Qualità della carne bovina
Molti sono i fattori che influenzano la qualità della carne dei ruminanti e sono compresi in due categorie: direttamente collegati all’animale (razza, età, sesso ecc.) e fattori esterni all’animale (dieta, condizioni meteorologiche, procedure di macellazione ecc.). Tra i fattori ambientali, l’alimentazione ha un ruolo importante, anche se di non facile valutazione, perché la dieta nel suo complesso influenza anche l’accrescimento e l’ingrassamento degli animali ed è difficile stabilire quanto delle caratteristiche della carne sia dovuto ai componenti della dieta stessa e quanto alla velocità di accrescimento e alla composizione corporea negli animali. E’ infatti noto, ad esempio, che una diversa quantità di grasso della carcassa influisce sulla frollatura, e quindi sulle caratteristiche finali della carne, come colore della carne, tenerezza, ecc.
Indubbiamente importante per la qualità della carne è l’alimentazione, ma non bisogna dimenticare le caratteristiche alimentari degli animali ruminanti in particolare e la capacità dei microrganismi presenti nei loro prestomaci di degradare e utilizzare la cellulosa, convertendo i foraggi in prodotti di alto valore biologico, utili per l’alimentazione umana. Negli ultimi anni, tuttavia, il miglioramento del potenziale genetico degli animali, la disponibilità di alimenti quali i cereali e le leguminose, e l’utilizzo di nuove tecniche alimentari hanno cambiato la situazione e un bovino ad alta produzione non riesce più a soddisfare il fabbisogno energetico solo dalle erbe e dai foraggi ma richiede un’integrazione di concentrati. In animali allevati con diversi modelli alimentari vi sono nel rumine differenti concentrazioni di acidi grassi volatili (AGV), il metabolismo del propionato è molto diverso da quello dell’acetato e dagli AGV originano diversi composti responsabili di aromi e gusti di carne specifici perché, diversamente dall’acetato, il propionato è glicogenetico e la deposizione di glicogeno nel muscolo ha un effetto anche nella frollatura, e quindi sulla carne. Anche le caratteristiche dei foraggi influenzano la qualità delle carni bovine, e di particolare interesse è il pascolo, usato soprattutto negli allevamenti tradizionali e di tipo biologico.
Pascolo e qualità della carne
Da tempo è noto e segnalato da diversi ricercatori, che hanno stime soggettive e oggettive, che i foraggi, e in particolare quelli freschi (erba) e il pascolo, possono influenzare il colore e il sapore della carne dei ruminanti, ovini e soprattutto bovini (Priolo A., Micol D., Agabriel J. – Effects of grass feeding systems on ruminant meat colour and flavour. A review – Anim. Res. 50,185 – 200,2001). Da queste osservazioni risulta che la carne dei ruminanti allevati e ingrassati al pascolo è più scura di quella di animali nutriti con concentrati. Questi risultati sembrano inoltre derivare dal fatto che più di un fattore determina queste differenze e importanti sono la differente velocità di accrescimento corporeo e una tendenza a pH finale più alto dei muscoli negli animali macellati.
Per quanto riguarda il gusto (aroma e sapore) della carne dei ruminanti allevati al pascolo, nella pecora il sapore pastorale sembra essere determinato dall’associazione Acidi Grassi a Catena Ramificata (BCFA) e 3-metilindolo (scatolo), con un ruolo importante di alcuni prodotti di ossidazione dell’acido linolenico. Nei bovini il ruolo dello scatolo sembra essere meno importante rispetto alla pecora e il sapore pastorale della carne pare essere determinato dai sottoprodotti dell’ossidazione dell’acido linolenico e dei suoi derivati che provengono sostanzialmente dall’alimentazione dell’erba, con una certa importanza degli Acidi Grassi a Catena Ramificata (BCFA) che si trovano nelle carni. Gli Acidi Grassi a Catena Ramificata (BCFA) presenti nella carne dei ruminanti, e che costituiscono circa il 2% degli acidi grassi nel grasso del latte vaccino, sono acidi grassi saturi e componenti principali delle membrane batteriche in molti generi e specie, in alcune delle quali costituiscono fino al 95% degli acidi grassi saturi, e derivano dalle fermentazioni ruminali. Nell’uomo, i BCFA sono costituenti normali nell’intestino fin dalla tenera età e sono presenti in quest’organo durante tutto il ciclo di vita dell’uomo. Diversi studi dimostrano inoltre che non sono componenti inerti del tratto gastrointestinale e sono metabolizzati dagli enterociti. I BCFA, oltre a intervenire nel gusto delle carni, hanno un ruolo benefico sulle corrette funzioni intestinali, quindi la loro assunzione ha un significato salutistico per il consumatore. In particolare, l’acido vaccenico, l’acido rumenico e i BCFA possono esercitare una potenziale protezione contro il cancro e disturbi infiammatori, e diverse strategie innovative sono state valutate per il loro potenziale di arricchire la carne di pecora con queste molecole. A tal fine si è scoperto che la manipolazione alimentare è la strategia più efficace per migliorare il profilo dei grassi nelle carni dei ruminanti, e in particolare delle pecore (Obert C. Chikwanhaa, PayamVahmanib, Voster Muchenjec, Michael E.R.Duganb, CletosMapiyea – Nutritional enhancement of sheep meat fatty acid profile for human health and wellbeing – Food Research International, 104, 25 – 38, 2018).
Nelle carni dei bovini al pascolo l’odore più atteso è quello di erba, per lo più identificato come esanale o aldeide caproica, un composto organico appartenente alla classe delle aldeidi usato nell’industria per produrre profumi fruttati, e con un odore che ricorda quello dell’erba appena tagliata. L’esanale, comunemente presente nella carne bovina, è un prodotto dell’ossidazione degli acidi oleico e linoleico e, mentre per alcuni è un composto sgradevole, per altri risulta piacevole, e resta la questione dell’influenza dell’esanale sull’ appetibilità della carne bovina.
Diversità dei pascoli e qualità della carne
L’allevamento dei ruminanti al pascolo, come avviene in molti allevamenti biologici di bovini, oltre a ottimizzare il benessere degli animali migliora anche la qualità delle loro produzioni. Se è importante che il pascolo fornisca agli animali una sufficiente quantità di alimento, molto più sfumato è il rapporto che vi può essere tra la qualità delle specie di erbe dei pascoli e la qualità delle carni degli animali al pascolo. Da diverso tempo (Fraser T. J., Scott S. M., Rowarth J. S. – Pasture species effects on carcass and meat quality – Proceedings of the New Zealand Grassland Association 58, 63 – 66, 1996) si sa che la carne di agnello allevato su pascoli di trifoglio bianco ha un sapore più intenso dei quella degli agnelli che hanno pascolato su loietto, ma vi sono anche studi che indicano che il tipo di pascolo non influenza in modo significativo il sapore della carne. Si sa inoltre che pascoli con presenza di Plantago lanceolata, Cichorium intybus, Trifolium repens, Lolium perenne e Lotus corniculatus influenzano la qualità della carne e il contenuto di grassi delle pecore, con una relazione inversa con il peso della carcassa, e che il pascolo influenza il pH finale del muscolo, l’odore, ma non il sapore della carne.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.