In seguito a comunicazione del Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni e del Capo di Gabinetto del MiPAAFT, l’AGCM ha deliberato di formulare alcune osservazioni sui contenuti dell’accordo sul prezzo del latte ovino raggiunto in Sardegna nel mese di marzo 2019 in seguito alle trattative tra allevatori e trasformatori, avviate e condotte dai due Ministeri per far fronte alle violente proteste dei pastori dei primi mesi dell’anno 2019. L’accordo raggiunto ai tavoli tecnici del 26 febbraio e del 9 marzo 2019 presso la prefettura di Sassari per definire una “metodologia relativa ai prezzi finali dei prodotti correlando il prezzo del latte alle dinamiche del mercato del formaggio (DOP sarde)” prevede l’impegno dei trasformatori a corrispondere 0,72 euro/litro per il latte ovino conferito a febbraio 2019 ed un acconto di 0,74 euro/litro da marzo 2019 a fine campagna casearia. Inoltre, tale accordo riconosce anche un conguaglio secondo lo schema riportato nella prima tabella del documento dell’AGCM. Questo impegno è strettamente connesso ad altri due, ovvero: 

  • l’accordo delle parti in base al quale “al fine di salvaguardare la qualità della produzione, ed anche per il rilancio commerciale dell’intera filiera, il costo base di vendita del pecorino romano non può essere al di sotto dei 6 euro al chilogrammo” (verbale del 26 febbraio 2019);
  • l’impegno, assunto formalmente dal Capo di Gabinetto del MIPAAFT, di “coinvolgere nel tavolo di filiera la grande distribuzione” (verbale del 9 marzo 2019).

Nel suo documento, al fine di comprendere a fondo il contesto in cui si inseriscono gli accordi tra allevatori e trasformatori, l’AGCM descrive le caratteristiche peculiari del mercato della DOP Pecorino Romano, filiera alla quale è destinata la maggior quantità di latte ovino prodotto nell’area definita dal disciplinare di produzione.

Il mercato di questa DOP è caratterizzato strutturalmente da continue e periodiche oscillazioni dei volumi venduti, che hanno una durata media di qualche anno e che conducono ad una significativa instabilità e volatilità dei prezzi tanto del formaggio, quanto del latte ovino destinato alla sua produzione. Questi aspetti sono legati alla natura stessa del prodotto, ottenuto con latte fresco ovino prodotto nel corso dell’“annata casearia” (da ottobre/novembre a luglio/agosto dell’anno successivo) e stagionato almeno 6/8 mesi, con un periodo massimo di permanenza in magazzino di 16/18 mesi. La stagionalità, dovuta alla periodicità e variabilità del latte nonché dalla stagionatura del formaggio conservabile in stock, è quindi un elemento che connota fortemente questo mercato ed il tutto concorre a rendere il prezzo della DOP ordinariamente soggetto a fluttuazioni cicliche. A questo si aggiungono:

  • l’acquisto da parte dei trasformatori soci del Consorzio di tutela di tutto il latte ovino prodotto e conferito dai propri soci (nel caso delle cooperative) e fornitori (nel caso dei trasformatori industriali);
  • l’utilizzo della grande maggioranza del latte ovino per la produzione di pecorino romano DOP, al quale viene destinato circa il 70% della materia prima;
  • una variabilità del 10-20% delle quantità di latte ovino prodotte tra un’annata casearia e l’altra (questa variabilità dipende da fattori non controllabili da parte degli allevatori, quali andamento climatico stagionale, alimentazione animale, consistenza dell’allevamento, scelte gestionali dei singoli produttori).

Un aspetto rilevante del sistema produttivo primario sardo è la frammentarietà che lo caratterizza: infatti sono presenti circa 12.000 allevamenti, a fronte di una domanda più aggregata costituita da poco più di una trentina di trasformatori tra cooperative (che rappresentano il 60% circa della produzione) e caseifici industriali. Per tali aspetti, l’AGCM rileva che “l’aumento della quantità di latte ovino prodotto e conferito quotidianamente dagli allevatori ai trasformatori induce una crescita proporzionale della produzione del pecorino romano DOP, che determina nel tempo (circa 12/16 mesi) una diminuzione dei prezzi tanto del formaggio, quanto della materia prima“, cosa che risulta essere avvenuta anche verso la fine del 2018 e l’inizio del 2019: l’aumento della produzione di latte ovino nel corso dell’annata casearia 2017/2018 (+18% rispetto alla precedente) ha determinato un incremento della produzione di Pecorino Romano DOP (+18%), con conseguente diminuzione del prezzo all’ingrosso del formaggio e del prezzo del latte ovino (che ha raggiunto i 0,62 euro/litro, -37% rispetto alla media del 2018). Per il mercato lattiero-caseario, data la sua natura connotata da estrema volatilità dei prezzi che si ripercuote sui produttori primari, in ambito comunitario si è scelto di consentire, a determinate e specifiche condizioni, una regolazione dell’offerta dei formaggi DOP e IGP in deroga alla disciplina sulla concorrenza e, nello specifico, al divieto di intese restrittive di cui all’art. 101 TFUE. A tal proposito, l’AGCM ricorda l’art. 150 del Reg. (UE) n. 1308/2013, che prevede la possibilità per gli Stati Membri, su richiesta di un’organizzazione riconosciuta o di un gruppo di operatori, di stabilire, per un periodo di tempo limitato, norme vincolanti per la regolazione dell’offerta dei prodotti caseari DOP e IGP, purché sussista un accordo preventivo tra i produttori del latte crudo e i produttori del formaggio interessato nell’area geografica considerata e “vengano rispettate una serie di condizioni, tra cui coprire solo la gestione dell’offerta del prodotto in questione, al fine di adeguare l’offerta alla domanda e contribuire al mantenimento della qualità e/o allo sviluppo del prodotto, senza consentire la fissazione di prezzi, nemmeno a titolo orientativo o di raccomandazione”. Per quanto riguarda la situazione del Pecorino Romano DOP, sembra che l’adozione ed applicazione di un Piano di regolazione dell’offerta da parte del Consorzio di tutela non abbiano prodotto gli effetti auspicati ai fini del riequilibrio di mercato.

Lo stesso Consorzio di tutela, nella “Relazione sullo stato di attuazione del Piano per le annate casearie 2016/2017 – 2017/2018”, presentata al MIPAAFT, ha rilevato in proposito come “l’applicazione delle contribuzioni aggiuntive differenziate ai produttori non ha avuto l’effetto deterrente sulla produzione, tanto è vero che oltre la metà dei produttori hanno sforato la propria indicazione produttiva aziendale”. Ciò significa che le scelte industriali delle singole aziende prescindono dall’applicazione delle contribuzioni aggiuntivi e risultano quindi motivate da altre dinamiche, che sono così riassunte:

  • l’assoluta anarchia del sistema produttivo primario che affronta le condizioni di produzione senza una programmazione generalizzata ma esclusivamente motivata da ragioni contrattuali (valore del latte unitario)
  • l’assenza di produzioni di pregio alternative al Pecorino Romano DOP (come il Pecorino Sardo e il Fiore Sardo DOP relegati purtroppo a referenze commerciali secondarie a marche aziendali, spesso concorrenziali alle stesse DOP).

L’AGCM ricorda poi il procedimento istruttorio avviato nei confronti del Consorzio di tutela del Pecorino Romano DOP e di 33 trasformatori, caso archiviato dall’AGCM che non ha rilevato violazioni o l’esistenza di pratiche commerciali sleali.

Valutazioni conclusive

In base all’analisi del contesto come sopra riportata, l’AGCM “ritiene che la valenza degli accordi sui prezzi raggiunti presso la Prefettura di Sassari debba essere valutata nel contesto giuridico e fattuale di riferimento, alla luce della crisi del settore lattiero caseario sardo e delle caratteristiche peculiari del mercato del pecorino romano DOP”, considerando la natura eccezionale e transitoria degli impegni assunti dai trasformatori “su imposizione della pubblica autorità” per far fronte ad una situazione di emergenza scaturita con le proteste da parte dei pastori sardi a febbraio 2019, che hanno assunti in alcuni episodi tratti “criminali o comunque ai limiti della legalità“. L’AGCM rileva che, sebbene gli accordi si configurino come intese restrittive della concorrenza (ai sensi e per gli effetti degli artt. 2 della L. 287/1990 e/o 101 del TFUE), “sia con riferimento alla fissazione congiunta tra imprese di trasformazione concorrenti di un prezzo di acquisto omogeneo del latte ovino, sia in relazione alla fissazione comune dell’obiettivo di un prezzo all’ingrosso del Pecorino Romano non inferiore ai 6 euro al kg“, essi non appaiono nello specifico caso concreto censurabili poiché non si tratta di scelte autonome imprenditoriali dei soggetti coinvolti. Per tali motivi, l’AGCM svolge alcune considerazioni relative alle misure da adottare in una logica di lungo periodo al fine di scongiurare il ripetersi in futuro di situazioni come quella in esame ed al fine di far fronte alle fluttuazioni del mercato della DOP in oggetto, nonché “di garantire una maggiore stabilità complessiva del sistema a vantaggio dell’intero comparto e, in particolare, di consentire meccanismi di soluzione di eventuali future crisi che non implichino necessariamente interventi finalizzati a sospendere i meccanismi di mercato nella filiera interessata“. Qui di seguito, le considerazioni dell’AGCM:

  • sulla base delle riforme già adottate da Governo e Parlamento (Iniziative a sostegno del comparto ovicaprino e la Legge sulle emergenze in agricoltura), si potrebbero ipotizzare diversi interventi per una ristrutturazione e razionalizzazione del comparto primario dell’allevamento ovino, ora eccessivamente frammentato, affinché ci siano maggiore efficienza, organizzazione e competitività delle imprese primarie;
  • il coinvolgimento delle imprese di produzione di latte ovino nella pianificazione dell’offerta del Pecorino Romano DOP, attraverso un ripensamento delle previsioni del Piano di regolazione adottato dal Consorzio di tutela ai sensi dell’art. 150 del Reg. (UE) n. 1308/2013;
  • una maggiore diversificazione della destinazione del latte ovino, investendo sulla produzione di formaggi diversi dal Pecorino Romano DOP, a denominazione di origine protetta o generici,
  • la ricerca di nuovi mercati di sbocco, sia per la materia prima che per i prodotti lattiero-caseari da essa derivati, al fine di contribuire ad una maggiore stabilità del sistema nel suo complesso.

L’auspicio dell’AGCM è che le sue osservazioni possano essere tenute in considerazione da parte degli Enti destinatari al fine di assicurare una maggiore stabilità complessiva del mercato della DOP in oggetto, così da consentire il definitivo superamento dei suddetti accordi di prezzo e di evitare il ripetersi in futuro della necessità di interventi idonei ad incidere sui normali meccanismi di mercato della filiera.

Leggi anche l’intervista di Ruminantia a Salvatore Palitta, presidente del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano DOP, e un approfondimento sulla protesta dei pastori sardi.

Fonte: AGCM