Scottona, chi è costei?

Sulla scottona poche cose sono certe, mentre molto è incerto, oscuro ed opinabile, come l’origine del termine.

La scottona, oggi di moda soprattutto in Italia, è la giovane bovina che non ha ancora figliato e che fornisce una carne di particolare pregio: carne giovane e al tempo stesso sufficientemente matura, tenera e succulenta, magra e sapida e via dicendo. Fermo restando che la scottona non deve aver figliato, altrimenti sarebbe una vacca, si discute se sia un animale ancora vergine, oppure che abbia già iniziato la prima gravidanza e sia stato macellato entro i primi quattro, al massimo cinque mesi della stessa. Come vedremo, la prima condizione era forse più probabile nel passato, mentre oggi prevale la seconda.

Uno degli aspetti più incerti è l’origine del termine scottona. Una migliore conoscenza di questa etimologia potrebbe essere utile anche a comprendere il successo che oggi ha questa particolare carne bovina. Al riguardo, purtroppo, non vi sono documentazioni e soprattutto citazioni da riportare sulla sua origine, mentre è possibile tentare un’interpretazione partendo dal termine stesso, anche se è stato affermato che l’aspetto più importante delle etimologie è di stimolare l’immaginazione, più che di scoprire verità a volte impossibili.

Scottona: un termine che è facile avvicinare a quello di carne o di un animale la cui carne è scotta, ma in che senso? A questo proposito bisogna riportarsi a periodi passati, quando le idee e le ideologie biologiche ed alimentari erano diverse dalle attuali.

Carni calde e carni fredde

Molti secoli fa si era imposta l’idea che esistevano dei cibi freddi e dei cibi caldi, non come temperatura, ma come loro costituzione e che una buona nutrizione dovesse tenere conto anche di un equilibrio tra gli umori degli organismi animali. Importante, a questo riguardo, è la castrazione degli animali, iniziando dal termine “sanato”.

Sanato” è una voce antica o regionale – riportano i dizionari – che significa castrare, togliere od inattivare le ghiandole sessuali, maschili o femminili, ed è anche riportata la dizione “sanare le scrofe”. Sanato, soprattutto in Piemonte, è il vitellone castrato dal quale deriva il bue grasso da cui si ottengono tanti celebri piatti della cucina locale, iniziando dai bolliti. Che i termini sanare e sanato siano presenti soprattutto nel Piemonte non deve stupire, in quanto derivano da corrispondenti termini antichi del provenzale, come anche recentemente ha segnalato Claudine Fabre-Vassas (Fabre-Vassas C. – La bête singulière – Gallimard, Paris, 1994). Inoltre, nei dialetti romanzi ed in quello piemontese antico, castrare si dice anche regulare o regolare, o anche affranchir o liberare dalla turbolenza degli umori. Da dove deriva il termine sanare che a dire il vero dovrebbe significare “rendere sano” e da cui deriva il più diffuso termine di risanare? Bisogna risalire alle concezioni mediche antiche e soprattutto medievali quando alcune fasi dei cicli sessuali o delle regole femminili, erano ritenute impure e quindi non sane. Lo stesso è accaduto per il termine, caduto in disuso, di regolare.

Nel passato si dava molta importanza ai cicli sessuali delle femmine degli animali, e soprattutto ad alcune loro fasi come quella del “calore”, termine con il quale bisogna intendere la fase estrale o estro nella quale la femmina richiama ed accetta il maschio ed è fecondabile dando inizio, in condizioni normali, ad una gravidanza. Il calore od estro nelle femmine animali e le mestruazioni nella donna, due fenomeni diversi, si riteneva comportassero una turbolenza degli umori capace di rendere cattivo l’accrescimento corporeo, ma soprattutto di peggiorare la qualità delle carni e la loro conservazione.

Sempre nel passato, ci si era accorti che per il maschio la presenza degli organi sessuali comportava variazioni rilevanti nel colore delle carni e nella quantità di grasso. Quando la castrazione era riuscita bene, erano cancellati gli istinti sessuali e la carne migliorava, divenendo più chiara, tenera a grassa, mentre la carne dei maschi interi era ritenuta riscaldante. Per le femmine dove le ovaie sono nella cavità addominale, la castrazione per motivi tecnici era compiuta soltanto nelle scrofe e non nelle vacche e si credeva eliminasse le impurità d’umori cattivi, purificasse l’animale e lo rendesse sano come il ferro, con una carne fredda e stabile come il metallo, e di facile conservazione.

Nel passato castrare non significava mutilare, ma guarire da cattivi umori e risanare o sanare. Una sanità che permette un rapido accrescimento e, in modo particolare, di avere carni bianche, grasse e sane. Carni sulle quali si è costruita una cucina tradizionale di gran pregio, in tutte le specie, ma in modo particolare vitelli, vitelloni e buoi sanati, maiali sanati e non ultimi i capponi.

Carni bovine calde

Diversamente da oggi, i bovini erano prevalentemente animali da lavoro e per questo s’usavano i buoi (maschi castrati) e le vacche. Quando questi animali erano arrivati al termine della loro carriera erano macellati e le loro carni erano magre, dure e di scarso pregio. Solo in condizioni particolari s’uccideva il giovane vitello od il bue grasso e la sua carne era considerata fredda, in quanto prodotta da animali giovani, maschi castrati o femmine anziane.

La giovane bovina doveva servire per la riproduzione e, soprattutto se era gravida, non poteva essere macellata. Tuttavia questo poteva avvenire quando l’animale, nonostante i ripetuti calori o nel caso che fosse più o meno in continuo calore, e a volte quasi costantemente in calore, non rimaneva gravida e quindi era conveniente macellarla. La carne di un animale in calore, soprattutto se ripetuto e costante, era ovvio fosse ritenuta calda, in quanto prodotta da un animale scottato o che scotta, quindi una scottona perché scottare ha due significati: il primo di bruciare, il secondo d’essere caldo.

È quasi certo che anche nel passato si fossero accorti che le carni calde di una giovane bovina in calore erano particolarmente gustose. Oggi ne conosciamo la ragione, perché gli ormoni estrogeni presenti in rilevanti quantità nelle femmine in tale fase del ciclo sessuale rendono migliori le carni, e lo stesso avviene anche per azione di micotossine estrogene, per esempio lo zearalenone, delle muffe del genere Fusarium presenti in alimenti ammuffiti che provocano uno stato di calore quasi continuo ed infertilità. Ai giovani animali erano destinati i foraggi di peggiore qualità, spesso ammuffiti, e le femmine in continuo calore erano avviate alla macellazione in quanto infertili. Le carni di questi animali erano tenere e succulenti, in quanto più o meno intensamente estrogenate.

La moderna scottona

La scottona oggi è una giovane bovina macellata all’inizio della gravidanza, quando vi è una condizione ormonale di tipo anabolico che favorisce la crescita organica ed il deposito di grasso. Da qui l’origine delle carni tenere, succose e di qualità della scottona. Oggi è possibile macellare questi animali in quanto l’infertilità, soprattutto nelle giovani bovine, è molto ridotta in conseguenza delle buone norme d’allevamento e per l’applicazione d’adeguate misure di profilassi. Inoltre, oggi le condizioni di povertà del passato sono superate ed è possibile destinare alla macellazione anche giovani femmine senza pregiudicare l’efficacia aziendale. Non va infine dimenticato che, nelle moderne razze bovine, il rapido accrescimento somatico e ponderale renderebbe poco conveniente macellare animali troppo leggeri, mentre è possibile macellare una giovane femmina di cinque o sei quintali di peso, all’inizio della gravidanza, con tutti i relativi vantaggi ai quali si è già accennato.

Scottona fenomeno italiano

Non va sottovalutato che la scottona è un fenomeno prevalentemente europeo ed in particolare italiano, connesso al divieto di usare ormoni nell’allevamento degli animali. In molti altri paesi extraeuropei, USA in testa, carni di buona qualità sono ottenute con la castrazione dei maschi e la somministrazione d’ormoni di tipo naturale (estrogeni e progestinici) che riproducono la condizione che troviamo nel calore o all’inizio della gravidanza. La scottona è quindi un metodo elegante e naturale per avere carni di qualità, senza usare ormoni estrogeni e progestinici vietati dalle vigenti normative.

Origine del termine scottona

Scottona è un termine che deriva da scottare, nel senso di un animale caldo in quanto in calore o gravido, in una concezione antropologica non biologica e tanto meno chimica, oggi completamente superata, di carni fredde e di carni calde. Allo stesso modo è superata la distinzione tra magro e grasso riferito agli alimenti ed al loro uso (mangiar di magro e mangia di grasso), per questo il pesce (anche se ricco di lipidi) e l’olio (tutti lipidi) erano giudicati magri, mentre la carne suina (anche se povera di lipidi) ed il lardo (che ha meno lipidi dell’olio) erano stimati grassi.

La rivalutazione del termine scottona oggi si collega al fatto che è una carne di qualità prodotta da animali all’inizio di gravidanza (sono scomparse le giovani manze infertili per turbe riproduttive estrogeniche), il che permette d’ovviare al divieto dell’uso d’ormoni, anche di tipo naturale. Un’etimologia, quella prospettata, soddisfacente? Troppo complicata o troppo semplice? Non resta che attendere altri contributi e proposte etimologiche.

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.