Il benessere animale in allevamento dovrebbe iniziare dalla rivisitazione delle attitudini dei consumatori nei confronti dell’acquisto e del consumo del latte e dei prodotti lattiero-caseari.

Sommario

La presente riflessione ha lo scopo di aprire un dibattito sulla necessità di aumentare il livello di consapevolezza e di multi ed interdisciplinarità quando si parla di benessere animale in allevamento. Inizia con una breve panoramica sulle più comuni tecnopatie e problemi di benessere animale presenti attualmente negli allevamenti di vacche da latte e su come questi vengano percepiti dagli attori del settore, analizzando nel dettaglio alcune divergenze di opinione emerse dalla letteratura scientifica. L’articolo continua poi citando le prime interconnessioni tra discipline diverse che hanno cercato di affrontare in modo olistico il benessere delle vacche da latte; in particolare, si mette in risalto il fenomeno dello spreco di latte e dei prodotti lattiero-caseari nei paesi industrializzati e come una pesante riduzione degli sprechi potrebbe andare a modificare gli attuali sistemi produttivi. Infine, viene introdotta una nuova prospettiva per cui si ipotizza come un’attenta e robusta quantificazione degli sprechi, accompagnata dal pieno coinvolgimento del settore della distribuzione, potrebbe andare a ridurre l’ammontare di latte che entra la catena alimentare umana rendendolo disponibile in sistemi non convenzionali particolarmente rispettosi del benessere animale.

Introduzione

La maggior consapevolezza dei consumatori riguardo al benessere animale in allevamento, in particolare sugli aspetti legati alla separazione precoce del vitello dalla madre e la bassa longevità delle bovine da latte, rappresenta un grande potenziale di attrazione per il mercato verso specifici prodotti lattiero-caseari provenienti da allevamenti altamente rispettosi delle esigenze degli animali che affrontano questi problemi con una trasparenza che ispira fiducia. Esempi precedenti di immissione nel mercato di prodotti di origine animale sono le uova da allevamento a terra e la carne prodotta senza uso di antibiotici, le cui pubblicità hanno aumentato la confusione tra i cittadini e le aspettative nei confronti di tutti gli altri prodotti e sistemi zootecnici. Tale risposta appare evidente dalla notevole quantità di nuove etichette sviluppate in alcuni paesi Europei (es. Francia) e dal maggiore interesse dei rivenditori verso prodotti etichettati per il benessere degli animali rispetto al passato (es. Lidl Spagna). Sembra invece meno probabile che sensibili miglioramenti delle condizioni delle bovine da latte rispetto allo stato dell’arte avverranno nel breve periodo sulla base di misure legislative specie-specifiche (Nalon & Stevenson, 2019).

La discussione è sempre più incentrata sul fatto che il miglioramento del benessere delle bovine da latte dovrebbe iniziare dalla riduzione della produzione spinta dall’industrializzazione del sistema di produzione lattiero-caseario che ha impedito alla vacca di vivere in armonia con la sua funzione biologica e l’ambiente. Proprio per la spinta genetica avvenuta per oltre 50 anni e la ripetuta pratica di separazione precoce del vitello dalla madre, Engmann (2018) suggerisce di utilizzare le vacche da latte come modello nel campo della ricerca sull’eredità non genetica prendendo spunti da studi condotti sull’uomo e sui roditori. Questo sottolinea gli sviluppi del rinnovato interesse per il tema della relazione degli esseri umani con gli animali, relazione che sta ricevendo molta attenzione in diverse discipline che vanno dalla biologia, l’antropologia e la psicologia alla geografia e agli studi culturali. In questo contesto, non possiamo dimenticare i benefici che la moderna industria lattiero-casearia ha portato all’uomo, rendendo il latte facilmente accessibile mediante la capillarità della distribuzione organizzata.

Il settore zootecnico necessita, tuttavia, di un notevole cambiamento perché, come recentemente discusso da Brombin et al., (2019), allo stato attuale risulta essere poco sostenibile mentre la maggior consapevolezza dei consumatori nei confronti delle pratiche zootecniche, gli alti tassi di rimonta, l’antibiotico resistenza, l’impatto ambientale, la riduzione di biodiversità e gli aspetti bioetici aumenta in parallelo alla richiesta a livello mondiale di proteine di origine animale. Sebbene non esista una soluzione panacea per tutti i problemi sopra citati, diversi aspetti suggeriscono la necessità di un approccio multidisciplinare nella promozione di produzioni più sostenibili e con maggiori attributi etici. L’azione COST DairyCare ha unito a tal proposito molteplici discipline con il fine di promuovere il benessere degli animali da latte mediante lo sviluppando di nuove tecnologie. Questo articolo porta ad una riflessione mirata a sensibilizzare il mondo della ricerca, delle produzioni e dell’industria, riguardo la necessità di ampliare le prospettive ed i livelli di multi ed interdisciplinarità quando si considera il benessere delle vacche da latte, e pone un primo passo verso la rivisitazione delle attitudini dei consumatori nei confronti dell’acquisto ed il consumo di latte e dei prodotti lattiero-caseari con lo scopo di ridurre gli sprechi alimentari.

Divergenze nei punti di vista

Le figure coinvolte nei vari livelli della catena produttiva hanno opinioni, prospettive ed interessi diversi, e queste divergenze aumentano ancora di più quando si parla di benessere animale. L’analisi qualitativa delle opinioni di persone con diversi livelli di coinvolgimento nel settore lattiero-caseario riguardo l’allevamento di bovine da latte ideale condotto da Cardoso et al., (2019), ha evidenziato una buona corrispondenza tra le opinioni dei produttori di latte ed i loro consulenti contrapposte a quelle dei cittadini non coinvolti nel settore che erano più propensi a mettere in dubbio lo stato reale degli animali. La divergenza tra le percezioni dei consumatori e degli allevatori riguardo al benessere degli animali era già stata dimostrata in passato (Lagerkvist e Hess, 2011), mentre il coinvolgimento dei rivenditori in studi analoghi è più limitato (Payne et al., 1999). La necessità di creare dei ponti che colleghino le divergenze verso nuovi equilibri, arriva come campanello d’allarme dalle scienze sociali e dalle arti che hanno iniziato ad avanzare tentativi di risvegliare una nuova coscienza mondiale.

La Biennale di Venezia 2019, 58^ Esposizione Internazionale d’Arte, intitolata “May You Live In Interesting Times”, secondo il suo curatore Ralph Rugoff si è concentrata su opere d’arte che hanno rivisto i modi di pensare attuali ed aperto le menti a nuove interpretazioni e letture di oggetti, immagini, gesti e situazioni. L’artista cinese Nabuqi si è chiesta se la riproduzione di una bovina di plastica a grandezza naturale che percorre in circolo un tracciato sull’immagine di un prato d’erba, potesse essere percepita come parte della realtà o se avrebbe evocato degli echi emotivi suscitati dall’incontro con la realtà. Sarebbe interessante trasmettere questo tipo di domande alla comunità scientifica per ottenere risposte su come i consumatori percepiscono la reale produzione di latte, fino a capirne il loro livello di conoscenza, cosa accettano come reale e quali sono i loro interessi e le loro emozioni a riguardo, pur tenendo in considerazione il fatto che la maggior parte dei cittadini dissocia dalla propria mente pensieri relativi al benessere degli animali quando acquista o consuma prodotti di origine animale (Lagerkvist & Hess, 2011).

Le risposte ad alcune di queste domande potrebbero affrontare il fenomeno dello spreco alimentare, soprattutto nei paesi dove viene sprecata una notevole quantità di cibo, inclusi carne e latticini (FAO, 2013). Perdite e sprechi alimentari, definiti come materiale commestibile destinato al consumo umano che viene invece scartato, perso, degradato, consumato dagli animali o intenzionalmente somministrato loro, o utilizzato come sottoprodotto della lavorazione degli alimenti, si verifica lungo l’intera catena produttiva. Lo spreco diventa man mano più costoso con il progredire della catena alimentare, rendendo vani un maggior numero di processi (Eriksson et al., 2016). Le stime approssimative della perdita di prodotti lattiero-caseari ammontano al 20% delle quantità prodotte (FAO, 2013). Si calcola che il maggiore spreco di prodotti alimentatri nei paesi industrializzati si verifichi dopo l’acquisto a livello di consumatore (53-71%), seguono poi i settori delle produzioni e i trasformatori (17-30%), i fornitori (9-12%) ed infine i distributori, con i livelli di spreco più bassi registrati a livello di vendita al dettaglio (2-9%). A questo punto venivano implementate infatti una serie di strategie per ridurre le perdite. A ciascun livello della catena alimentare vengono applicate misure preventive finalizzate a ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, gestite in modo diverso a seconda dei portatori di interesse.

Tuttavia, Priefer et al., (2016) ha fatto emergere come le misure di contenimento devono tenere conto di tutte le fasi della catena alimentare e devono adottare approcci rigorosi ed efficaci cha vanno oltre gli strumenti di informazione e sensibilizzazione. Schmidt (2019), ha recentemente introdotto dei nuovi approcci rivolti ai consumatori ed alla necessità di cambiare le loro abitudini verso un consumo più consapevole ed appropriato, utilizzando come esempio specifico i prodotti lattiero-caseari prossimi alla data di scadenza e l’aggiunta diretta di messaggi indicati direttamente sui prodotti alimentari o sui frigoriferi che riportano frasi come “Ricordarsi di accertare la commestibilità del cibo scaduto prima dello smaltimento diretto” o “Si prega di usare occhi, naso e bocca prima dello smaltimento”, per consentire decisioni informate.

Dalla prevenzione dello spreco di latte e prodotti lattiero-caseari al benessere degli animali in allevamento

Allo stato attuale non sono disponibili studi quantitativi che associno direttamente la prevenzione di perdite e sprechi di latte e di prodotti lattiero-caseari al benessere degli animali in allevamento, come teoricamente discusso da Brombin et al., (2019), sebbene siano stati precedentemente affrontati sia gli argomenti relativi alla quantificazione e la prevenzione dello spreco di latte e prodotti lattiero-caseari (Eriksson et al., 2016; Schmidt, 2019), sia gli effetti negativi sul benessere della vacca da latte e le tecnopatie legate ai livelli produttivi dell’allevamento intensivo (Nalon & Stevenson, 2019). La riduzione degli sprechi non è mai stata scientificamente collegata alla quantità di latte che potrebbe essere sottratta dalla catena alimentare. Ne è la conferma l’esiguo numero di documenti scientifici (≤ 28) che scaturiscono dalla ricerca sistematica della letteratura scientifica in Inglese sul Web of Science – Thomson Reuters TM (WOS) (Web of Science Core Collection e tutti i database), nell’intero arco temporale 1985 – 2019, utilizzando combinazioni di parole chiave correlate allo spreco di latte e, mediante operatore booleano AND, al benessere animale (“milk waste” / “dairy product waste” / “dairy waste” / “dairy product loss” e “animal welfare”).

Una quantificazione scientificamente robusta delle quantità di latte sprecate sarebbe un punto di partenza essenziale per determinare l’ammontare di latte che potrebbe essere sottratto dall’immissione nella catena alimentare e messo a disposizione dei vitelli sotto la madre. Da decenni, infatti, l’argomento principale dell’opposizione ai sistemi vacca-vitello è stato legato anche alla minore quantità di latte vendibile. La pratica della separazione precoce del vitello dalla madre è ora presa di mira dall’opinione pubblica e sempre più consumatori richiedono alimenti prodotti in modo etico. In risposta, i sistemi di produzione alternativi che consentono il contatto vacca-vitello, al fine di promuovere comportamenti naturali ed il legame tra madre e vitello, stanno ricevendo un sempre maggior interesse scientifico.

Gli studi che affrontano i cambiamenti necessari per attuare sistemi di contatto tra vacca e vitello vengono descritti in un crescente numero di articoli scientifici (Johnsen et al., 2016; Beaver et al., 2019) e sono attualmente in fase di studio. Markova-Nenova e Wätzold (2018) sottolineano inoltre la necessità di aumentare la consapevolezza lungo l’intera catena di produzione, ed in particolare nelle fasi finali. Il coinvolgimento del settore della distribuzione è cruciale per promuovere attributi etici, creare valore aggiunto e differenziare il latte ed i prodotti lattiero-caseari etichettati inserendo la dicitura “una frazione succhiata direttamente dal vitello sotto la madre” come giustificazione dei prezzi più elevati a causa delle minori quantità di latte che entrano nella catena alimentare. Il settore marketing dimostra infatti di avere i livelli di spreco più bassi, ma è allo stesso tempo quello con il maggior potere sia sui produttori che sui consumatori. Le loro strategie di vendita e gli alti livelli di rotazione dei prodotti possono infatti aumentare lo spreco a livello domestico, tanto che alcune di queste soluzioni sono oggigiorno vietate in determinati paesi Europei (es. in Francia sono vietate le promozioni tipo 3×2 su prodotti di origine animale come la carne di vitello).

La Figura 1 rappresenta una panoramica dei punti di forza, debolezza, opportunità e minaccia (SWOT) della ricerca sugli sprechi di latte e prodotti lattiero-caseari nel settore della distribuzione. La differenziazione del marketing dei prodotti provenienti da sistemi alterativi ai convenzionali, con elevati attributi etici sarebbe un punto essenziale al fine di conquistare e mantenere la fiducia dei consumatori e, per tale motivo, un’intera filiera dovrebbe essere coinvolta dall’inizio alla fine senza alcuna quota di latte convenzionale inclusa a nessun livello della produzione. Discussioni controverse dovrebbero coinvolgere anche il tema dei vitelli maschi nati negli allevamenti da latte, il settore della carne di vitello ed il potenziale sviluppo dei sistemi di produzione ibrida di carne e di latte come discusso da Brombin et al., (2019).

Figura 1 – Analisi SWOT della ricerca delle perdite e degli sprechi alimentari nel settore della distribuzione.

La principale prospettiva discussa da Brombin et al., (2019) è che se la comunità scientifica riuscisse a quantificare in modo concreto il latte sprecato (che secondo la letteratura grigia ed il web ammonta a ben il 90% del latte prodotto in alcuni paesi), e di conseguenza a ridurlo, ci potrebbe essere un calo dell’immissione di latte in commercio e la quota di latte risparmiata potrebbe rimanere in azienda per i sistemi di allevamento alternativi ibridi con prolungato contatto vacca-vitello. Ciò si tradurrebbe in quantità inferiori di latte venduto che comporterebbero un aumento del prezzo da pagare al produttore. L’associazione discussa da Brombin et al., (2019) non è pertanto quella diretta tra la prevenzione dello spreco di latte ed un migliore benessere, ma piuttosto tra il risparmio di latte immesso nel mercato e la sua messa a disposizione per i vitelli nei sistemi in cui vacca e vitello non vengono separati precocemente, e privati dei legami e dei comportamenti naturali. Questi ultimi hanno infatti effetti benefici sul benessere sia della vacca che del vitello, indipendentemente dal fatto che sia maschio o femmina.

Quantificare lo spreco di latte e di prodotti lattiero-caseari alla fine della catena alimentare ed in particolare dopo l’acquisto può risultare difficile. Tuttavia, studi trasversali o casi studio condotti in diversi paesi potrebbero fornire un punto di partenza. Un ampio campione casuale di famiglie, rappresentativo per ciascun paese, che registrino gli sprechi di latte e prodotti lattiero-caseari senza usi alternativi in un dato intervallo di tempo potrebbe essere utile per avere il quadro della situazione. In alternativa, si potrebbero applicare diverse strategie che richiedono sforzi più o meno impattanti fornendo risultati più o meno precisi.

In conclusione, i cambiamenti intrinseci necessari per raggiungere la sostenibilità nel settore lattiero-caseario vanno dall’acquisto consapevole a prezzi più elevati all’uso di sistemi di produzione più etici, e rappresentano un’opportunità di claim sul mercato in cui è direttamente coinvolto il settore della distribuzione e vendita al dettaglio.

 

 

Refining consumer attitudes to milk and dairy product purchase and use to reduce food waste and improve animal welfare on-farm

Marta Brščić

doi.org/10.1017/S0022029920000631

Journal of Dairy Research

 

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