L’aumento della dimensione degli allevamenti con l’adozione di ampi paddock esterni o con il compost barn, la mancanza di personale specializzato, il poco tempo a disposizione dell’allevatore e un veterinario frettoloso e chiamato saltuariamente rischiano di far perdere il prezioso contatto con le singole bovine.
Si sa che un allevamento può essere considerato di successo quando riesce a prestare attenzione ad ogni singola vacca. Questo perché le bovine, pur sembrando simili, sono in realtà individui con diverse reazioni alla medesima razione, alla stessa gestione ed al medesimo ambiente.
Per evitare le ramanzine del tecnico di turno ed i sensi di colpa perché il tempo è tiranno, arrivano in aiuto l’elettronica, o meglio i sensori, e i tanti biomarker del latte individuale.
Il buon allevatore con tanto tempo a disposizione e pochi animali a cui badare ha la possibilità di osservarli mentre mangiano, ruminano, camminano, vanno o meno in calore riuscendo così a capire se non stanno bene in modo da poter prontamente intervenire, o al limite chiamare il veterinario.
Oggi, la tecnologia dei sensori offre innumerevoli opportunità. Ci sono sensori che registrano le ore che la vacca trascorre sdraiata, quante volte e per quanto tempo sta in mangiatoia a mangiare o nell’auto-alimentatore, se la sua attività motoria è aumentata o diminuita, se rumina correttamente, qual è il pH, la temperatura ruminale e quant’altro. Potenti e complessi algoritmi registrano questi dati e li confrontano con la normalità di quella medesima bovina o con un gold standard, richiamando l’attenzione dell’allevatore e del veterinario se la bovina ha qualcosa che non va oppure se è semplicemente in calore, magari deviandola automaticamente dopo la mungitura nell’apposita infermeria.
Inoltre, con la tecnologia dell’infrarosso medio (MIR) e della citoflorimetria e con i lattometri elettronici si può, in pochi secondi e con relativamente poca spesa, individuare un calo di produzione, una mastite, un dimagrimento (grasso del latte e quantificazione dei singoli acidi grassi), una chetosi, una gravidanza, e determinare il progesterone, la proteina, l’urea e quant’altro. Anche queste informazioni (in line e on line), che derivano dalla sala di mungitura, possono essere gestite da algoritmi e magari “incrociate” con quelle comportamentali dei sensori.
Le preziose e complesse informazioni fornite da sensori e biomarker del latte individuale possono quindi aiutare il difficile lavoro dell’allevatore, consentirgli di non perdere il contatto con le singole bovine e qualificare ulteriormente le prestazioni offerte dai veterinari buiatri.
Nella nostra idea di “Stalla Etica” consideriamo in modo estremamente positivo l’utilizzo di sensori e biomarker, magari associati ad una mungitura robotizzata, ovviamente nelle stalle di piccole e medie dimensioni.
Il miglioramento della qualità della vita delle bovine ci sta a cuore come anche quello della vita dell’allevatore.