti della filiera ossia il primario (allevatori), il secondario (l’industria che produce beni strumentali) e il terziario (i servizi, sia pubblici che privati). Al di là della qualità delle indicazioni offerte da Alessandro Fantini sulla “Sindrome della Bassa Produzione di Latte in Autunno” e da quelle di Israel Flamenbaum, su come gestire al meglio il raffrescamento delle vacche da latte, significativa è stata la simbologia emersa dall’incontro.

Nella sala dell’Holiday Inn si sono raccolti solo quelli che ancora credono che il latte abbia un futuro in Italia, chi crede che la profonda collaborazione tra comunità scientifica, comunità dei tecnici, l’industria che produce quei beni strumentali non definibili costi ma investimenti e il mondo degli allevatori, possa essere il “requisito” non per diventare un settore importante ma per continuare ad esserlo. A chi è “parassita” del nostro mondo piace divulgare demoralizzazione e panico, e teme la nostra consapevolezza, oggettivamente dimostrabile, di essere il settore lattiero-caseario più avanzato del mondo; capace di produzioni ragguardevoli e di aver, con abnegazione e intelligenza, investito sulla qualità e la salubrità del latte e le eccellenze della sua trasformazione.

Basta andare all’estero,  o invitare esperti della caratura di Flamenbaum, per leggere  stupore e incredulità sui loro volti quando gli raccontiamo che la nostra zootecnia da latte è al collasso. Evidente è stata la consapevolezza, crediamo di tutti i presenti all’incontro, che gli allevatori, i centri di ricerca, le industrie e i professionisti italiani siano in grado di fare “scuola” ed essere punto di riferimento internazionale del settore lattiero-caseario, pur sapendo che il migliorarsi ed evolvere sono le  regole intrinseche di ogni attività umana. Era  presente  in sala anche Nicola Lacetera, direttore del Dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia, nel ruolo di chairman, a testimonianza di quanto il gruppo di lavoro di cui è parte abbia contribuito in maniera sostanziale, e a livello globale, alla ricerca di base ed applicata sugli effetti del caldo sulle bovine da latte.

Questi workshop, al di là del piacere di incontrarsi e scambiarsi opinioni ed esperienze, servono anche per ricordarci che sulla produzione del latte e dei formaggi poco abbiamo da imparare se non da chi fa ricerca di qualità, sia esso italiano che straniero, e che il continuare a credere nel futuro e nella enorme capacità di noi italiani di adattarci al cambiamento, che altro non è che la definizione d’intelligenza, è l’unica difesa da chi ci vuole colonia da predare.

Ci piace concludere con una frase divulgata dall’Ordine dei veterinari di Salerno tranquillamente estendibile anche agli  allevatori. “ Studiate. Anche se nella vita è meglio furbi che colti. Studiate per non arrendersi a chi vi vorrebbe più furbi che colti. Studiate perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Studiate per non rassegnarvi a chi vi vorrebbe opportunisti, docili senza sogni. Studiate, meglio precari oggi che servi domani.

Meditate multinazionali e colonizzatori, meditate.

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