Dopo i commenti inviati dall’International Dairy Foods Association (IDFA) all’USTR (United States Trade Representative), anche l’U.S. Meat Export Federation (USMEF) e l’U.S. Grains Council (USGC) si sono espressi sulle barriere commerciali per quanto riguarda prodotti agricoli. I commenti sono relativi al report (National Trade Estimate) che ogni anno l’USTR pubblica e che descrive in dettaglio le barriere al commercio estero affrontate dagli esportatori statunitensi.

I commenti diffusi dall’USMEF sono disponibili qui. L’USMEF ha identificato nei commenti gli ostacoli che impattano in modo negativo sull’export di carne rossa e/o l’aumento dei costi per l’industria statunitense. In particolare, L’USMEF sottolinea le diverse barriere previste dalla Cina all’accesso al mercato, comprese le misure relative al COVID-19 e il dazio di ritorsione del 25% sulle carni suine statunitensi, imposte in risposta alle tariffe della Sezione 232. Il principale limite all’ulteriore crescita delle esportazioni di carni bovine statunitensi in Giappone è la nuova salvaguardia annuale per questo tipo di prodotto, che l’USMEF prevede venga attivata a febbraio 2021 e che comporterà una rapida ripresa al dazio del 38,5%, in aumento rispetto all’attuale 25,8% per 45 giorni. L’USMEF evidenzia anche le barriere all’export nell’UE, riconducibili a tariffe elevate, quote restrittive e misure sanitarie. Altri limiti risiedono poi: nelle restrizioni ingiustificate sulle tecnologie di produzione e lavorazione, restrizioni all’accesso al mercato legate alla BSE per le carni bovine statunitensi, gli adempimenti relativi agli elenchi e questionari di registrazione degli stabilimenti, la continua mancanza di accesso a determinati mercati per l’agnello statunitense. Inoltre, i commenti ricapitolano anche i significativi guadagni di accesso al mercato realizzati lo scorso anno in mercati chiave come il Giappone e la Cina e discutono i potenziali benefici degli attuali negoziati sugli accordi commerciali con il Regno Unito e il Kenya.

Nei suoi commenti inviati all’USTR, l’USGC ha evidenziato quali barriere commerciali significative affrontano gli esportatori statunitensi di cereali, etanolo e co-prodotti. Tra gli elementi di massima priorità per il Consiglio vi sono questioni non tariffarie persistenti in particolare riguardanti le politiche di approvazione delle biotecnologie. Ritardi nelle approvazioni biotecnologiche in Messico, approvazioni di biotecnologie asincrone in Brasile e irregolarità mondiali sulla regolamentazione delle innovazioni nel miglioramento genetico delle piante (PBI) impediscono ai prodotti agricoli statunitensi di entrare in questi grandi mercati. Per quanto riguarda l’accesso ai mercati dell’Unione europea, invece, l’USGC è preoccupato dalle restrizioni che definisce ingiustificate sui prodotti GM: un tempo, gli USA erano il più grande fornitore di mais all’UE, ma dalla fine degli anni ’90 l’export verso l’UE è stato limitato da politiche specifiche nei confronti di questi prodotti. Un’area di crescente preoccupazione per l’USGC è legata alle specifiche normative sui prodotti per la protezione delle piante, compresi i livelli massimi di residui (MRL) fissati dall’UE, più bassi degli standard internazionalmente riconosciuti. Oltre a queste barriere commerciali non tariffarie, si aggiungono anche i dazi compensativi e le imposte sul valore aggiunto che, come indica l’USGC, mettono i prodotti agricoli statunitensi in una situazione di svantaggio finanziario. Allo stesso modo, i dazi all’importazione e contingenti tariffari influenzano direttamente anche il prezzo dei cereali grossolani e dei coprodotti statunitensi, rimuovendo i vantaggi competitivi sul prezzo.

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Fonte: USMEF; USGC