Dopo la timida crescita del 2019 (+0,4%) la spesa delle famiglie italiane per prodotti alimentari cresce in misura importante nel primo trimestre 2020: +7% su base annua. Si tratta della variazione più forte degli ultimi dieci anni ed è conseguenza delle restrizioni imposte per fronteggiare il diffondersi del coronavirus, in tutto il territorio nazionale dalla fine di febbraio, che si protrarranno almeno fino al mese di maggio.

I dati del Panel Ismea Nielsen hanno evidenziato un deciso balzo dei consumi delle famiglie nel mese di marzo (+18%), che ha dato slancio a tutto il trimestre. A fare da traino nella dinamica del primo trimestre ancora i prodotti a Largo Consumo Confezionato (LCC, +9,7%), a cui si è maggiormente rivolta l’attenzione nelle prime settimane di emergenza, ma anche per i prodotti freschi sfusi la spesa inverte il trend e diventa positiva (+1,1%).

Nel solo mese di marzo le vendite per i prodotti confezionati hanno registrato incrementi del 20% e quelle per i freschi sfusi del 9%.

Nel carrello, in fase di emergenza, perdono posizioni le bevande che pur aumentando del 5,2% su base annua mostrano – diversamente dai periodi precedenti – un impulso meno deciso rispetto ai generi alimentari (+7,2%).

In relazione alla scelta dei canali distributivi, il canale prevalente resta quello dei supermercati con uno share del 41% e un trend positivo del 10%; di pari entità la crescita della spesa nei Discount con uno share del 13%.

Il quadro si è mostrato molto mutevole nell’arco delle settimane di marzo e dopo un iniziale orientamento quasi esclusivo verso la GDO si è registrato un successivo passaggio ai negozi di vicinato (anche frutterie e macellerie) sia per l’introduzione di restrizioni agli spostamenti, sia perché talvolta ritenuti più sicuri di altri ambienti più o meno grandi comunque molto frequentati.

Particolarmente penalizzati sono risultati, nel mese di marzo, gli ipermercati, spesso localizzati all’interno dei centri commerciali dove la chiusura di tutti gli altri negozi ha disincentivato ulteriormente i consumatori a recarvisi (solo + 1,2% le vendite complessive, con il dato di marzo in negativo).

Impatto delle restrizioni imposte dai Decreti emanati in merito all’emergenza Covid-19 nei diversi comparti

La stagnazione dei consumi alimentari in casa, che sembrava essere diventato un fenomeno strutturale, è stata completamente stravolta dall’irrompere del Coronavirus.

Restrizioni quali la chiusura quasi totale dei canali Horeca, la limitazione agli spostamenti e lo smart working hanno costretto gli italiani a consumare tutti i pasti in casa, innescando inevitabilmente un aumento della spesa per acquisti domestici e uno stravolgimento nelle abitudini di acquisto.

A livello di format distributivi, si sono delineati nuovi scenari: si è accentuata la crisi delle grandissime superfici e hanno preso vigore, con un effetto simile a quello dei vasi comunicanti, i piccoli esercizi di prossimità.

La miglior performance durante le settimane di emergenza si è registrata infatti presso i punti vendita di ridotte dimensioni dove le vendite sono aumentate del 40% su base annua, oltre che per gli acquisti on-line.

Cambiano per effetto dell’emergenza gli atteggiamenti dei consumatori anche nella scelta dei prodotti acquistati. Si evidenzia – soprattutto nelle prime settimane del lockdown – una tendenza all’approvvigionamento di prodotti conservabili (pasta, riso, conserve di pesce, conserve di pomodoro, ecc.) per creare stock casalinghi.

L’esigenza di compiere meno atti d’acquisto ha dirottato le scelte dai prodotti freschi a prodotti più conservabili. In quest’ottica si spiega anche la penalizzazione all’interno degli stessi reparti dell’ortofrutta dei prodotti ad alta deperibilità, sostituiti con quelli a maggior grado di conservazione (arance, mele, patate e carote più che fragole, insalate e asparagi). Un fenomeno analogo ha riguardato i lattiero-caseari, cioè l’orientamento verso formaggi industriali anziché ricotta. Per alcune referenze si è registrata la sostituzione di prodotti freschi con surgelati (soprattutto ittici e pizze, ma anche ortaggi).

La possibilità di stare tanto tempo a casa, la chiusura di forni e pasticcerie e forse anche l’intento di risparmiare o le ridotte disponibilità finanziarie che cominciano ad interessare molte famiglie, hanno favorito la preparazione di piatti “home made”: mai come in questo periodo si sono viste postate nel web foto di pane, pizze e dolci fatti in casa.

Non sono mancati nei carrelli però i prodotti comfort, quali spalmabili, patatine e cioccolata che favorendo lo sviluppo di endorfina e dopamina hanno compensato le carenze di socialità.

Solo nella settimana dopo la Pasqua si ipotizza che l’effetto “scorta” si separi dall’effetto “organico” di crescita, pertanto sebbene in un quadro così mutevole sia difficile fare stime, la spesa nei prossimi mesi dovrebbe mantenersi sui livelli del+5% rispetto al 2019.

I prodotti proteici di origine animale

Il comparto dei proteici di origine animale che nel 2019 aveva mostrato una debolezza di fondo, accentuatasi nel secondo semestre, nel 2020 riparte con slancio, con inversioni di tendenza per tutte le tipologie.

Il segmento più dinamico è stato quello delle uova, che chiude il trimestre con un +14%, grazie all’incremento delle vendite nel periodo successivo all’introduzione delle restrizioni, con settimane in cui le vendite hanno superato del 50% il valore dell’analoga settimana dell’anno precedente.

Il segmento carni fresche (+6,3%) è trainato dalla buona performance delle carni avicole, che sono state privilegiate rispetto ad altri prodotti, con incrementi nelle vendite che hanno toccato nelle prime settimane di marzo il 20% e si sono tradotte nel dato trimestrale del +8,9%.

Le carni bovine, che in termini di spesa rappresentano il settore più rilevante fra le carni, dopo i risultati deludenti di fine 2019 e un inizio 2020 su toni fiacchi, grazie al recupero del mese di marzo registrano un incremento del 4% (circa il 2% in volume). Le vendite si sono concentrate nel mese di marzo, con volumi venduti cresciuti rispetto a febbraio del 18%.

Per le carni suine fresche l’aumento della spesa del 6,4% è in buona parte da ascriversi agli aumenti di prezzo della materia prima Infatti i volumi acquistati, al contrario delle altre tipologie, sono in lieve flessione. Per quanto riguarda i salumi emerge chiaramente un maggior ricorso a prodotti nei frigo a libero servizio, con incrementi per tutti gli affettati confezionati per i quali la spesa del trimestre è salita: si va dal +9% del prosciutto cotto al +7,5% del salame; anche in questo caso va sottolineato come l’incremento delle vendite sia concentrato nel mese di marzo quando sono cresciute del 27% le vendite di prosciutto crudo e cotto pre-affettato, prodotti sicuramente avvantaggiati in questo periodo della maggiore praticità e velocità nei tempi di acquisto, data la necessità di ridurre il tempo di permanenza nei punti vendita.

Anche per il comparto dei lattiero-caseari le vendite del primo trimestre 2020 sono risultate in netto miglioramento rispetto ai risultati del 2019. Trend positivi per tutte le referenze, seppur con diverse intensità, hanno interessato sia il segmento degli sfusi che quello dei confezionati.

Predominanti in termini di fatturato i formaggi duri (19% della spesa comparto) per i quali le vendite del primo trimestre sono state positive (+8,2%). In crescita anche le vendite di formaggi freschi (+7,9%) e formaggi industriali (+9,5%), mentre meno marcati sono gli incrementi per i formaggi semiduri (+1,7%). Le migliori performance del segmento sono state in questo trimestre quelle del latte Uht, che grazie all’impennata della domanda nel mese di marzo (si sono toccate punte settimanali del +36% su base annua) ha segnato un incremento complessivo della spesa trimestrale del 12,4% su base annua.

Incrementi contenuti ma in netta controtendenza con il 2019 per il latte fresco, in sofferenza da tempo e con sempre meno appeal rispetto a tipologie con più lunga conservazione, ha avuto giovamento però dell’esclusivo ricorso alla colazione in casa a seguito della chiusura dei bar per le misure di contenimento, segnando nel trimestre un +1,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

 

I prezzi medi al consumo nel I° trimestre 2020

Riguardo ai prezzi al dettaglio pur non rilevandosi fenomeni di speculazione si registrano incrementi per alcuni prodotti freschi, soprattutto carni avicole e arance, che nel mese di marzo – a seguito dell’improvviso incremento della domanda – hanno registrato un’inversione di tendenza rispetto al mese di febbraio, mentre in altri segmenti i prezzi sono rimasti stabili, con qualche sporadico aumento dei valori medi da ascriversi all’arresto delle promozioni nei punti vendita.

La dinamica è confermata anche dall’indice dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat (NIC), che nel mese di marzo segna un incremento dello 0,2% su febbraio 2020 e dell’1,2% su marzo 2019 per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche.

 

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Fonte: ISMEA