Le fondamenta dell’allevamento vedono l’uomo-allevatore che accudisce ogni suo animale al fine di ottenere cibo, lavoro e indumenti, per sè e per la comunità. L’evoluzione delle società umane sta inevitabilmente trasformando gli allevatori in imprenditori, in nome del dogma dell’economia di scala, rendendo sempre più grandi le stalle e più complessa la gestione. Questa evoluzione sta rarefacendo il tempo che l’allevatore può dedicare ad ogni suo animale, e in particolare a quelli che meritano, in determinati momenti, maggiori attenzioni. L’allevatore contemporaneo, conscio dei limiti di una gestione di “massa” o per protocolli standard, delega a figure professionali, come il capo stalla, il veterinario, l’alimentarista, i mungitori, il “carrista”, l’addetto ai vitelli, etc., la gestione dei singoli animali. Il detto popolare “l’occhio del padrone ingrassa il cavallo”, la sempre minore disponibilità di manodopera specializzata e ragioni economiche, richiedono un urgente piano B. Le performance medie di un allevamento sono solo una media geometrica o aritmetica delle prestazioni di ogni singolo animale. Negli allevamenti di polli, galline e suini, pur essendo anch’essi popolati da individui simili ma non uguali, non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze, adottare la gestione individuale. Ciò può invece essere attuato nell’allevamento dei grandi ruminanti e della bovina da latte in particolare, animale dove la ricerca scientifica si è maggiormente concentrata.

Le bovine, come ogni altro essere vivente, sono degli individui, anche se la selezione genetica li ha resi, nell’ambito della medesima razza, uno simile all’altro. Paradossalmente anche i cloni sono individui. Ciò significa che ogni individuo inserito nel medesimo ambiente, al contatto con i medesimi patogeni e nutrito allo stesso modo, esprime una diversa capacità d’adattamento e performance anche molto variabili. Nei gruppi o nei branchi, i bovini hanno una gerarchia piuttosto rigida, all’interno della quale ci sono animali più intraprendenti, aggressivi e capaci di meglio adattarsi agli stress. Gli animali più timorosi e schivi sono invece meno capaci di adattarsi all’ambiente d’allevamento e questo ne comprometterà la produzione, la fertilità e l’immunità. Gli allevamenti, specialmente quelli intensivi, tendono a dare alle singole bovine meno spazio possibile, in nome dei principi dell’economia di scala. L’ambiente della stalla è costruito in modo da essere omogeneo e per assecondare il normale comportamento non del singolo animale ma della bovina media. Il criterio di divisione in gruppi, le dimensioni delle cuccette, l’ubicazione dell’acqua da bere, la mangiatoia e le poste di mungitura sono uguali per tutti. In queste stalle si ricerca un THI ottimale per tutte le bovine e molti degli approcci farmacologici sono standard.

Oggi si tende a parlare della scienza del benessere animale che proprio sul concetto d’individuo basa buona parte delle sue considerazioni. La “vacca media” si adatta, in linea teorica, alla “stalla media”, costruita per soddisfare i suoi fabbisogni. I gold standard gestionali, nutrizionali e ambientali sono spesso ricchi di bias o pregiudizi. Chi opera quotidianamente con gli animali ben sa invece che ogni bovina è diversa dall’altra e reagisce alla medesima gestione e alimentazione in modo differente. L’allevatore che ha pochi animali, come avveniva in passato, ha la possibilità di andare in deroga alle regole e personalizzare il management e l’alimentazione dei singoli animali o di quelli simili tra loro. I principali sistemi di misurazione del benessere animale si basano sulla sua valutazione per la “vacca media” e solo marginalmente quantificano le variazioni inter-individuali. Quello della “stalla media” è anch’esso un paradigma fragile, come anche il considerare “rumore” le variabilità fenotipiche dei singoli animali. Il concetto di “precision farming” è molto lontano da quello dell’“Individual Dairy Cow Management (IDCM)”, che probabilmente sarà il nuovo paradigma e un presupposto necessario per migliorare ulteriormente le performance produttive, riproduttive, sanitarie ed economiche degli allevamenti. L’IDCM sarà anche la teoria che saprà ispirare al meglio la nascita di un sistema “robusto” di valutazione del benessere collettivo di un allevamento.

Il concetto e le regole della “precision farming (PF)” non sono in contrasto o in concorrenza con la IDCM ma si possono perfettamente integrare.

La tecnologia sta immettendo sul mercato un enorme numero di sensori; strumenti che, se correttamente utilizzati, possono aiutare l’allevatore e il veterinario a riappropriarsi del rapporto con ogni singolo soggetto, o meglio con quello più in difficoltà. Secondo la definizione di Rutten: Sensore è un dispositivo che misura un parametro fisiologico o comportamentale (correlato alla salute o all’estro) di una singola bovina e che consente il rilevamento automatico, in azienda, dei cambiamenti in questa condizione che sono correlati ad un evento sanitario (come  malattia) e che richiedono un’azione da parte dell’agricoltore (come il trattamento)”. Il sistema dei sensori è composto dai dispositivi (device), più il software che elabora i dati per produrre informazioni o consigli.

Allo stato attuale, questi sensori sono applicati direttamente sulle bovine oppure si trovano in luoghi dove possono registrare specifici eventi, come sulla macchina mungitrice, gli autoalimentatori, telecamere, etc. Quello dei sensori è un settore in rapido sviluppo perché permette all’allevatore di recuperare il rapporto che un tempo aveva con i singoli animali e di prestare attenzioni specifiche alle bovine che mal si adattano alla “stalla media”. I sensori saranno gli strumenti fondamentali che porteranno alla possibilità di valutare e certificare oggettivamente il livello di benessere collettivo di un allevamento.

Allo stato attuale delle conoscenze, a supporto dell’IDCM c’è un ampia gamma di sensori che operano nell’ambito della salute e della riproduzione.

Riproduzione

La prima diffusione di sensori negli allevamenti commerciali ha coinvolto proprio i rilevatori dell’attività motoria, anche detti “Automated Estrus Detection (AED)” oppure pedometri e attivometri. Questi sensori, che si possono applicare al collo, alla zampa o all’orecchio dell’animale, segnalano un’aumentata attività motoria come sintomo importante del comportamento estrale. Datati ma utili sono i sensori di pressione come HeathWatch®, da applicare sulla groppa e che registrano il sintomo “ferma alla monta” del comportamento estrale. Oggi l’industria mette a disposizione anche la possibilità di quantificare real-time e in-line il progesterone del latte. Altri sensori possono rilevare le vocalizzazioni degli animali e la temperatura corporea. Nell’ambito riproduttivo sono oggi disponibili anche utilissimi sensori che avvisano l’allevatore del parto imminente.

(Per approfondire l’argomento, leggi anche “Le interviste di Ruminantia® – Possono i rilevatori d’attività motoria realmente migliorare la fertilità delle bovine? Lo abbiamo chiesto ai principali costruttori“)

Salute

Sono innumerevoli i sensori che possono monitorare la salute delle bovine. Con quelli che riescono a misurare costantemente il pH, l’attività ruminale e il comportamento alimentare (numero dei pasti e durata degli stessi) si ottengono informazioni molto interessanti sui singoli animali. Con la misurazione in-line e real-time della percentuale di grasso, proteina, urea e corpi chetonici si ottengono informazioni interessanti sugli effetti della dieta e sull’eventuale insorgenza di malattie metaboliche. E’ possibile oggi disporre di bilance che pesano le bovine all’uscita della mungitura e di sensori (computer vision system) che valutano il BCS. Molto evoluti sono ormai i sensori che rilevano alterazioni nella conducibilità elettrica del latte e che quantificano le cellule somatiche, le curve di emissione del latte e il suo flusso o l’enzima LDH, per individuare precocemente le mastiti anche di tipo sub-clinico. Sono interessanti anche i sensori che con diversi metodi, come la termografia, la misurazione delle forze al suolo, videocamere, etc, individuano le bovine zoppe.

Negli autoalimentatori e nei robot di mungitura viene registrato il consumo effettivo individuale di concentrato.

Conclusioni

Il mondo dei sensori è sconfinato e in piena evoluzione. I dispositivi raccolgono i dati dalle singole bovine ma anche informazioni sull’ambiente, come il fotoperiodo, la temperatura e l’umidità. La mole di dati raccolti è spesso organizzata da algoritmi e, attraverso opportune elaborazioni, è presentata “filtrata” agli operatori, con considerazioni sulla singola bovina o sulla stalla. Manca ad oggi, e ciò è molto grave, un sistema integrato di campionamento del dato e di elaborazione individuale e collettiva che possa veramente essere d’ausilio all’allevatore e ai professionisti che lo supportano per riappropriarsi della gestione individuale delle bovine. Gli aspetti fin qui trattati possono essere estesi anche alle bufale, ai piccoli ruminanti e ai suini. Negli allevamenti che ritengono strategica la IDCM a fini etici ed economici si raccomanda l’adozione piena dei sensori, o almeno di quelli di “comprovata efficacia”. Nella Stalla Etica® di Ruminantia è fortemente raccomandato l’uso di questi supporti elettronici.

La valutazione del benessere animale, e un domani la sua certificazione, consente agli animali di “vivere una vita degna di essere vissuta”, di rassicurare i consumatori sul fatto che gli animali d’allevamento stiano conducendo “una vita il più simile possibile a quella che avrebbero avuto in natura” e permette all’allevatore di avere un utile sensibilmente più alto. Gli animali che stanno bene dal punto di vista emotivo e fisico producono di più e al minor costo, e danno un cibo sempre più richiesto dai consumatori per il quale sono disposti a spendere i più. I dati raccolti dai sensori consentiranno una valutazione, e quindi una certificazione, oggettiva e facilmente verificabile del benessere dei singoli animali, con opportuni supporti statistici dell’intero allevamento. Infine, i sensori posso raccogliere informazioni preziose per la comunità scientifica, utili per verificare se gli attuali paradigmi genetici della stalla ideale siano effettivamente tali o abbiano necessità di profonde revisioni.