L’insieme delle situazioni che stiamo vivendo pone ciascuna impresa zootecnica in condizioni di grande incertezza circa il periodo che ci sta davanti e, più in generale, circa il proprio futuro.

  • Il prezzo del latte cederà ulteriormente?
  • La quantità di latte che posso produrre sarà una mia decisione?
  • I costi delle materie prime saranno accettabili?
  • Le normative in termini di nitrati e di impatto ambientale diventeranno stringenti?
  • I nuovi orizzonti del benessere, richiederanno investimenti consistenti alle strutture?
  • I cambiamenti climatici, costringeranno a modificare le coltivazioni praticabili?

Questi sono alcuni dei tanti interrogativi che si assommano ai normali e consueti problemi ed alle urgenze della gestione operativa. In poco tempo si sono addensate tali e tante problematiche che può risultare difficile prendere decisioni importanti in una condizione così aleatoria. Una sola delle questioni tra quelle poste, è più che sufficiente per spostare radicalmente le decisioni strategiche. C’è anche chi ritiene di assumere un atteggiamento di attesa, ipotizzando che prima o poi ci saranno elementi di chiarezza grazie ai quali poter decidere il da farsi. Nessuno può escludere che, quasi per magia, tutto diventi chiaro e che si dipani davanti ai nostri passi un periodo, se non florido, almeno stabile.

Se tuttavia vogliamo stare con i piedi per terra, è probabile che dovremmo abituarci a convivere con mercati fluidi e continuamente volatili. Per questo, le imprese devono pertanto organizzarsi e muoversi in contesti nei quali è necessario intervenire con rapidità e cognizione di causa. In sostanza, è necessario stare meno tempo sul trattore ed in mezzo alle vacche e passare più tempo in ufficio ad analizzare i propri numeri studiando le tendenze dei mercati, capire i desideri dei consumatori e rapportarsi con i propri colleghi che operino in modalità smart.

In pratica, meno allevatori ed agricoltori e più imprenditori: quindi, consumare meno stivali ma più calcolatrici e fogli poiché, in fondo, nei campi possiamo mandarci qualcun altro così come in stalla, ma a fare l’imprenditore non possiamo mandarci nessun altro. Se non lo facciamo, rimane non fatto in quanto il mestiere dell’imprenditore non è delegabile. E’ finito il tempo in cui era importante coltivare ed allevare bene: il resto veniva da sé. E’ arrivato ormai il tempo in cui, prima di ogni altra cosa, è necessario essere imprenditori ed il buon imprenditore è in grado di organizzare l’attività anche dove lui non può arrivare.

Come imprenditori, abbiamo ancora molte carte da giocare. Dal punto di vista operativo il nostro focus deve essere l’Opex, il costo operativo necessario per produrre un litro di latte e questo dobbiamo conoscerlo, dobbiamo lavorarci, dobbiamo migliorarlo. Possiamo sommariamente definire un ottimo obiettivo quello di avvicinarsi e raggiungere un Opex di 35 centesimi/litro.

Un’azienda in cui il titolare non conosca questi suoi dati, ed i dettagli che lo compongono, come potrà operare per migliorare? Come potrà valutare la congruità degli investimenti?

Nonostante tutto il lavoro di cui si fa carico, come potrà essere chiamato imprenditore? Si potrebbe chiamare capostalla o fattore, con la mia più grande stima nei confronti di occupa questi ruoli.

Già l’oggi, e sicuramente il domani, appartegono a chi guarda la propria azienda con gli occhi di un imprenditore e si focalizza su tale ruolo. Molti, certamente troppi, sono ancora focalizzati sulle proprie attività operative e questa impostazione diventa sempre più una spirale perversa: come si può resistere a prezzi del latte basso, limiti di produzione e costi delle materie prime alti?!

Se non entra in scena l’imprenditore, se non si attivano nuove zone del cervello e soluzioni innovative, si rischia grosso!