Introduzione

La metrite è una malattia infiammatoria acuta che può interessare i diversi strati del tessuto uterino e che colpisce dal 20 al 40% delle vacche da latte dopo il parto nei primi 21 DIM (LeBlanc et al., 2002; Sheldon et al., 2009; Dubuc et al., 2010). Nelle vacche che presentano fattori di rischio come distocia, parto gemellare, ritenzione degli invogli fetali (RFM) o natimortalità, l’incidenza della metrite varia dal 30 al 45% (Markusfeld, 1987; Bell e Roberts, 2007; Benzaquen et al., 2007). Le conseguenze della metrite includono una diminuzione del benessere animale (Stojkov et al., 2015), l’aumento dell’incidenza di altre malattie, la diminuzione delle performance produttive e riproduttive, l’aumento del tasso di abbattimento e la diminuzione dei guadagni (Erb e Martin, 1980; Kossaibati e Esslemont, 1997; Sheldon e Dobson, 2004). La vacca da latte è un caso peculiare in quanto praticamente tutte le bovine vengono contaminate da batteri nei primi giorni dopo il parto (Sheldon e Dobson, 2004; Jeon et al., 2015); tuttavia, le vacche che hanno fattori di rischio per la metrite hanno maggiori probabilità di avere batteri patogeni rispetto alle vacche che non presentano fattori di rischio (Bicalho et al., 2010; Giuliodori et al., 2013). Una mancata eliminazione dei batteri patogeni porta all’instaurarsi della malattia. Una cefalosporina di terza generazione ad ampio spettro, vale a dire il ceftiofur, è l’antibiotico di elezione per il trattamento della metrite, principalmente perché non richiede un tempo di sospensione nel latte.

La Food and Drug Administration (FDA), sollevando preoccupazioni per la salute umana a causa dello sviluppo dell’antibiotico resistenza, ha vietato l’uso di cefalosporine di terza generazione per la prevenzione delle malattie in bovini, suini, polli e tacchini. Se questa azione non fosse sufficiente per controllare l’insorgenza dell’antibiotico-resistenza, il passo successivo potrebbe essere quello di vietarne l’utilizzo per il trattamento delle malattie, come nel caso dei Paesi Bassi (De Briyne et al., 2014). Ciò evidenzia la necessità di trovare delle alternative agli antibiotici tradizionali nei mangimi per animali per la prevenzione ed il trattamento delle malattie. Il chitosano, classificato come “generalmente ritenuto sicuro” (GRAS) dalla FDA, è composto da chitina. La chitina è il secondo biopolimero più abbondante sulla terra dopo la cellulosa e fa parte delle componenti strutturali dell’esoscheletro degli artropodi e delle pareti cellulari di funghi e lieviti. Il chitosano è un polisaccaride lineare prodotto dalla deacetilazione della chitina ed è non tossico, bioadesivo, biocompatibile e biodegradabile (Baldrick, 2010). Viste queste vantaggiose caratteristiche, il chitosano è stato ampiamente utilizzato nell’industria alimentare, farmaceutica, tessile, agricola e cosmetica, nonché per il trattamento dell’acqua (Baldrick, 2010). Le microparticelle di chitosano (CM) hanno attività antimicrobica ad ampio spettro a pH acido e neutro (Jeon et al., 2014). Pertanto, il CM sembrerebbe essere una promettente alternativa agli antibiotici tradizionali per il trattamento delle malattie nelle vacche da latte. Nello specifico, dai 4 ai 14 DIM, il pH della secrezione uterina delle vacche affette da metrite era di 6.84 ± 0.02, mentre il pH delle vacche senza metrite era di 6.97 ± 0.03 (Daetz et al., 2016). In questo studio, il CM è stato valutato come trattamento alternativo per la cura della metrite.

La logica alla base di questo studio era che lo sviluppo di un’efficace alternativa agli attuali trattamenti antibiotici potrebbe migliorare la salute, il benessere e la fertilità degli animali, cosa che aumenterebbe anche la redditività e la sostenibilità dell’allevamento. Inoltre, si presuppone che una diminuzione della dipendenza dagli antibiotici tradizionali ritarderà lo sviluppo dell’antibiotico resistenza verso le molecole utilizzate nella medicina umana (come cefalosporine di terza generazione), migliorando il pensiero dell’opinione pubblica nei confronti dell’allevamento e la sostenibilità dell’industria lattiero-casearia. Abbiamo ipotizzato che la cura della metrite con un trattamento a base di CM sarebbe stata simile a quella con il trattamento a base di ceftiofur (CEF) e che entrambi i trattamenti sarebbero stati superiori al controllo (CON). Inoltre, abbiamo ipotizzato che gli analiti del sangue (cioè acidi grassi non esterificati, NEFA; BHB; e aptoglobina, Hp) e la temperatura rettale sarebbero diminuiti ad una velocità maggiore nelle vacche trattate nei gruppi CM e CEF rispetto alle vacche del gruppo CON. Infine, abbiamo supposto che un trattamento efficace per la metrite potrebbe avere effetti positivi sulla produzione di latte, sulle performance riproduttive e sulla sopravvivenza delle vacche da latte.

Abstract

L’obiettivo principale di questo studio era quello di valutare l’efficacia della somministrazione intrauterina di microparticelle di chitosano (CM) nella cura della metrite nelle vacche da latte. L’obiettivo secondario era quello di valutare gli effetti dei trattamenti per la metrite sulla produzione di latte, sulla sopravvivenza e sulle performance riproduttive degli animali. Alle vacche che presentavano scolo vaginale fetido, fluido, rosso-brunastro è stata diagnosticata la presenza di metrite. Vacche di razza Frisona (n = 826) con metrite provenienti da 3 allevamenti da latte situati nel nord della Florida sono state suddivise in gruppi in base al numero dei parti (primipare o multipare) e, all’interno di ciascun gruppo, sono state assegnate in maniera casuale ad uno dei 3 trattamenti: CM (n = 276) = infusione intrauterina di 24 g di CM disciolti in 40 mL di acqua distillata sterile al momento della diagnosi di metrite (d 0), e successivamente ai giorni 2 (d 2) e 4 (d 4); ceftiofur (CEF; n = 275) = iniezione sottocutanea alla base dell’orecchio di 6.6 mg/kg di ceftiofur acido libero cristallino al giorno 0 ed al giorno 3; Controllo (CON; n = 275) = nessun trattamento applicato dopo la diagnosi di metrite. Tutti i gruppi potevano ricevere la terapia alternativa se le condizioni fossero peggiorate.

La guarigione è stata considerata tale quando le perdite vaginali sono diventate mucose e non fetide. Come confronto, è stato utilizzato un gruppo di vacche non affette da metrite (NMET; n = 2.436). I dati sono stati analizzati mediante modelli misti lineari generalizzati e modelli dei rischi proporzionali di Cox. Le vacche nei gruppi CM e CON avevano una minor possibilità di guarigione dalla metrite al giorno 12 rispetto alle vacche in CEF (58.6 ± 5.0 vs 61.9 ± 4.9% vs 77.9 ± 3.9, rispettivamente). La percentuale di vacche abbattute entro i 60 giorni in mungitura (DIM) era maggiore per le vacche appartenenti al gruppo CM rispetto a quella delle vacche nel CEF e nel gruppo di controllo (CON) (21.5 ± 2.7 vs 9.7 ± 1.9 vs 11.3 ± 2.0%, rispettivamente). Il trattamento non ha influenzato la temperatura rettale o le concentrazioni plasmatiche di acidi grassi non esterificati, β-idrossibutirrato ed aptoglobina. La produzione di latte nei primi 60 DIM differiva in tutti i gruppi di trattamento ed era più bassa per il gruppo CM (35.8 ± 0.3 kg/giorno), seguita da quella del gruppo CON (36.8 ± 0.3 kg/giorno) e dal CEF (37.9 ± 0.3 kg/giorno). Il rischio per la gravidanza fino ai 300 DIM era minore per il gruppo CM rispetto al CEF (hazard ratio = 0.62; 95% IC: 0.50-0.76), per il CM rispetto al CON (hazard ratio = 0.77; 95% IC: 0.62-0.95) e per il CON rispetto al CEF (hazard ratio = 0.80; IC 95%: 0.65-0.99). Il tasso di abbattimento era maggiore e la produzione di latte e la fertilità erano diminuite per il gruppo CEF se paragonate a quelli del gruppo NMET.

In sintesi, il CM non ha migliorato la cura per la metrite ed è risultato dannoso per la produzione di latte, la sopravvivenza e la fertilità rispetto a quanto evidenziato nel gruppo di controllo (CON). Al contrario, nel gruppo CEF è stata favorita la cura della metrite, la produzione di latte e la fertilità rispetto al CM e al CON. Per concludere, gli effetti negativi della metrite sulla diminuzione della produzione di latte e sulla fertilità non sono completamente scomparsi nel gruppo CEF.

 

 

Using chitosan microparticles to treat metritis in lactating dairy cows

E. B. de Oliveira1*F. Cunha1R. Daetz1, C. C. Figueiredo1, R. C. Chebel1, J. E. Santos2-3, C. A. Risco1†, K. C. Jeong2-4, V. S. Machado5 and K. N. Galvão1-3‡

1) Department of Large Animal Clinical Sciences, University of Florida, Gainesville 32610
2)Department of Animal Sciences, University of Florida, Gainesville 32610
3)D. H. Barron Reproductive and Perinatal Biology Research Program, University of Florida, Gainesville 32610
4)Emerging Pathogens Institute, University of Florida, Gainesville 32610
5)Department of Veterinary Sciences, Texas Tech University, Lubbock 79409
* Current address: Veterinary Medicine Teaching and Research Center, University of California, Davis, Tulare, CA 93274.
† Current address: The Center for Veterinary Health Sciences, Oklahoma State University, Stillwater, OK 74078.
‡ Corresponding author: galvaok@ufl.edu

J. Dairy Sci. 103:7377–7391

https://doi.org/10.3168/jds.2019-18028