Chi si occupa di comunicazione per conto dell’industria lattiero-casearia e dei Consorzi di Tutela ha il compito di trasmettere dei messaggi ai consumatori, la gente e l’opinione pubblica. Questi possono avere effetti positivi ma anche molto negativi.

Raccontare alla gente la realtà degli allevamenti, intensivi o estensivi che siano, è una cosa alquanto difficile, soprattutto perché in questi ultimi anni l’attenzione sui diritti degli animali d’allevamento sta investendo fasce sempre più ampie della popolazione. E’ oggettivamente difficile spiegare all’opinione pubblica perché negli allevamenti intensivi si allontana alla nascita il vitello dalla madre, perché gli animali non possono uscire mai all’esterno e perché vivono in ambienti pieni di “tubi” che sembrano gabbie. E’ altrettanto difficile spiegargli perchè una bovina vive così poco e per quale motivo per riprodursi abbia bisogno di iniezioni d’ormoni. In allevamento si usano termini considerati sgradevoli dalla gente, come “gabbie per i vitelli” e “autocatturanti”. Nonostante tutto ciò che accade, si continuano a portare nelle Fiere, e quindi nel mondo esterno, bovine magrissime con mammelle enormi che urtano la sensibilità dei media e della gente, dimenticando che gli allevamenti possono esistere perché le persone comprano i prodotti del latte.

L’ingenuità e la buona fede degli allevatori, e purtroppo l’aver delegato ad altri per troppi anni il raccontare il loro mondo, ha creato questo tremendo corto circuito. Buona parte dell’industria del latte e dei Consorzi di Tutela ha commesso il tragico errore di affidare alle agenzie di comunicazione il gravoso compito di spiegare le ragioni dell’allevamento senza trasmettere loro anche i complessi aspetti culturali dei quali l’allevamento è parte. Dei risultati di queste azioni ne abbiamo parlato molte volte su Ruminantia.

Le campagne di comunicazione fin qui realizzate sono la causa principale dell’opinione negativa che la gente ha degli allevamenti. A titolo d’esempio, e per comprendere il danno che è stato fatto fino ad ora, basta guardare con attenzione e spirito critico il video realizzato dall’organizzazione internazionale no profit per la difesa dei diritti degli animali Animal Equality che riportiamo di seguito.

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Ci auguriamo che questo video e tutti i documenti pubblicati dalle associazioni animaliste servano a modificare profondamente la comunicazione che l’industria lattiera-casearia fa di sè e a ripensare al layout degli allevamenti intensivi, o almeno di quelli che decidono di fare il latte commodity.

Senza diventare complottisti, è inoltre bene tenere sotto osservazione come si sta muovendo la comunicazione dei giganti dei cibi artificiali e i messaggi più o meno subliminali che questa sta veicolando al sentire collettivo. Queste multinazionali in realtà hanno come nemico proprio la produzione primaria del cibo e quindi gli allevamenti e, più in generale, l’agricoltura.